CAPITOLO VI – UNA GIORNATA DI VACANZALa tutrice aveva promesso a Jennifer che al termine del mese di punizione, sempre che la ragazza si fosse comportata bene, sarebbero andate in città per comprarle un guardaroba decente in sostituzione di quello che la donna le aveva vietato. La giovane aveva atteso quel giorno con trepidazione. Non che si aspettasse di fare qualcosa di particolarmente eccitante ma la sola idea di passare una mezza giornata lontana dalle preoccupazioni bastava a renderla felice. Quando venne finalmente il momento, davanti alla ragazza si presentò una Madame Foisson con un aspetto del tutto inusuale. Invece dei soliti vestiti funerei, che Jennifer non aveva ancora capito essere solo una ‘divisa da lavoro’, indossava un elegante completo rosso. I suoi capelli erano sciolti e ricadevano copiosi sulle spalle. Il viso era leggermente truccato e gli occhialetti erano spariti. La giovane era stupefatta. Per la prima volta si rese conto che la sua seviziatrice non era una vecchia strega ma una donna giovane e bella. Un’altra sorpresa la attendeva nell’autorimessa sotterranea dove, accanto alla vecchia Mercedes nera anni ’50 che qualche volta aveva visto usare dalla tutrice, erano parcheggiate anche un’auto sportiva d’epoca e una fiammante Ferrari. Non fosse stata così distratta da quest’ultima avrebbe notato che erano presenti anche cinque moto di grossa cilindrata. In realtà erano queste la vera passione di Marie. Infatti quando la donna non ne poteva più delle regole e del grigiore della scuola si sfogava facendo lunghe corse in moto e frantumando ogni limite di velocità.La tutrice concesse a Jennifer di scegliere l’auto con cui uscire, sorridendo divertita quando la sua protetta si fiondò sulla Ferrari. In città Marie portò la ragazza nelle boutique più eleganti e alla moda. La giovane conosceva di fama alcuni di quei luoghi in quanto aveva sentito spesso altre studentesse vantarsi di aver fatto acquisti in questo o quel negozio. Personalmente non vi era però mai entrata perché sapeva bene che erano al fuori della portata delle sue finanze e soprattutto facevano parte di un mondo nel quale nessuno l’avrebbe mai voluta. In quel mondo però la sua accompagnatrice sembrava muoversi a suo agio. Sembrava anzi che più che essere lei ad appartenere a quel mondo fosse quest’ultimo che le appartenesse. Ogni volta che oltrepassavano un ingresso, frotte di commesse premurose le circondavano prodigandosi fin oltre la soglia del ridicolo nel tentativo di ingraziarsi le due nuove venute. Evidentemente la donna non era considerata tanto una buona cliente quanto una persona importante da trattare con il massimo riguardo. Jennifer trovò tutto ciò molto divertente. La giovane aveva sempre saputo che la Harper’s Hill era una scuola d’élite ma non si era mai resa conto del potere e della ricchezza che potevano derivare dall’essere al vertice di tale istituzione. Era in qualche modo una rivincita per lei vedere che la tutrice era in grado di terrorizzare non solo delle povere studentesse ma anche delle persone adulte, finendo per ridurle allo stato di cagnolini scodinzolanti.Quanto agli acquisti, la tutrice non diede alcuna libertà a Jennifer. Fu questa a stabilire i bisogni e persino i gusti della ragazza. Era una situazione strana. La giovane si sentiva come una bambola cui la padrona si divertiva a provare vestitini. All’inizio Jennifer ebbe il timore di ritrovarsi un guardaroba fatto solo di abiti neri e di gonne lunghe fino alle caviglie ma così non avvenne e dovette anzi convenire che le scelte della donna non erano per nulla imbarazzanti. A renderla inquieta era semmai un’altra considerazione. Jeans, T-shirt e mini avevano costituito il suo unico abbigliamento fino ad allora. Per lei erano come una uniforme o una corazza. Temeva ora che tutti quei bei vestiti, così graziosi e femminili, avrebbero finito per mettere in risalto tutta la sua goffaggine e mancanza di fascino. In ogni caso il momento più imbarazzante della giornata fu quando la tutrice pretese di scegliere anche la sua biancheria intima. Tanto la cosa era umiliante per lei quanto sembrava essere divertente per la donna che spesso le chiedeva di formulare un parere al solo scopo apparente di metterla a disagio. Sembrava inoltre che la tutrice avesse idee tutte sue sulla quantità di biancheria di cui abbisognava. Ne venne comperata tanta da far dubitare la giovane di essere in grado di infilarla tutta nei cassetti. Anche per tali capi i gusti della tutrice si erano mostrati diversi da quanto la ragazza si aspettasse. Non riusciva a credere che la donna le avrebbe concesso di portare, sotto la castigatissima uniforme scolastica, una tale orgia di sete e di pizzi. Per non parlare poi degli indumenti destinati a coprirla durante la notte. Si andava spesso ben oltre la semplice eleganza e si entrava nel regno della pura seduzione. Peccato che vesti tanto sensuali fossero destinati a lei. Era un vero spreco. Senza contare che non aveva nessuno per cui sembrare carina. Pensava a questo quella sera mentre ritornavano a casa ed era quasi giunta alla conclusione che la tutrice avesse fatto tutto ciò solo per mortificarla. All’improvviso realizzò che la donna doveva aver speso una fortuna per regalarle tutta quella montagna di abiti firmati. Per quanto potesse essere perfida non aveva senso uno scherno così costoso. Forse la verità era un’altra. Forse la tutrice le era davvero affezionata e davvero pensava che lei fosse bella. Quegli abiti eleganti potevano essere il suo modo per farla sentire all’altezza di quei complimenti. Così decise che anche se non fosse riuscita ad apparire bella avrebbe fatto il possibile per non deludere la donna. Adesso anche lei aveva trovato qualcuno per cui farsi carina!Tornate a casa Marie aiutò Jennifer a mettere a posto gli abiti. Le chiese poi di sedersi e con aria seria iniziò a parlarle."Jennifer vorrei chiarire alcune cose. Credo ti sarai resa conto che la mia famiglia ed io siamo molto ricche. Non è stato sempre così. Io e i miei abbiamo fatto molti sacrifici prima di giungere a questi risultati e io mi sono fatta l’idea che per una ragazza fare dei sacrifici e delle rinunce sia importante per formare il carattere e dare una giusta prospettiva alle cose. Quasi tutte le studentesse della scuola sono ricche e viziate. La vita ha dato loro la possibilità di realizzare grandi cose ma invece di sfruttarla sprecano il tempo in futilità e sarebbero disposte a uccidersi l’una con l’altra pur di avere l’esclusiva sull’ultimo capo firmato o su un rampollo dei Kennedy. Io non voglio che tu diventi come loro. Quello che ho fatto oggi l’ho fatto perché era necessario non perché tu possa metterti a rivaleggiare con le tue compagne.""Sì, Madame.""Non ho finito. Voglio che tu sappia che in futuro non dovrai aspettarti divedere realizzato ogni tuo desiderio o capriccio, così come non avrai un mensile per le tue spese. Se ti servirà qualcosa me lo chiederai e io, se lo riterrò opportuno, te lo comprerò. Se desideri qualcosa di frivolo dovrai comprartelo da sola, trovandoti un lavoro part-time per pagarlo. È chiaro questo?""Sì, Madame.""So che penserai che mi comporto come un’arpia e che con tutti i miei soldi non mi costerebbe nulla farti qualche regalo in più. Credimi Jennifer, io vorrei darti di più ma non posso … anche se finirai per detestarmi …"C’era quasi una vena di disperazione nelle parole di Marie. La donna sapeva di avere esagerato nel pomeriggio. Non era riuscita a dominare il desiderio di riempire di doni la sua pupilla. Ora stava cercando di rimediare ma l’idea di rinunciare al piacere di vezzeggiare quell’uccellino bagnato che accoglieva ogni gesto d’affetto con sempre nuovo stupore non era affatto gradevole. Aveva spesso sognato di prendere tra le braccia la giovane, piangente ed esangue dalle lunghe sevizie, per poi deporla in una accogliente alcova. Aveva sognato di ricoprirne le carni martoriate con sete e gioielli. E rimanere infine così, adorante, ad ammirarla, eterea e sensuale come un quadro di Klimt. Voleva che la ragazza fosse sua schiava ma che avesse catene d’oro finissimo e leggere come piume d’angelo. Purtroppo era solo un sogno. Nel mondo reale comportarsi in questo modo non era possibile. Avrebbe pregiudicato irrimediabilmente il loro rapporto e la propria posizione di supremazia. Non voleva certo finire come H. H., perennemente tiranneggiato dalla sua amata Lo."Madame, io non le ho chiesto niente! Dopo tutto quello che ha fatto come potrei …" interruppe Jennifer. Il tono era offeso, quasi rabbioso."Jennifer!" rispose Marie, dura come d’abitudine quando veniva contraddetta. Poi però vide la ragazza quasi in lacrime e sentì la sua ira sciogliersi e scomparire. Si avvicinò al letto dove la giovane era seduta e rimanendo in piedi davanti a lei la strinse al suo seno carezzandola. "Scusa, tesoro. Scusa. Non volevo offenderti. Io non sono molto brava a … prendermi cura delle persone. Ti prego perdonami.""No! Non deve scusarsi" disse Jennifer appena scacciato un groppo che aveva in gola. "In fondo aveva ragione. Mentre stavamo tornando a casa speravo che qualche compagna mi vedesse a bordo della Ferrari e scoppiasse d’invidia. Sono io che ho sbagliato. Lei è stata così buona e io le ho risposto male e …""Perché non lasciamo perdere tutto? Nessuna deve perdonare niente a nessuna, va bene? Adesso ti fai una bella doccia, poi ti infili un vestito nuovo e scendi giù a farmi vedere quanto sei graziosa. Io intanto preparerò una cenetta, mi va di cucinare una volta tanto.""Sì, Madame. Grazie.""Non ringraziarmi, potresti trovare la mia cucina persino peggiore delle miepunizioni!"Mentre la donna si allontanava sorridente, Jennifer arrossì e non ebbe il coraggio di dirle che sperava che la sculacciata serale fosse molto lunga e dolorosa per avere modo di dimostrare la sua ubbidienza, il suo coraggio e la sua devozione.
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