“Ti ho prestata, andrai da un mio amico questa sera stessa e passerai il fine settimana con lui. Sarai a sua totale disposizione e farai ciò che ti dice, tutto ciò che lui vorrà, quando tornerai saprò se il tuo addestramento può dirsi concluso.”Sara ebbe un tremito, era la prima volta che veniva prestata, aveva fatto mille esperienze, di tutti i tipi, ma lui era sempre stato al suo fianco e nonostante le avessero fatto provare sofferenze inaudite, la sua presenza bastava ad infonderle coraggio e tranquillità. Ovviamente non osò fiatare nè lui le chiese alcunché.Alle sette di sera entrò nella sua stanza, le ordinò di spogliarsi, le mise il collare di cuoio, la mantellina in velluto turchese, il guinzaglio e la fece salire in macchina. Tutto nel più assoluto silenzio. Prima di uscire dalla villa le legò i polsi dietro la schiena con un laccio in cuoio e una maschera sugli occhi perché, fu l’unica spiegazione, non doveva sapere dove andava.La macchina si avviò e Sara cominciò a preoccuparsi. Perché quell’improvvisa decisione, perché per la prima volta non le veniva detto cosa sarebbe successo e con chi? C’era un non so che di insolito e di inquietante nell’atteggiamento di Marco, provava in sentimento di paura ed eccitazione al tempo stesso. Ma non aveva scelta, tutto era stato deciso sin dal primo giorno, quando avesse rifiutato un qualunque ordine tutto sarebbe finito e lei non lo voleva di certo. Era schiava dentro, amava essere torturata, posseduta, violentata, amava essere considerata un oggetto di puro piacere e dunque non poteva che accaderle anche questo.Mentre pensava udì un colpo di clacson, un cancello che si apriva, “sono atteso dal Professore”, “passi pure, siamo stati informati del vostro arrivo”.Sara si senti tirare dal guinzaglio ed a fatica scese dalla macchina, la maschera, i tacchi altissimi e le mani legate non agevolavano il cammino sul sentiero ghiaioso e gli strattoni sempre più violenti la sbilanciavano in continuazione.”Ciao Marco, legala a quell’anello, andiamo a bere qualcosa”. Sara sentì il guinzaglio tirare verso l’alto, si sforzò con la testa per seguirlo, un nodo, avrebbe atteso in quella posizione, in punta di piedi, quasi appesa.Una attesa snervante, faticosa, i crampi cominciavano a farsi sentire, finalmente una porta si aprì, una voce estranea e perentoria “Marco se ne è andato, ora vedremo se ti ha addestrata a dovere”. Venne slegata e la mantellina le cadde ai piedi. Un brivido le percorse la schiena, era nuda, davanti ad un estraneo, nel buio assoluto, che cosa le sarebbe successo? Venne accompagnata contro qualche cosa, sì, era una spalliera di una poltrona o un divano, venne spinta all’indietro e si trovò inarcuata, a testa in giù, con la schiena su quella pelle fredda. Si sentì allargare le gambe e poi due mani cominciare a frugarla, ovunque, con brutalità, quasi a controllare la merce. Improvvisamente si sentì penetrare, era una mano, con tutte le dita, cacciò un urlo, non era ancora eccitata e la dilatazione fu dolorosa, urlò, la mano entrò ed uscì più volte, rapidamente poi, scorrendole sul ventre, raggiunse il seno, afferrò il capezzolo e si strinse come una morsa. Un altro urlo cui seguì un forte ceffone.”Taci! Non è che l’inizio. Se urli ancora ti metterò il bavaglio”.Si sentì sollevare e rigirare, ora a pancia in giù, via le scarpe, le gambe furono allargate al massimo, una corda grossa e ruvida venne applicata alle caviglie e poi tirata con forza, era totalmente aperta, il dolore si ripartiva tra le cosce e le caviglie, ma questa posizione così oscena la conosceva, era una di quelle che preferiva, rivelava tutta la sua perversione, la sua disponibilità, cominciò ad eccitarsi ed a provare un senso di piacere. Un sibilo, il fiato in gola, doveva essere una lunga frusta, neppure il tempo di rendersene conto altri due tre colpi consecutivi.. finalmente riuscì ad urlare, con tutta la sua forza, la sua disperazione.Le natiche vennero massaggiate per alcuni minuti, il respiro tornò regolare ed il cuore rallentò la sua corsa, una strana, calda sensazione, sì, la stava leccando, prima dietro poi il clitoride, sempre più velocemente, sentiva la sua lingua penetrarle dietro, bagnarla con la saliva, poi un dito, due, tre, la stava penetrando con la mano, come aveva fatto davanti ma questa volta con più dolcezza. Sentiva che stava per godere, chissà se poteva farlo, decise di chiederglielo.”Sono eccitata, sto per venire, posso, signore?”La mano si ritirò per un secondo poi si chiuse a punta e penetrò con una forza inaudita procurandole un dolore fortissimo. “Dovresti saperlo che non ti è concesso!”Arretrò di un passo poi il sibilo che ormai conosceva. Cinque frustate, terribili, come lame, non resistette, urlò e pianse. Un campanello, una voce femminile, “desidera signore?”, “che questa cagna vada nella sua stanza, dalle l’unguento, falla riposare e rimettila in ordine, questa notte dovrà divertici e la voglio in forma”. Venne slegata, a fatica si rialzò, il sedere in fiamme, sentì il moschettone del guinzaglio, la donna la stava trascinando via. Entrò in una stanza dove finalmente le fu tolta la maschera e slacciati i polsi, la stanza era illuminata da candele, doveva essere una villa antica oppure un castello, si voltò per vederla in volto ma fu delusa, era certamente giovane e ben fatta nel suo vestito da cameriera attillato, ma aveva un cappuccio nero e ne vide solo gli occhi scurii e luminosi.La ragazza la fece sdraiare in una vasca e la lavò con cura, con gentilezza, quasi complicità. Non osò fiatare. Fu dolce nell’asciugarla, avendo cura di non farla soffrire sui segni lasciati dalla frusta, forse era una schiava anche lei, forse avrebbe dovuto fidarsi. La fece coricare sul letto e poi prese a massaggiarla dolcemente con una crema profumata. Un senso di benessere la pervase, si rilassò, chiuse gli occhi e pensò a Marco, non lo avrebbe deluso, a qualunque costo.

