Si erano conosciuti in chat, LEI studentessa diplomanda, lui trentenne frustrato nel non trovare la sua strada lavorativa, LEI bellissima, con dei piedi stupendi, elegante e raffinata, lui un tipo ordinario, carino ma nulla di più. Finalmente arriva il giorno dell’incontro, lui è emozionato, LEI gli aveva detto di andare a casa sua, era arrivato il momento della prova finale, l’ultimo esame prima di essere ammesso a tempo pieno ai suoi divini piedi. Arrivò a casa sua e suonò il campanello, nessuna risposta, lui aspettava rispettoso, non voleva sembrare maleducato, ma era ansioso, ansimava, aveva paura che LEI si fosse presa gioco di lui, avesse voluto umiliarlo ancora, dopo e umiliazioni telefoniche durate mesi, i silenzi, le attese che LEI gli faceva subire per farlo soccombere ancora di più, sottometterlo prima averlo ai suoi piedi. Finalmente la porta si aprì e lui entrò, emozionato, palpitando. Fu un attimo, la vide: era snella, statura normale, elegantissima nella sua semplicità. Indossava una semplice mogliettina, una minigonna in pelle nera e stivali imperiosi che risaltavano le sue gambe stupende. Bastò un gesto e lui, ripresosi dall’emozione iniziale, si prostrò, finalmente, al suo cospetto. Non si accorse del suo primo errore e in un attimo si ritrovò un orecchio stretto nella mano di LEI, e si vide arrivare uno dietro l’altro una serie interminabile di schiaffi. Doveva spogliarsi, era un verme, non poteva stare vestito di fronte a LEI: queste erano le regole, piano piano le avrebbe imparate tutte. LEI lo lasciò così, in ginocchio, testa bassa, mentre gli girava intorno, facendo sadicamente rumore col tacco che sbatteva sul pavimento,poi si sedette, sul divano di fronte a lui, gli prese il mento con un dito, alzandogli la faccia. Lo guardava dall’alto in basso, sguardo di ghiaccio, ma allo stesso tempo dolce, che esprimeva una grande umanità ma soprattutto una grande autorità. Gli ordinò di andare a prenderle da bere, lui fece per alzarsi, ma fu il secondo errore….. Doveva strisciare, non ci si può alzare di fronte a una DEA: questo gli costò altri innumerevoli schiaffi, dati con violenza, ma con distacco, come se quello che stava battendo in pieno viso non fosse un uomo, ma un tappeto. Strisciai in cucina e le portai da bere, tremavo, mi sentivo perso, ma al tempo stesso eccitato: finalmente si avverava il sogno, ero ai suoi piedi, potevo finalmente adorarla, dal vivo, esserle devoto, servirla come una DEA, divenire il suo oggetto. Le portai da bere, LEI sorseggio la bevuta incurante della mia presenza, si accese una sigaretta e poi, di colpo, appoggiò il suo piede sulla mia testa: quella era la mia posizione, la posizione di uno schiavo: cominciò però a premere il tacco sulla mia guancia, io soffrivo, ma cercavo di non gemere, volevo fare bella figura con LEI, fare vedere che ero degno di stare ai suoi piedi. Vedevo cadere la cenere a poca distanza da me, questo dapprima fu una constatazione, poi cominciai a pensare…. Le mie paure erano fondate, ad un certo punto LEI prese la parola: “lecca verme”, fu il suo ordine perentorio: avevo fatto il terzo errore, non avevo preso il posacenere…. Leccai tutta la cenere, era umiliante, ma mi impegnai al massimo perché non rimanesse nulla sul pavimento: LEI intanto premeva sulla mia testa, per farmi leccare meglio e, incredibile, io ero eccitato… Una preoccupazione si insinuò in me: e le sigarette che via via si accatastavano al mio fianco? Dubbio presto risolto: ad un certo punto LEI mi ordinò di raccoglierle con la mia bocca e strisciare fino al cestino….. L’umiliazione cresceva, la frustrazione pure, ma l’eccitazione anche… Mi ritrovavo a fare cose impensabile, solo perché una ragazzina di 17 anni mi diceva di farle… era incredibile, ero davvero uno schiavo, la adoravo, ansimavo per LEI, vedevo il pavimento ma nei miei occhi c’era LEI, aspettavo solo il successivo ordine, per eseguirlo senza fare una piega, per LEI, per farle piacere. Ad un certo punto parlò: mi disse che ero un coglione, un verme, un essere inferiore, ma che mi avrebbe preso ai suoi piedi. Le regole erano semplici: obbedienza, devozione. Io sognavo i suoi piedi , LEI, lo sapeva, muoveva il suo piede ad un palmo dal mio viso mentre parlava, altezzosa, arrogante, ma dolce, soave. Io pensavo di impazzire, ero eccitato, immaginavo che LEI se ne fosse accorta e.. infatti se ne era accorto. Questa volta non me la sarei cavata con due o tre schiaffi, la strada per i suoi piedi sarebbe stata lunga…. Senza nemmeno che me ne accorgessi la vidi in piedi, mi sovrastava, eppure non era tanto alta, ero io che stavo in basso, molto in basso e LEI stava piano piano prendendo possesso di me, della mia mente, del mio pensiero. Il primo colpo di frusta arrivò inaspettato.. usava la mia cintura, continuò a colpire,poi si fermò, ma non per molto… Mi schiacciò la testa sotto i suoi tacchi, il mio sedere rivolto all’insu, le gambe divaricate, mi vergognavo da morire, ma tant’è non opposi resistenza, ero uno schiavo, sono uno schiavo, sono il suo schiavo… Cominciavo a sentire male, LEI continuava e come cominciai a gemere, LEI intensificò le frustate, senza alcuna pietà. Dopo un po’ non ce la facevo più, cominciai a implorarla, mi faceva davvero male, ma LEI nulla, continuava… Il suo stivale era ad un centimetro dal mio viso, l’altro sopra la mia guancia… Forse per questo, ma incredibile, soffrivo come una bestia ma ero ancora eccitato, finalmente il mio sogno si era avverato, la mia vita era lì, ai suoi piedi, sotto i suoi piedi, un giorno forse gli avrei baciati, avrei potuto adorarli, per ora bastava così e non importava se soffrivo, il dolore non era nulla rispetto all’estasi della sua presenza, della sua bellezza della sua eleganza. Ad un certo punto Antonella si stancò, depose la cinghia e si rimise comoda, ma per me non era finita. Mi riprese per un orecchio: “tu vuoi leccare i miei stivali vero coglione? Ti eccitano i miei stivali verme? Ora ti accontento….” Tutto ad un tratto mi ritrovai in una stanza piena di scarpe e stivali: erano tutte le divine calzature della mia DEA. Il problema era solo uno… erano tutte sporche…. Io feci resistenza un attimo, ma ovviamente la sua frusta mi convinse subito e per assicurarsi che la mia lingua lavorasse al meglio, continuò ad abbattersi sui miei glutei….
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