Un giorno della settimana successiva, ci demmo appuntamento per mezzanotte, che era l’ora più propizia affinché papà e mamma non si accorgessero di nulla. Ci eravamo stuzzicati con occhiate, battutine, motteggi per tutto il tempo trascorso dalla mattina delle mie rivelazioni; io le guardavo con bramosia sempre più evidente soprattutto quando le ragazze erano stese al sole; loro mi stuzzicavano facendomi intravedere quello che desideravo, in un sottile gioco perverso di dare e togliere, fare o non fare che mi costringeva ad allontanarmi per non fare spropositi alla luce del giorno e molte volte perché durante queste scaramucce il sesso pareva esplodermi procurandomi fastidio e tensione ai testicoli. Non c’era voluto molto a convincere Luisa ed Eugenia all’incontro, anche perché era ancora vivissimo il ricordo dei piaceri e del godimento provati: l’immaginazione di riprovare il piacere e le godurie aveva accelerato il consenso. Ci apprestammo così, dopo cena, a mettere in pratica quanto concordato. Verso mezzanotte, mentre la casa era immersa in un profondo silenzio appena turbato dal verso delle cicale e dal canto dei grilli, mi alzai e senza far rumore mi diressi verso la porta che mi divideva da loro. Eugenia stava già sul letto e riconobbi che leggeva, nell’attesa, “Le età di Lulù”; sprizzava sesso da tutto il suo essere col suo atteggiarsi, con le movenze lente e languide delle gambe, lasciando intravvedere tutte le sue grazie attraverso una camicia molto trasparente. Capii che era già eccitata per bene in quanto la mano libera indugiava con leggeri toccamenti giù tra le cosce, sotto l’eccitazione della lettura. Luisa aveva appena finito di rinfrescarsi usando quel sapone che aveva un’ essenza fragrante che si espandeva per la camera e che avevo già avuto modo di sentirgliela sulla pelle mischiata al suo odore naturale, ed era avvenente nella sua nudità. Quando mi videro ancora vestito, mi fecero notare tutto il loro disappunto. Io di rimando “Non vorrete mica che mi perda e vi faccia perdere il piacere di svestirmi un po’ alla volta” dissi gigioneggiando e mi gettai sul letto ritrovandomi quasi addosso ad Eugenia; Luisa prontamente ci raggiunse. Con le braccia allargate sotto le loro schiene, potevo così saggiare la consistenza dei loro seni. Mi sentivo il re del campo; superammo presto l’iniziale imbarazzo ed iniziai a palpare le loro tette con movimenti lenti e compressivi, notando l’enorme differenza fra quelle di Eugenia e quelle di mia sorella. “Dai Eugenia, adesso spogliamolo ..”, disse Luisa, ed iniziò a sbottonarmi la camicia; per far questo era costretta ad alzare le braccia e a mettermi in faccia il petto che iniziai a baciare, leccare e a mordere con gentilezza i capezzoli che si erano rizzati, mentre Eugenia si dava da fare con la cintura dei calzoni mentre, approfittando del momento, saggiava intanto la consistenza del mio arnese. Quando rimasi con i soli boxer, mi avvidi che erano tutte accaldate dall’eccitazione, con le orecchie rosse,ed allora dissi “No, fermatevi, non precipitiamo le cose: ora fatemi assistere da vicino ad uno di quei numeri che l’ultima volta vidi dal buco della serratura” e cosi dicendo mi misi in ginocchio ai loro piedi e le osservai. Per compiacermi, si accostarono ed iniziarono a baciarsi toccandosi fra le cosce e aprendo le gambe così da permettermi una vista unica e magnifica. Le vagine, aperte e umide di sughi, erano color rosa carnicino intenso, sormontate dai rispettivi clitoridi che tormentati dovevano trasmettere scariche di piacere perchè si notava il contrarsi dei loro i muscoli perineali, così che io potevo gustarmi i loro buchetti grinzosi che si allargavano e stringevano al ritmo delle leccate. Il potere d’attrazione che il color vermiglio dei loro sessi spalancati aveva su di me era così forte, che non resistetti molto e mi chinai prima sull’una e poi sull’altra iniziando anch’io a leccare, succhiare, leccare, annusare, mordicchiare, in modo d’avere dopo un po’ il viso, la fronte, i capelli completamente bagnati. Le ragazze erano in preda ad un vero parossismo erotico: la loro posizione a sessantanove mi consentiva di sistemare il mio uccello sopra la fronte dell’una o dell’altra per ricevere poderose leccate a tutta la cappella esposta e sollecitazioni inimmaginabili al frenulo: non mi fu difficile quindi, mentre Eugenia succhiava il clitoride di Luisa, penetrare quest’ultima dal retro: entrai con estrema facilità nel suo alveo caldissimo e scivoloso ed iniziai a pompare mentre lo scroto strisciava sulla faccia della cugina seguendo il va e vieni dei miei lombi. Luisa soffiava come un mantice producendo con la bocca, attaccata alla vagina di Eugenia, un gorgoglìo che si faceva sempre più forte e contemporaneamente emetteva un rantolo ansimante in un crescendo continuo, fino al momento in cui, venendo insieme a me, inondammo di sborra la faccia d’Eugenia. Questa, anche per la vista erotizzante del cazzo che entrava e usciva sopra il suo naso nella fica della cugina, e per i succhiotti di fica ricevuti e le strapazzate di lingua al suo clitoride, venne, inondando la faccia di Laura con una enorme quantità di sugo. Crollammo tutti e tre esausti e sudati fradici. Il mio cazzo, per nulla ammosciato, pulsava col ritmo del cuore, tutto paonazzo mentre i testicoli erano finiti in fondo alla scroto; le ragazze, stravolte nei lineamenti dalla foia, mostravano i segni del godimento nelle vagine vermiglie, che erano spalancate e stillavano ancora liquido così che i peli erano tutti appiccicati. Rimanemmo per un po’ tranquilli fino a che, Eugenia, volle prendersi la sua razione di verga: vedendo il mio arnese non ancora del tutto ammosciato si levò, lo prese in bocca e succhiandolo con languore e eccitandolo con un lavoro di lingua magistrale, tentava di riportarlo nelle condizioni che aveva potuto ammirare un momento prima; quando si trovò in bocca una poderosa nerchia, si mise a cavallo del mio corpo e s’ infilò l’arnese a smorzacandela spingendo in avanti le spalle e dandomi da suggere i capezzoli duri e sporgenti come non mai. Si fece attiva e agile nonostante fosse di complessione più robusta di Luisa, muovendo su e giù il suo magnifico deretano così da essere lei a chiavarmi sfruttando la mia erezione. Luisa intanto, ripresasi dal torpore che l’aveva assalita dopo l’orgasmo, vedendo il numero della cugina si eccitò nuovamente e si dispose con il capo tra le mie gambe prendendo in bocca ora un testicolo ora l’altro mentre con la mano si titillava nuovamente il clitoride. Ero in paradiso: il ricordo di Cecilia pareva ora sbiadito e lontano mentre vedevo riflessa, nel grande specchio che stava sull’anta dell’armadio, l’immagine dei nostri corpi prendersi reciproco godimento. Con Eugenia che si dimenava sul mio cazzo e mi sussurrava all’orecchio sconclusionate parole d’amore e Luisa che letteralmente mi divorava i testicoli e m’infilava nell’ano l’intero dito indice della mano, non ci volle molto a farmi esplodere in un nuovo e intenso orgasmo che ebbe l’effetto di catalizzare anche quello delle due ragazze. Enormi furono il gradimento e il piacere e si terminò con un’omerica reciproca sborrata tale da lasciarci stavolta storditi e sfiniti per un bel pò. Ma la notte era ancora lunga ed i corpi giovani, avidi e mai sazi rivollero ben presto un nuovo tributo al piacere. Tutta la notte continuammo mai stanchi, mai esausti, con varianti diverse dettate dalla fantasia ora mia ora delle ragazze e godemmo così fino all’alba quando ci salutammo ed io raggiunsi a stento il mio letto ove piombai in un sonno profondo e ristoratore. I giorni che rimanevano delle vacanze passarono abbastanza in fretta. Milone ebbe molti altri incontri, soprattutto con Eugenia essendosi Luisa assentata per andare a prendere la sorellina più piccola Gaia che tornava dall’estero e il cui prossimo arrivo gli metteva un’ansia e un desiderio addosso dovute al delirio di onnipotenza sessuale che l’aveva preso dopo la totale sottomissione di Luisa ed Eugenia. Quando la famiglia seppe che Luisa e Gaia erano arrivate in città, si apprestarono tutti a lasciare la campagna: Eugenia pianse sommessamente salutando la zia e lo zio che non capivano il motivo di tanto dispiacere; ben noto era invece a Milone che però s’era stufato della stessa minestra e salutò la cugina con modi bruschi promettendole che si sarebbero rivisti in città. Ritornarono quindi a Siena
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