Verso sera mio fratello venne a prendermi e mi condusse in casa; si sdraiò su di un divano e mi fece chinare in avanti per avere le mie mammelle a portata di mano ma invece di toccarle mi chiese “Ti piace che ti tocchi le tette?” “Si… sono contenta se le piacciono le mie mammelle…” uno ceffone a piena mano mi fece esplodere la guancia; “Non ti ho chiesto questo vacca! Voglio sapere se ti piace farti toccare le mammelle da tuo fratello!” “S….si, mi piace che mi tocchi le mammelle…” risposi con le lacrime agli occhi.”Allora chiedimelo!… Supplicami di toccarti! E falle muovere perché mi venga voglia di toccartele!” “La prego… mi tocchi le mammelle… per favore… me le tocchi…” intanto muovevo il busto facendole ondeggiare, “Per favore.. Mi palpeggi le mammelle, signore… le strizzi.. Mi rendo conto che sono mammelle ridicole, ma… Per favore… me le tocchi…” Mi lasciò supplicare ed ondeggiare per diversi minuti osservandomi divertito, “Sei proprio una vacca…” Poi prese a toccarmele come si fa con una mucca, quasi come se volesse mungermi; “Continua ad farle muovere!” Continuò così per molti minuti, forse mezz’ora, senza più parlare. Poi sempre mungendomi, quasi sopra pensiero disse: “Una mia amica ha lasciato un maglione ed un paio di jeans che dovrebbero andarti bene. Questa sera andremo a cena da zio Lino e zia Anna e non posso portarti nuda, anche se mi dispiace di doverti far vestire..” Ebbi un attimo di esitazione e persi il ritmo dell’ondeggiamento ma subito un altro ceffone mi riportò all’ubbidienza “Continua a muovere le tette, troia… Dirai che in città stai bene ed è tutto a posto; che sei in visita parenti e che io ti accompagno. Dormiremo li e domani ti porto a salutare la mamma ed il papà; naturalmente anche loro non devono capire cosa sei! Angela, nostra sorella è via e non sarà un problema. Non vuole più sentire parlare di te anche se in casa continua a fingere….” Mi venne da pensare, ascoltandolo, se si rendeva conto di parlare come normalmente si fa con una sorella con il particolare anacronistico che lo faceva intanto che la mungeva come si fa con le vacche e dopo averla seviziata in mille maniere.Si alzò ed andò a prepararsi: “Tu intanto rimani li chinata e continua far muovere le tette…”Mi lasciò sola, nuda, a gambe larghe, chinata con il busto in avanti e le mani dietro la schiena a far ondeggiare le mammelle che avevo indolenzite ed arrossate per la rude manipolazione.Quando ritornò rimase un attimo a guardarmi canzonandomi: “Proprio bellina…” Poi mi fece rialzare e ordinò “Vieni qui! Fammi sentire la figa!” Mi avvicinai a lui che aprì la mano dove io appoggiai prontamente e docilmente la mia figa. “Sei fradicia….” Mi penetrò a fondo ispezionandomi bene ed a lungo. “Tira fuori la lingua!” Obbedii e lui la prese nella sua bocca succhiandola; era il primo “bacio” che ricevevo da mio fratello.Tirò fuori le dita di colpo quando si accorse che stavo provando piacere e me le infilò in bocca perché le pulissi con la lingua. Poi mi richiuse con il lucchetto: “Adesso vestiti con il tuo vestitino da zoccola. Ti cambierai dopo e non voglio rinunciare ad averti disponibile e comoda!” Ubbidii ed uscimmo da quella casa.Durante il viaggio, come sempre venni continuamente perlustrata e quando si fermò per andare a comprare delle sigarette mi lasciò sola in auto con la gambe allargate e la figa bene in vista. Li vicino, in un campetto da calcio, una decina di ragazzini stavano giocando a pallone. Quando il pallone finì vicino all’auto un ragazzino si avvicinò, mi vide e chiamò i compagni che corsero a vedere “la signora nuda”.Non sapevo cosa fare: non osavo coprirmi in quanto era troppo radicata in me la sottomissione per osare tanto ma ero anche decisamente imbarazzata dal mostrarmi ad un gruppo di ragazzini. Quando tornò mio fratello si accorse della situazione e sentendomi morire lo sentii chiedere ai ragazzini “Volete toccare?”Aprii la portiera dalla mia parte e prendendomi il ginocchio destro lo tirò giù dall’auto lasciando l’altro dov’era.Così aperta ed esposta dovetti spiegare ad un gruppo di ragazzini, che si erano inginocchiati davanti alla mia figa, a cosa servissero il campanellino che portavo ed il lucchetto, come era fissato, se fosse o meno doloroso, cosa volevano dire le scritte che portavo tatuate. Tutti a turno toccarono le labbra, gli anelli e i più intraprendenti infilarono le dita dentro. Fu sicuramente uno degli episodi più umilianti della mia vita da schiava. Poi mio fratello chiese ai ragazzini se c’era li vicino un posto dove potessi spogliarmi completamente. Fummo guidati in un boschetto lì vicino dove, ancora alla presenza dei ragazzini, mio fratello mi disse: “Spogliati e cambiati che gli zii ci aspettano!” mi getto ai piedi gli indumenti che avrei dovuto indossare e li, con quel pubblico curioso cominciai a spogliarmi. Quando fui nuda i ragazzini mormorarono “Ehi… c’ha scritte anche le tette…” Cominciai a rivestirmi ma mio fratello mi fermò: “No! Non ci siamo, piccolina. Non dimentichi niente?”Lo guardai sorpresa ma lui insistette “Avanti!” Allora assunsi la posizione consona, in piedi con la gambe divaricate e le mani dietro la schiena e dissi: ” Vi prego di scusarmi per queste ridicole mammelle…” Dopo avermi lasciata li in visione per qualche minuto mi fu permesso rivestirmi.Per fortuna i jeans dell’amica di mio fratello erano un po’ lunghi e poterono coprire in parte gli altissimi tacchi che portavo sempre; erano però decisamente attillati e mostravano le mie forme perfettamente. Un occhio attento avrebbe subito intuito che non indossavo slip, inoltre gli anelli e il campanello applicati alle figa mi facevano male con dei jeans cosi stretti. Feci una smorfia e mio fratello se ne accorse: “Cosa c’è?” “I jeans stretti… mi fanno male alla figa…” “Bene…” rispose lui, “Così non dimentichi cosa sei!” Il maglione era a collo alto e copriva in parte il collare però era a maglia larga e si vedevano bene i capezzoli; “Beh… Gli ziii sono moderni. Penseranno ad una moda. E ricordati di darmi del tu a cena che scema come sei rischi di fare un gran casino…” Osservò mio fratello.La cena fu normale tranne un momento in cui gli zii erano in cucina e mio fratello volle che sollevassi il maglione per fargli vedere e toccare le mammelle. Era spaventata dall’idea che gli zii potessero sorprenderci ma lui mi permise di ricoprirmi solo all’ultimo istante prima che tornassero. Finita la cena ci accompagnarono nella nostra stanza, una sola per tutti e due ma in fondo eravamo fratelli, e ci augurarono la buonanotte.Appena soli mio fratello mi ordinò di mettermi nuda e di restare in piedi nella solita posizione mentre lui andava in bagno e si rinfrescava. Quando ritornò gli chiesi: “Mi permette di andare in bagno a fare i miei bisogni? Vorrei anche rinfrescarmi…” ” Si.. si… Dopo! Adesso fammi un po divertire. Senti un po… Se ti ordinassi di andare dallo zio nuda come sei e di pregarlo di frustarti sulla figa… Lo faresti?” Cercai di rispondere sviando l’argomento: ” Io servo a farla divertire ed a soddisfare le sue esigenze in tutti i modi lei ritenga…” Schiaffo su una mammella. “Ma vuoi rispondere bene o devo arrabbiarmi?” Cominciai a piangere: “Scusi…. Si andrei a supplicare di essere frustata sulla figa. E gli spiegherei che la mia figa serve soprattutto a questo scopo, a ricevere frustate per il divertimento di chi mi usa.” “Uhmm… Quasi, quasi ti ci mando! Ma poi, sai che casino… Vabbè, vai al cesso vacca e pulisciti bene ma prima fammi un bel pompino che ho voglia di scaricarmi i coglioni!”Il giorno dopo passammo tutta la mattinata con i miei genitori e nel modo più normale; il mio fratellino si era sfogato abbondantemente nella notte precedente, prima d’incatenarmi nuda ai piedi del suo letto, in ginocchio e con i polsi fissati dietro la schiena. La mattina c’era mancato poco che gli zii mi sorprendessero in quello stato quando vennero e svegliarci ma per fortuna mio fratello aveva chiuso la porta a chiave. Dovetti disfare il letto che non avevo usato per non creare sospetti; fui poi costretta alle mie funzioni corporali accovacciata sulla tazza in modo che lui vedesse tutti i particolari di quell’operazione. Naturalmente non perse l’occasione per dileggiarmi ed umiliarmi: “Sei proprio una bestia schifosa… Senti che puzza… E allarga di più quella figa bavosa che voglio vedere da dove ti esce il piscio…” E via su questo tono. Quando partimmo dalla casa degli zii mi fu ordinato, mentre lo salutavo e baciavo sulle guance, di prendere le mani dello zio e di mettermele sulle mammelle e lasciargliele palpare comodamente, ma di farlo con noncuranza, come fosse un gesto casuale. Non saprò mai cosa pensò lo Zio Lino ma di sicuro non le tolse e un paio forti strizzatine me le diede.Comunque dai nostri genitori non successe nulla ed il pomeriggio ripartimmo.Fatti pochi chilometri mio fratello si fermò in un bar che lui frequentava ogni tanto; mi fece scendere e ci sedemmo con alcuni suoi amici. Io li guardavo cercando di capire dalle voci se erano tra i partecipanti alla festa di due notti prima ma nessuno fece commenti. Prendemmo un caffè poi chiesi sottovoce a mio fratello il permesso di andare in bagno. Lui allora mi disse ” Si, vai pure e già che ci sei cambiati l’abito! Però non puoi andare da sola ed io non ho voglia adesso di vederti nuda perciò chiedi a Lucio, quel mio amico lì che ancora non ti conosce, di accompagnarti. E fatti guardare bene pisciare poi fatti dare 10 schiaffi sulla figa… così tanto per non perdere l’abitudine!” Risposi “…Ma… non…” l’occhiata che mio fratello mi rivolse tolse ogni dubbio sulle conseguenza di una mia obbiezione. Così andai all’auto dove presi la borsetta e tornai verso il tavolino ed avvicinandomi a questo Lucio mi chinai per sussurrargli all’orecchio : ” Devo andare in bagno e non mi è permesso andarci da sola, m’accompagna?” Lui mi guardò sorpreso sia per la richiesta sia per il fatto che all’improvviso gli davo del “lei”. Comunque si alzò “Certamente, subito..” Arrivati in bagno invitai un sempre più sorpreso Lucio ad entrare con me spiegandogli: ” …Ecco… mi è stato ordinato di cambiarmi d’abito davanti a lei… e… e anche di fare la pipì in sua presenza accovacciata sulla tazza così che possa vedere bene la mia…” Lucio, un ragazzo di circa 18 anni, si guardò in giro poi sbottò “Cos’è… uno scherzo?” “No risposi” e cominciai a spogliarmi. Quando fui nuda assunsi la posizione consona e dissi ” La prego di scusarmi per queste ridicole mammelle… mi permette di accovacciarmi? Poi deve dirmi lei quando posso cominciare a fare la pipì.” Lui era allibito; evidentemente era stato scelto da mio fratello perché doveva essere il più timido della compagnia e non sapeva più dove guardare. Era poi letteralmente sconvolto dai tatuaggi, gli anelli ed il campanello, il collare “La prego di guardarmi la figa o sarò punita” dissi con un filo di voce abbassando gli occhi ed arrossendo. Mi sistemai sulla tazza allargando le cosce al massimo e con un po’ di fatica riuscii a fargli dire: “..Puoi cominciare a Pisciare…” Mi uscii solo qualche goccia. Poi mi pulii, mi rimisi in piedi e a gambe divaricate chiesi ” Per favore, devo ricevere da lei 10 schiaffi sulla figa… La prego non se ne vada… Mi schiaffeggi… La Prego… Per favore” Rimase a fissarmi un minuto o forse due, poi mi diede un buffetto sulla figa facendo trillare il campanellino. “Per favore,… devo ricevere dei colpi forti. Se vengo ispezionata e la mia figa non è abbastanza arrossata e tumefatta verrò punita molto severamente.” Dopo tre o quattro altri tentativi riuscì finalmente a trovare la forza giusta con la quale colpirmi.Quando ritornammo al tavolino camminavo a fatica per la dose di colpi ricevuti e Lucio non salutò nemmeno i suoi amici e se ne andò sconvolto. Ma nessuno ci fece caso perché tutti gli occhi erano incollati alla mia gonnellina ed al campanellino che s’intravedeva. Fortunatamente mio fratello non mi fece sedere ed andammo via subito. Appena in auto mi fissò i polsi dietro alla schiena e cominciò ad ispezionarmi la figa volendo che gli raccontassi tutto nei particolari. Rise molto: “Hai fatto proprio colpo puttanella, meriti un premio!”Il premio consisteva, mi spiegò mio fratello, nel permettermi di godere. Però, disse anche “Devi guadagnartelo…” Era quasi sera ed era domenica; si fermò in un cinema di periferia, di quelli a “luce rossa”, mi tolse il lucchetto che mi chiudeva e mi applicò agli anelli sulle labbra le catenelle passanti intorno alle cosce di modo che allargando le gambe le labbra della figa venivano tirate di lato aprendomi completamente. Mi condusse all’interno, “Adesso tu ti vai a sedere sola in una fila, io mi metterò dietro di te per gustarmi lo spettacolino!” Mi sedetti con le ginocchia ben divaricate e la gonnellina che risalii subito a scoprire la figa spalancata. Dopo pochi minuti avevo due uomini molto anziani seduti ai lati e anche quelli della fila davanti si erano girati per guardarmi, trovandomi evidentemente più interessante del film porno che scorreva sullo schermo. Rimanemmo per tutto il film e per tutto il film venni accarezzata e toccata, penetrata ed esplorata. Uno dei due anziani si inginocchiò addirittura per leccarmi; continuava a ripetere “Ah.. che bella figa giovane… Che buon odore di figa giovane…”. Chiesi il permesso di godere a mio fratello e mi fu permesso la prima volta; la seconda volta che chiesi di poter godere mio fratello mi prese per i capelli e tirando forte mi trascinò fuori dalla sala. Arrivati vicino all’auto mi ordinò di sdraiarmi sul cofano e di sollevare la gonna allargando la cosce; poi, sfilatosi la cintura dai pantaloni, prese a frustarmi sulla figa spalancata. “Questo per ricordarti che sei solo una cagna e puoi godere solo se chi ti usa ha pena di te e te lo lascia fare… Per i due giorni che rimangono sarai solamente a mio servizio e godrai solo se mi supplicherai di permettertelo… E se sarai una cagna ubbidiente e sottomessa…” Continuò a colpirmi a lungo e provai molto dolore. Credo che questa sua reazione fosse dovuta ad una strana forma di gelosia nel vedermi godere sotto le dita di altri.Come detto nei due giorni che seguirono rimasi sola con mio fratello. Mi portò in una casetta di un suo amico, così disse, che gliela prestava. “Per tutto il tempo che sarai qui dovrai muoverti a quattro zampe come la bestia che sei. Sarai sempre nuda. Terrai sempre le catenelle che ti aprono la figa e le mollette sui capezzoli. Ti muoverai, mangerai e vivrai come un cane, intesi?! E quando hai bisogno di pisciare o di cagare ti metterai davanti alla porta con il guinzaglio in bocca fino a quando avrò voglia di portarti fuori!! E naturalmente soddisferai ogni mio capriccio! Chiaro?!””Sono il suo animale da compagnia…” Un forte calcio proprio sulla figa m’impedii di continuare. “Le cagne come te non parlano, scema! Puoi solo guaire o muovere il culo per scodinzolare!” Nell’anno successivo venni usata molto spesso da mio fratello. Era sicuramente uno degli “utilizzatori” più crudeli ed esigenti. Più volte, quando aveva bisogno di soldi, mi cedeva a pagamento portandomi anche a battere il marciapiede e punendomi se “l’incasso” risultava inferiore alle aspettative. Questo uso però non piaceva molto al padrone che mi concesse sempre meno a mio fratello. Ero però continuamente ricattata dalle tantissime fotografie e videocassette che mio fratello aveva scattato e filmato delle mie prestazioni. Fortunatamente ottenne un’ottimo impiego all’estero e mi lasciò in pace, anche se insistette a lungo con il padrone per potermi portare con lui.Dopo tre anni e mezzo di dominazione anche il padrone si stancò un poco di avermi al suo servizio: credo che non sia come avere una bella ragazza pronta ad eseguire ogni desiderio con uno schiocco di dita per portare un uomo alla noia. Tutto diventa scontato; almeno così credo…Comunque sia il padrone s’innamorò di una ragazza sua coetanea e quindi decise di “alienarmi” dalle sue proprietà, anche se in seguito, come anche mio fratello, mi usò occasionalmente.Mi chiese se volevo venir liberata o se preferivo essere ceduta ad altri. Non sapevo sinceramente come rispondere. Anche in me stessa era avvenuto un cambiamento: dopo essere stata per anni usata e trattata peggio di un animale non capivo più cosa ero diventata. Essere dominata era sempre stata la mia fantasia e con il passare del tempo la sottomissione e l’ubbidienza si erano radicate in me talmente profondamente che eseguivo gli ordini come un automa. Non m’importava di mostrarmi nuda e d’umiliarmi davanti ad estranei: non dipendeva da me! Se mi ordinavano di mostrare la figa era naturale che eseguissi, era un ordine, non dipendeva da me. Cose che personalmente non mi sarei mai nemmeno sognata di fare erano invece naturali se mi venivano imposte. Mi resi anche conto che le sottomissioni che avevo sopportato non avevano ormai più nulla a che vedere con l’eccitazione sessuale. Quando venivo usata non avvertivo più la tensione erotica dei primi mesi. Ripensando a quello che avevo subito ed in quali modi lo avevo subito, dovetti ammettere con me stessa che non era solo la dominazione sessuale che mi aveva sempre attratto ma semplicemente l’essere dominata, e l’esserlo totalmente. Essere umiliata mi dava ogni volta la forza per superare la prova successiva. Il sopportare ogni capriccio che mi veniva imposto mi rendeva ogni volta più sottomessa. Amavo ubbidire; non per eccitarmi sessualmente o per dimostrare qualche cosa. Semplicemente ubbidire.Non so se in poche righe sono riuscita a trasmettere quello che decisi in una settimana di meditazioni comunque dissi al mio padrone che facesse di me quello che voleva: il fatto che mi vendesse, mi regalasse, mi buttasse su di un marciapiede non era cosa che mi riguardasse.”Bene”, disse lui, “Ho pensato a lungo e ho deciso che sarebbe un peccato che un animaletto ubbidiente come te andasse lasciata libera. Però vedrò di darti ad un padrone che non ti faccia troppo male. Se ti dessi a tuo fratello ti rovinerebbe in pochi mesi…”Il nuovo padrone in questione lo conobbi poche settimane dopo. Era un signore molto anziano, credo sulla settantina, che incontrai ad inizio estate in un bar sul mare, sulla riviera romagnola. Il mio padrone mi accompagnava e ci sedemmo al tavolino di questo signore; evidentemente c’era un appuntamento tra i due uomini. Parlarono tra di loro senza mai interpellarmi; si chiarirono sulle mie capacità e caratteristiche ed mi stupii della volgarità con la quale parlavano di me. Poi fui lasciata al signore anziano che, presami con un dito per l’anello del collare, mi fece alzare dalla sedia e mi portò via. Passando tra i tavolini del bar sentii i commenti delle altre persone:”Guarda com’è vestita… Si vede tutto sotto… La tira per il collo…” e cose del genere. Fui portata, sempre tirata per il collare, in un albergo dove suscitai stupore anche nella hall. I commessi ed il receptionist sorrisero ammiccando al signore anziano ed egli mi portò nella sua camera.Appena fummo entrati mi spinse in mezzo alla stanza, in piena luce delle finestre, e mi ordinò di spogliarmi.Assunsi la posizione solita, gambe divaricate e mani dietro la schiena e gli chiesi scusa per le mie mammelle. Lui guardò a lungo, molto a lungo, ogni particolare del mio corpo, tastandomi ogni tanto come per sentire la consistenza di una mammella o l’elasticità dei tessuti della figa.” Non sono ricco!” Esordì dopo parecchio esame. ” Benestante si, ma non ricco. Vivo in una villetta di mia proprietà poco lontano da Milano. Ero un industriale ma ho lasciato tutto in mano ai miei due figli, un maschio ed una femmina che ha qualche anno più di te. Il tuo precedente padrone ti ha dato a me perché mi conosce da tanto tempo e si fida. Sa che non rovinerei una così bella creatura e sa anche che ormai non ho più grandi necessità sessuali! Ma non credere che troverai tutto facile; cerco una persona che mi faccia compagnia, che mi serva e che serva eventualmente le persone che gli indicherò. Sarai naturalmente punita per errori che commetterai o anche solo per mio divertimento, sai, invecchiando si diventa un po’ laidi. E poi mi piace guardare le giovani ragazze sotto le gonne e… con te credo che questo non sia un problema…” mentre diceva questo si mise ad esplorarmi la figa. “Ti chiedo adesso e non te lo richiederò mai più: accetti di diventare mia schiava?” “Si signore… sono sua!” Risposi immediatamente.Non mi usò quella volta: si limitò a esplorarmi tutto il corpo, commentò i tatuaggi e tutto il resto, saggiò la comodità dei miei orifizi ed alla fine di luglio mi trasferii da lui.I primi tempi si limitava a farsi accarezzare e succhiare la verga avvizzita e tentò ogni tanto di penetrarmi con… esiti deludenti. Ma, lo disse lui stesso, gli piaceva di più l’idea che una ragazza giovane e carina si occupasse del “suo pesce”, come lo chiamava lui ridendo, con le mani e la bocca che non il sesso di per sé. Venivo regolarmente frustata, ma più spesso di prima sulle natiche, in quanto gli piaceva che i segni restassero sempre ben visibili sotto le gonnelline che continuavo ad indossare. Sulla figa mi frustava solo per impressionare i suoi amici, più o meno suoi coetanei, che presero ad affollare la sua casa.Anche i suoi figli seppero di me ma presero la cosa senza dargli troppa importanza: “capricci del vecchio” dicevano. La figlia femmina era troppo presa dagli affari e si limitava a squadrarmi con indifferenza quando le comparivo davanti con i miei abitini da casa. Ed anche il maschio mi trattava come il “cane di casa”, accarezzandomi ogni tanto la figa o le mammelle come se accarezzasse la testa di un cane.Mi furono tagliati i capelli a spazzola. Sembravo ancora più giovane. La villetta del signore aveva una piccola piscina circondata da una siepe dove mi fu permesso di passare pomeriggi interi, nuda, a prendere il sole.Avevo fatto un cambiamento radicale dalla precedente esperienza ed ero decisamente più tranquilla. La cosa mi fece bene perché diventai ancora più bella, abbronzata e priva dei lividi che prima spesso esibivo. Saranno state le mie carezze o forse il destino, sta di fatto che il gennaio successivo il signore venne a mancare ed io mi trovai mio malgrado a far parte dell’eredità.I figli discussero tra di loro poi il maschio, mio nuovo padrone, mi disse: “Abbiamo deciso che ti terrò io. Mia sorella non sa che farsene di te e casomai ti userà come cameriera per qualche cena particolare. A dire la verità anch’io non so cosa farmene di te, ma qualcosa troveremo. Comunque io devo partire per gli Stati Uniti per lavoro e starò via circa un mese. Per questo periodo stai da mia sorella!”E così avvenne. Fui condotta a casa della signora, sposata e con due. Pensavo che, vista la situazione, sarei stata presentata come una collaboratrice domestica qualunque e che non avrei potuto indossare la mia solita divisa da animale da sesso. Ma mi sbagliavo profondamente.La signora mi portò a casa sua al guinzaglio e una volta arrivati mi fece vedere al marito. “Com’era quella storiella sulle tette… No, sulle mammelle? Facci un pò sentire!” “… Ecco… sono stata addestrata a chiedere scusa per le mie… mammelle, signora…” “Falle vedere… Uhmm… Non mi sembrano per niente brutte!” Poi chiese al marito che mi guardava appena, “Tu cosa ne pensi?” “Cosa.. Ah, si… Le tette… Mica male, per niente male…Peccato quei tatuaggi. Non la vedo prendere il sole in topless…” “Perché devi scusarti?” “Il mio padrone precedente diceva che era una grave colpa per un giocattolo sessuale come me non avere mammelle più grosse e voleva che mi umiliassi in questo modo…” Il discorso finì lì ma comunque, qualche sera dopo, la signora mi costrinse a mostrare e scusarmi delle mie mammelle davanti ad alcuni suoi ospiti che servivo con il solito abitino che arrivava a metà natiche.Comunque quel primo giorno la signora mi diede le sue istruzioni. “Vestirai sempre allo stesso modo e sarai frustata tutti i giorni. Non perché la cosa mi piaccia o meno ma perché mio fratello mi ha chiesto di farlo. Sarai frustata dal giardiniere. Sei una cagna e sarai trattata come tale!” Poi chiamò i figli e, con mio enorme stupore gli disse: “Ragazzi, questa è la cagna del nonno! E’ per voi, trattatela come volete! Giocateci e fatevi raccontare perché è così. Adesso è dello zio ma per un mese resta con noi. Tenetela sempre al guinzaglio e se non vi ubbidisce usate il frustino qui…” Mi fece mettere a quattro zampe e gli indicò la mia figa facendo suonare il campanellino che vi era fissato.I ragazzini non dissero niente ma presero il collare e mi portarono in camera loro. “Ma… Tu sei una donna… Non un cane….Perché ti trattano così?”Sempre a quattro zampe e nuda, giovane donna ventiduenne davanti a due ragazzini, risposi:”Si… Sono una ragazza che… qualche tempo fa ha deciso di vivere come un cane e perciò… Persone che ho incontrato mi hanno aiutata a realizzare questo mio desiderio… Ed ora sono di vostro zio… Ecco tutto..” Il più piccolo stava a sentire con gli occhi sbarrati dallo stupore; il più grandicello mi girava intorno toccandomi con la punta della scarpa da ginnastica ora la figa, ora una mammella facendola dondolare.”… E cosa ci facciamo con te?…” Arrivò il padre che, prendendomi per il collare e tirando in modo che sollevassi la testa disse; “Beh, ragazzi… Fatela giocare…” Prese una pallina e la lanciò lontano. “Vai a riprenderla e portala qui!” Sempre come un cane mi affrettai, raccolsi la pallina con la bocca e la portai in mano all’uomo. “Ora continuate voi” lanciando la pallina ai ragazzi e se ne andò lasciandomi a giocare con i figli. Ben presto diventai una specie di esperimento per i ragazzi. Mi chiedevano continuamente delle cose, specie il più grande, tipo: “Tutte le donne sono fatte come te?”,”Come si tocca una donna in mezzo alle gambe?” Ed io rispondevo allargando le gambe e le labbra della figa per mostrare come ero fatta e come mi toccavo. A volte volevano essere accarezzati e succhiati fino a svuotarsi nelle mie mani o nella mia bocca. Un giorno il più grande mi fece sdraiare per terra a gambe larghe e volle toccarmi lui, esplorandomi e fondo e facendosi spiegare quello che sentivo; fu piacevole… Un’altra volta volle penetrarmi la figa ed il culo con candele, manici di legno e altri oggetti via via sempre più grossi: fu molto meno piacevole.Ogni sera, prima di andarsene, il giardiniere veniva a prendermi e mi portava al guinzaglio in garage dove mi frustava: 10 colpi sulle natiche, 10 sulle mammelle e 10 sulla figa. La prima volta fui legata poi si accorse che non occorreva e si eccitava del fatto che contassi io i colpi. Se non c’erano i ragazzini che guardavano finito di frustarmi mi chiavava o inculava facendosi poi pulire con la bocca. Voleva che lo ringraziassi sempre quando mi usava ed ogni volta che mi entrava nella figa o nel culo dovevo dire in modo chiaro “…Grazie signore…”. Ma appena potevano i ragazzi non si perdevano lo spettacolo, interrompendolo ed avvicinandosi spesso per vedere e commentare gli effetti che la frusta lasciava sulle varie parti del mio corpo. La signora non mi usò mai: solo una volta, senza nessun motivo mi venne vicino e mi prese i capezzoli tra due dita tirandoli e torcendoli per lunghi minuti, fino che ebbi gli occhi colmi di lacrime. Poi mi lasciò di colpo con i capezzoli violacei ed allungati dicendo quasi tra se e se “… Ma non urli mai?!…”Suo marito mi toccò a fondo solo una volta. Ero nel suo studio che reggevo un vassoio con sopra una tazza di caffè per il signore e lui era al telefono con il cognato, il mio nuovo padrone.”…Si… si… la tua cagnetta è proprio carina! … Si è qui davanti a me… no.. non lo usata, no… Il culo?… Non so…aspetta che controllo…” Mi fece avvicinare e girare, poi mi infilò il pollice della mano destra nel culo cominciando ad esplorarlo senza ritegno. ” Beh… Tanto stretto no… Anzi è bello, caldo e accogliente…” Con due dita della stessa mano mi penetrò contemporaneamente la figa, ” Ma ha una passerina deliziosa.. Come… Ah.. scusa… una fighetta… Si è sempre rossa e gonfia per via delle frustate che prende, uno spettacolo da vedere, ma secondo me dovresti allungarle le labbra… agli anelli, ci attacchi dei pesi … Bagnata? Sta facendo le bave!… Si, proprio una puttana… Si è ubbidiente, credo ti ci divertirai. A proposito, mi pare già in calore la cagnetta…Le ho appena messo due dita dentro ed è partita… la faccio godere o no?.. E’ si, dovrai farmela assaggiare prima o poi… Va bene, ci vediamo domani al tuo arrivo… Si, sarà preparata come vuoi tu, Ciao!” Riattaccò ma non tolse le dita: rimase ad esplorarmi ogni millimetro dei miei interni con una lentezza esasperante. Intanto mi ordinò di zuccherargli il caffè e di passarglielo, poi lo sorseggiò sempre esaminandomi. Rimasi girata dandogli le spalle con le sue dita dentro per quasi un ora: quando gli chiesi “… Ohh.. Signore posso g… godere…e?” lui rise e rispose ” Certamente piccolina! Basta che dopo mi pulisci bene le dita con quella linguetta rosa che hai…!”
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