Chiesa gotica, interno notte. La luce ondeggiante delle candele illumina le sagome di suore inginocchiate nella preghiera notturna. l’aria fredda ed immobile è attraversata dal suono cantilenante delle laudi. il respiro delle suore si trasforma in nebbiolina che contribuisce a rendere ancor più confusa ed irreale la scena. nell’ultima fila una giovane novizia fatica a rimanere sveglia ed a seguire le compagne nelle orazioni, già la scorsa settimana aveva ricevuto la punizione riservata a chi si addormentava durante il mattutino: privata della cuffia ed inginocchiata sui fagioli e sculacciata con una paletta di cuoio da tutte le consorelle. ora sa di rischiare molto di più, le sculacciate sarebbero raddoppiate ed anche i laici presenti all’interno del convento potranno assistere alla punizione. il pensiero del garzone delle scuderie intento a fissare le sue natiche scoperte ed arrossate , sussultanti di spasmi ad ogni colpo ricevuto, inizia a riscaldare il suo sangue e far volare la fantasia sopra la luce delle candele incapace di vincere l’oscurità. Anfiteatro romano sole di un mezzogiorno di maggio una trentina di schiavi numidi e bretoni attende sudata dagli allenamenti del mattino, schierata di fronte ad un palanchino posto sugli spalti altrimenti deserti. al suono di una tromba una coorte di legionari si schiera intorno al palanchino. le tende di porpora si scostano ed una mano femminile ingioiellata spunta dall’ombra indicando 2 lottatori. Villa romana con colonne, tramonto rosso sul mare i due lottatori vestiti solo da un gonnellino lottano a mani nude al centro del salone del banchetto. le torcie sono già accese ed il fumo acre e resinoso si mischia all’odore del sudore e della paura, il profumo delle spezie che condiscono le vivande non riesce a coprirli. adagiata su una lettiga portata da 4 statuari nubiani fà il suo ingresso la proprietaria della mano. vestita da una tunica bianca che le lascia scoperta la spalla sinistra crea un contrasto singolare con le pelli di ebano dei suoi portatori. viene portata fin sul bordo dell’arena dove i due schiavi continuano a lottare, siamo alla fine del combattimento,il bretone non è più in grado di reggersi in piedi. striscia verso la portantina e chiede pietà alla donna biancovestita. lei gli porge il piede calzato da un leggero sandalo e lo schiavo inizia a leccarlo. la lingua riarsa dalla fatica del combattimento raspa ruvida tra le dita con le unghie smaltate di rosso insinuandosi in ogni piega della pelle.la donna scosta la tunica dalle cosce mostrando un ventre completamente depilato che riluce alla luce delle torce, allontana le gambe divaricandole quel tanto che basta per offrire al solo bretone lo spettacolo dei petali dell’orchidea che si schiudono. la donna sorride e mollemente alza il braccio sinistro in direzione di un servo nascosto nell’ombra. un rapido colpo di sciabola e la testa del bretone rotola sotto la lettiga, gli schizzi di sangue inondano le carni bianche che la donna aveva esposto. ormai completamente eccitata dallo spettacolo si sangue e morte la donna si sfila la tunica e si dirige verso il numida vincitore del combattimento. al centro dell’arena si inginocchia di fronte alle colonne scure e palpitanti dell’atleta e sollevando il gonnellino inizia a prendere piacere dell’erezione che sta montando. sembra impossibile che un corpo posso contenere tutto il sangue necessario a gonfiare in quella maniera un membro, nonostante sia chiaro che la donna sia un’esperta a fatica riesce a far sparire tra le sue labbra più della punta di quell’asta nera e vibrante.le sue piccole mani bianche a fatica riescono a cingere il tronco che fuoriesce dal cespuglio di peli. lei sente iniziare a vibrare e pulsare il pene di cui così avidamente sta nutrendo, non appena la prima goccia di liquido caldo viene a contatto con la sua lingua estrae da dietro di sè un rasoio e con un colpo secco recide il sesso che ancora serra tra i denti. un onda di sperma e sangue si mischia nella sua bocca facendola sussultare di piacere e scuotendola dall’interno. ma le scosse non sono dall’interno, la madre superiora accortasi che la novizia non seguiva più le orazioni la sta strattonando rudemtente di fronte a tutti apostrofandola con tutti gli improperi permessi dall’abito che indossa. la giovane viene condotta nella cella delle punizioni da due consorelle. legata inginocchiata ad un cavalletto di legno le vengono tolte la cuffia e sollevate le gonne. alla madre superiora appare evidentemente che la causa della distrazione della novizia non risiedeva nella stanchezza bensì nei pensieri impuri che aveva formulato durante la messa. consultatasi con il padre confessore e con la suora più anziana finalmente scopre la cura più adeguata per la giovane. chi se non il cristo risorto è in grado di scaccianre il demone della lussuria dal corpo della novizia? un antico crocefisso in legno viene staccato dalla parete e mentre il padre confessore provvede ad ungerlo con il sego sciolto delle candele la madre superiora provvede a purificare la carne della novizia con clisteri di vino santo caldo. ormai tutto è pronto, il crocefisso viene inserito con forza nel sesso della giovane al suono dei salmi delle consorelle che copre le urla di dolore della novizia. chi vi ha assistito racconterà più tardi di non aver capito se ciò che fuoriusciva dal corpo della giovane fosse sangue o il vino ed un particolare curioso, assorbendo i liquidi della giovane il cristo di legno presentava uno strano rigonfiamento all’altezza del pube. hai alzato gli occhi dalla lettura e guardandomi mi hai detto: “sei sempre il solito blasfemo” ma la tua voce era in parte deformata dal suono delle bolle della vasca idromassaggio in cui eravamo immersi per cui mi sono limitato a guardarti sorridente e chiederti “ti è piaciuto”. tu hai spento ciò che stavi fumando , dato un ultimo sorso al martini ed hai risposto “credi forse che leggere ciò che scrivi sia in grado di eccitarmi per farmi cedere ai tuoi deisderi?” mentre dicevi così i tuoi piedi , simili a topolini giocavano a nascondino tra il peli del mio pube, carezzandomi e facendomi trarre sospiri di beatitudine. “non sei una brava ragazza, sai, se continui così arriverò al punto di sporcare tutta l’acqua” per tutta risposta sei uscita dalla vasca e sei andata a sdraiarti sul divano di pelle. ti ho raggiunto e stando in piedi di fronte a te la mia erezione puntava dritta all’altezza dei tuoi occhi. “hai ragione sono proprio cattiva, ma cosa ci vuoi fare?” prendendo una candela dal tavolino alla testa del divano ho iniziato a farti colare lentamente la cera sui seni, un rivoletto prima di raffreddarsi scendeva verso il tuo ombelico indicandomi la strada da seguire per raggiungere l’estasi. ma sì è vero eri stata proprio cattiva ed allora niente baci o carezze, niente penetrazione e giocattolini. quella sera solo frustate roventi sulla tua schiena e sul tuo sedere. ma niente da fare, anche così sei riuscita a provare una catena ininterrotta di orgasmi. così anzichè vendicarmi mi son trovato a medicare le ferite sulla tua schiena con l’unguento dell’amore che era sgorgato copioso dal mio sesso mente ti frustavo.
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