Durante i nostri rapporti alludevamo spesso alla storia della lady: le proponevo di portarla in un’isola selvaggia, abitata da maori ancora primitivi, dove lei sarebbe stata la mia piccola lady e dove per renderla più simile alla protagonista l’avrei resa completamente bionda: anche lei sarebbe stata scopata da molti uomini e avrebbe avuto culo e fica pieni di sborra che le sarebbe colata lungo le cosce;avrebbe gustato qualche giovane fica e leccato qualche buchetto. Questo la rendeva perplessa: assicurava, comunque, che prima le avrebbe lavate accuratamente. Le facevo notare che avrebbe rinunciato all’odore di muschio di quei giovani cespugli. Lei consentiva: un po’ lady, un po’ igienista, ma, in fondo in fondo, profondamente troia! Questo gioco andò avanti per un po’, finché mi venne voglia di introdurre qualche novità nel nostro ménage. In un sexyshop di una città vicina, un premurosissimo commesso mi aiutò a scegliere per la signora, come diceva lui, due peni artificiali che, a suo modesto avviso, avrebbero soddisfatto le sue intime esigenze. Quella complicità con un estraneo mi eccitava: mi sembrava di esibirla di fronte a lui nella sua più intima nudità: sceglievamo cazzi per la mia cara mogliettina: si informava con discrezione e suggeriva: mi sembrava di aver sistemata la mia Luisa alla pecorina sul bancone in modo che lui potesse esercitare tutta la sua professionalità. Uscii dal negozio con un elegante pacchettino contenente due peni artificiali di ragguardevoli dimensioni, uno roseo e l’altro bruno e una scatolina di crema che il commesso riteneva indispensabile per l’introduzione anale, se per caso, il pene del signore non era delle dimensioni di quelli acqustati e le parti della signora non si autolubrificavano(sic). Forse il commesso era un po’ gay e aveva un sommo rispetto per i buchi di culo, compreso quello di mia moglie. A sera, quando ci ritrovammo in camera da letto, Luisa aprì il pacchetto e si trovò tra le mani quei due grossi arnesi. Non fece parola, si recò in bagno, sentii scrosciare la sua pisciata nel water, si lavò, si profumò e mentre anch’io facevo toeletta, indossò un negligee molto provocante e mi attese. Le raccontai la storia dello sexishop, del colloquio col commesso: suo marito descriveva ad un estraneo la sua fica, il suo culo e ragionava con lui di quale pene fosse necessario per appagarla. Luisa taceva e li confrontava con quelli della sua memoria e col mio. Poi sbottò dicendo che ero un gran porco e che lei avrebbe subito, ma che non era contenta. Le improvvisai una sceneggiatura alla Arsan: il marito offre la sua mogliettina agli ospiti che la prendono di fronte a lui e lei gli fa fare una bellissima figura: lo onora. Ci mettiamo con lo specchio di lato, per poterci guardare, nella posizione del sessantanove: lei mi succhiava l’uccello, mentre offriva i suoi buchi: al signore bianco la fica e il signore nero si prese dopo non poche insistenze mie, perché Luisa non voleva, il suo culo. Dovetti ricordarle il capo maori e soprattutto lubrificarle bene il buco perché il dildo nero era, rispetto al mio, fuori misura. Benedetta la cremina! Con molta delicatezza manovrai i due cazzi finché lei impazzi dal piacere: si mise a gridare che ne voleva ancora, che li voleva vivi, che glieli dovevo, dopo le provocazioni cui la sottoponevo e l’aridità dei surrogati: mi fece l’elenco di tutti i nostri conoscenti a cui l’avrebbe voluta dare. Anch’io fui travolto dalla sua eccitazione e le proponevo di uscire subito in macchina, a cercarle uomini, per fortuna ci calmammo ed evitammo di compiere gite sconsiderate a caccia di cazzi per Luisa col rischio di fare incontri che ci potevano far perdere la reputazione. Volle però uscire e si fece portare nei pressi del tribunale dove operava, il più vicino possibile, ma abbastanza al sicuro dalla vigilanza: senza mutandine, col culo nudo esposto ad eventuali sguardi, per fortuna era tutto deserto, volle farmi un pompino: diceva che se di giorno usava la bocca per convincere gli uomini, di notte l’avrebbe usata per vincerli: a me chiese di farle un ditalino nel culo, anche se mi disse che avrebbe preferito un bel cazzo della misura di quello nero con cui l’avevo prima penetrata!Diceva: pensa se mi vedessero… e forse in cuor suo, lo sperava. Il problema ormai era posto: Luisa mentre tornavamo, si era tirata su la gonna e si masturbava;io allungavo la mano e sentivo quanto era calda e bagnata la sua fica: lei mi diceva che i due cazzi artificiali li avrebbe usati per tenersi allenati i buchi, non l’avevo mai sentita esprimersi così, ma che il suo sogno era di provare con quelli veri e che io la dovevo aiutare. Non voleva un amante: amava me, ma voleva fare tanto sesso, con me complice e vero amante. L’idea di condividerla, ora, a freddo, facevo fatica a digerirla: una cosa le fantasie, ma corpi veri… Nei nostri amplessi cominciammo a considerare coppie amiche, i cui maschi aveva invocato quando l’avevo penetrata con i miei aggeggi… Paolo e Silvia, Franco e Livia….. fecero talmente parte dei nostri rapporti intimi che quando li incontravamo eravamo quasi in imbarazzo…. troppi rischi, sul poi… Considerammo l’idea di cercare prostituti, meglio se di colore, maschi e femmine. La fantasia ci esaltava, ma avevamo paura: malattie, ricatti.. Pensammo ai club privati di qualche città vicina, ad un viaggio all’estero nei paradisi caraibici e cominciammo a raccogliere informazioni… Nel frattempo Luisa andava al tribunale sempre senza mutande, via i collants, solo calze autoreggenti: voleva sentirsi libera ed esposta presso giudici e avvocati, che la stimavano molto e che, se non fosse stato per la fama di serietà e riservatezza che la circondava, l’avrebbero anche tacchinata: lei era lì nuda sotto la gonna e col sesso caldo e disponibile.. mi raccontava, mi raccontava… e poi mi metteva la sua fica contro il viso e mi diceva: mangiamela! Mentre facevamo i progetti, continuava ad ‘allenarsi’ i buchi e con un gioco di specchi, prima, con foto digitali, poi ne controllava lo stato. Si volle rasare la fica e volle che io l’insaponassi;accidenti era ormai difficile tenerla a bada, la sua vis erotica era incontenibile: una sera mi disse che se non l’avessi aiutata sarebbe andata a darla come una battona! Voleva un altro cazzo, era un’ossessione per lei assagiarne un altro oltre il mio. Non aveva avuto esperienze: ora il suo sesso, la sua mente erano famelici.. Una sera lei mi disse che non poteva più resistere e volle uscire alla ricerca di qualche avventura. Si vestì in modo un po’ osé, calcò il rossetto sulle labbra, calze autoreggenti, ma dimenticò le mutande e mi chiese di portarla dove si ritrovavano le coppiette: quando vedeva una coppia particolarmente attiva si masturbava senza ritegno. Nel nostro pellegrinare, raggiungemmo una piazzola dove c’era una macchina sola; Luisa in preda al furore scese e andò a bussare al vetro dell’altra vettura. Si abbassò il vetro e l’imbarazzato conducente si sentì chiedere la disponibilità a farsi fare un pompino di fronte alla sua compagna. Lui guardò lei, che non disse di no. Luisa si accosciò e finalmente poté succhiarsi un cazzo diverso: bevve quel ragazzo come la fontana della vita. Ringraziò e risalì in macchina. Appagata. Lei, per quella sera. Quando arrivammo a casa, andò sul water e cominciò a masturbarsi profondamente, fintanto che sentii scrosciare la sua pisciata, allora tirai fuori il cazzo, mi feci una sega e sborrai in quella bocca dove c’era ancora il sapore del ragazzo. Luisa sembrava soddisfatta e mi ringraziò per la comprensione, mi chiese che cosa avessi provato mentre succhiava il cazzo del ragazzo, se fossi stato geloso, se l’amavo ancora. La rassicurai del mio amore e le dissi che mi ero molto eccitato e che l’avrei ancora aiutata nelle sue voglie, ma che avrei sempre voluto assistere o comunque vederla mentre lo faceva. Lei mi confessò che aveva gustato quella sborra e l’aveva ingoiata tutta. Alla fine mi fece promettere che presto saremmo di nuovo usciti! Il sabato successivo andammo in città e si fece accompagnare in un sexyshop per acquistare un po’ di biancheria adatta ai suoi programmi: si intrattenne con una commessa a cui espose le sue esigenze : si provava nel camerino ridottissimi perizomi, che lasciavano davanti uscire ciuffi di pelo, che la commessa cercava di far sparire sotto il leggerissimo tessuto, reggiseni che lasciavano uscire i capezzoli che Luisa aveva lunghi e duri e via via raccontando alla ragazza dei suoi prossimi impegni etc. Io ero eccitatissimo anche a causa del linguaggio piuttosto ardito che Luisa usava: chiese consigli anche sulle creme più adatte per facilitare la penetrazione anale: sembrava che volesse scandalizzare, entrambi la commessa e il marito. Passammo al reparto oggettistica e scelse un paio di peni artificiali di realistica fattura ma di dimensioni ragguardevoli. Quando uscimmo mi disse che certamente avrebbero parlato di noi! La mia verginella di una volta non c’era più: lasciava il posto ad una donna ormai alla ricerca dei cazzi perduti! L’occasione che aspettava, si presentò il mese dopo. Un congresso di giuristi a Palermo l’aveva invitata a tenere una relazione. Vi andammo, io la seguivo discretamente. Nel convegno in diversi la tacchinavano, ma lei teneva un atteggiamento molto severo, anche se si era attrezzata con una mise lievemente provocante, ma i suoi colleghi non sapevano che portava le calze autoreggenti e non aveva mutande. La vedevo accavallare le gambe e immaginavo la sua fica nuda sotto la gonna. La sera prima della sua relazione mi costrinse a portarla in un cinema a luci rosse: tanto diceva qui non ci conosce nessuno!Quando fummo dentro la sala scegliemmo una zona d’angolo un poco appartata: il film illustrava un’orgia medievale che Luisa disse di gradire e cominciò a masturbarmi il cazzo poi tiratasi su la gonna se lo infilò sedendocisi sopra e cominciando un moto di su e giù. Qualche spettatore si accorse subito del maneggio e si avvicinò. Si sedettero nei posti vicini e tirarono fuori il cazzo. Luisa fece segno di accostarsi e… quando furono alla sua portata cominciò alternativamente a succhiarli e quelli ad incoraggiarla chiamandola affettuosamente ‘bottana’. Io sborrai, Luisa se ne accorse, attese che scaricassi completamente, si alzò e presento il culo ad uno degli spettatori, stando sdraiata su di me. L’uomo non ci pensò due volte e provò a penetrarla nel culo, ma poi desistette e infilò la fica nella quale scaricò rapidamente. Luisa intanto beveva lo sperma dell’altro spettatore: io ero in mezzo, vicinissimo agli uomini che si fottevano mia moglie! Riuscimmo ad uscire prima che si riaccendessero le luci. Ci accertammo di non essere seguiti e ci rifuggiammo subito in albergo. Luisa era felice e mi chiese di lavarle la fica sul bidet: lo feci, mentre lei diceva che era stato bellissimo e che ora voleva che anch’io facessi la mia parte: mi offriva il culo e mi pregava di immaginarla, il mattino dopo mentre avrebbe fatta la sua relazione, come l’avevo vista nel cinema e che ricordassi che anche al congresso sarebbe stata senza mutande. Le venni nel culo: lei volle tenersi la mia sborra nella pancia… Il mattino al congresso fece la sua relazione con molta autorevolezza e rispose alle osservazioni dimostrando molta competenza. Fu applaudita e ricevette molte congratulazioni: io la guardavo pensando che era senza mutande e che la sera prima era stata uno spettacolo nello spettacolo. Quando lasciammo Palermo e i giuristi suoi ammiratori, si fece venire un’idea un poco folle: ci potevamo fermare a Roma e andare a far visita ad un club privato. Non seppi dirle di no. Trovammo l’indirizzo giusto su un giornale, telefonammo per conoscere le condizioni e le modalità di accesso. Andammo in albergo a depositare i bagagli, facemmo una bella doccia e ci vestimmo per la nostra uscita: Luisa curò molto la sua tenuta intima indossando quanto di più osè aveva, io invece vestii in modo molto compassato. Il taxista che ci accompagnò ci guardava con aria saputa, sapeva molto bene che cosa avremmo trovato a quell’indirizzo. Entrammo, sbrigammo quelle ridicole pratiche di iscrizione al club e entrammo in un salotto centrale dove c’era un bar e alcuni divani piuttosto in penombra dai quali si scorgevano altre sale più o meno illuminate nelle quali si vedeva gente. Ci sedemmo su un divano non sapendo bene cosa fare: Luisa prese l’iniziativa e cominciò a baciarmi accarezzandomi in modo evidente sulla patta dei pantaloni, io le sollevai la gonna fino a scoprirle il culo e le misi una mano tra le natiche. Si avvicinò un giovanotto, forse un animatore del locale, mi chiese se poteva sedersi con noi. Acconsentii;con lo sguardo lo invitai a intervenire e lui allungò una mano che sostituì la mia….
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