Non so se vi sia capitato di sorprendervi a fare qualcosa che non avevate mai pensato potesse accadere a voi. A me si! Non ricordo da quanto tempo Ugo e Marianna erano i nostri portinai. Comunque, erano diversi anni. Persone simpatiche, gentili ed educate. Benvoluti da tutti. Poi Ugo ebbe un posto in una società che si interessava di rilevazioni minerarie, un po’ in tutto il mondo, e si assentava per lunghi periodi. Marianna si occupava di ogni cosa, e per le pulizie si faceva aiutare da una sua amica, più vecchia di lei, e sempre indaffarata. Quanti anni aveva Marianna? In effetti non me lo ero chiesto mai. Ma ora che ci penso, quella estate in cui accadde l’imprevisto, doveva avvicinarsi ai quaranta. Era sempre sorridente. Mi salutava sorridendo. “Ciao Piero!” Si informava sui miei studi, mi prendeva un po’ in giro quando veniva da me qualche compagna di scuola, e allorché seppe che avevo, finalmente, lasciato il liceo e stavo per affacciarmi all’università, si congratulò, mi abbracciò e… fu allora che mi accorsi delle sue rigogliose tettone, che premevano sul mio petto, e mi soffermai a guardarla con attenzione. Non era bella come mia madre, no, ma era una donna piacente, che oltre al seno aveva, per quel che si vedeva, un rotondo ed evidente sedere, e gambe e braccia veramente ben tornite. Alla età che avevo allora le donne si valutano esclusivamente sotto l’aspetto ‘scopereccio’, e devo confessare che consideravo Marianna idonea a incondizionato servizio, quasi quanto la mia magnifica mammina, solo che, per ovvi motivi, mi rivolgevo ad altre per dissetare la mia insaziabile arsura sessuale. Quindi, la cosa assunse l’aspetto di una semplice constatazione, e basta. Ma torniamo all’ imprevisto. La domenica, logicamente, il servizio di portierato era sospeso e, di conseguenza, se volevo chiedere una cosa a Marianna dovevo bussare a casa sua, quella a fianco alla guardiola. Bussai, nessuna risposta. Mi accorsi, però, che la porta era appena socchiusa. Spinsi piano e chiamai, a voce alta: “Marianna!” Niente da fare, silenzio. Ero sul punto di andarmene quando sentii un rumore che mi disse che qualcuno era certamente in casa, uno scroscio d’acqua. Forse Marianna era in cucina e non riusciva a sentirmi. Proseguii ancora un po’. Il rumore dell’acqua era cessato. La porta del bagno era aperta, nessuno dentro, era invece semiaperta quella di fronte, che sapevo essere la camera da letto dei portinai. Lo era. E Marianna, evidentemente appena uscita dalla doccia, stava asciugandosi. Mi fermai a guardarla, incantato, non per una spettacolare bellezza statuaria, ma perché non avevo mai visto una donna della sua età completamente nuda, intenta a strofinare il suo corpo, mentre ogni tanto si soffermava per guardarsi nello specchio. Beh, veramente sì. Avevo spiato la mamma, ma ora lo spettacolo era a tutto schermo e lei, inoltre si chinava per asciugarsi le caviglie, e mi offriva la conferma che avevo sempre sospettato: un paio di natiche meravigliose, di quelle che nella mia fantasia speravo sempre di poter addentare. Perché a voi non è mai piaciuto mordicchiare una tonda e soda chiappa femminile? Ma lo show non finiva qui. Tette rigogliose, ma abbastanza sostenute, con grosse areole e lunghi capezzoli. E poi… e poi… una pancetta appena appena accennata e, sotto, un bosco, un vero bosco di riccioli neri! Il mio ‘pierino’ (come lo chiamavo, considerandolo il mio fratellino) stava scoppiandomi nei pantaloni. Fu allora che Marianna alzò gli occhi e mi vide. Fu tanto sorpresa che restò immobile, non provò nemmeno a coprirsi con l’asciugamano. “Piero, e cosa fai lì, come sei entrato!” “Scusa, la porta era aperta, volevo chiederti…” Mentre parlavo, quasi senza rendermene conto, ero entrato nella camera e mi avvicinavo a lei che stava a fianco al letto. “Aspetta, Piero, mi vesto e vengo da te, aspettami…” Però, restava così, senza muoversi, e vedevo una luce strana nei suoi occhi. Io, ripeto, ero incantato. “Come sei bella Marianna….” “Ma non fa’ lo scemo… chissà quante ragazze ti ripassi…” Mi guardava sorridendo. Allungai la mano, timidamente, le sfiorai il seno. Sembrò irrigidirsi. I tratti del volto divennero duri, ma le labbra le tremavano. Pizzicai i capezzoli, scesi con una carezza sulla pancia, liscia, e sentii la cresposità dei suoi ricci che sembravano vivere di vita propria. “Ma che fai, Piero… sei impazzito?” Incredibile. Volevo baciarla, l’abbracciai, la strinsi, le sue labbra erano turgide, si dischiusero. Si avvinghiò a me, e le lingue si cercarono, avidamente. Mentre la mia mano scorreva lungo la schiena e le palpava quello stupendo sedere, la sua aveva afferrato il gonfiore della mia patta. E stringeva. Caddi in ginocchio, con la testa tra le sue gambe. Le divaricò, sentii il salato di quanto gemeva dal suo sesso, e la mia lingua s’intrufolò, golosamente, freneticamente… non ci volle molto che il suo piacere si tramutasse in un sussulto del grembo. Le sue mani mi carezzavano i capelli. ‘Pierino’ stava esplodendo… Pose le sue mani sotto le mie ascelle, mi fece alzare in piedi, armeggiò con la mia cintura, la zip… non mi accorsi quasi che pantaloni e shorts erano caduti per terra, ma ‘pierino’ stava strofinando, impazzito, quella foresta nera. Marianna mi guardava con le nari frementi, lo sguardo rapito, come se fosse soggiogata da una forza incontenibile. Si chinò e rapidamente mi sfilò tutto, anche i mocassini. Prese la mia mano e mi tirò a sé. Si stese sul letto. “Adesso, Piero… adesso… sto morendo…” Non appena entrai in lei, sobbalzò con forza, gemendo, mugolando, e con pochi colpi raggiungemmo entrambi l’orgasmo. Deliziosamente.” Ero su lei, con la sola camiciola. Mi guardò, mi sorrise. “Sei stato bellissimo, ragazzo mio, splendido. Non ne potevi più neanche tu, vero? L’ho sentito… e… fammelo sentire ancora… mi accorgo che…” E si era accorta bene. Dopo la prima scarica, il piacere ora stava aumentando. Una scopata spettacolare, la più bella e appagante che avessi mai avuto, fino ad allora. E poi fu la volta sua, a volermi cavalcare, impetuosamente, con degli ah… ah… che ritmavano il suo piacere e aumentavano il mio. Sembrava una mungitrice impazzita, e mi munse ingordamente… “Ti strizzo fino all’ultima goccia, Piero… fino all’ultima goccia…” Ero talmente preso dal godimento che non pensai neanche per un momento al fatto che non avevamo usato nessun accorgimento. Comunque, alzai le spalle. Era un problema suo! Ecco, da quel momento il mio ‘problema’ era risolto. Marianna mi aspettava, sempre! E quello di mordicchiarle le natiche divenne un po’ la mia idea fissa. ^^^ Dissi che avrei fatto un po’ tardi, la sera. Sarei andato a cine con degli amici. Mamma aggiunse anche, sorniona, che ci sarebbero state anche le ‘amiche’. Sorrisi, senza ammettere o negare. Il programma era un altro. Marianna chiudeva il cancello alle otto di sera! Mi dette l’appuntamento per le otto e trenta, mi disse che ci sarebbe stata anche una cenetta. Ma non era quello che mi attraeva. Le sue tonde e sode chiappe bianche! Rabbrividivo e mi eccitavo solo al pensarlo! Era in una vestaglietta nuova, e si vedeva che era l’unica cosa che indossava, ma aveva preparato una cenetta leggera, e aveva messo in fresco il vinello del suo paese. Dovetti faticare molto per non affrettarmi, divorare tutto, e…. Lei, ogni tanto, mi guardava e sorrideva ed era un magnifico spettacolo quel mostrare e non mostrare che la sua vestaglia sventolante mi offriva. Si alzava, mi serviva, una carezza, che ricambiavo con generose palpate, ed ancora un sorriso. Per fortuna era vogliosa almeno quanto me. Quando tutto fu terminato, mi disse di precederla, mi avrebbe raggiunto immediatamente. Pochi secondi dopo ero sul suo letto, nudo, e… in perfetta tenuta da combattimento! Non si fece attendere, tolse la vestaglia e si presentò in tutto il suo fulgore. Salì sul letto, carponi. Le tette erano lì, un po’ pendenti, proprio vicino alle mie labbra. Non persi tempo, mi infilai sotto di lei e cominciai a suggerle, bramosamente. Mi venne alla mente la statua della ‘Lupa capitolina’ che allatta Romolo e Remo. Io ero solo e dovevo far fronte a entrambi i turgidi e lunghi capezzoli. Lei si mosse, il capezzolo di turno sfuggì dalle mie labbra, ma al suo posto apparve la Val Nerina, la chiamai subito così, come la valle umbra dalla quale proveniva, ed aveva un profumo quasi agreste che aumentava la mia eccitazione. Non avevo ancora intrufolato la lingua esploratrice tra la grande e la piccola valle, indirizzandola alla fonte rosa della voluttà, che sentii ‘pierino’ avvolto in un inebriante tepore umido, che sapeva come di vagina, e succhiava con differente ma non minore cupidigia. Marianna aveva preso l’iniziativa. Ad un certo punto si sottrasse alla mia concupiscente lingua, e si affrettò a sostituirla con l’impazzino ‘pierino’ che passò dalla bocca alla vagina, con velocità e tempismo che quasi non fecero accorgere del ‘trasferimento’. Era calda e umida, certo, ma a me sembrava molto più idonea allo scopo: godere! Ed anche il sesso di Marianna era dello stesso parere, perché non ci mettemmo molto ad agitarci sempre più convulsamente, lei a gemere, io a spingere, ed insieme raggiungemmo una incredibile e insuperabile armonia, nella quale si fondevano i suoi caldi umori e l’incandescenza del mio irrompente seme. Meraviglioso. Marianna, dopo essere stata a lungo su me, e dopo che le contrazioni del suo grembo si erano calmate, scivolò sul letto, si mise di fianco, mi voltò le spalle. Che culo! Era il momento che non dovevo lasciarmi sfuggire. Lo carezzai, entrai con le dita nel solco caldo e bagnato, titillai il buchetto. Mi abbassai e cominciai, dapprima, a baciare, poi a darle piccoli morsi, sempre più decisi. Sentivo che a mano a mano che i miei morsi erano più forti, le sue chiappette si irrigidivano per rilassarsi subito dopo. ‘Pierino’ mi suggerì di prendere lui il posto delle dita. Il glande, rigido e viscido, andò subito a quel piccolo orificio che palpitava. Spinsi appena, ma ebbi più la sensazione che altro, di essere entrato per qualche millimetro. Le previsioni di ‘pierino’ però non erano errate. Quel ‘stringi-allarga-stringi’ mi stava donando sensazioni paradisiache. Marianna volse un po’ la testa verso me che, intanto, con una mano le strizzavo le tette e con l’altra la frugavo tra le gambe. “Ti piacerebbe?” “Da morire… da morire…!” E spingevo. Inutilmente. “Non l’ho mai fatto, tesoro mio, mai… ma… se tu lo vuoi… però ci dobbiamo pensare… come fare… E’ tuo, amore, tuo… abbi pazienza… vediamo la prossima volta… adesso….” E fu focoso il suo amplesso, forse per non farmi rimpiangere il… rinvio! Fin dal mattino successivo cominciai a pensare a quella meravigliosa esperienza che mi era stata promessa da Marianna. Mi venne quasi da ridere ricordando le sue parole, non l’ho mai fatto. Quindi si trattava di una inaugurazione, di una prima, e pensai al ‘secondo canale’! Lo spirito goliardico emergeva sempre. Piccola ricerca e documentazione. Non chiedetemi dove e come. Avevo saputo: è quasi indispensabile, specie le prime volte, un adeguato lubrificante, ad esempio quello che si usa in medicina per le esplorazioni rettali. Attenti a non procurare graffi o abrasioni. E’ necessaria la ‘partecipazione’ dell’altro partner che deve ‘premersi’, come se stesse per… Acquistai il lubrificante e anche alcuni guanti di latice, di quelli, appunto che usano i medici per… tale manovra. E domenica pomeriggio ero da Marianna. Non l’attaccai subito, su quel versante, ma dopo averla fatta scaldare ben bene, e dopo una di quelle scopate da annotare sul diario, riprendemmo la posizione della volta precedente. Infilai il guanto, cosparsi le dita di quella crema specifica, e cominciai, piano piano, a carezzarle il buchetto col medio, poi lo spinsi un po’, lo tirai fuori, ancora crema, abbondante, e di nuovo il tentativo di introduzione… Le sussurrai all’orecchio, di dirmi se le facevo male, mi assicurò di no. Intanto, lei, si carezzava tra le gambe. Spinta del medio. Lo sfintere cedette, il dito entrò subito dentro. Tutto. Lento massaggio rettale. “Lo sai, Piero, che è molto più bello di quanto immaginavo? Credevo di soffrire… invece….” Estrassi pian piano il dito, quasi tutto, vi unii l’indice, e provai a rientrare. Trovai qualche resistenza, ma minima. Ora le dita erano in lei, entrambe, per tutta la loro lunghezza. Le sussurrai il suggerimento di premersi, quando glielo avrei detto. Con l’altra mano cosparsi ‘pierino’ del gel miracoloso, e prima di estrarre completamente le due dita, da quella calda e accogliente grotta, avvicinai il glande che non lasciò il tempo allo sfintere di richiudersi completamente. “Ora, Marianna!” Sentii chiaramente il suo premito. Spinsi con decisione. Il fallo si fece strada, entrò, fin quando lo scroto non battè sulle natiche. “Male? Piccola?” “No…. Anzi… muoviti…” Obbedii, entusiasta. Un piacere sconosciuto, meraviglioso. La mia mano aveva sostituito la sua nel titillarle il clitoride, nel perlustrare la vagina. “Dai… Piero…. Dai…. è bello… è il tuo regno… solo tuo… mio dio come ti sento…. Sei bellissimo… si… più in fretta…. Così…. Così… cooooooooooosì!” E nel momento che l’orgasmo la squassava mi svuotai in lei, con una veemenza fino ad allora sconosciuta. “Riempimi, tesoro, riempimi di te…” Lo stringeva come se volesse strozzarlo, a strapparlo per conservarlo in lei. Restammo così, dopo, accaldati e affannati. E quando sgusciai da lei, si voltò e mi baciò appassionatamente. “E’ tuo, bambino mio, tuo… proprietà riservata!” ^^^ Le cose tra Marianna e me, andavano benissimo. Il marito tornava ogni tanto, per un breve periodo di riposo, dal lavoro, poi raggiungeva di nuovo la zona assegnatagli e seguitava in quella che lui chiamava il ‘drillaggio’. Me lo aveva detto quando gli chiesi come andassero le sue cose. Mi aveva spiegato che una macchina speciale, il ‘driller’ appunto, trivellava il terreno e ne estraeva un cilindro di terra, detta la ‘carota’, che sarebbe stata esaminata per accertare l’esistenza e la specificità di eventuali giacimenti. Gli dispiaceva che la moglie, Maddalena, intanto, rimaneva sola. Mi dimostrai interessato e comprensivo e stavo sul punti di rassicurarlo. Anche la moglie aveva chi la ‘drillava’, solo che la carota, un consistente e solido cilindro di carne dura e palpitante, non lo estraevano da lei, anzi….! Erano passati due giorni dalla nuova partenza dell’uomo, quando, senza preavviso alcuno, la sera, dopo la chiusura del cancello, andai a bussare alla porta di Marianna. Dovetti picchiare più volte e a lungo. Finalmente, la porta si socchiuse e scorsi Maddalena, abbastanza discinta, che non si rendeva conto di chi potesse essere. Spinsi di botto, se qualcuno si trovava a passare mi poteva vedere, e m’intrufolai, richiudendo la porta alle spalle. La vista di Maddalena, seminuda e scarmigliata, m’eccitò di colpo. La strinsi a me, baciandola e corsi subito con la mano nella Val Nerina. Era calda e abbondantemente bagnata. Si scostò un po’. “Piero… non ti aspettavo… non…” Mentre lei parlava io, gia iniziandomi a spogliare, andai direttamente nella sua camera da letto. Luce accesa e, sulla poltroncina, nudo come un verme e con la lancia bene in resta, un uomo. Ci guardammo, sorpresi, sbalorditi, sconcertati, perplessi. Era mio padre! Rimasi di stucco. Nudo, coi pantaloni in mano e ‘pierino’ ritto! “Piero!” “Papà!” Maddalena ci aveva raggiunto, aveva perduto lungo il tragitto quel po’ di vestito che s’era tirato addosso. Mi aspettavo l’ira di dio… ma no, pensai… io sono giovane e celibe, ma lui….! Era lui che doveva mettere le cose a tacere. Mentre arzigogolavo così, e non sapevo cosa dire, Maddalena s’era avvicinata al comodino, ne aveva aperto il cassetto ed aveva preso qualcosa che mise sul tavolino vicina alla poltroncina. Poi, senza dire una parola, s’era avvicinata all’imbarazzato genitore e gli si mise a cavallo, con una mossa rapida gli prese il pisello e ci si impalò destramente. Spinse il bacino bene in fuori, con le mani divaricò l’emisfero celeste del suo sedere, ed apparve il suo buchetto meraviglio. “Il gel è là, Piero, sul tavolino. Vieni, lo sai che ‘quello’ è riservato a te!” Era il momento di decidere. Decisi. Me ‘lo’ spalmai di gel, ne sparsi anche sul suo buchetto, e poggiai il glande sul quell’orificio delizioso che si schiuse deliziosamente e lo affondai tutto, finchè lo scroto non le battè sulle chiappe. Si muoveva splendidamente. Sentivo qualcosa di diverso, in lei, che si muoveva, andava avanti e dietro. Era il pisellone di mio padre che le invadeva la vagina e che la stava stantuffando coscienziosamente, così come io facevo sempre più ardentemente nel ‘secondo’ canale. Maddalena sculettava divinamente, gemeva sempre più forte, sentivo il respiro affannoso del genitore. Un ‘trio’ perfetto, affiatato, come se l’esecuzione fosse stata provata più volte. Armonia di sospiri, si sussurri, di gemiti. Ad un tratto fu come se tutti fossimo percorsi da una scarica elettrica. Il bacino paterno dava spinte poderose, e i miei colpi di reni non erano da meno. Meravigliosa, Maddalena, incassava tutto e partecipava con voluttuoso entusiasmo. Mi sembrò anche di sentire il calore dei nostri semi, mio e di mio padre, che quasi si incontravano, ma ognuno restò nel proprio canale! Sublime. Ormai eravamo tutti d’accordo, coinvolti nello stesso fine, alleati. La triplice alleanza!
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