Sul finire del 1980 andammo ad abitare in una nuova casa adiacente una scuola materna gestita da un’anziana suora coadiuvata da due giovani insegnanti laiche alla prima esperienza come educatrici.Per continuare i discorsi fin qui fatti circa il desiderio di scopare ragazze vergini alla loro prima esperienza e poi logicamente fregarsene del frutto procreato, va detto che le maestre erano una categoria appetibile perché generalmente ingenue e bambinesche come i loro piccoli; inoltre durante la loro attività si lasciavano andare ad atteggiamenti affettuosi, carezze, baci, ecc. che potevano essere interpretati come atteggiamenti di ragazze di facili costumi.Le due ragazze, Nadia e Sara, certo non uscivano da questa categoria; inoltre indossavano entrambe come divisa un’elegante camice bianco che, come detto più volte nel mio caso, fungeva da afrodisiaco, poi aggiungiamo gli atteggiamenti materni prima descritti ed ecco che la voglia di scoparle e sbatterne incinta almeno una divenne il mio chiodo fisso di quel periodo.Mia madre di certo non mi contraddiva, anzi farà di tutto perché il mio desiderio diventasse realtà.Mia madre notò subito che le ragazze sotto il camice indossavano volgari e antiestetici jeans mentre sarebbero state più sexy se avessero indossato collant o calze autoreggenti.Infatti, se un camice che svolazza, magari con qualche macchiolina è sensuale, molto di più lo è se a questo si unisce una calza smagliata.Mia madre capì tutto questo e mi preparò una bella sorpresa.Una mattina alzandomi verso le 10 aprii la finestra e con somma meraviglia vidi che entrambe le ragazze indossavano i collant di cui Nadia addirittura del colore a me preferito, il “nocciola”.Mia madre era stata un gran genio, aveva convinto l’anziana suora che i jeans erano poco igienici e ad una possibile ispezione dell’ASL avrebbe come direttrice avuto qualche gratta capo. La suora capì e obbligò le ragazze da allora ad indossare calze di nylon.Mia madre fece altre cose pur di venire incontro al mio desiderio, come quello di permettere ai piccoli di poter giocare anche nella parte di nostro giardino aprendo un piccolo cancello di confine cosicché anche le ragazze venivano in nostra proprietà.Fece di più, con mia grande soddisfazione, lei stessa avendo ore libere, si offrì di assistere i piccoli ogni tanto, per cui era in contatto con le ragazze e stava delle ore con loro in giardino.Mia madre, che nonostante avesse superato la cinquantina, era sempre una bella donna, indossò pure lei un camice (rosa pallido), con sotto un paio di calze di nylon e poiché, maliziosamente lasciò sbottonato gli ultimi due bottoni del camice, quando volteggiava con in braccio i piccoli si intravedeva il reggicalze per cui mentre andavo a salutare mia madre, solo questa visione, mi faceva ingrossare non poco l’uccello.Dopo qualche chiacchiera a mia madre venne l’idea, vista la mia presenza come aiuto, di trasportare qualche gioco (altalena, scivoli, ecc.) nel nostro giardino, cosicché i piccoli potevano divertirsi anche nella nostra proprietà.A trasporti terminati mia madre si accorse di avere smagliato una calza e senza troppi preamboli sali nell’appartamento né prese un nuovo paio scese in giardino e incurante della mia presenza e dei piccoli le cambio all’istante gettando quelle smagliate nel sacco dell’immondizia.Si accorse che anche Nadia aveva smagliato i collant per cui le disse: ” E tu non le cambi? E’ quasi l’ora dei genitori, con quella smagliatura in quel posto sembri una che ha scopato fino adesso”Nadia arrossi un po’ (forse per la mia presenza) andò nello spogliatoio cambiò i collant e ritornò in giardino.La giornata finì cosi senza ulteriori “visioni” ma che in ogni caso erano un buon sperare.Il giorno successivo io ero fuori città e mia madre restò quasi tutto il giorno con Nadia, la più ingenua e dolce delle due, e mentre accudivano ai piccoli racconto della sua infanzia, di quando iniziò a lavorare come infermiera notturna in un ospizio di soli uomini, di come a soli 18 anni rimase incinta da un uomo che se ne fregò altamente del figlio; tutti argomenti, che conditi a dovere sollecitavano le “voglie” a provarci della giovane allieva.Raccontò di come durante la notte gli uomini ricoverati la infastidivano, gli sputavano sul camice, cercavano in tutti i modi di smagliarle le calze, urinavano dove capitava, magari si facevano accompagnare al cesso, gli urinavano addosso e la costringevano ad usare il camice come carta igienica; il tutto doveva poi essere gettato in spazzatura prima dell’arrivo della capo sala il mattino seguente perché se intravedeva anche solo una macchia sul camice oppure una calza smagliata, faceva il diavolo a quattro. Era perfino capace di andare nel tuo spogliatoio rovesciare per terra tutta la biancheria tenuta di ricambio (camice, calze, sottovesti, ecc.) e poi divertirsi a strapparla o a gettarla dalla finestra in segno di disprezzo.A volte capitava perfino che a pazienti con forte desiderio di masturbarsi doveva dare loro un paio di calze o un reggiseno che poi logicamente finivano in spazzatura imbrattati come erano di sborra.Proprio durante uno di questi turni allucinanti rimase incinta; nonostante avesse sacrificato un bel paio di calze, il camice, e un’elegante sottoveste l’uomo non si accontento, la prese, gli strappò il resto dell’abbigliamento e la scopò senza pietà.Raccontò ancora che nonostante la gravidanza e la certezza che quest’uomo mai avrebbe riconosciuto il figlio, continuò il suo lavoro di infermiera con serenità, mostrando con orgoglio la pancia che cresceva e soddisfatta del ruolo di ragazza madre.Un discorso di questo genere aveva senz’altro sollecitato la fantasia di Nadia che certamente non vedeva l’ora di provare anche lei le gioie delle scopate, magari anche restando incinta.Il giorno successivo essendo di riposo al pomeriggio seguii mia madre in giardino con i piccoli e con Nadia che oramai con mia madre aveva un legame affettivo.Portammo anche, per far divertire i piccoli, un cucciolo di dalmata di poche settimane che si divertiva a scorrazzare sul prato ma che ad un certo punto combinò anche un bel pasticcio a Nadia.Mia madre prese più volte in braccio il cucciolo per mostrarlo ai piccoli, ma con l’accortezza di mai tenerlo in grembo facendo le coccole, mentre Nadia non fece altrettanto, tenne in grembo il cucciolo per qualche minuto e questo scaricò una bella pisciata seguita da una copiosa cagata sull’elegante camice indossato nuovo il giorno stesso e inoltre, nel tentativo di allontanare più in fretta possibile il cucciolo, questi si aggrappò alle gambe smagliandoli entrambe le calze.Questa volta la ragazza arrossì ma si infuriò molto e dalla sua bocca usci la frase “cazzo, me lo potevi dire che correvo questo rischio.” Mia madre replicò “cazzo niente affatto, sei tu un’ingenua, chiunque sa che un cucciolo in grembo sono a rischio gli abiti, in ogni caso togli tutto e gettalo in spazzatura, non senti che odore”.Nadia probabilmente a malincuore ubbidì, visto anche la mia presenza, si ritirò nello spogliatoio e ritorno con camice e calze cambiate. Inutile dire che davanti a quello spettacolo il mio uccello era molto salito e quasi certamente se ne era accorta anche Nadia.Quel camice sempre lercio e a volte puzzolente, quelle calze smagliate, quell’atteggiamento materno, quei bei seni tondi visti con il reggiseno, erano un insieme di cose che accrescevano la voglia di scopare Nadia e metterla incinta al primo colpo.Un’atra cosa che mia madre faceva in modo libidinoso e provocatorio era quando fumava la sigaretta che invece di posare la cenere nel posa cenere lasciava che questa si spargesse ovunque, ma soprattutto sul suo camice ed anche sulle calze e a volte anche bucandole.Ormai i tempi erano maturi e ogni giorno non perdevo occasione di visitare il giardino quando era presente mia madre e logicamente anche Nadia (meno socievole e spesso assente Sara).Un paio di giorni dopo, naturalmente in mia presenza, a mia mamma venne l’idea di verniciare alcune statuine che abbellivano il giardino e che avrebbero certamente dato un’immagine più primaverile allo spazio dei bimbi.Mia madre iniziò tranquillamente con pennello e pittura fregandosene di eventuali macchie sul camice, Nadia invece, viste le esperienze dei giorni precedenti, si mise in vita un antiestetico grembiule da giardiniere che fece inorridire mia madre che esclamò “sei pazza Nadia, togli quello sconcio e rimettiti il camice come del resto faccio io, non sarà mica un problema se si macchia il camice?”Nadia ubbidì e tolse il grembiule rimettendosi il camice bianco che a poco a poco si macchiò sempre di più, come del resto il camice rosa di mia madre.Al termine della pittura con molta eleganza mia madre getto il camice, ormai veramente concio, nel bidone della spazzatura, mentre Nadia pretese di tenerlo per un possibile lavaggio in quanto dispiaceva scartare l’ennesimo camice nuovo in pochi giorni.Mia madre non acconsentì, le disse che sembrava un imbianchino, che il camice è anche simbolo di igiene, gli si avvicinò e con una garbata manata glielo sbottonò, fece un fagotto e buttò pure quello nel bidone della spazzatura; Nadia restò così con addosso solo il reggiseno. Inoltre un barattolo di pittura posato su uno sgabello cadde e rovesciò il contenuto sulle calze sia di mia madre sia di Nadia.“Evviva” esclamò mia madre guardandomi, “oggi è proprio andato tutto a dar via il culo” e rise mentre io assistevo godendo come non mai alla scena.Mia madre tolse anche le calze che gettò pure loro nell’immondizia e invitò a farlo anche Nadia asserendo che dava una pessima immagine in mia presenza.“E’ giunto il momento” mi sussurrò mia madre, “aspetta che si riordini e poi scopala è cotta a puntino”.Appena cambiato l’abbigliamento e rimessa in ordine Nadia continuò ad assistere i piccoli mentre mia madre in comune accordo con me si allontanò e risalì nell’appartamento.Mi sedetti io al posto di mia madre, accesi una sigaretta e di tanto intanto lasciavo cadere un po’ di cenere o sul camice di Nadia o sui suoi eleganti collant appena indossati.Dopo qualche minuto iniziai a strofinargli le mani sui collant quasi al limite della smagliatura, poi iniziai a slacciargli il camice che successivamente cadde per terra; Nadia capì, con una scusa allontanò i piccoli e acconsenti che oltre al camice slacciassi anche il reggiseno che cadde pure lui per terra, poi con un’altra mossa strategica gli strappai anche i collant (era il terzo paia che buttava quel pomeriggio e ciò mi eccitava moltissimo) ed eccola pronta per essere “fregata” come suol dirsi.Ci coricammo sull’erba, usai come coperta il suo camice finito a terra, gli strappai anche gli slip e la spupazzai senza remissione cercando di arrivare subito al sodo e di non perdere neanche una goccia di sborra. La ragazza si sottomise e rimase ammutolita soccombendo.Terminato, mi alzai, mi rimisi i pantaloni, come mia consuetudine urinai sul camice, reggiseno, calze che logicamente dovettero essere buttati perché conci e senza parlare oltre salii in casa.Mia madre mi accolse a braccia aperte ed esclamò “Bravo, sono fiera di te, ho visto tutto vedrai che l’hai messa incinta, è troppo ingenua”.Aveva ragione, dopo qualche mese cominciò a notarsi il pancione, ma io mi trasferii per lavoro in altra città e mia madre cessò la collaborazione per sopraggiunti altri impegni.Non cercò mai di rintracciarmi e seppi da altre persone che nacque un maschietto; seppi anche che durante la gravidanza indossava sempre eleganti collant e camici bianchi e mostrava con orgoglio il bel pancione. Non solo, teneva anche un atteggiamento libertino, permetteva a chiunque di toccargli la pancia, lasciava che la cenere insozzasse il camice e lo bucasse, oppure i piccoli potevano smagliargli le calze a piacimento saltandogli sulle ginocchia, quasi a sfidare il frutto indesiderato che teneva in pancia. Da Sara, che divenne la mia confidente, seppi che durante la gravidanza ebbe rapporti, sempre contro la sua volontà, con un paio di uomini di cui uno addirittura il padre di un allievo che la scopò a causa del suo abbigliamento provocatorio sotto gli occhi del figlio e della collega.Ero sufficientemente tranquillo che anche questa volta potevo esclamare “L’ho fregata, ora son cazzi suoi”, e siamo a 3 paternità fuggitive, si continua, uccello sempre in tiro e molto nylon in spazzatura.
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