PRIMA STANZA – MARIAL’arredamento era quello della cameretta dove Maria dormiva da bambina.Il letto con la sopracoperta rossa a fiori gialli, l’orsacchiotto appoggiato sul cuscino, il crocifisso alla parete. Nè avrebbe potuto essere diversamente, dato che Maria conservava intatto il suo imene. Qualche anno prima una nuvola passeggera aveva ispirato a Renato l’idea della collezione. Aveva aperto un giornale di annunci e, prima ancora di incappare nell’ovvietà dei messaggi personali, era stato attratto dalla sfida implicita contenuta nell’annuncio di un gruppo cattolico. Organizzavano una gita al santuario di Loreto. Renato si iscrisse all’escursione. Sul pullman conobbe Maria, che ricambiò il suo interesse torturandogli i bottoni del cappotto mentre gli parlava con gli occhi bassi. Ma un valore fondamentale della donna era quello di presentarsi vergine al matrimonio e lui l’aveva rispettato.Adesso era vestita con un grembiule azzurro che le arrivava appena sopra il ginocchio. Lo teneva chiuso fino all’ultimo bottone. Era un pò logoro e le stava stretto. I capezzoli premevano sotto la stoffa, stampandosi nitidi fin nell’aureola."Ah" disse accogliendo Renato e Cristina. "E’ arrivata la novizia." Si avvicinò a Renato e giocherellò con i peli del petto. Aveva le dita ben curate. Gli sollevò l’uccello con la destra facendola scivolare fin sotto lo scroto e accarezzandolo dolcemente. Quando il cazzo cominciò a raddrizzarsi, lei allargò le gambe e pisciò per terra. Tirò un sospiro profondo. Si girò di spalle, alzò la veste con un gesto e cadde gattoni. Lappò il pavimento: Sotto il grembiule era nuda: L’ano le si apriva e richiudeva invocante come la bocca di un muto."Tutto d’un colpo, ti prego. Fammi pentire. Ho peccato molto in pensieri impuri."Renato crollò sulle ginocchia e la penetrò impugnando i glutei soffici. La sente cedere, con la faccia sprofondata nell’urina. Gli addominali dell’uomo si muovevano con la laboriosa ritmicità di un battipalo. Il buco divenne un crepaccio, i muscoli dell’ano di Maria gli risucchiarono anche i testicoli, solleticando con le mucose umide l’interno delle cosce. "Non restartene a guardare" disse Maria sollecitando Cristina. "Maria, fai il tuo numero di levitazione" ordinò Renato. Lei inarcò la schiena rimanendo infilata sul cazzo, tese le braccia dietro le spalle e le allacciò al collo di lui. Renato si alzò da inginocchiato. Cristina si sfilò la calza destra e legò le mani di Maria. Poi accostò una seggiola davanti ai due che continuavano a muoversi ansimanti. Sale e apre la veste di Maria con uno strappo liberandole il petto. I capezzoli erano esili e lunghi almeno cinque centimetri. Cristina baciò Renato strofinando il proprio corpo contro quello dell’altra donna. Lui pensò che l’educazione della ragazza era iniziata: sapeva che lui desiderava i suoi seni e di dover continuare a tenerglieli nascosti. L’eccitazione dell’uomo aumentò e il sangue riempie ancor più copioso il suo cazzo, lasciando il suo cervello in preda a una confusione animale. Maria gemette: "Sfondami. Non merito altro. Spaccami, ti supplico. In due." Cristina cominciò l’allenamento sbocchinandole i capezzoli. Si drizzarono come punteruoli. Allora spinse i due cose com’erano sul letto, facendo in modo che Renato rimanesse disteso sulla schiena. Si sedette di traverso sul petto di Maria, infilandosi un capezzolo eretto nel buco del culo. Apre le gambe e si titillò il sesso impugnando l’altro seno. Più lo maltrattava più diventava morbido e malleabile. Il capezzolo si allungò ancora di più: lungo, rugoso e rosa come il naso di una talpa. Se lo ficco nella figa.Il movimento dei tre crebbe e Renato dovette impedire alle sue mani di andare a cercare le tette di Cristina.Il segnale fu il grido di Maria. Allora l’orgasmo li liberò. "La prima cosa che impari c che nessuna virtù può essere tenuta nascosta.SECONDA STANZA – BARBARALa cosa che mi ha attratto in lei c lo straordinario biancore della pelle. Cose chiara da poter scrutare la lenta circolazione della vita nei suoi organi, rifletté Renato quando furono al cospetto di Barbara. Ed era l’unica donna che avesse avuto il coraggio insensato di dichiarargli il proprio amore."A cuccia" le disse appena entrarono. Aveva la bocca piccola e non riusciva ad aprire abbastanza la mascella per ciucciargli il cazzo. Era stretta in vita come un giunco, le caviglie ed i polsi erano sottili. I lunghi capelli biondi le toccavano le natiche. Amava indossare vestiti costosi che ordinava puntualmente una volta al mese alla nana. Ed era da le che Renato amava iniziare. Le strappò di dosso con ferocia la costosa blusa firmata Kenzo. Sorrise malignamente: le smagliò le calze con le unghie. Senza neppure togliergliela, tagliò la gonna di Thierry Mugler con un paio di forbici. Tranciò a morsi le spalline della sottoveste di stilista francese. Per sfuggire alla sua furia distruttrice, Barbara perse le scarpe. Lui le afferrò e ruppe i tacchi. Fu allora, come sempre, che vedendola piangere e invocare pietà il suo cazzo divenne ancora più . "Adesso violentiamo la bambolina" disse con la voce minacciosa di un personaggio da fiaba.Indicò a Cristina di indossare uno slip di pelle che esibiva un gigantesco cazzo di gomma bifronte: uno all’interno per la femmina che l’avesse indossato, uno all’esterno che l’avrebbe fatta sentire un uomo dotato. "Diventa cazzuta anche tu e raggiungimi." Come sempre tenne Cristina ai margini della coda dell’occhio, evitando di guardarle i seni.Renato fece cunnilingus a Barbara rimasta col reggicalze. I seni lattei erano attraversati da reticoli di venuzze azzurre. Prima di lasciare il posto a Cristina, che fece coricare l’altra sul letto per salirle sopra e penetrarla con la protesi, le compresse le tette con parecchi giri di un cerotto spesso tre dita, fino a fargliele sparire. Barbara adesso respirava a fatica. Le due donne si muovevano dolcemente baciandosi dapprima con diffidenza poi con passione. Era una danza ritmica e il cazzo bifronte era il dondolo d’amore che le infilzava entrambe. Renato si accese una sigaretta. Disse: "Questo non è permesso" e la spense sul dorso di una mano di Barbara intenta ad accarezzare la schiena della giovane amante. L’urlo ricacciò fuori Cristina. Renato prese una bottiglietta di Coca-Cola dal piccolo frigorifero della stanza e ne infilò a forza la base nella figa di Barbara. "Le piace essere stuprata. Guardala: bambolina in faccia, i calli nei buchi." La donna piangeva. Lui le morse in bocca. "Sputa fuori la lingua!"La lingua rosea spuntò tra le labbra gonfie. E mentre Renato le manovrava rudemente la bottiglia nella vagina, lei singhiozzava di un piacere doloroso. La punta violetta della lingua si confuse con il glande di Renato. Lo masturbava con le lunghe dita esili e leccava la punta con avidità. Fu allora che Cristina ebbe un’idea forse determinata più dalla droga che dalla perspicacia. Intordò il culo peloso di Renato con la protesi. Lo spiumò con una frenesia canina e lui venne copiosamente sul volto di Barbara che soffocò con la gola piena di sperma. Poi si alzò in ginocchio sorridendo. Disse: "Ti amo" mettendosi la bottiglia nel retto per la parte stretta. La stappò con i calli creati dall’esercizio e bevve felice."Ricorda" disse Renato a Cristina mentre penetrava Barbara con la mano stretta a pugno fin oltre il polso, "il dolore c a volte la porta d’entrata per un piacere in cui si ha vergogna di sperare".
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