‘Si alzi, debbo prepararla, è ora’.Sara obbedì, e subito fu presa da quella piacevole ansia che precedeva i giochi a cui veniva sottoposta. Nuda, solo il collare, i polsi legati sul davanti con un semplice laccio di corda. Un guinzaglio, sempre di corda, che la cameriera annodò con cura. Si incamminarono per un lungo corridoio illuminato da poche candele. Come avrebbe voluto che Marco fosse accanto a lei, a mitigare questa sua apprensione, a condividere l’emozione di questo momento, ad assaporare il frutto dei suoi insegnamenti. Non era innamorata di lui, ne era consapevolmente plagiata, ne subiva il fascino. Lui aveva saputo interpretarla quando, anni prima, all’uscita dal cinema in cui aveva visto la riproposizione di Histoire d’O, la aveva abbordata e, senza mezzi termini, le aveva sussurrato all’orecchio che avrebbe voluto vivere quella storia con lei.Ne fu profondamente turbata perché, per tutto il film, aveva desiderato di vivere una simile avventura, aveva immaginato che qualcuno la iniziasse al piacere della sottomissione, un piacere covato a lungo tra libri, fumetti, filmini visti e rivisti con una mano tra le gambe. Ora, dopo sei anni di lento e progressivo avvicinamento al piacere dell’SM, si sentiva pronta a tutto e per tutti, e provava gratitudine per la dolcezza ma anche fermezza con cui Marco l’aveva portata a quel punto. Avevano instaurato un rapporto dapprima saltuario poi sempre più frequente, sino a quando lei aveva abbandonato il suo lavoro e si era interamente dedicata a lui, pur sapendo che non sarebbe stato per sempre.Una scala, piccola e ripida, sembrava interminabile, poi una grande porta in quello che doveva essere l’ingresso ad uno scantinato o una tavernetta, un luogo buio e tetro, eppure non freddo, un ambiente creato ad arte, lo si intuiva, e dietro la porta un vocio di persone, diverse persone, il cuore alzò il ritmo, all’ansia si sostituiva la paura.La cameriera bussò tre volte, il vocio smise di colpo, poi la porta si aprì e Sara fece il suo ingresso in un grande salone, un mormorio le fece capire di essere apprezzata, ed in effetti era una gran bella donna, alta, magra, dalla pelle ambrata e soda, un seno grande con capezzoli larghi e turgidi, una folta chioma corvina, insomma un fisico perfetto per i suoi ventotto anni. Come entrò nel salone si rese conto della situazione, un palco, con tutte le attrezzature solite, la croce, un cavalletto, un verricello, una gogna, ed una poltrona come quelle da ginecologo, ma interamente in legno, poi, appese alla parete, una serie di fruste di tutti i tipi ed infine il lungo tavolo su cui c’era di tutto, un assortimento impressionante. Verso il centro della sala, disposte a semicerchio, una quindicina di persone.Sara notò che erano tutti elegantissimi, le donne con abiti da sera e gli uomini in giacca e cravatta, avevano in comune una maschera di tessuto nero sul viso, tutti sembravano essere intervenuti ad una rappresentazione teatrale.Ecco! Aveva capito, lei sarebbe stata lo spettacolo della serata, la ciliegina sulla torta di un party di lusso. Sara realizzò tutto questo in una manciata di secondi, il tempo necessario a percorrere i pochi metri che la portarono al centro del semicerchio.’Questa è la schiava di cui vi ho parlato amici, Marco me la offre per la serata come dono per il mio compleanno, ed io ho piacere di condividerla con tutti voi. E’ stata addestrata a lungo, Marco vuole che la valutiamo’. Con un sorriso beffardo si rivolse alla cameriera ed aggiunse: ‘Giada, falla vedere da vicino’.La cameriera obbedì prontamente, raccolse il guinzaglio intorno al polso sino a raggiungere con la mano il collare, poi tirando verso l’alto obbligò Sara ad alzare la testa e la trascinò in mezzo ai presenti. Ad ogni passo veniva toccata, ora sul seno, ora tra le cosce, ora dietro, veniva pizzicata, penetrata, un ospite si alzò dalla poltrona, infilò nella bocca di Sara due dita e lei, sapendo quale fosse il suo dovere, iniziò a succhiarle, a leccarle con impegno, poi le dita divennero tre, quattro, spingeva in profondità, con cattiveria, ebbe un conato di vomito, subito controllato, ma le costò un ceffone violento, poi, dopo quella interminabile passerella, venne finalmente trascinata sul palco.Spinta contro un tavolo con sopra la gogna, venne fatta piegare, la testa ed i polsi imprigionati, era di schiena al pubblico e, allargate le gambe e fissate con dei lacci, offriva tutta se stessa, completamente aperta.Il padrone di casa, il Professore, prese un divaricatore, Sara poteva vedere poiché il tavolo degli attrezzi le stava di fronte, era in acciaio. Il padrone lo portò davanti alla sua bocca, lei non esitò ad aprirla e cominciò a leccarlo e cercò di inumidirlo il più possibile, sapeva bene che le conveniva.Ecco, una mano le allarga la natica, poi, lentamente, l’attrezzo le viene infilato dietro. L’apparecchio si stava aprendo, sempre di più, sino a diventare pian piano doloroso, sembrava non fermarsi mai, Sara si morse le labbra, cercò di trattenersi dal lamentarsi, ecco, smette, ancora un attimo e avrebbe urlato.’Bene’ esclamò il padrone,’ sembra che come dilatazione sia perfetta, è arrivata quasi al massimo e senza fiatare, ora è opportuno lavarla, se vorremo entrare in lei dovrà essere degna di riceverci’. Così dicendo prese dal tavolo una brocca di vetro molto grande, in cui c’era del liquido bianco che somigliava al latte, tornò dietro a Sara, prese il divaricatore e lo spinse verso l’alto provocandole un dolore fortissimo poi si sentì invasa da quel liquido, era caldo, era tanto, sentiva il suo ventre gonfiarsi, rimuginare, contorcersi.Al termine, Giada, la cameriera, si avvicinò, le tolse il divaricatore e mise il pollice nel buco schiacciando con la mano e impedendo al liquido di uscire.Alcuni minuti, poi venne liberata, fatta accovacciare su un contenitore in vetro, e, rivolta verso il pubblico, le venne ordinato di trattenersi dal versare anche una sola goccia. Sara si rese conto di quanto fosse umiliante trovarsi in quella situazione, il dolore al ventre la obbligava a sforzi incredibili che si esprimevano sul suo volto, per il divertimento dei presenti. Di tutte le torture, quella della pubblica umiliazione era per lei la peggiore, non le piaceva, non provava alcun gusto in quel genere di gioco, avrebbe preferito la frusta o gli aghi, o qualunque altra cosa piuttosto che quello, ma non aveva scelta e non le rimase che sperare che finisse in fretta.’Ecco, adesso puoi liberarti’ le fu ordinato’.Finalmente Sara si rilassò ed il liquido colò abbondante nella vasca di vetro, misto a tutto il resto, una liberazione che le diede un grande senso di piacere, dimenticò persino lo spettacolo che stava offrendo. Giada rimosse il contenitore, la fece alzare e tornare al tavolo della gogna, fu fatta piegare ma non fu imprigionata, le fu ordinato di allargarsi le natiche al massimo dopo di che si sentì leccare, la ragazza la stava ripulendo con cura. ‘Bene, ora possiamo cominciare, ma è troppo nuda, meglio vestirla un po’ – così dicendo il padrone prese due morsetti a vite e, trascinando la schiava verso il pubblico, li offrì ad una donna affinché li applicasse. Sara si inginocchiò automaticamente e sollevò i suoi splendidi seni offrendoli al supplizio. La donna apprezzò il gesto e si accinse all’operazione. I capezzoli vennero imprigionati con decisione, la donna seguiva con attenzione tutte le smorfie di dolore che Sara esprimeva ed anzi sembrava volerne cogliere le differenze ad ogni giro di vite. Nel frattempo il padrone aveva preso delle pinze e l’uomo accanto alla donna chiese di poterle mettere lui. Fu accontentato, Sara si alzò, gli si avvicinò, ma non aveva idea di cosa volesse, anche se poteva intuirlo.L’uomo le fece sollevare una gamba e le mise il piede sul bracciolo della poltrona, la posizione offriva tutta la comodità necessaria all’operazione.”Ah! Due labbra stupende, sembrano fatte apposta ” fu il suo commento.In effetti anni di torture di tutti i tipi avevano dilatato sensibilmente le labbra della vagina di Sara, e nonostante due anelli ne occupassero il centro, erano sufficientemente grandi per potervi applicare diversi tipi di morse.Con una brutalità inaudita l’uomo prese uno dei due anelli e lo tirò verso il basso, provocandole un dolore acuto, una scarica elettrica, temette che il labbro non avrebbe retto, ma evidentemente l’uomo era esperto, perché non successe nulla di irreparabile. Con quella dilatazione fu facile all’uomo applicare i morsetti che erano a scatto, duri ma sopportabili. Il padrone continuava a provvedere il materiale ai suoi ospiti e fu così che un fallo in gomma nera fu offerto ad un’altra donna che prima se lo mise avidamente in bocca, lo succhiò, vi sputò sopra e poi chiese alla schiava di voltarsi e piegarsi e la penetrò dietro in un solo colpo, con forza, terminando l’operazione con un violento schiaffo sulla natica. All’uomo accanto toccò di appendere due grossi pesi ai morsetti delle labbra, due piombi che per la loro larghezza impacciavano molto il cammino di Sara, già impedita dal fallo che aveva dietro. Fu poi la volta di un fallo altrettanto grosso che le fu messo davanti e che la obbligarono a camminare a gambe allargate, era goffa e ridicola, ne aveva la consapevolezza e, ancora una volta, provò il disagio di una umiliazione odiosa. Per ultimo un uomo che doveva essere molto giovane prese dalle mani del padrone un morso in cuoio con due catenelle, lo portò davanti alla bocca della schiava che immediatamente la aprì, lui le mise il morso tra i denti e legò il bavaglio dietro la testa poi, ad una ad una, agganciò le corte catenelle ai morsetti dei seni, obbligandoli ad erigersi in una trazione dolorosa.’Ora vai’ il padrone era perentorio ‘ raggiungi il palco e aspetta. Sara si avviò, barcollando, ingombrata com’era da tutti quegli arnesi, pian piano raggiunse il suo posto e, a testa bassa, attese gli eventi.Venne accompagnata a lato del palco e, all’improvviso, dall’altra parte entrò un ragazzo di colore, molto alto, bellissimo, era completamente nudo, una muscolatura possente, ma, soprattutto un pene che, a riposo, raggiungeva la metà della coscia ed aveva un diametro notevole.Giada gli si avvicinò, si spogliò, gli si inginocchiò di fronte e comincio a prenderglielo in bocca. Aveva una bocca piccola, a fatica inghiottiva la punta, lavorava quindi molto di lingua e si accaniva con grande foga.Sicuramente le piaceva ciò che stava facendo ma, pensò Sara, doveva riuscire a farglielo diventare duro in fretta o il padrone l’avrebbe punita, era una situazione che lei aveva già vissuto in precedenza. In effetti il ragazzo cominciava a mugolare, ed il pene si ingigantiva a vista d’occhio, stava diventando impressionante, solo su qualche rivista ne aveva visto di simili, si augurò di non doverlo subire, aveva già preso falli enormi sia davanti che dietro, ma di quelle dimensioni mai, neppure finti. Ecco, era pronto, aveva un non so che di mostruoso, di deforme, era arcuato, largo, nervoso, un brivido le corse lungo la schiena.Il padrone fece il giro della sala ed ogni uomo bisbigliò qualche cosa nel suo orecchio, alla fine salì sul palco e decretò la fortunata tra le donne presenti che avrebbe assaporato quella enormità.’La fortunata è lei’ disse indicando una donna che doveva avere circa quarantanni, molto robusta ed in carne, con i capelli biondi e corti ed un viso che, se pur nascosto in parte dalla maschera, rivelava tratti nordici, molto duri. La donna si alzò e ringraziò i presenti per averla scelta, rideva mentre si avvicinava al ragazzo. Come voleva la regola del gioco, le fu portata una moneta, la sorte avrebbe deciso dove fosse penetrata. Il lancio, il padrone fece vedere a tutti i presenti, sarebbe stata presa davanti. La donna rise di nuovo di gusto, poi si diresse verso il giovane. In un attimo sciolse una grande gassa raccolta sul seno ed il bellissimo abito da sera si disfò ai suoi piedi lasciandola completamente nuda, tra il mormorio di stupore dei presenti. ‘Giada, scaldamelo ancora un po” disse e si avviò verso la poltrona da ginecologo.Mentre la donna si sedeva e spalancava le gambe, appoggiandole ai cavalletti laterali, Giada si era nuovamente avvicinata al ragazzo e dopo aver leccato il fallo più volte lo avvolse tra i seni andando avanti e indietro. La donna intanto aveva preso a toccarsi, si molestava il clitoride e poi si penetrava con tutte le dita, si vedeva chiaramente che era già eccitata e le dita uscivano completamente bagnate.Dopo qualche attimo ‘ecco sono pronta’ disse allargandosi e spingendosi in avanti verso l’estremità della sedia. Il ragazzo si mise tra le sue gambe, volgeva la schiena al pubblico ma la sedia era così bassa da far sì che tutti potessero vedere quella particolarissima penetrazione.La donna lo prese con tutte due le mani, e lo guidò pian piano al suo interno, forse per paura che l’irruenza del giovane le procurasse dei danni, o forse per sentirlo ancora più suo, ancora più dentro. Il ragazzo cominciò a pompare, la penetrava sino a circa la metà del suo formidabile attributo, poi le mani della donna fungevano da fine corsa, del resto non avrebbe mai potuto prenderlo tutto. Furono attimi interminabili, la donna ansimava e non tratteneva il suo piacere, urlando e dimenandosi, il ragazzo le stringeva i seni e spingeva con un ritmo incredibile, poi, sicuramente istruito, all’improvviso chiamò Giada, uscì dalla donna si girò verso la ragazza ed eiaculò in un calice che lei gli aveva porto.Una quantità incredibile di sperma, più di mezzo calice fu riempito, scoppiò un fragoroso applauso ed il ragazzo si allontanò in fretta. La donna, sudata, scomposta, raccolse il suo abito e si allontanò anch’essa, su palco rimase Giada con il calice e Sara ferma in un angolo.Pian piano il silenzio, Giada posò il calice, si avvicino a Sara, le tolse il bavaglio con le catenelle, poi allentò i morsetti e la liberò dei pesi tra le gambe, infine i due falli che erano in lei. Era tornata integra nella sua splendida nudità.Fu fatta inginocchiare e, come sempre, Sara allargò le gambe e mise le mani dietro la schiena, poi la ragazza prese dal tavolo un divaricatore in vetro si avvicinò a lei e glielo mise in bocca. Lentamente girò la farfalla sino a che la bocca non fosse completamente spalancata, infine, quasi come un sacro rituale, prese il calice e pian piano ne versò il contenuto. Il liquido, vischioso, ancora tiepido, colò adagio lungo il vetro sino a sparire nella gola di Sara che, a fatica, inghiottiva a più riprese badando bene a non muoversi, era eccitata da impazzire, questa situazione la gratificava e la faceva godere.Un altro applauso sgorgò spontaneo dai presenti, un uomo robusto e piuttosto anziano si avvicinò al padrone e gli chiese qualche cosa, lui gli rispose di accomodarsi e fare ciò che voleva.L’uomo si avvicinò a Sara che era ancora ferma in quella posizione, in ginocchio, con il divaricatore in bocca, si sbottonò i calzoni, estrasse il suo membro e cominciò a masturbarsi appoggiando la punta sull’attrezzo. Non passò che qualche secondo e Sarà bevve il caldo sperma che sgorgò abbondante dall’uomo. Un altro, vista la scena volle fare lo stesso, senza neppure chiedere prese il posto del primo e cominciò anche lui a masturbarsi, il suo fallo era di piccole dimensioni, tanto che lo infilò parzialmente nel divaricatore e cominciò a pompare come la volesse scopare in bocca. Le faceva male, colpi continui contro il palato ed i denti, già la bocca era indolenzita per il lungo periodo di apertura forzata, per fortuna anche lui era eccitatissimo e venne in poco tempo, lasciando poche gocce nella gola della ragazza. Vi fu anche un altro che si avvicinò, era alticcio, quasi ubriaco, affermò che gli scappava e che non poteva trovare cesso migliore, si avvicinò con il membro in mano, Sara ebbe un sussulto, si tirò indietro e si tolse il divaricatore dalla bocca rannicchiandosi su se stessa, quasi tutti i presenti avevano seguito la scena e calò un rapido e gelido silenzio. Il padrone si rese conto della situazione ed intervenne.’No, scusate, è colpa mia, non ve lo avevo detto, Marco è stato categorico, qualunque cosa ma non sangue e non escrementi, amico, ti prego, lasciala stare o sfogati con lei in altro modo.’ L’uomo brontolò e poi si ritrasse, ma intanto nella sala continuava il silenzio. Il padrone disse a Sara di ricomporsi e tornare in ginocchio, dopo di che la rimproverò perché lei non avrebbe dovuto comunque reagire in nessun modo e per questo sarebbe stata duramente punita.’Dieci frustate con il gatto, poi dieci con il frustino, poi dieci con la bacchetta, così imparerai che spetta a me e solo a me decidere ciò che devi o non devi fare’. Sara venne legata alla croce e Giada si occupò delle prime dieci frustate con il gatto, furono vigorose ma non eccessive, quasi che una sorta di complicità la inibisse.Se ne accorse il padrone che, all’improvviso, fece partire una staffilata con una frusta lunga in direzione della schiena della ragazza, lei, colta di sorpresa, barcollò e poi cadde in ginocchio trattenendo il respiro e stringendo le labbra, si vedeva chiaramente dalla striscia violacea e leggermente sanguinante che la frustata era stata tremenda.Sara si voltò per vedere Giada, nonostante ciò che la aspettava, ebbe pietà per lei, inginocchiata a terra in una smorfia di dolore; ebbe anche qualche secondo per vederne la schiena, con quella lunga striscia violacea e sanguinante ma anche con diverse cicatrici molto evidenti che ne segnavano la storia.’girarti cagna!’ fu l’ordine perentorio dopo di che partirono le dieci scudisciate con il frustino, dolorose, al limite della sopportazione, ma già la mente di Sara andava alla bacchetta, delle fruste era quella che temeva di più, sia perché la più dolorosa che per il rischio di lasciare segni anche permanenti.Ebbe quindi un forte fremito di terrore quando il Padrone scelse una canna molto lunga e la offrì a quell’uomo che voleva orinarle in bocca, per fortuna i polsi erano ben ancorati e tesi poiché le gambe le cedettero di schianto.’Contale schiava, conta le frustate, e non sbagliare o si ricomincia ‘ Dieci frustate terribili, fortissime, Sara era certa che i suoi splendidi glutei sarebbero rimasti segnati irrimediabilmente, urlò i numeri con rabbia, con disperazione, piangendo senza alcun ritegno, poi , stremata, cadde in una sorta di svenimento, non ricordava di aver mai provato un simile dolore e non fu in grado di sopportarlo, anche se riuscì con uno sforzo di volontà incredibile, ad arrivare sino alla decima bacchettata prima di collassare.Una penombra, un vocio sommesso, Sara aprì a fatica gli occhi e si guardò intorno, era sdraiata a pancia in giù su di un letto, un uomo, con la maschera in volto le stava accanto, ‘coraggio’ le disse dolcemente ‘ è tutto finito, sono un medico, non si preoccupi, è solo svenuta per qualche minuto e poi si è assopita’. Poi, intuendo il pensiero di Sara ‘ non rimarranno cicatrici, la canna usata è sagomata in modo da non produrre eccessive lesioni, la sua splendida pelle tornerà perfetta, anche se ci vorranno un po’ di giorni, adesso riposi, questa sera Marco sarà con noi, e saremo lieti di informarlo che lei è una splendida schiava’.Sara sorrise debolmente, era frastornata ma contenta, aveva superarto la prova, non si era negata a nulla ed aveva sopportato tutto sino in fondo, quel cedimento finale era solo la conferma di quanto alto fosse stato il suo sacrificio.Dopo una giornata passata a riposare finalmente, all’imbrunire, venne accompagnata nella sala delle torture, ove Marco ed il Professore la attendevano.Marco le andò incontro, la baciò su una guancia e le disse che era fiero di lei.Il professore la salutò a sua volta e li lasciò soli. Poi, esattamente come in Histoire d’O, Marco le disse che la sua avventura con lui finiva lì e che il suo amico sarebbe stato lieto di farle proseguire il cammino intrapreso sino a portarla ai massimi livelli. Non si stupì Sara, è come se lo avesse presagito, ora spettava a lei decidere, poteva tornare indietro e riprendere la sua vita di sempre, o andare avanti, con un nuovo padrone, per una nuova esperienza.’Addio Sara ‘ Marco si avviava verso la porta ‘se vorrai proseguire con il mio amico dovrai raggiungerlo tra due giorni ad Amsterdam, dove salirai sulla sua barca e diventerai la sua schiava, diversamente ti auguro buona fortuna ‘.Sarà non ci pensò che per un attimo, la sua vita era definitivamente segnata, voleva viverla così, sino alla fine, essere schiava la appagava, la soddisfaceva intimamente, e per nulla avrebbe rinunciato al profondo incomprensibile piacere che provava nell’essere legata, esibita, torturata, violentata.Due giorni dopo saliva su uno splendido grande veliero, nel porto di Amsterdam, che sembrava essere lì solo per lei. Infatti, appena a bordo, tutto l’equipaggio, una decina di uomini, si attivò freneticamente, furono levati gli ormeggi, avviati i motori, poi, lentamente, verso l’uscita, verso il mare, verso la libertà di essere schiava, una folle contraddizione che le ubriacava la mente.Dieci uomini, una grande barca, lei unica donna ….

