CAPITOLO XI – UNA SERATA PARTICOLAREIl giorno successivo scorse via tranquillo. Ancora una volta nessuna delle due ebbe il coraggio di parlare di quanto accaduto la sera precedente. L’unico argomento di conversazione fu l’andamento del compito in classe di Jennifer. La ragazza sembrava non avere idea del suo esito ed era molto nervosa. Subito dopo cena, Marie lanciò a Jennifer un’occhiata indecifrabile che destò l’attenzione della giovane. Di sicuro la donna aveva qualcosa in mente e per lei questa non era sempre una buona notizia."Sai cara, oggi ho fatto una cosa non molto corretta. Ho abusato della mia posizione per ottenere un vantaggio personale" esordì la tutrice. "Ho chiesto alla professoressa Martin, a titolo di favore personale, di correggere immediatamente il tuo compito e di farmi sapere come era andato." Jennifer smise letteralmente di respirare aspettando che la donna si decidesse a dirle il risultato della prova. "Mi ha detto che hai commesso diversi errori ma nel complesso c’è un grande miglioramento e che ti assegnerà una B." La ragazza incredula non reagì, limitandosi ad osservare Marie che le sorrideva. "Credo proprio che se ne otterrai un’altra nel prossimo test e se gli altri tuoi voti non peggioreranno riuscirai a essere promossa alla fine dell’anno!" Ci vollero alcuni secondi prima che Jennifer riuscisse a realizzare che tutte quelle settimane di punizioni e di studio disperato avevano davvero compiuto il miracolo. Era così emozionata da non potere tenere dentro di sé ciò che provava, così si lanciò tra le braccia della donna, quasi in lacrime."Grazie! Grazie!""Perché mi ringrazi? È merito dei tuoi sforzi se sarai promossa.""No, non è vero! Senza di lei non ci sarei mai riuscita. Io … io …""Coraggio, bambina mia! Non ti vorrai mettere di nuovo a piangere, non è vero?""È che io …"Non riuscì a dire altro. Jennifer e Marie rimasero a lungo abbracciate, parlandosi solo con gli occhi. Seno contro seno, ventre contro ventre. Ad un certo punto l’abbraccio si fece più forte e la donna avvicinò le labbra a quelle della ragazza. La giovane chiuse gli occhi e aprì appena la bocca anticipando quanto stava per accadere. Nessuna forza al mondo avrebbe ora potuto impedire a Marie di tuffarsi in quel gorgo. Le loro labbra si serrarono insieme, staccandosi appena solo per cambiare l’inclinazione del capo. Continuarono a baciarsi con una passione sconosciuta ad entrambe fino a quando i loro polmoni non riuscirono più a soddisfare la richiesta d’ossigeno dei cuori che pompavano impazziti. Costrette a rompere il bacio rimasero strette l’una all’altra, ansimanti e affamate."Che ne dici se stasera andiamo a letto presto, piccola mia?" chiese all’improvviso Marie con gli occhi che le bruciavano di desiderio."Spero che non abbia delle cattive intenzioni, Madame …" rispose Jennifer maliziosa."Cosa te lo fa pensare, mia cara?"Scoppiarono entrambe in una risata nervosa. Poi Marie prese in braccio la ragazza, come se fosse una bambina piccola, e la portò fino all’alcova. Passarono la notte ripetendo più volte la lezione della sera precedente. Questa volta però la donna si sentì libera di trarne un maggiore diletto.Per festeggiare il buon andamento degli studi della sua protetta, Marie decise che il sabato successivo sarebbero andate a cenare in città. Quella sera la donna decise di guidare la vecchia mercedes. La ragazza sedeva accanto a lei ma mentre la donna indossava un elegante completo, Jennifer aveva indosso solo una tuta da ginnastica. Non si era trattata di una sua scelta ma di un preciso comando della tutrice. Arrivate in centro, la donna parcheggiò personalmente l’auto nell’area riservata ai clienti del ‘Blue Lady’, il ristorante più esclusivo e costoso della città. Jennifer era sempre più nervosa all’idea di dovere entrare in quel tempio snob con indosso una semplice tuta. Tutti l’avrebbero guardata con l’aria di chi trova una mosca nella minestra. Perché la tutrice voleva farle questo?"Qualcosa che non va, mia cara?" chiese la donna appena furono uscite dalla vettura."Be’ … ecco … non credo che i miei vestiti vadano bene per questo posto…""Vorresti qualcosa di più elegante? Chissà forse potresti trovare qualcosa sui sedili posteriori …"Incerta, Jennifer aprì una porta posteriore dell’auto e vide due grossi pacchi appoggiati sul fondo della macchina, dietro ai sedili anteriori. Contenevano un abito e un paio di scarpe in tinta. Senza dire una parola Marie chiuse le tendine parasole della mercedes e invitò la ragazza ad usare l’improvvisato spogliatoio per cambiarsi mentre lei la attendeva fuori. Con qualche difficoltà Jennifer riuscì a portare a temine il compito. Una volta rivestitasi fu però piuttosto imbarazzata. L’abito da sera, di un bel rosa, era sicuramente elegante ma anche piuttosto audace. Estremamente aderente non nascondeva nulla delle sue forme tanto che per una volta la ragazza non rimpianse di non essere tutta curve come le sue compagne. Il vestito copriva completamente il décolleté e le spalle ma lasciava nuda gran parte della schiena così che Jennifer dovette rassegnarsi a non indossare il reggiseno. La cosa più preoccupante era però la lunghezza, o meglio cortezza, del vestito. Nemmeno le minigonne più sfrontate che aveva portato in passato potevano competere con ciò che stava indossando adesso. L’abito copriva a stento le mutandine! Uscita dalla macchina ebbe un altro problema. Le scarpe avevano alti tacchi a spillo ai quali non era abituata e che rendevano difficoltoso camminare se non andando a braccetto con la tutrice. Come se non bastasse si rese conto che la grande aderenza del vestito faceva sì che ogni suo movimento spingesse verso l’alto l’abito scoprendo cose che avrebbero dovuto rimanere celate e costringendola a continui aggiustamenti. Quando le due entrarono nel ristorante Jennifer era così imbarazzata da aver assunto lo stesso colore del suo vestito. Tanto la ragazza era a disagio quanto Marie in estasi. Almeno per una volta doveva essere grata agli uomini che avevano inventato così deliziosi metodi di sottomissione. Peccato per loro che quella preda fosse solo sua. La cena fu piacevole. Marie si dimostrò affabile e di buon umore tanto che Jennifer finì per sentirsi a suo agio nonostante il vestito. La tutrice le concesse pesino di bere qualche bicchiere di vino."Non starà cercando di sedurmi, Madame?" non riuscì a trattenersi la ragazza."Non credo di avere bisogno del vino per quello. Mi sbaglio?"Per tutta risposta Jennifer sorrise abbassando il capo per celare il suo rossore. Terminata la cena, le due decisero di fare una passeggiata in spiaggia al chiaro di luna. Marie rimase volutamente qualche passo indietro per poter godere delle splendide gambe della giovane che sembravano danzare sulla sabbia. La ragazza camminava scalza, tenendo le scarpe in una mano. Era felice ed euforica. Si divertiva a poggiare i piedi uno di fronte all’altro come un acrobata che cammini su una corda tesa. L’alcool rendeva difficile il compito e per mantenere l’equilibrio Jennifer doveva bilanciarsi tenendo le braccia allargate a mo’ di ali. "Uno splendido fenicottero ubriaco" pensò Marie."Non mi hai detto se ti piace il vestito" disse all’improvviso la donna."È bello però … è un po’ …""Troppo osé?""Be’ … credevo che non volesse che mi mettessi abiti del genere!""Hai ragione, mia cara. Solo che quando l’ho visto, pensando a come ti sarebbe stato addosso e …""… non ha potuto resistere!" concluse Jennifer, definitivamente brilla."Mi sembra giusto. Un abito irresistibile per una ragazza irresistibile!""Fosse vero!" scoppiò a ridere la giovane."Ma lo è! Le tue gambe sono la cosa più bella che abbia mai visto." Il tono diMarie era talmente trasognato da rendere impossibile dubitare della sua sincerità. Jennifer smise di ridere e si avvicinò alla donna e fece per baciarla. Un lontano rumore d’automobile la spinse a una maggiore prudenza. Finì così che le due ripresero a camminare in silenzio, mano nella mano. Dopo qualche tempo il vino e la fresca brezza notturna iniziarono a fare effetto su Jennifer che iniziò a guardarsi intorno nella vana speranza di trovare una toilette."Qualche problema, tesoro?" chiese la donna."No, è che dovrei andare a fare pipì!" rispose la ragazza saltellando come una bambina che sta per farsela addosso. La cosa accese la fantasia di Marie."Mi spiace, cara. Non credo ci siano dei servizi qui intorno. Non riesci a trattenerti?""Non credo di avere scelta … Oh! Mi sembra di scoppiare!""Credo che sia meglio che tu la faccia qui.""Ma …""Non c’è nessuno e poi è buio."Jennifer, rassegnata, si diresse verso un albero per ripararsi dagli sguardi di eventuali automobilisti che potevano passare per la strada che costeggiava la spiaggia, delimitandola. Una volta al riparo si sollevò il vestito e fece per abbassarsi le mutandine. Non si curò del fatto che la tutrice fosse davanti a lei e potesse godere pienamente dello spettacolo. Aveva perso da tempo certi pudori. Se la donna voleva guardarla, lei non glielo avrebbe impedito."Aspetta! Cosa stai facendo?" intervenne duramente Marie."Eh!? Mi ha detto lei di …""Ti ho forse detto di toglierti le mutandine?""No ma … come faccio a … ?""Se davvero ti scappa non dovrebbe importarti molto di farla nelle mutandine."Marie era sprezzante."Ma Madame non capisco … perché dovrei farlo …""Perché sono io a chiedertelo."Jennifer era troppo abituata ad obbedire per porre ulteriori obiezioni. Non le venne nemmeno in mente il fatto che questa non era una punizione meritata e che non vi era motivo per sottoporsi ad essa. Nel frattempo Marie si era inginocchiata davanti a lei per poter gustare meglio la sua performance. Jennifer era in piedi. Le gambe divaricate e il vestito sollevato fino all’ombelico. Tremava. La tensione era tale che nonostante gli sforzi iniziali non riuscì a liberare la vescica. Doveva calmarsi. Chiuse gli occhi e prese a respirare profondamente, concentrandosi solo sullo stimolo fisiologico. Finalmente una piccola macchiolina iniziò a comparire nella parte inferiore delle mutandine. Per qualche istante sembrò che null’altro dovesse succedere. Poi, all’improvviso la macchia si allargò a dismisura raggiungendo il bordo delle mutandine. Dopo un secondo di incertezza il liquido rovente iniziò a scendere copiosamente lungo le gambe di Jennifer. Si formarono rigagnoli che ora si dividevano ora si riunivano per poi scomparire una volta raggiunta la sabbia. Le mutandine erano sempre più fradice e sembravano volersi incollare alla sua pelle. Prima singole goccioline poi una piccola cascata presero a scenderle tra le gambe. Il liquido scontrandosi con il suolo schizzava intorno depositandosi abbondantemente sui polpacci e formando una piccola pozza che si allargò fino a lambirle i piedi nudi. Finalmente il flusso cessò anche se le mutandine continuarono gocciolare a lungo. Quando Jennifer, riacquistato il controllo di sé, aprì gli occhi gettò uno sguardo supplichevole alla tutrice, sempre accucciata davanti a lei."Cosa c’è, cara? Hai finito?" chiese la donna con una tranquillità che non sembrava promettere niente di buono."Sì, Madame. Cosa … cosa devo fare?""Be’, vediamo un po’ … ti andrebbe di continuare la passeggiata così comesei?""Nooo! La prego! Qualsiasi cosa ma non questo!"La reazione di Jennifer fu così forte che Marie prese in considerazione di modificare i suoi piani e di porre in essere la velata minaccia. Alla fine però decise di rimanere fedele all’idea sviluppata durante lo spettacolino della sua diletta."D’accordo mia cara. Vediamo di darti una pulita. Per prima cosa togliti le mutandine."Jennifer eseguì con un misto di gratitudine e di disgusto. Marie le fece gettare l’indumento in un cestino dei rifiuti e dopo le ordinò di immergersi in acqua e di lavarsi, facendo attenzione a non bagnare il vestito. La ragazza era lieta di potersi ripulire ma il compito non fu troppo facile. Anche se la primavera era da tempo iniziata le acque del mare erano ancora terribilmente gelide. Nonostante ciò Jennifer seguì le istruzioni della tutrice e vi si immerse fino quasi all’ombelico. Poi con una mano iniziò a strofinarsi mentre con l’altra teneva sollevato il più possibile il vestito cercando di evitare che si bagnasse. L’operazione fu abbastanza lunga perché le onde continuavano a minacciare di farle perdere l’equilibrio e quindi la ragazza doveva procedere con molta cautela per evitare di inzupparsi del tutto. Quando finalmente usci dall’acqua era pulita ma completamente intirizzita. La brezza che prima sembrava rinfrescante non migliorava certo la situazione. Come se non bastasse non poteva nemmeno riabbassarsi il vestito che si sarebbe bagnato peggiorando il tutto. Né tanto meno poteva pensare, conciata com’era, di continuare la passeggiata o di tornare alla macchina."Sei proprio una bambina sconsiderata. Adesso ci toccherà aspettare qui finché non ti sarai asciugata" disse Marie leggendole nel pensiero."Non avrebbe qualcosa con cui possa asciugarmi?""No, cara. Mi spiace.""Forse se mi rotolassi nella sabbia …""Non ci pensare nemmeno! Non voglio certo vedermi la casa e la macchinariempite di quella robaccia!""Etciiù!" starnutì Jennifer."Hai freddo, cara?""Sì, Madame""Ti potresti prendere un raffreddore se non facciamo qualcosa …" iniziò ladonna che già sapeva dove andare a parare. Non disse altro. Si sedette su un grosso masso e si alzò la gonna scoprendo completamente le gambe. Poi, guardando la ragazza, batté un paio di volte con il palmo della mano appena sopra il ginocchio. Era un chiaro invito a Jennifer perché questa le si stendesse in grembo. Un gesto che inequivocabilmente precedeva una sculacciata. Jennifer era perplessa."Mi vuole sculacciare?""Sì, mia cara. Una bella sculacciata è proprio ciò che ci vuole. Ti riscalderàe ti farà asciugare più in fretta." La ragazza esitava. "Coraggio! Non sarà una vera punizione ma solo un riscaldamento."Alla fine Jennifer si arrese e prese posizione sulle ginocchia della tutrice. Subito iniziò la somministrazione. Prima una serie di colpi di media intensità, ben distanziati tra di loro. Poi colpi a forza piena amministrati con un ritmo superiore. Difficilmente questa poteva essere definita come una sculacciata di ‘riscaldamento’. Ma la cosa peggiore non era questa. La ragazza si accorse con orrore che la pelle bagnata sembrava amplificare l’effetto della sculacciata e iniziò ad agitarsi. Per tenerla al suo posto Marie le infilò la mano sinistra sotto la pancia fino ad afferrarle saldamente i peli del pube. In questo modo nonostante le contorsioni, la giovane finiva per essere trattenuta dolorosamente in posizione. Alla fine a Jennifer non restò che rassegnarsi e accettare i colpi in piena passività. Quando la donna si accorse che la ragazza non era più recalcitrante spinse ancora più a fondo la mano sinistra fino a raggiungere il sesso della sua vittima. Dopo aver a lungo esitato sul bordo delle labbra, le dita penetrarono nella vulva e poi fin nella vagina umida. La punizione continuava incessante ma a Jennifer non importava. Tutti i suoi sensi erano rivolti altrove. Il piacere e il dolore si stavano mescolando in una combinazione esplosiva. Le mani della tutrice si muovevano in perfetta sincronia. Il ritmo della sculacciata rallentò notevolmente ma non altrettanto la sua potenza. I colpi erano adesso ripartiti tra glutei e cosce. Un colpo sui glutei spingeva la ragazza ad premere il bacino verso il basso, facendo penetrare interamente le dita della donna nella vagina e sfregando la clitoride ingrossata contro il palmo della mano. Un successivo colpo sulle cosce costringeva invece la giovane a sollevarsi fin quasi a fare sfilare le dita dal suo sesso eccitato. Quasi. Il colpo seguente era inevitabilmente sulle natiche così che Jennifer finiva per impalarsi nuovamente. Dopo una quindicina di queste sculacciate la ragazza aveva finito per muoversi freneticamente in grembo alla donna, senza alcun ritegno nel mostrarsi intenta ad accoppiarsi con le avide ed insaziabili dita della tutrice. Marie considerò l’ipotesi di negare l’orgasmo a Jennifer e di ritornare alla macchina. Rifletté però sul fatto che quella era la prima volta in cui la ragazza veniva a conoscere il magico legame tra punizione e piacere, un legame che lei avrebbe avuto cura di farle conoscere sotto ogni aspetto. Ed era indubbio che per una novizia stava reagendo bene. Meritava il premio. Presa la decisione la tutrice smise le sculacciate ma lasciò immobili in posizione le dita bagnate sulle quali Jennifer si muoveva come su di un fallo di pietra. Quando si rese conto che non vi sarebbero stati altri colpi, Jennifer prese a premere e a muovere il proprio sesso contro le dita e la mano della donna che rimanevano immobili. Si rendeva perfettamente conto dello spettacolo osceno che offriva. Una cagna in calore che si masturbava strusciandosi senza ritegno contro una padrona che non sembrava prestarle alcuna attenzione. Eppure ciò non faceva che aumentare la sua eccitazione. Ad un certo punto Marie, con la mano libera, iniziò a carezzare leggermente le cosce e le natiche calde e arrossate della giovane. La pelle si era ormai completamente asciugata. Posò allora la mano su un gluteo e iniziò a strizzarlo con forza, rinfocolando il dolore della sculacciata. Jennifer gemeva ogni volta che la tutrice le affondava le unghie nelle natiche, strofinandosi sempre più freneticamente contro il bastione inespugnabile della mano della donna e moltiplicando gli sforzi per raggiungere l’ambito traguardo del sommo piacere. Alla fine un grugnito soddisfatto testimoniò la riuscita dell’impresa.Marie concesse alla ragazza il tempo per recuperare dopodiché entrambe ripresero a camminare in direzione del parcheggio. In macchina, durante il viaggio di ritorno la donna, mentre con la sinistra impugnava il volante, prese ad accarezzare con la destra l’interno delle cosce di Jennifer percorrendo molte volte il tragitto tra le ginocchia e il pube. Poco dopo due dita si erano ancora una volta insinuate dentro la vulva della giovane. Una volta dentro però si fermarono senza procedere ad ulteriori stimolazioni, perfettamente consapevoli che la loro sola presenza era sufficiente a mantenere eccitata la ragazza. Quando arrivarono a destinazione Marie estrasse le dita dalla loro umida culla e le pose sotto il naso di Jennifer, premendole poi delicatamente contro le labbra in un chiaro invito a succhiarle. La ragazza si voltò verso la donna per assicurarsi di aver ben compreso i suoi desideri."Leccale!" le ordinò Marie con dolce fermezza.Esitando, Jennifer avvicinò le labbra alla punta delle dita baciandole. Poi continuò a baciarle, percorrendo tutta la loro lunghezza. Ritornata al punto di partenza tornò a baciare la punta ma questa volta lasciò spuntare fra le labbra un piccolo triangolino di lingua col quale, come una piccola serpentella, prese a esplorare nuovamente le dita della tutrice, speziate dei propri umori. Infine Jennifer non seppe resistere e iniziò ad accogliere le dita dentro la bocca. Diede un ultimo sguardo alla donna per accertarsi del suo consenso e poi, chiusi gli occhi, accettò che le dita la penetrassero completamente. La lingua era fremente, intossicata dal sapore di miele femminile, e si accoppiava con le due intruse, scorrendo tra loro per separarle e poi a lato, per riunirle. A volte Jennifer interrompeva la danza e prendeva a succhiare avidamente ritraendo al contempo la bocca facendo così sfilare fuori le dita per poi ingoiarle nuovamente con voluttà. Nella sua mente le dita presero a confondersi con la lingua della tutrice che non aveva ancora conosciuto nessuno dei suoi orifizi. In breve Jennifer fu talmente eccitata che il suo intero corpo prese a vibrare come una corda tesa. Le sue mani si muovevano sul proprio ventre e poi sui seni palpitanti. Marie non era però intenzionata a concederle un altro orgasmo senza soddisfare anche sé stessa."Credo che dovremmo continuare questa … conversazione in casa" disse. Le due scesero quindi dalla mercedes e si diressero speditamente in casa e poi subito in camera da letto. Lì Marie poté finalmente soddisfarsi sodomizzando ripetutamente la giovane che in verità avrebbe preferito un trattamento più gentile.
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