A volte la tua voglia di essere completamente e senza ripen-samenti vacca non riesce ad essere soddisfatta dal mio solo caz-zo, ed allora dobbiamo mettere in pratica qualche fantasia e devi svaccarti come l’ultima delle baldracche. Così, presi da un raptus erotico, una volta, abbiamo posteg-giato la macchina nei pressi del MEDEA 5. Tu ti eri messa una minigonna nera a tubino cortissima, roba da mozzare il fiato. Sopra avevi una camicetta rossa e sotto soltanto calze e reggi-calze. Naturalmente un paio di scarpe con tacchi a spillo verti-gi-nosi. Ti lasciai ad aspettare comodamente seduta sul sedile posteriore della nostra macchina ed andai a rimorchiarmi un bel po’ di cazzi. Arrivai dopo un poco con un gruppetto di 7/8 ragazzi, che avevo reclutato con l’esplicita richiesta di venire a scopare gratis. Spalancai lo sportello e ti mostrai a loro così com’eri; con le cosce aperte e le tette fuori dalla camicetta sbottonata. Io mi sistemai sul sedile del guidatore. “Allora ragazzi, che ne dite, volete fottervela? Fate pure, accomodatevi, è una gran troia che vi farà divertire gratis!”. Sapevo che quelle parole, forse più che i ragazzi, avrebbero eccitato te; ed infatti ti scosciavi a più non posso per esporre meglio la tua mercanzia, fino a quando il più intraprendente di tutti non si fece avanti con il cazzo di fuori. Glielo carezzasti un po’ e poi te lo por-tasti diretta-mente alla fica. Scopava con molta foga. Gli altri, visibilmente eccitati, si carezzavano la patta dei pantaloni. “Tiratele fuori le minchie, fategliele vedere”, dissi loro. Con gli uccelli di fuori la loro inibizione finì. Alcuni vennero a sistemarsi dentro la macchina, altri si masturbavano fuori dal finestrino. S’era persa la precisa cognizione dello spazio; tu eri svaccata sul sedile ed avevi cazzi dappertutto. I ragazzi si davano il cambio affannandosi dentro la macchina e tu eri con la sorca sempre piena; ti prendevano le mani e se le por-tavano sugli uccelli, te li spingevano in bocca e tu non smettevi di slin-guarli. Io ti guardavo, eccitato; ti carezzavo le cosce e mi ma-sturbavo. La loro sborra ti arrivava addosso improvvisa, non ca-pivi più da quale direzione. E ne sentivi il calore li-quido dentro la sorca o sulle cosce o sulle tette, insieme a quello delle lingue che ti leccavano. E ne sentivi il sa-pore, salato e denso, in bocca. Ogni tanto ti accorgevi di me. Capivo che volevi guardarmi; e così mi alzavo sul sedile e ti facevo vedere la mia minchia completamente scoppolata. Ti sentivi completamente put-tana e non li subivi, quei ragazzi. Anzi li incitavi con parole che mi arrapavano sempre di più. “Siii, sfondatemi, sfondatemi la fre-gna!”, e chi ti stava fottendo in quel momento aumentava le spinta per come la posizione gli consentiva. “Sono una pom-pinara; c’è ancora posto in questa bocca!”, ed un’altra min-chia veniva a frugare fra le tue labbra, rubando spazio a quella che stavi già succhiando. Poi ad un tratto te ne uscisti con un: “Chi mi in-cula; c’è un por-co che vuole incularmi?”. Un ragazzo, più deciso degli altri, ti rivoltò alla pecorina, facendoti appoggiare alla spalliera del mio sedile, e ti piantò il cazzo nell’ano. Te lo godevi tutto e conosco il piacere che riesce a dare la tua bocca quando in essa scarichi tutto il godimento che ricevi. Così mi alzai il più possibile sul mio sedile e ti diedi la minchia da ciucciare. Scossa dai colpi di reni del tuo inculatore, me la masturbasti, leccandomela tutta. Poi ricopristi il glande con il prepuzio e mi scoppolasti con le labbra, ricevendo il mio cazzo nudo dentro la bocca, che avevi riempito di saliva come piace a me. Il tizio che ti inculava era particolarmente abile e sapeva come stimolarti per bene. Ti passò una mano davanti e prese a massaggiarti il pacchio. Ti sentivo mugolare dal piacere ed eri talmente presa da esso che abbandonasti il mio cazzo per solle-varti un poco, spingere meglio i fianchi verso di lui e gemere liberamente. Eri vacca con quelle tette che debordavano dalla camicia, gli occhi chiusi e le labbra semiaperte ed ancora umide della saliva che avevi scaricato sul mio sesso. Ti agguantai le mammelle e te le massaggiai, mentre il ragazzino si scaricava i coglioni dentro il tuo culo e tu te ne venivi. Avevano sborrato tutti, i ragazzi e tu avevi avuto un unico lunghissimo orgasmo, con quell’esplosione finale. Li invitai ad andarsene, misi in moto l’auto e, ancora eccitato, svoltai per una stradina buia, ferman-domi. “Fai godere me, ora, vacca sbor-rata”, ti dissi, pieno di libidine, passando nel sedile di die-tro, vicino a te. Eri provata, con i capelli scarmigliati, la gonna ancora arrotolata sulle calze smagliate e il viso sporco di sperma ancora un po’ umido. Arrapantissima!!! Mi agguantasti il cazzo tesissimo e cominciasti a minarmelo, mentre con l’altra mano mi carezzavi le palle e mi stuzzicavi fra le natiche. Io cercai la tua bocca con la mia, e risucchiai la tua lingua. Doveva essere sporca, ma non m’importava. Ti cercai fra le cosce e trovai la tua sorca fradicia dei tuoi umori e del succo dei ra-gazzi, ma non smisi di massaggiarla. Che puttana, che puttanone immenso sei! Ricominciasti a godere. Il mio scroto era teso delle palle che galleggiavano nello sperma che voleva venire fuori. Ti feci scivolare accoccolata sul pavimento, dietro la spalliera del sedile anteriore. Io mi misi in ginocchio su quello posteriore. Ti afferrai il viso con la sinistra e portai la tua bocca sotto il cazzo che, con la destra, masturbavo furiosamente. Docile come un agnellino apristi la bocca, in attesa del mio succo, tirando fuori, ogni tanto, la lingua, per gustare il glande. Ancora pochi colpi, decisi, della mano ed ecco: “Tieni vaccona, maiala, troia, puttanone; beccati la sborra che tanto desideri. Ingoz-zati come una cagna sbrodolosa!!!”. Lo sperma, uscendo a fiotti dalla mia fessura, colò dentro la tua bocca avidamente aperta, ti mac-chiò di bianco la lingua, insozzò la tua faccia di troia.
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