Vivevano in uno di quei paesi della bassa padana, freddi, grigi e nebbiosi d’inverno, assolati e umidissimi d’estate. I Pradetti avevano una piccola villetta alla periferia di*********** costruita dal geometra Adolfo Pradetti con le sue mani ma, ahimè, come vuole un vecchio detto di quelle parti “…….approntata la gabbia, morto l’uccello………” egli schiattò d’infarto appena terminati i lavori, lasciando su questa terra moglie e tre figli, due femmine e un maschio, in giovane età. “Sarai tu Ugo da oggi l’ometto di casa” disse piagnucolante la madre dopo i doveri funebri e mai il povero Ugo poteva pensare quanto profetiche sarebbero state col tempo quelle parole. Non aveva mai conosciuto suo padre, se lo ricordava a malapena, perché quando era morto, lui era ancora piccolo. Più grandi erano invece le sue sorelle Rosa e Laura, che con la madre, che era una donna piuttosto piccola, magra, ancora abbastanza giovane, con gli stessi occhi belli e neri del figlio, non avevano quasi nessuna somiglianza. Rosa, la sorella più grande, era una ragazzona bionda e slanciata, molto lentigginosa, però con seni sodi, ben erti e a punta. Laura, la più giovane, era piccola, grassoccia, con seni freschi e pieni, e con un gran sedere, tanto che per strada gli uomini si giravano a guardarglielo. Aveva cominciato presto Laura. A dodici anni era stata sverginata da un venditore “porta a porta” il giorno che l’aveva trovata sola a casa. A dire il vero forse l’uomo non l’aveva violentata, ed è più probabile che fosse stata Laura a sedurlo. A quel tempo cominciava a svilupparsi e guardava gli uomini con occhi vogliosi. Una volta, aprendo la porta si trovò davanti un ragazzone con un sorriso accattivante che lei fece accomodare in salotto , convinta dalla sua parlantina sciolta che chi fa un tale mestiere deve per forza avere. “…Ma che bella ragazza sei…… e che graziosa pettinatura hai……” e complimento dopo complimento gli ci volle poco a conoscere vita morte e miracoli di Laura e di tutta la famiglia. Piano piano le domande si fecero più personali e così lei gli raccontò con orgoglio come fosse diventata già donna. avendo ogni mese a che fare con le perdite di sangue. Con fare noncurante allora lui le disse “…ti insegnerò un segreto, allora, visto che ormai sei una donna: la sera, quando ti corichi, con le due dita della mano accarezzati in mezzo alle cosce, là dove i tuoi peli sono più folti, e sentirai che delizia e che intenso piacere proverai……” e così dicendo le diede appuntamento per il giorno dopo anche per farle provare da sola il piacere senza così che si spaventasse. La sera tutta eccitata ed agitata Laura scoprì che quando ce l’aveva pruriginosa e se la toccava per un poco là in alto dove le era stato detto, prima si sentiva tutta sciolta, poi le girava la testa, poi i capezzoli le diventavano duri ed erti e poi arrivava un liquido vischioso e caldo assieme ad un tremore che l’afferrava, la scuoteva da tutte le parti e si ritrovava tutta agitata, con la passera in fiamme: nonostante tutto ciò si sentiva poi benissimo. Fu così che il giorno seguente tutta baldanzosa raccontò la sua avventura notturna al venditore che pronto le prospettò un altro e più grande piacere “….se lasci che io ti baci lì dove ti sei toccata ieri sera proverai una cosa che non dimenticherai in vita……”. Memore del piacere passato, Laura, a dire il vero con poca riluttanza, permise che l’uomo gli si intrufolasse col la faccia tra le cosce e quando percepì la sua lingua sul clitoride non capì più nulla e stringendogli con ambo le mani il capo sulla sua passera venne più e più volte sborrando copiosamente: preparata che fu la via, con arte magistrale il venditore ambulante senza farle neanche un poco di male le infilò il bigolo in vagina e con sapienti movimenti di va e vieni la inondò a sua volta di semenza facendole contemporaneamente e letteralmente schizzare dalla fica una quantità mai vista di liquido viscoso e trasparente come il cristallo. Tutta l’avventura occorsale la raccontò a suo fratello , gli mostrò come avevano fatto, e da allora i due avevano giocato spesso al “venditore porta a porta». Un giorno Rosa, la maggiore, li sorprese nel bel mezzo di quel gioco. Rimase lì davanti a loro in perfetto silenzio, e quando i due, spaventati, balzarono in piedi, disse: “Che state facendo?”. Naturalmente non ebbe risposta. Laura e Ugo temettero che la sorella li picchiasse o li denunciasse alla madre. Ma non accadde nulla. Rosa non li picchiò e non li denunciò. Però quella notte, quando i tre fratelli, erano già a letto, Rosa chiamò a sé Ugo, che ubbidì. “Cosa hai fatto oggi con Laura?”. “Niente”. “Ah sì, niente? E dunque per niente che le hai sollevato la camicetta e tirato fuori le tette?”. “Oh, era solo un gioco…”. “Bene, allora mostrami il vostro gioco”. Ugo era vicino al letto della sorella, al buio. Laura e la mamma, che stavano nella stanza accanto, dormivano, e loro due parlavano sottovoce. «Fammi vedere che gioco avete fatto…”. Ugo non si mosse. Allora Rosa disse: “Vieni, stenditi accanto a me…” e alzò la coperta. Quando s’infilò nel letto della sorella, si accorse che non aveva niente indosso, che era nuda dalla pancia in giù. Cominciò subito a giocare con i suoi seni, che gli erano sempre piaciuti, e Rosa gli afferrò la coda, l’accarezzò, la strinse, ed era così eccitata da non riuscir quasi a parlare. Anche Ugo si era acceso, però aveva paura. Con Laura aveva sempre scopato solo di giorno e vestito, e poi, come fratello minore, aveva sempre avuto molta soggezione di Rosa, ed ora era a letto con lei, reggeva i suoi seni sodi, tondi e ardenti, e lei giocava con il suo uccello. “Hai mai visto da vicino una cosa così?” e dicendo questo Rosa prese la lampada del comodino, la ficcò sotto le coperte e prendendolo per il capo portò il fratello con gli occhi all’altezza della sua micia. Ugo fu abbagliato da quello splendore: le gambe divaricate mettevano in piena luce uno spacco magnifico tutto circondato di peluzzi graziosi: era umido e caldo e quando lo toccò sentì la sorella fremere. Mentre col suo dito andava esplorando quel paradiso vedeva la mano di Rosa che con velocità sempre maggiore andava strapazzando un piccolo cazzetto che aveva in alto, fino a che la sentì mugolare e non vide alla luce della lampada fuoriuscire dalla ferita una grande quantità di liquido.”L’hai già fatto così con la Laura?” chiese Rosa, ansimando “Sì,” confessò Ugo “parecchie volte…ma non proprio così”. . “E allora perché con me non vuoi far nulla? Devo dirlo alla mamma?” chiese lei, minacciosa, maneggiandogli il cazzo diventato durissimo ed enorme. «No, non dirle niente…” la pregò Ugo. Ma Rosa proseguì: “Beh, e adesso sei addirittura a letto con me, e mi prendi in mano le tette, ti diverti ad esplorarmi la passera e mi fai giocare col tuo bigolo. Attento, se mi lasci in bianco, domani lo dico alla mamma……”. Ugo obiettò: «O no, non puoi dirlo. Sei tu che mi hai chiamato…”. «Un corno ti ho chiamato…” ribatté Rosa “la mamma crede più a me che a te. Le dirò che sei venuto nel mio letto e che hai voluto scoparmi. E le dirò che hai scopato la Laura». Così dicendo gli si strinse addosso, e gli diede le sue tette, perché ci giocasse. Ugo cercò di sottrarsi, ma lei lo teneva per la coda. “Rimani qui, piccolo imbranato,” disse lei “non dirò niente. Voglio solo che tu lo infili anche a me. Vieni”. Lui le saltò addosso. Lei gli aveva sollevato la maglia, perché sentisse il suo corpo che ardeva. Divaricò le gambe e glielo guidò dentro. Lui, in estasi, sentì le labbra piene e calde del suo sesso tutte scivolose e, appena sopra, il cespuglio di peli morbidi come la seta. Le spinse dentro l’uccello. Rosa cercava di aiutarlo, ma era ancora vergine e non fu tutto così semplice. Ugo spingeva più che poteva, e Rosa gemeva piano. Alla fine lei gli afferrò il sedere con le mani e se lo ficcò dentro tutto. Lui la sentì aprirsi mentre affondava, e venne all’istante. Anche Rosa era soddisfatta, e lo rispedì nel suo letto. La mattina seguente Ugo sj accorse di avere la maglia tutta macchiata di sangue, e Rosa gli spiegò che dipendeva dal fatto che lei era vergine e che non sarebbe più successo.Laura non ci mise molto a scoprire i giochi notturni dei fratelli. Così sgattaiolò da loro, e cominciarono a sollazzarsi in tre, e Ugo dovette farne le spese: una volta chiavava Laura e ciucciava il clito di Rosa; un’altra era Rosa che veniva chiavata mentre Laura prendeva in bocca le palle di Ugo o suggeva il bocciolo della sorella. Quanto alla madre, forse colpita dall’aspetto smorto del ragazzo, o forse perché aveva subdorato qualcosa, sta di fatto che accrebbe la sorveglianza, e, una notte in cui Ugo si era addormentato nel letto di Rosa, li sorprese, li svegliò e ordinò a Ugo di tornare nel suo letto. Il mattino successivo disse: “Non sta bene che il fratello dorma assieme alle sorelle”. Subito Rosa si intromise, mentendo: “Ugo ha avuto paura”. Ma la madre affermò: “Se vostro fratello ha paura, da oggi dorme con me, perché non capiti più di trovarlo da voi…”. Il letto di Ugo venne dunque messo nello stanzino, accanto a quello della madre, e così lui si trovò a dormire al suo fianco. E quella stessa notte la mamma si accostò a lui, lo strinse a sé, perché non avesse paura. Gli prese le mani, se le mise sul seno, e Ugo ci giocò finché si addormentò. I suoi seni, pur non essendo così pieni e tondi come quelli delle sorelle, erano pur sempre ancora abbastanza sodi. Per alcune notti si andò avanti così, finché Ugo divenne più audace e si strinse maggiormente alla madre. Lei si accorse che il pisello gli si rizzava, ed ebbe un sussulto, sentendoselo duro contro il fianco, e in tal modo lo costrinse a stringere ancor più saldamente i seni tra le mani, e Ugo l’udì sospirare. La commedia si ripeté per un paio di notti. Ugo spingeva il proprio uccello contro la coscia nuda della madre, che si ritraeva, e talvolta gli sussurrava: “No!” ma poi gli offriva i suoi seni, e così sempre più lo eccitava. Dopo dieci o dodici notti la madre non respinse più il cazzo del figlio, e abbassò adagio la mano, l’afferrò e l’accarezzò pian piano. Alla fine si gettò addosso a Ugo, glielo prese in mano, e, cavalcandolo, se lo ficcò dentro, si protese in avanti e premette il seno contro la sua faccia. “Su, batti! spingi!” disse gemendo “la mamma te lo permette! Ma batti! Forte! Più forte!”. Da quella volta aveva dovuto scopare sua madre ogni notte. Da sotto, di lato, da dietro, oppure standole sopra. Talvolta tre o quattro volte per notte, mai meno di due. E di giorno gli correvano dietro le sorelle che, dopo aver spiato quel che avveniva nella stanza della madre, non ebbero più alcuna remora. Non c’era ora in cui non fosse già stato costretto a scopare una delle sorelle o la madre. Non c’era posizione, non c’era angolo della casa in cui non l’avesse già fatto: sul divano, sulle sedie, sui tavolo, sulla panca della cucina, sui pavimento, ovunque. E così doveva provvedere alle tre femmine, ognuna delle quali, non appena lo sorprendeva solo, gli agguantava l’uccello. Tra le due sorelle ormai non esisteva più nessuna forma di pudore, e facevano lega comune contro la madre. Quando la madre non c’era, le due sorelle si facevano scopare dal fratello, si guardavano a vicenda e glielo prendevano in bocca, per farlo tornar duro, freneticamente, nel timore di venir disturbate. Anche la madre cercava di aumentare il rendimento del figlio lavorando di lingua, ma poi si accorse che Ugo veniva fiaccato altrimenti. Si scatenò così una grande scenata fra le tre donne, che però, alla fine, trovarono opportuno dividersi pacificamente l’unico uomo di casa. E dunque accadeva spesso che Ugo venisse chiamato dalle sorelle non appena aveva scopato con sua madre, che lo lasciava andare, oppure Rosa o Laura si presentavano nella stanza e si procuravano soddisfazione sul posto, e la madre stava a guardare, e poi, quando il figlio aveva terminato il giro delle tre fiche, lo costringeva a una quarta chiavata perché, guardando, le era tornata la voglia. Non aveva più nulla in contrario a che le figlie partecipassero ai suoi bagordi notturni, e si arrabbiava solo quando le usavano il ragazzo durante il giorno, togliendogli vigore, e ogni volta che se ne accorgeva, le strapazzava. La cosa andò avanti per un bel pezzo finchè le sorelle non si trovarono un fidanzato e la madre un vedovo che la sposasse. C’erano però dei giorni che la famiglia da sola si riuniva per dar sfogo alle reciproche foie con grande soddisfazione di tutti. Quando le tre donne si trovarono tutte e tre gravide non fu loro difficile fare i conti: benché i rispettivi fidanzati fossero tutti becchi e contenti, avrebbero avuto poco da festeggiare, se fossero stati a conoscenza che era tutta progenie “dell’ometto di casa.”
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