Un cero antico, creato da artigiani sapienti nei tempi andati dell’Ordine, istoriato a fuoco con colori ancora vividi, un vero oggetto di culto, quasi un pezzo da museo. Sicuramente dal valore inestimabile, come reliquia del passato. Che attendeva da molto tempo chi lo meritasse. Ed il Maestro pensava che quel qualcuno fosse giunto. Le pose il cero dinanzi agli occhi, ruotandolo piano per farle ammirare le immagini dipinte, e spiegandole i dettagli di cio’ che rappresentavano. “Questo cero appartiene all’Ordine da molti secoli. Fu creato per incontrare chi ne fosse degno. Io, Gran Maestro dell’Ordine, stabilisco che la ricerca si e’ compiuta. E che tu meriti l’onore di ricevere quest’omaggio, in te e su di te. Protendi le labbra! Bacialo prima che realizzi la funzione per cui e’ stato creato!”. Obbedi’ all’ordine, riconoscente per le parole del Maestro, tornando poi ad appoggiare la testa sull’Altare. L’Inquisitore avvicino’ il cero al compagno all’angolo, e la fiamma crepito’ sullo stoppino indurito dai lunghi anni di attesa. La fiamma ondeggio’ qualche istante, per poi stabilizzarsi. Qualche secondo ancora di attesa, e le prime particelle di cera presero a fondere. “Ricevi ora questo battesimo di fuoco dalle mie mani, Monica. La tua schiavitu’ e’ appena agli inizi, ed ora riceverai i primi segni della tua nuova condizione”. Il cero si inclino’ di alcuni gradi, e le gocce liquide e calde presero a scendere sulla pelle della ragazza, creando striature e giochi di curve e di colore sul suo corpo offerto ed indifeso. Gambe, braccia, ventre, avevano gia’ avuto la loro razione di calore, quando decise che era giunto il momento di andare oltre. . . due piccoli imbuti andarono a connettersi alle estremita’ libere degli aghi inseriti nei capezzoli, e la cera comincio’ a scorrere dentro gli aghi, scaldandoli e portando la loro forza sin dentro la carne aperta dei globi penetrati dall’acciaio ora rovente. La donna non riusci’ a trattenere le proprie grida, ma il suo educatore non accenno’ a rallentare il ritmo. Doveva prima riempire gli imbuti, affinche’ la pressione stessa del liquido mantenesse la presa sugli aghi. Certo, gli imbuti erano piccoli, ed il loro riempimento non prese molto tempo. Un problema aveva sempre assillato il Maestro sin dai tempi del noviziato: la cera, anche quella molto pura, che pure rimaneva liquida molto piu’ a lungo del solito, tendeva immancabilmente a solidificarsi; ma in quell’istante si accorse con un sorriso che la soluzione era davvero l’uovo di Colombo. Sarebbe bastato inserire negli imbuti, vicino all’innesto con gli aghi, due ulteriori stoppini. . . ed accenderli! Lo fece, mentre lo sguardo della donna lentamente tornava a distendersi, e il progressivo abituarsi al calore dentro di lei tramutava quasi il dolore in piacere. Il Maestro si fermo’ a guardare l’opera. Si sentiva soddisfatto, di se’ e di lei, di quell’allieva che gli faceva provare emozioni che temeva ormai sopite per sempre, del suo ruolo di Maestro, gratificante infine dopo una vita di attesa che a volte gli era parsa vana. Volle andare oltre. Si sentiva invincibile, sapeva di poter creare, di avere le capacita’ per plasmare la sua schiava, renderla pura, aperta, nuova, e viva. Le slego’ le caviglie. E fece calare le cinghie dal baldacchino, una dall’angolo destro, una dal sinistro. Dopo averle nuovamente imprigionato le caviglie, torno’ ad azionare gli argani, sollevando gambe e bacino, e lasciandola appoggiata per le spalle. Le gambe formavano quasi un angolo retto tanto erano spalancate. . . e lo spettacolo, che in altri frangenti sarebbe apparso osceno, era invece intriso di una sacralita’ silenziosa ed immensa. Ora era il turno del divaricatore: uno speculum di dimensioni apocalittiche si avvicino’ al sesso della ragazza, e, senza un solo istante di preparazione, fu inserito in profondita’. Facilitato dal fatto che la lubrificazione naturale era abbondante. . . Poi, con calma, il Maestro diede il via al moto senza fine della vite di apertura. Incurante delle implorazioni della donna, che si sentiva squartare nel suo profondo dall’enorme intruso, continuo’ ad aprire. Fin quando l’apertura fu tanto grande da poter contenere agevolmente il cero stesso. E ancora non poteva bastare: un lampo di genio ancora, ed una piccola spirale di pochi centimetri di lunghezza, e di circa due millimetri di diametro apparve da un piccolo cassetto alla base dell’Altare. Senza dir niente alla donna, controllo’ che fosse priva di punte e spigoli vivi, e poi ne inseri’ una estremita’, ruotandola come fosse un cavatappi, sul fondo del cero. Per poi iniziare l’introduzione. Quando, lentamente, fu arrivato in fondo, le mani esperte dell’uomo cercarono, riuscendoci, di far coincidere l’estremita’ libera della spirale con il piu’ segreto degli orifizi della donna. Quando senti’ di averlo trovato, lentamente inizio’ a ruotare il cero, come fosse un cavatappi, forzando millimetro dopo millimetro l’utero contratto della donna. Che, appena compreso cosa le stava accadendo, non risparmio’ le urla, ne’ i tentativi di divincolarsi. Fermandosi solo quando ebbe compreso che non avrebbero certo fermato le azioni del Maestro, e che anzi le potevano procurare dolori ancora piu’ intensi. Uno, due, tre, quattro, cinque giri interi per avvitare profondamente la spirale nell’utero. Ed inchiavardare cosi’ il cero nella vagina della educanda. “Ed ora, le disse, lasciamo che la cera compia il suo lavoro purificatore. Stai gia’ ardendo nelle tue carni, quei capezzoli che tu pensavi bruciare dentro, e che invece ardono ancora in superficie; proverai ora cosa sia ardere dentro, e sentire il calore nascere fin dentro le viscere. Il cero si consumera’, riempiendoti, riscaldandoti, bruciandoti sino in fondo, e solo quando la fiamma lambira’ le pareti interne della vagina, senza bruciarle perche’ sei stata aperta al massimo proprio per questo, sara’ la mancanza d’aria a far spegnere il fuoco. Ma a quel punto si sara’ trasmesso al tuo ventre un fuoco inestinguibile, ed un calore senza fine che accompagnera’ tutta la tua vita futura. Ti sto accendendo, monica. E non potrai piu’ essere spenta. Mai. Troverai un po’ di pace soltanto nella tortura della carne, e nella condivisione dello spirito. Amore, comprensione e sevizie, in una spirale che ti penetrera’ sempre piu’ a fondo, come quella conficcata ora in te. Sei mia, e di me non potrai piu’ fare a meno. Non e’ un tuo sacrificio. E’ la nostra fusione: neppure io potro’ piu’ fare a meno di te. E trovero’ pace e condivisione solo nell’accogliere il tuo cuor e nel mio, nel lasciar camminare i nostri spiriti mano nella mano, e nel seviziare il tuo corpo, dandoti vita, gioia,dolore, piacere. Ho detto.”
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