Rientrando nella sua stanza, Justine aveva già cominciato a levarsi i vestiti quando notò Tammy, la sua compagna di camera in collegio, era già dentro. “Cristo, mi hai fatto spaventare!”, sbottò Justine. “Merda, che cavolo ti è successo?”, chiese quando i suoi occhi registrarono la scena per intero: Tammy era sdraiata sul letto, nuda dalla vita in giù, cercando di piegarsi su se stessa in modo da potersi strofinare una candida crema sul culo arrossato e gonfio. Ogni natica del suo piccolo culetto bianco era martoriata da molteplici linee violacee e spesse. “Il Professor Bryan mi ha mezza massacrata, guarda cosa ha combinato”, singhiozzò Tammy. “Lo vedo, ma cosa cazzo hai combinato, ne hai fatta una delle tue? Il tuo culo ha un aspetto orribile… ti fa tanto male, vero?” “No Justine, indovina… non fa male per niente… mi uccide, Dio! Mi sento malissimo!”, Tammy replicò infuriata, poi aggiunse: “É per questo che sto tentando di applicare questa lozione, è così fresca… mi sento come se il culo mi andasse a fuoco!”. Justine rise. Le due ragazzine condividevano la camera a due letti del collegio da poco meno di un mese, ma erano già ottime amiche. Justine era più carina, anzi decisamente bella e formosa per la sua età, sebbene entrambe erano indubbiamente ragazze molto attraenti, tra le più corteggiate dell’istituto. “Lo faccio io, se vuoi…”, suggerì Justine, mentre si sedeva dietro Tammy. “Mi sembra incasinato per te… stai combinando un disastro!”. “Okay, certamente!”, la risposta fiottò dalla bocca di Tammy un po’ troppo rapidamente ed entusiasticamente. “Non è facile spalmarmela da sola”, aggiunse, ma segretamente desiderava sentire le carezze della la sua bionda compagna di stanza sul suo tenero culo. Fin da quando era stata accoppiata a Justine, all’inizio dell’anno scolastico, Tammy aveva occhi solo per lei, bastava un’occhiata alle grosse tette di Justine, a quei capezzoli paffuti e tondeggianti, era sufficiente perché la sua figa desse segni di gradimento e il suo clitoride si indurisse lasciando poco spazio al dubbio, riguardo la natura delle sue reazioni. Ciò ovviamente accadeva ogni giorno poiché le due ragazzine si vestivano insieme al mattino e si spogliavano sempre insieme al termine della giornata. Tammy si era silenziosamente masturbata quasi ogni notte dopo aver ammirato il corpo perfetto della compagna. Il pensiero di Justine che toccava la sua carne nuda e arrossata le sollecitava istintivamente le parti intime. “Passami il tubetto allora!”, domandò Justine, allungando il braccio per riceverlo. Tammy glielo diede, poi si girò e si sdraiò comodamente sul letto. Justine si spremette su un dito una certa quantità di crema, se la portò al dito e annuso delicatamente. “Mmmhh, che buon profumo…”, mormorò, e cominciò a spalmare la crema sulla natica destra di Tammy, la quale sussultò quando il freddo liquido colloso si allargò sulla pelle bruciante. Justine sorrise guardando contrarsi sotto le sue mani i muscoli del piccolo culo infiammato. Sparpagliò il liquido su tutta la superficie arrossata coprendo le zone dove la canna aveva colpito con forza, a giudicare dall’entità delle piaghe. In breve entrambe le natiche diventarono lucide e profumate grazie alla crema, quindi Justine iniziò a massaggiarle con più lena, usando entrambe le mani, su e giù, quindi con movimenti circolari. Aveva cominciato in maniera totalmente innocente, ma ora diventava sempre più accaldata, la sensazione del sedere contratto che scivolava sotto le sue mani le faceva girare leggermente la testa. Quando Justine sfregava verso l’esterno, le natiche proporzionate di Tammy si separavano e Justine poteva intravedere l’avvallamento rosa dell’ano e, appena sotto, l’apertura della vulva la quale appariva colpevolmente tutta bagnata e aperta. La sua stessa figa era tutt’altro che asciutta. Vedere se stessa nell’atto di schiudere la fessura di Tammy la stava realmente arrapando. Ad ogni passaggio delle mani, Justine allargava le natiche di Tammy sempre di più, le sue dita scivolavano sempre più in profondità tra le gambe dell’amica. Presto la punta delle dita si ritrovò a brevissima distanza dalle parti intime di Tammy, la quale mugolava morbidamente, come una gattina. Tutto questo proseguì per qualche minuto, le due ragazze diventavano sempre più eccitate; Justine ora fissava senza vergogna lo spettacolo dell’ano e della fighetta di Tammy, il ritmico spalancarsi e chiudersi, la fuoriuscita di liquido trasparente dalla vulva. Tammy si sentiva stordita da un’ondata di confuso piacere, tutto il suo corpo vibrava sotto le mani sapienti dell’amichetta. Non era mai stata così arrapata… e pensare che nessuno le aveva neppure toccato la figa! A un certo punto Justine vide l’ano dell’amica gonfiarsi impercettibilmente. Stupita e incuriosita, allargò le chiappe di Tammy il più possibile, lo stretto fiorellino si rilasciò e si aprì leggermente, rilasciando un peto silenzioso, dopo il quale fuoriuscì qualche goccia di un liquido bianco latteo che le scese lentamente verso la figa. Justine non poté trattenere un esclamazione interrogativa, di sorpresa. “E questa roba… che cacchiio è?”, chiese, le sue mani sempre serrate sulle chiappe spalancate di Tammy. “Oh… ehhmmm… scusami Jue…”, Tammy rispose voltandosi, la sua facccia era porpora per l’imbararazzo. “Ero un po’ troppo… rilassata, e… beh mi è scappata. Scusa, davvero!” “Lascia perdere la scoreggia”, disse Justine, “non mi importa… ma che caspita è questo?”, chiese, dopo aver raccolto un po’ di quel liquido gelatinoso, mettendolo davanti al naso dell’amica. “Ahhh… ecco…”, squittì Tammy. “Sembra sperma… giusto? Possibile?” “Sembrerebbe di sì…”, disse Tammy, a denti stretti, non sapendo bene come giustificarsi. Justine annusò il liquido cremoso e ne riconobbe l’odore acre, quindi si succhiò il dito ripulendolo in un istante. “Anche il sapore è quello…”, disse, con un sorriso allusivo. “E come ha fatto a finire dentro il tuo bel culetto, tesoro?”. Justine aveva iniziato di nuovo a massaggiare il sedere di Tammy, e stavolta sarebbe stato arduo fraintendere la natura sessuale di quell’atto. Tammy guardò da un’altra parte, in chiara difficoltà, poi iniziò a parlare, lentamente e nervosamente all’inizio. In seguito si rilassò, anche grazie alla manipolazione ad opera di Justine, ciò le consentì di eliminare il senso di vergogna che la attanagliava. “Allora… uhmm… beh, stamattina presto il Professor Bryan mi ha beccata qui, ero… beh, sai… non avevo niente addosso e stavo… ehhhm…” “Tam… dopo quello che è successo non dovresti più avere remore, difficilmente potresti shockarmi con le tue spiegazioni!”, chiarì Justine incoraggiandola a rivelargli tutta la verità. “Lo credo…”, riprese Tammy, “insomma… mi stavo trastullando”, disse rapidamente, “usando l’impugnatura dell’asciugacapelli… quando lui è entrato… o meglio era lì sulla porta, chissà da quanto tempo… ho alzato gli occhi, ero concentrata su… beh, su quello che stavo facendo… e il Professor Bryan era lì, ci pensi? Era lì impalato, mi guardava e sorrideva in modo perverso, mi è sembrato… e ho subito notato un rigonfiamento sul cavallo…” “Vai avanti, poi cosa è accaduto?”. Justine non vedeva l’ora di sapere il seguito. “Era incazzato, davvero furioso… non l’avevo mai visto così teso… ha iniziato a blaterare, sai… la solita predica sullo svegliarsi presto… diceva di essere in giro per controllare che tutte le ragazze fossero pronte in orario… ma io ci credo poco… insomma, come si permette di violare così la nostra privacy? Poi ha iniziato a chiamarmi con i nomi più orribili, mi ha detto che ero una sporca puttanella e che mi avrebbe insegnato a esserlo in tutto e per tutto! Mi ha ordinato di vestirmi e di andare immediatamente nel suo ufficio”. Le mani di Justine erano scivolate più all’interno, con la punta delle dita massaggiavano l’ano di Tammy e ogni volta che sfregavano sul minuscolo monticello bruno, il culo di Tammy si tendeva leggermente e la sua figa si bagnava un po’ di più. Tammy andò avanti: “Quando sono entrata nel suo ufficio, il Professore mi ha fatto attendere un secolo in anticamera. Ero così spaventata e nervosa, pensavo al peggio… sapevo che avrebbe potuto espellermi e allora avrei dovuto spiegare ai miei le cause di quel provvedimento e… ahhhh, com’è bello… continua Jue!” “Taci e prosegui a parlare o smetto subito!”. “Okay, beh… allora ero davvero spaventata a morte, okay? Finalmente ha aperto la porta e mi ha detto bruscamente di entrare. Ha richiuso la porta dietro di me, si è seduto sulla sua poltrona e ha cominciato a farmi la ramanzina sull’essere una brava ragazza… mi ha detto che ciò che stavo facendo era patetico, contronatura, e lui non poteva sopportare di ospitare nella sua scuola di tradizioni irreprensibili le piccole sporcaccione come me. Mi ha detto che francamente non sapeva cosa fare in casi come il mio, avrebbe potuto dirlo ai miei genitori e loro se ne sarebbero occupati, oppure poteva punirmi lui stesso. Io l’ho pregato di non fare parola ai miei e a nessun altro perché sarei morta per l’imbarazzo. L’ho scongiurato! Ha risposto che per i miei la cosa migliore sarebbe stata sapere tutto per potersi regolare, dopotutto era un loro diritto. Loro avrebbero saputo esattamente cosa fare, conoscendomi meglio, dopotutto ero la loro figlia! Quelle parole mi terrorizzarono, avevo addosso un’ansia indescrivibile…mi veniva da piangere! Gli ho detto che avrei spiegato tutto a lui e avrei accettato la punizione che riteneva più opportuna, solo non potevo sopportare che rivelasse tutto ai miei, sapevo che non avrebbero mai potuto giustificare il mio comportamento…”. “E allora cosa hai fatto? Certo… dev’essere stata una situazione orribile…”, disse Justine, strofinando con le dita il buchetto di Tammy, indugiando sulla pelle sensibile del perineo, tra l’ano e l’umido taglio della figa, facendo gemere la giovane. “Ha detto che mi avrebbe accontentato se promettevo di accettare di buon grado la punizione che avrebbe prescritto istantaneamente, qualunque cosa fosse, e che se raccontavo a qualcuno di quell’esperienza avrebbe spifferato tutto ai miei genitori, comunque; a quel punto nessuno avrebbe creduto a ciò che diceva una troietta come me. Ho risposto ovviamente che avrei accettato tutto a patto che non avrebbe rivelato a nessuno la mia colpa. Mi faceva sentire davvero oscena, sporca, in colpa. Non avrei mai immaginato ciò che stava per farmi, Jue!” “Okay… allora dimmi, che ti ha fatto? Dimmelo, forza, o smetterò di accarezzarti!” “No, ti prego… continua”, mugolò Tammy, “É meraviglioso… dunque, il professore è andato verso la parete, ha aperto un armadio e ha tirato fuori una bacchetta lunga, sottile e flessibile, fatta di legno, forse bambù. Mi ha detto di togliermi le mutandine e di piegarmi sulla scrivania a gambe larghe. Ho fatto ciò che mi ordinava e sono rimasta lì… potevo sentire l’aria fresca sulla figa, ancora umidiccia per il ditalino interrotto. Il Professore mi ha sollevato l’orlo della gonna e lo ha ripiegato sulla schiena, scoprendo completamente il mio sedere. Ero tesissima, non mi era mai successo di mostrare la mia intimità in quel modo spudorato a un uomo e sapevo che lui mi stava guardando la figa da dietro… devo ammettere che stare lì, in quella posizione audace, con il Professore più bello dell’istituto a fissarmi la vulva mi stava arrapando, nonostante fossi atterrita dal timore che mi colpisse con la bacchetta. Mi immaginavo come dovevo apparirgli da quell’angolazione, le mie labbra sono piuttosto lunghe e probabilmente penzolavano completamente aperte, libere… e il pensiero mi faceva bagnare ancora di più. Comunque… all’improvviso, senza nessun avvertimento, ho sentito un sibilo e il mio fondoschiena è esploso per il dolore, ho urlato, mi sono drizzata in piedi per il bruciore insopportabile… “Il Professor Bryan si è infuriato, ha detto che non avrebbe potuto amministrare la punizione se mi comportavo come una poppante, in quel modo infantile… per cui avrebbe comunicato l’accaduto istantaneamente ai miei, avrei dovuto vedermela con loro. Ha fatto per rimettere la bacchetta nell’armadio, ma io l’ho pregato di continuare, ho promesso che non l’avrei più interrotto, che avrei fatto tutto quello che voleva! Ancora adesso non posso credere di averlo scongiurato di battermi, ci pensi? Mi ha guardato, soprappensiero, poi mi ha comandato di rimettermi in posizione. Ha preso in mano le mie mutandine e me le ha ficcate in bocca, dicendomi di morsicarle, per evitare di starnazzare di nuovo come una gallina spennata. Potevo assaporare distintamente il sapore dei miei succhi, ora, mentre il dolore al culo si era un po’ calmato, solo lo sentivo caldo e pulsante… “Mi ha dato altri nove colpi, ogni volta facevo in modo di non urlare, ma la sofferenza era inimmaginabile. Mi sentivo il culo in fiamme, ero certo che la pelle si fosse ormai lacerata e mi faceva sanguinare. Quando ha finito, mi ha intimato di non muovermi di lì. Stava nuovamente guardando fisso la mia figa. Non so se era merito delle vergate o solamente della situazione in cui stavo, ma la mia figa tutta intera era fradicia e mi pizzicava continuamente. Il Professor Bryan ha detto che ero una piccola porcellina che aveva avuto quello che si meritava. Io ho fatto cenno di no con la testa, singhiozzando, ma lui continuava ‘Guardati… sei proprio una zoccoletta, il tuo insegnante ti punisce e… guarda!’. Mi ha strofinato la punta della canna nella parte interna delle cosce sfiorandomi appena la fessura. Io ho guardato sotto, la mia figa aveva iniziato a colare miele trasparente lungo gli inguini. La bacchetta lasciava una scia filamentosa di succo sulla pelle. Ha strofinato la piccola punta arrotondata contro le labbra, l’ha lasciata scivolare avanti e indietro stimolandomi il clitoride gonfio. Non mi va di ammetterlo, ma mi stava davvero eccitando alla grande. Ero talmente confusa… ho cominciato a muovermi addosso alla canna, cercando il contatto, lo strofinio, mi stava facendo impazzire… la canna naturalmente diventava sempre più umida e scivolosa… “Sembra pazzesco, ma stavo raggiungendo l’orgasmo… il Professor Bryan mi ha introdotto la canna nella figa, lentamente… io mi muovevo tutta arrapata, per farla aderire alle pareti vaginali, riceverla fino in fondo, ma lui me l’ha tolta di colpo. Ha detto che non avrebbe mai supposto che mi piacessero questo genere di cose. Poi ha iniziato a strofinarla nella zona del buco del culo, era fradicia per via del succo di figa, per cui quando ha spinto leggermente, mi è entrata nel retto senza grandi difficoltà. Allora ha iniziato ad andare su e giù, nonostante la bacchetta fosse sottile, la sensazione che mi dava era davvero intensa, Jue… era veramente piacevole…”. “Piacevole come questo?”, chiese Justine mentre infilava il suo piccolo dito medio nel caldo buchetto di Tammy e lo agitava dentro l’ampolla rettale. “Oh… no… questo è… mi sembra di impazzire Jue… mmhhh… se continui così verrò in pochissimo tempo…”. “Allora continua a raccontare o dovrò smettere subito”. “Mmmmhhh… Okay… allora… il Professor Bryan ha smesso, ha detto che ero una puttanella depravata, malata… che meritavo una punizione più dura… mi ha dato un’altra bacchettata, verticalmente, proprio sul buco del culo, un dolore intensissimo… poi ho sentito il rumore della zip… avevo il cuore in gola, ero immobilizzata dalla paura. Lo sentivo maneggiare qualcosa di duro e caldo all’imboccatura della mia figa, poi l’ho sentito entrare deciso… era il suo uccello Jue! Mi sembrava di morire, il Professore Bryan in persona, l’oggetto delle mie fantasie più sconce, stava per chiavarmi nel suo ufficio…! “Sentivo la grossa cappella farsi strada nella mia stretta fighetta, le pareti si dilatavano a fatica, erano sottoposte a uno sforzo mai provato prima… aveva un cazzo davvero grosso, massiccio… mi scopava con dei colpi potenti, prolungati e lenti, non riuscivo a crederci… in breve mi stava chiavando forte, mentre il mio povero culo mandava fitte di dolore per via della punizione. Sentivo l’orgasmo montare rapidamente nel ventre e in pochi secondi ansimai soffocata nelle mie mutandine mentre il mio corpo si contorceva e premeva contro il pube del Professor Bryan e io godevo come una cagna in calore… “L’ha tirato fuori, insultandomi di nuovo con parole umilianti, mi ha detto che ero una piccola vacca depravata e altre frasi di questo genere. É stato allora che si è levato la cintura dei pantaloni e mi ha appioppato cinque o sei cinghiate, ravvicinate, fortissime… il dolore se possibile era ancora più intenso di prima, insopportabile, ma… non so come dire…mi sembrava di aver superato una certa soglia di sopportazione… le sensazioni che provavo erano quasi piacevoli, tanto che mi stavo bagnando sempre di più e questo mi impressionava un sacco… lacrime di gioia e di tormento si confondevano, le sensazioni si mescolavano e non mi riconoscevo più, non potevo più distinguerle… “Il Professor Bryan sembrava fuori di sé, io ero atterrita, temevo che fosse sul punto di perdere il controllo dei suoi atti… Ha detto che non riusciva a credere ai suoi occhi, più mi colpiva, più mi eccitavo, dimostrando l’inutilità dei provvedimenti. Ma io non ci potevo far nulla se mi stavo arrapando a dismisura, no? A quel punto mi ha appoggiato la punta del suo cazzo durissimo sul buco del culo. Io cercavo di parlare, di fermarlo in tempo, ma non potevo, ero praticamente imbavagliata, e poi rischiavo di farlo incazzare ancor di più…”. “Cosa vuol dire che non potevi? Dì pure che non volevi fermarlo!”, disse Justine. “Avevi l’uccello del Professor Bryan sul buco del culo, pronto per mandarti in orbita e volevi fermarlo? Che scema… tu volevi che ti sodomizzasse, vero?”. Per aggiungere enfasi, tirò fuori il dito dal retto di Tammy e ci infilò il pollice, mentre altre due dita penetravano nell’umida fessura. Tammy confessò: “Sì, lo volevo… è chiaro che lo volevo tutto dentro, ero solo spaventata. Il suo cazzo lo sentivo bello grosso nella figa, ho pensato che mi avrebbe aperto in due se me l’avesse ficcato in culo… e in effetti mi sono sentita come se mi stesse squartando quando me l’ha spinto dentro. C’è voluto qualche minuto di penetrazione lenta, in modo da farmi abituare, rilassarmi… per poi spingere più a fondo, ma in poco tempo era dentro tutto e a quel punto ha iniziato davvero a incularmi. Mi faceva molto male all’inizio, ma la sensazione era nello stesso tempo talmente piacevole che volevo continuasse, sempre più forte… il suo uccello liscio e caldo veniva risucchiato dentro fino alle viscere, sentivo i coglioni sbattermi contro la figa. Lui ansimava sempre più rumorosamente mentre mi fotteva con regolarità, dentro e fuori, dentro e fuori, senza fermarsi mai, né rallentare il ritmo… “Dopo qualche minuto si è bloccato improvvisamente con l’uccello tutto dentro di me e ho potuto sentire il getto di sperma bollente percorrergli l’asta e schizzarmi nel retto… lui urlava come un ossesso, chiamandomi con ogni appellativo che gli veniva in mente, nomi terribili, e non smetteva di sventrarmi, a ogni colpo sentivo sempre più sperma invadermi, riempirmi. Quando finalmente ha smesso, ho sentito il buco del culo richiudersi e sono rimasta lì, mezza collassata sulla scrivania”. “É pazzesco, Tammy”, disse Justine. “É un peccato che tu non abbia assaporato il suo nettare… fa veramente arrapare, credimi…”. Per dimostrare che sapeva ciò che diceva, Justine tolse il pollice dal retto di Tammy e iniziò a leccarlo e a succhiarselo come una bambina. Poi incollò la lingua all’ano dell’amica e lo leccò tutto intorno, tentando di infilarla oltre lo sfintere, mentre due dita si insinuavano nella vulva di Tammy, la quale era al settimo cielo per il piacere. “Lo so… lo conosco il sapore dello sperma del Professor Bryan! L’ho provato, cosa credi?”, ansimò Tammy. “Che intendi dire?”, replicò Justine, il viso affondato tra le natiche dell’amica. “Lasciami parlare… la storia non è ancora finita. Il Professore era ben lontano dall’aver terminato la somministrazione della punizione. Mi ha ordinato di levarmi di bocca le mutandine, voltarmi e di inginocchiarsi di fronte a lui. Io ho immediatamente eseguito alla lettera e mi sono trovato davanti la sua verga che spuntava dai pantaloni ancora piuttosto gonfia e tesa, imbrattata di mucosa anale e sperma, con tracce scure di sangue e di escrementi raggrumati alla base della cappella. Il Professore mi ha intimato di ripulirlo in fretta fino a farlo diventare lucido. Ero disgustata… sentivo una stretta allo stomaco e ho sentito salirmi dal ventre lo stimolo di vomitare. L’ho guardato con occhi imploranti ma lui era irremovibile, anzi si stava innervosendo ancora di più per il mio comportamento ritroso… allora, volente o nolente, ho cominciato a leccargli il membro con la punta della lingua, l’odore e il sapore erano sgradevoli ma meno di quanto avessi pensato… ho passato la lingua lungo tutta l’asta che nel frattempo stavo ritornando tesa e dura. Poi ho inspirato quanta più aria potevo e gli ho preso in bocca la punta, con la lingua ho ripulito tutti i rimasugli lucidando la superficie vellutata del glande. Ho continuato a ciucciarglielo con regolarità a labbra serrate, scendendo sempre più in basso e inghiottendo porzioni di carne sempre più grandi, fin quasi a ingoiarlo tutto intero, giù fino a sentire i coglioni. Nel frattempo inghiottivo tutti i residui dell’inculata con una buona dose di saliva, tentando di trattenere il respiro quanto più potevo… tutto sommato mi piaceva quello che stavo facendo, ne ero orgogliosa e anche il Professore sembrava gradire, a giudicare dai mormorii di approvazione…”. “Mmhhh… non smettere di raccontare, Tammy… ora girati… sollevati e siediti sulla mia faccia, voglio inghiottire tutta la sborra che hai infilata dietro…”, mormorò Justine, ormai sovraeccitata dalla vicenda erotica dell’amica e dal desiderio di sperimentare le stesse sensazioni. Tammy fece quanto gli era stato detto e si accovacciò sulla faccia dell’amichetta. In quella posizione poteva agevolmente sollevare la gonna di Justine alla vita e, piegandosi in avanti, dare un’occhiata da vicino alla figa che aveva tanto desiderato guardare e toccare, fin dal momento del loro primo incontro. Poteva vedere i peli del pube di Justine attraverso il sottile tessuto delle mutandine, ormai rese quasi trasparenti dal generoso flusso di liquido vaginale fuoriuscito dalla fessura. Justine alternava le dita alla lingua nella vagina di Tammy, leccandosi spesso le labbra e succhiando via il miele prodotto dalla saporita vulva della ragazzina. “Sembra che ti sia piaciuto un sacco palparmi il culo e ascoltare le mie porcherie, vero Jue?”, disse Tammy, non senza malizia. “Non ti immagini neppure quanto sono infoiata, Tammy!”, rispose Justine, staccandosi per un attimo dalle terga di Tammy e ributtandosi di nuovo a leccare e baciargli il pube. “Mhhh… si Jue, continua così, ti prego… è meraviglioso…”, mugolò Tammy, prima di riprendere a raccontare: “Ce l’aveva durissimo, ma al tempo stesso la pelle era morbida, le vene spuntavano in rilievo, gonfie di sangue, la cappella era liscia, di un color rosso porpora brillante… io leccavo e succhiavo con molto piacere, umettando di saliva il suo cazzo per l’intera lunghezza, era più facile prenderlo fino in gola, tenerlo lì… poi tirarlo fuori tutto lasciando colare la bava dalla bocca… gli succhiavo i coglioni che spuntavano gonfi e belli sodi dai pantaloni, poi riprendevo il cazzo tra le labbra per rificcamelo in bocca tutto intero… un pompino da manuale, insomma… ero talmente arrapata da quella situazione che non potevo evitare che una mano mi scivolasse sui capezzoli turgidi, durissimi, e più giù, tra le gambe… e due dita si insinuassero nella mia fighetta ormai fradicia… mentre con la punta del pollice mi strofinavo il clitoride congestionato…”. “Lo sapevo che ti piaceva tutta quella faccenda, ti piaceva da morire! Sei proprio una porcona Tammy… ora fai uno sforzo e cerca di far uscire altra sborra dal culo, ce ne dev’essere ancora dentro…”. Come sempre, Tammy fece ciò che gli era stato detto, sforzando i muscoli per espellere altro liquido. Justine osservava il suo buco del culo dilatarsi, premere verso l’esterno e aprirsi come un fiore carnivoro… e fu ricompensata da una certa quantità di sperma biancastro e denso, che inghiottì istantaneamente. “Così, piccola, ancora… dammene di più! E non smettere di parlare, continua, dai…”. Succhiò avidamente finché lo sperma si esaurì. A quel punto si sistemò sopra Tammy a quattro zampe, con la vulva dell’amica davanti alla faccia e cominciò a lavorarla, tenendola aperta con una mano mentre due dita dell’altra mano la penetravano a fondo e la lingua si scatenava sul clitoride, per la gioia di Tammy che si sentiva quasi venir meno per il godimento. A sua volta la ragazzina non restava inoperosa. Liberò dal reggiseno le adorate tette di Justine, già formose e rigonfie, rispetto ai suoi seni da adolescente, le quali spuntarono fuori pesanti, mostrando grossi capezzoli rosei, tesi come chiodi. Tolse la gonna e sfilò le mutandine a Justine ammirando dal basso verso l’alto l’umida fighetta rasata da verginella adolescente, sopra la quale campeggiava il goloso buco del culo, serrato, non ancora violato. Non poté evitare di accarezzarlo con la punta della lingua, inumidendolo a dovere prima di spingere dentro un dito, il che suscitò mugolii di piacere in Justine, i cui succhi stillavano copiosi dalla fessura imbrattando il mento e il collo della sua compagna. Tammy era assorta, come tramortita per gli effluvi e la visione meravigliosa che aveva sotto gli occhi. Non ci poteva credere, i suoi sogni più audaci si stavano realizzando. Vedeva distintamente le grosse labbra separarsi, schiudersi per mostrare le parti più delicate, di colore via via più scuro… il cappuccio del clitoride dal quale spuntava il grosso bottoncino congestionato, la fonte del piacere di Justine… non faceva nulla, restando lì in contemplazione, quasi ipnotizzata da quello che vedeva… “Il Professor Bryan era in estasi completa”, la voce di Tammy riprese, ormai spezzettata dal trattamento che l’amichetta le stava riservando: “…si drizzava sulle punte dei piedi, ansimando come un porco, accarezzandomi la nuca e dandomi piccole spinte ritmate… il pompino è durato qualche minuto, lui non si decideva a venire, mentre io avevo goduto già una volta come una matta senza però darlo a vedere, continuando a succhiare imperterrita da brava bambina quel lecca-lecca gustosissimo… a quel punto il Professore lo ha tirato fuori dalla mia bocca, l’ha impugnato alla base e un getto di sborra è schizzato fuori colpendomi sulla guancia, caldo e denso… seguito da un secondo, ravvicinato, e poi un terzo che mi è finito dritto in bocca… almeno sei o sette getti spessi mi hanno colpito su tutta la faccia, sulle labbra, sugli occhi, sul naso e perfino uno nei capelli… hanno iniziato a colare giù sul collo e sulla camicetta proprio mentre io godevo una seconda volta, un orgasmo squassante, incredibile… un rivolo gelatinoso è finito per terra, sul pavimento tra le mie ginocchia e… così, sì… continua… scopami con quelle dita…”. Tammy faticava a mantenere il controllo, sotto i colpi di lingua di Justine sul suo clitoride rovente, a cui si accompagnava il movimento irrefrenabile delle dita dentro di lei. Tammy del resto ripagava l’amica allo stesso modo, i succhi cremosi della sua vulva le colavano sulla faccia, giù per il collo, imbrattandola senza troppi complimenti. Justine cercava di strofinare il clitoride sul volto della ragazza, muovendo il bacino ad arte, ma Tammy si guardava bene dallo stimolarle il clitoride, volendo tenerla sulla corda, protrarre al massimo l’eccitazione… voleva che quella fosse anche per Justine un’esperienza indimenticabile. Tammy non staccava un istante la lingua dal pube dell’amica, aveva desiderato così tanto vivere quegli istanti… con le mani le apriva le chiappe oppure si soffermava sulle tette sode dell’amichetta, le soppesava, le massaggiava e le strizzava, torcendone i capezzoli con due dita, fino a farli diventare porpora. Justine era a un passo dall’orgasmo, ma voleva sentire la fine del racconto, la incitava a continuare. “Il Professore Bryan”, riprese Tammy, ansando, “è rimasto ad occhi chiusi per qualche secondo assaporando l’orgasmo intensissimo, poi li ha aperti, sogghignando alla visione della mia faccia ricoperta di sborra. Mi ha strofinato sul volto l’uccello colloso e umidiccio che finalmente si era un po’ ammosciato, e mi ha fatto inghiottire ogni goccia di sperma finché ne è rimasta… e naturalmente mi ha costretto a succhiargli di nuovo l’uccello per ripulirlo completamente… notando le poche gocce sul pavimento mi ha obbligato ad abbassare la testa e a leccarle dal pavimento, come se fossi una cagna… è stato così umiliante…”. “Umiliante? Vuoi scherzare…”, la interruppe Justine, quasi sbraitando, “…non sai quante ragazze avrebbero voluto essere al tuo posto, scema… ora continua, dai succhiami il clitoride, sto per godere… anzi, prima finisci…”. “Beh… è tutto qua, praticamente… alla fine il Professor Bryan mi ha ordinato di rimettermi le mutandine… ero così umida e arrapata che mi si sono incollate subito fra le gambe… mi ha detto che sperava avessi imparato la lezione perché la prossima volta non sarebbe stato così morbido nel punirmi… poi mi ha lasciata andare. Ero rientrata da qualche minuto quando sei arrivata tu…”. “E abbiamo iniziato la nostra piccola porcheria…”, ansimò Justine, “e dobbiamo ringraziare quello stronzo di Bryan se finalmente abbiamo perduto le nostre inibizioni…”. “Mmmhhh… sì… è stata dura ma alla fine ho resistito, no?”, replicò Tammy tra una leccata e l’altra, il respiro rotto dall’orgasmo imminente, “anch’io sto per godere, amore… fammi venire… insisti su quel clitoride!”. In tutta risposta Justine si tuffò tra le cosce dell’amica, ormai madide e profumate di succo di figa, decisa a portarla all’orgasmo. Tammy finalmente si mise a slinguare a sua volta il clitoride dell’amata amichetta, stringendole tra i denti, succhiando e leccando più forte che poteva. Fu come aprire un rubinetto, far scattare la scintilla primaria di un incendio devastante. Ormai era una lotta a chi faceva venire prima l’altra. Entrambe erano ai limiti, trascinate parossisticamente dalle loro fantasie. Tammy stava ottenendo ciò che desiderava da tempo, godere con l’amichetta del cuore grazie alle sue labbra e alle sue dita, Justine si sentiva esplodere da dentro perché si era immedesimata completamente in Tammy, avrebbe voluto tanto essere stata al suo posto in quell’ufficio. Sotto la lingua di Tammy, il suo clitoride si stava sciogliendo, bastarono pochi secondi a Justine per sentire dentro di sé un’ondata di piacere propagarsi per tutto il corpo trascinandosi dietro ogni residua inibizione, travolgendo ogni difesa. Tammy sentì i muscoli delle cosce dell’amica tendersi, contrarsi a lungo prima di rilasciarsi di colpo, come un elastico teso allo spasimo: “Ohhhh… piccola, sto venendo… sì…sìììì… godooooo!!!”. Qualche secondo dopo iniziava l’orgasmo di Tammy, altrettanto potente e inarrestabile, una valanga di sensazioni indescrivibili, che le diedero un piacere mai neppure immaginato prima. Pura estasi dei sensi. Le due ragazze godettero come matte, il loro primo piacere lesbico, restando accasciate una sull’altra a lungo prima di guardarsi negli occhi e sorridersi, complici di un’esperienza che avrebbe cambiato profondamente i loro destini.
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