Capitolo nono Un timido raggio di sole filtrava dal lucernario. Erano circa le dieci del mattino. Sandra giaceva sul letto. La signora Rebini le aveva fatto capire che la domenica sarebbe stato il suo giorno di riposo. Lei si era svegliata da un bel po’ di tempo, ma non aveva il coraggio di alzarsi. Nonostante il bel tempo, in camera faceva molto freddo e, tra l’altro, non avrebbe saputo come impiegare la mattinata.Per stare più calda, si era messa la vestaglia sulla camicia da notte. Le mani allacciate dietro la nuca, ripensava alla cena da Dotti la sera prima. A ben rifletterci, la proposta che le avevano fatto i tre uomini era piuttosto allettante. Se l’avesse accettata, sarebbe diventata il loro giocattolo, certo, ma non sarebbe cambiato gran che dalla situazione attuale. E poi Mauri le aveva fatto capire di sapere dove si trovava Margherita al momento. Una volta che fosse riuscita a ritrovare la zia, avrebbe potuto liberarsi di tutte quelle tutele umilianti.All’improvviso sobbalzò nel letto perché, secondo la sua abitudine, la signora Rebini era entrata nella stanza senza bussare alla porta. Sembrava furibonda.* Che cosa fai lì? – chiese indignata. – In piedi, e subito ! Lurida fannullona…- Ma…- Niente ma! Non perché è domenica te ne resterai lì a non fare un cazzo! Tanto per cominciare porterai la prima colazione agli inquilini.- La prima colazione? – ripeté la giovane attonita.- Esattamente, tesoruccio. La prima colazione! E sei fortunata. Oggi ce n’è solo uno. Alzati subito, e non stare lì nemmeno a vestirti – disse ridacchiando la donna. – In ogni caso dovrai metterti nuda!Umiliata e con un brivido d’inquietudine più che di freddo, Sandra si alzò dal letto.L’inquilino dove veniva mandata si chiamava Gianluca Ballerini e stava al terzo piano. Era uno dei personaggi più strani che Sandra non avesse mai visto in vita sua. Con un corpo gracile sovrastato da una grossa testa coronata da capelli ispidi, sembrava uno studente fuori corso. Quando Sandra entrò con il vassoio nella stanza lui era a letto.Il locale era freddo come la mansarda. Nonostante l’aspetto fragile, Ballerini non era un freddoloso; aveva lasciato la finestra spalancata e la stufetta elettrica era spenta. Le chiese di posare il vassoio sul tavolo rotondo al centro della stanza, poi volle che andasse a chiudere la finestra.Quando lo ebbe fatto Sandra si girò verso di lui e le sfuggì un grido. Approfittando del fatto che le aveva girato le spalle, Ballerini era uscito da sotto le coperte. In ginocchio su di esse, totalmente nudo, offriva lo spettacolo del proprio corpo grottesco dalle costole sporgenti, le gambe esili di un vecchio ragazzino rachitico, le braccia simili a zampe di ragno. Ma ciò che rendeva lo spettacolo veramente insopportabile era la dimensione quasi fenomenale, quasi mostruosa del sesso. A riposo, l’uccello gli scendeva quasi a metà coscia, ed i testicoli erano grossi come arance. Non riuscendo a sopportare quella vista Sandra spostò lo sguardo.- Non ti piace? – chiese con amarezza Ballerini. – Me l’aspettavo. Come dicono le puttane: tutto nella testa e nei coglioni!Sandra si vergognò. Si concentro di nuovo su di lui e si sforzò di guardarlo con calma. Era evidente che quell’uomo soffriva per proprio fisico. Ballerini si alzò e le si avvicinò. Ad ogni passo l’enorme pacco gli ballonzolava tra le gambe, il che rendeva la scena grottesca. Si prese l’uccello in mano e lo puntò in direzione di Sandra.- Fammi venire – chiese in tono fermo. – Ho pagato per questo!Sandra esitò. Lo sovrastava di una testa ma non voleva farlo arrabbiare, e poi c’era la signora Rebini… almeno questi furono i pretesti che diede a se stessa… non osando confessarsi la sporca eccitazione che si era impadronita di lei all’idea di essere trattata come una troia…Tese la mano e Ballerini le mise nel palmo il suo grosso tubo carnoso dalla pelle rovente. Evitando di guardarlo in faccia, Sandra fece scivolare la pelle scura sulla mazza che si stava irrigidendo. Il cazzo, a glande scoperto, si eresse, e puntò minaccioso verso il soffitto della stanza.Ballerini non le lasciò il tempo di masturbarlo oltre perché, improvvisamente, l’agguantò per la vita. Con una forza incredibile in un esserino così, la sollevò come una piuma. Nonostante lo stupore, Sandra si sforzò di restare calma. Lui la portò fino al letto e ve la depose delicatamente.- Mettiti carponi, ti prego – la supplicò.Docile, Sandra si girò per mettersi a quattro zampe. Ballerini le sollevò la vestaglia. Per qualche secondo, ammutolito dalla brama, contemplò l’osceno culo coperto da una culotte di nylon nero, poi tese la mano ed accarezzò la groppa che gli veniva offerta. Le sue carezze erano dolci ed insistenti e Sandra, turbata, si bagnò subito.L’uomo si fece più ardito. Infilando le dita nel cavallo degli slip, cercò l’interno della fenditura. Il sesso scaricò i suoi spessi umori mentre la ragazza fremeva. Ballerini frugò per un lungo momento nelle pliche appiccicose, palpeggiò la clitoride, tirò le ninfe; infilò profondamente l’indice nella vagina inondata. Sandra respirava rumorosamente e si torceva nervosa sotto quelle esplorazioni. Lui le fece scivolare giù dalle cosce le mutandine, poi riprese ad accarezzarla con entrambe le mani, aumentando ancora di più la sua eccitazione. Quando capì che lei stava per godere raccolse un po’ di umori sulle dita e se ne cosparse il glande.Sandra si rese conto di ciò che stava per accadere solo quando l’enorme glande le sfiorò l’ano. Gridò e tentò di dibattersi; ma Ballerini le piantò le unghie nelle tenere carni del culo e le allargò al massimo le natiche.- Basta, mi fai male!- Non ti muovere – le bisbigliò il nano. – altrimenti sentirai ancora più male.Spaventata, Sandra s’immobilizzò. Quando il mostruoso glande cominciò a sfondarle il buco ebbe l’impressione che l’ano le si sarebbe spaccato. Lentamente, irresistibilmente, il membro le si conficcava nel sedere. Per attenuare il bruciore che le divorava il retto, inarcò le reni, sforzandosi di aprirsi il più possibile ed un peto rumoroso, ma per fortuna inodore, le sfuggì nell’attimo in cui l’uccello le s’inabissava fino in fondo. Ballerini le lasciò a stento il tempo di abituarsi a quell’invasione mostruosa. Quasi subito dopo prese a pomparla. Semisvenuta per il dolore, Sandra non reagiva più ma, dopo una decina di secondi, un piacere sornione le si svegliò dentro, attenuando un po’ la sofferenza. Ebbe un orgasmo breve e violento nell’attimo in cui l’uomo le schizzò il seme fino nel fondo delle viscere, emettendo un grido quasi infantile.Ballerini ritrasse il cazzo dal deretano della ragazza con cautela. Tracce scure e di sperma le macchiavano la verga. Sandra si rialzò con una smorfia di dolore e tirò su le mutandine, poi riabbassò la vestaglia.Insieme raggiunsero la stanza da bagno del piano, evitando di guardarsi in faccia.Capitolo decimoBallerini le aveva prestato un asciugamano ed un guanto da toeletta. Lei si asperse il culo di acqua fredda prima di prendere a sfregarsi natiche e cosce. Malgrado procedesse con delicatezza, non poté trattenere una smorfia di dolore quando si asciugò la fica e l’ano. Dopo quello che aveva subito il culo le avrebbe fatto male per un bel po’. La consolava tuttavia un poco il constare che Ballerini si vergognava ancora di più di quello che avevano fatto. Si rimise le mutandine, la camicia da notte e la vestaglia.Ballerini l’aspettava nel corridoio, davanti al bagno. Aveva indossato un pigiama azzurro che, troppo grande per lui, gli ballava attorno al corpo. Sandra gli restituì l’asciugamano ed il guanto.- Può tornare tra mezz’ora a ritirare il vassoio – mormorò lui guardando altrove. – Ci sarà una grossa mancia per lei…Sandra balbettò qualche parola di assenso e se ne andò. Sulla scala l’ano indolenzito non le consentì di dimenticare ciò che era successo. Quando fu in camera si buttò sul letto e scoppiò in singhiozzi rabbiosi. Per quanto tempo ancora avrebbe dovuto subire tutto ciò? Non si era mai sentita tanto depressa.Un po’ più tardi ridiscese da Ballerini, che era ancora in pigiama e, seduto in poltrona, stava leggendo. Quando lei riprese il vassoio con la tazza vuota, le briciole di pane ed i resti del burro e della marmellata, lui non alzò la testa. Sotto al piattino c’erano due banconote da centomila.Scese al primo piano per riportare il vassoio nella cucina dei Rebini. Lì l’aspettava una sorpresa. Non fu Gianna a venirle ad aprire la porta, ma Simonetta che di nuovo indossava il suo travestimento da servetta: gonnellino cortissimo, grembiulino bianco con volant e cuffietta di pizzo. Per lo stupore, Sandra stava per lasciar cadere il vassoio.- Ma… che cosa ci fa lei qui? – le chiese.Simonetta le rivolse un sorriso abbagliante.- Non sai che è domenica?- Si, ma…- Il signore e la signora chiudono il negozio la domenica ed il lunedì. Sono i loro giorni di libertà e vogliono riposarsi. Mi pagano per occuparmi della casa e della cucina.Ripresasi dallo stupore, Sandra ammirò la disinvoltura con cui Simonetta assumeva la personalità della cameriera e svolgeva quel ruolo. In effetti, non le dispiaceva rivederla, non fosse altro per cercare di ricavare qualche notizia supplementare riguardo alla zia. Inoltre, qualche cosa le diceva che avrebbe finito con l’intendersi con Simonetta. Erano più o meno coetanee, e la loro condizione non doveva essere molto dissimile: non erano forse entrambe puttane nell’anima?- Ho portato la prima colazione ad un inquilino – spiegò Sandra, – e sto riportando il vassoio.Era evidente che aveva disturbato Simonetta proprio nel momento in cui costei si apprestava a cucinare. Sul tavolo, in uno strofinaccio, si vedevano legumi sgusciati, carote, cipolle, rape. Simonetta prese le verdure per metterle in una casseruola piena d’acqua bollente che stava sul fornello.- Dove sono i Rebini? – chiese Sandra.- Sono usciti per andare a Messa. Non torneranno prima dell’una. Abbiamo molto tempo a disposizione. Siediti.Sandra fece una smorfia. Dato che le doleva il sedere esitava.- Che cosa c’è? Che cos’hai? Parla. Ti fa male il culo?Quell’osservazione fece arrossire Sandra. Decise di rivelare a Simonetta la propria disavventura con Ballerini. L’altra si morse le labbra per non scoppiare in una risata.- Non è grave. Aspetta un momento.Uscì dalla cucina e tornò subito dopo con un tubetto di pomata.- E’ quella che uso quando quel maiale di Rebini ci va di mano troppo pesante. Sollevati la gonna.L’imbarazzo di Sandra aumentò e l’idea di offrire il culo alle dita di Simonetta la riempiva di vergogna. Tuttavia si tolse la vestaglia e si girò. Simonetta, con uno spintone, la costrinse a piegarsi sul tavolo. Dalle labbra le sfuggì un fischio.- Che bel porco! Il cazzo del signore doveva essere davvero grosso!La vergogna di Sandra aumentò ancora di più. Trasalì allorché l’altra le sfiorò la fenditura ma, dopo qualche attimo, uno strano calore le pervase il sesso. Simonetta le massaggiava i bordi dell’ano con una delicatezza ed un’insistenza sorprendenti. A poco a poco la pomata conferì ai muscoli ed alle mucose tormentate un benessere gradevole.Simonetta infilò un dito cosparso di pomata nel buco per massaggiare l’interno. Subito Sandra sussultò vergognosa. L’altra ridacchiò beffardamente. Ritrasse il dito e spinse la mano un po’ più avanti per toccare la fenditura della vagina. Sandra si sentì bagnare l’interno delle cosce. Quando Simonetta le infilò due dita dentro, tastando le carni appiccicose e brucianti, lei fu scossa da un tremito.- Sei una porca! – sussurrò la servetta. – Una porca ed una viziosa. Meriteresti una bella sculacciata. Vuoi che ti sculacci, eh?Sandra era troppo eccitata per opporsi ai capricci di quella donna.Balbettò un vago assenso, ma quando la vide estrarre da un mobile la frusta di Rebini, si sollevò immediatamente.- No… quella no… – balbettò.Cambiando faccia, Simonetta le sferrò un colpo secco sul braccio.- Rimettiti com’eri prima – le disse con voce secca. – E subito! Altrimenti racconterò a Rebini che ti sei lamentata di lui.Tremando di paura e di vergogna, Sandra riprese la posizione precedente, il busto appoggiato al bordo del tavolo. Quando la frusta si abbatté sulla sua groppa, emise un grido stridulo, ma non fece nulla per sottrarsi alla punizione. Aveva notato che Simonetta non la colpiva sul serio, si accontentava di “scaldarle” le chiappe, per farle diventare rosse. Quando ebbe il culo scarlatto, l’altra gettò via il frustino e, afferrata Sandra per le spalle in modo da farla girare, le diede un bacio sulla bocca. Immediatamente Sandra dimenticò il bruciore che le divorava il sedere.Eccitatissime, le due donne si sfregavano l’una contro l’altra, seni contro seni, ventre contro ventre, emettendo dei piccoli miagolii. Avevano l’ombelico all’aria, la camicia da notte di Sandra era corta quanto il vestito di Simonetta e, nella violenza della stretta, gli abiti si erano sollevati fino alla vita. Il pube denudato della nipote di Margherita si sfregava contro quello della cameriera protetto da un minuscolo cache-sex rosso.Simonetta si sciolse da quell’abbraccio e si inginocchiò. Subito Sandra protese il ventre per offrirle la propria gatta. L’altra cominciò a mordicchiarle dolcemente le grandi labbra, spesse e lunghe, mentre Sandra le accarezzava i capelli.- Ah, come lecchi bene – rantolò.Poi sussultò violentemente. Simonetta le aveva infilato la lingua in alto, nella fenditura, e le stava risucchiando la clitoride. Ci vollero ancora poche carezze per far crollare Sandra…- Allora ti è piaciuto questa volta? – le chiese Simonetta alzandosi, le guance bagnaticce di umori.- Sì – ammise con semplicità Sandra.Simonetta fece un sorriso rapito e riempì due bicchieri di vino. Dopo che ebbero bevuto, Sandra la guardò incuriosita.- Perché giochi alla cameriera? – le chiese.- Innanzi tutto per i soldi. Quei depravati dei Rebini mi pagano molto bene per far loro da schiava per due giorni la settimana. E poi, inutile negarlo, mi piace. Ho proprio un fondo maso.- E il tuo amico cosa ne pensa?- Armando? La cosa lo eccita. È un lurido pervertito anche lui. Ci intendiamo molto…Simonetta squadrò la sua interlocutrice con una strana espressione.- Sono sicura che piacerebbe anche a te – le disse. – E ti permetterebbe di farti un bel gruzzolo. Che cosa hai provato quando ti ho colpito il sedere?Sandra abbassò gli occhi. Sotto la sferza di Simonetta aveva provato sentimenti ambigui che si rifiutava di analizzare.- Continuo a non avere notizie di mia zia – disse.Simonetta spostò lo sguardo. Esitava visibilmente, poi decise di parlare.- Margherita ed io frequentiamo lo stesso club sportivo. Si chiama “Viola’s Club” e si trova al 16 di Via Bologna. Viola è il nome della proprietaria, Viola Masotti. Margherita e lei sono amiche dai tempi della scuola, mi pare. Lei potrà certamente darti notizie.Sandra annotò mentalmente nome ed indirizzo. Simonetta vuotò il bicchiere e si alzò. – Sarà meglio che adesso tu te ne vada – le disse. – Devo finire di preparare il pranzo. Preferisco che i Rebini non ci trovino assieme.Capitolo undicesimoVia Bologna non era molto lontana dalla stazione. Il quartiere era recente. Gli stabili, piuttosto alti, somigliavano a tutte le costruzioni moderne dei quartieri dormitorio. Però era lussuoso, e non c’erano solo appartamenti ma anche, in alcuni, uffici e boutiques.Una targhetta di rame sullo stipite dell’ingresso del numero 16 segnalava la presenza del Viola’s Club tra la targa di un avvocato e quella di un dentista. Sandra spinse la porta. Nel pomeriggio aveva telefonato al club e le aveva risposto la segreteria telefonica. Il messaggio diceva di lasciare una comunicazione, oppure di richiamare dopo le venti quando il club sarebbe stato aperto. Sandra aveva preferito venire di persona.In realtà non sapeva se aspettarsi qualcosa da quel passo. Quando Simonetta le aveva dato l’informazione le sue speranze erano rinate di colpo, ma presto l’entusiasmo era scemato. Era rimasta delusa tante volte…Il pomeriggio della domenica le era parso interminabile. Lo aveva trascorso in camera, uscendo solo la sera per prendersi un panino ed un sacchetto di patatine fritte ad un chiosco. Nessuno si era presentato a disturbarla.Al mattino come al solito aveva fatto le pulizie ai piani. Sul pianerottolo del primo aveva incontrato la signora Rebini e scambiato qualche banalità con lei, tutto qui. Non aveva più rivisto Simonetta.Il club sportivo non si trovava nell’immobile ma in cortile, in una costruzione ad un solo piano. La porta d’ingresso dava direttamente nella sala. Quando Sandra entrò rimase sorpresa per il caldo che vi regnava, in forte contrasto con il freddo gelido esterno. L’atmosfera era satura di odore di sudore e di polvere. C’era molta gente. Alle pareti era fissate spalliere ed estensori di ogni genere. In un angolo c’erano una mezza dozzina di cyclettes ergometriche molto complicate. L’arredamento si riduceva a qualche panchina ed ad un tavolino.Rimase anche attonita nel vedere il gran numero di donne che si agitavano al centro della stanza sul pavimento di legno verniciato. In T-shirt e collant oppure con tuta da ginnastica, danzavano al ritmo di un disco di Prince. Due istruttrici le guidavano e le incoraggiavano. Gli uomini, molto meno numerosi, si concentravano attorno alle cyclettes ed ai vari attrezzi.Sandra si sentì un po’ smarrita. Finalmente una donna sulla quarantina, che sembrava sorvegliare il tutto, notò la sua presenza. Indossava un abito nero elegantissimo ed aveva al collo una collana di grosse perle. Calzava scarpe dai tacchi alti. Avanzò verso Sandra che, ancora prima che l’altra aprisse la bocca, intuì fosse Viola Masotti, l’amica di sua zia.- Cosa possiamo fare per lei, signorina? – chiese la donna.- Be… – fece Sandra.- Quello che lei vede qui non è tutto ciò che siamo in grado di offrirle. Abbiamo anche cabine per l’abbronzatura ai raggi UVA, cassoni di rilassamento, una sala per i massaggi e vasche per l’idromassaggio.Sandra la guardò con un certo stupore. Come ava fatto quella donna a creare una struttura così ben attrezzata in un angolo di provincia così sperduto?- Sono la nipote di Margherita Bortoli – precisò. – Sono venuta a trovarla, proprio per mia zia.Il sorriso di Viola Masotti svanì.- Di sua zia… – ripeté.- Lei è Viola Masotti, vero?- Sì, ma…- Mi è stato detto che è amica di Margherita. Io vorrei ritrovarla.Indecisa, l’altra la fissò per qualche momento. Sembrava incuriosita.- Venga nel mio ufficio – disse alla fine, – parleremo meglio.In effetti, tra la musica, le voci delle istruttrici ed il fracasso, era difficile parlare. Sandra la seguì.L’ufficio era situato in fondo all’edificio. L’arredamento era neutro e funzionale: qualche classificatore metallico, un armadio ed un tavolo, due poltrone, un computer, un telefono con segreteria telefonica.- Sono effettivamente l’amica più cara di Margherita – disse la donna quando si furono accomodate ciascuna da una parte del tavolo. – le devono aver detto che lo siamo da molto tempo. Perché vuole vederla?- Per motivi personali – rispose Sandra. – Lei sa dove si trova attualmente?- Può darsi. Ma non glielo voglio dire. Ho promesso di mantenerlo segreto.- Oh no! – esclamò Sandra sul punto di scoppiare in pianto. – Io devo assolutamente vederla.Viola fece un gesto per calmarla.- Non si agiti. Le dirò che lei è venuta e che desidera vederla.- Quando potrò parlarle? – insistette Sandra.- Tra qualche giorno, penso.Viola la squadrò spudoratamente. Sandra si sentiva in imbarazzo. L’altra era molto bella, alta, snella, ben proporzionata, ma aveva innegabilmente qualcosa di mascolino. Forse a causa del taglio dei capelli, alla garçonne, come lo definivano negli anni Trenta, o forse per i tratti spigolosi del viso. Sandra però aveva la sensazione che vi fosse qualcosa di più profondo, ed il suo imbarazzo aumentò quando si rese conto che l’altra sembrava divertirsi sempre di più. Quasi avesse seguito il corso dei suoi pensieri.- In fondo – le disse la donna all’improvviso, – hai fatto molto bene a venire a trovarmi. Come ti chiami?- Sandra. Sandra Crovati – rispose la ragazza, il cui disagio stava aumentando.Avvertiva lo sguardo calcolatore di Viola. Le sarebbe di nuovo toccata una proposta come quella fattale da Dotti e da Mauri? Dei colpi alla porta funsero da diversivo.- Avanti – gridò Viola, seccata.La sua espressione si addolcì quando vide l’uomo che era appena entrato. Era alto e forte. La T-shirt bianca modellava un torso da lottatore, senza un grammo di grasso superfluo. Le mani, spalmate di un unguento oleoso, luccicavano.- Che cosa c’è, Sergio?- Sempre la solita stronza – brontolò l’uomo. – Pensa di pagare troppo.- Ah, quella – fece Viola con voce lamentosa, alzando gli occhi al cielo.Lei si alzò ed andò a prendere una scheda dal mobiletto metallico.- Ecco il conto – disse. – Mostraglielo e che non faccia più storie.Poi si girò verso Sandra.- Sergio, ti presento Sandra, la nipote di Margherita. Sandra, questo è Sergio, mio marito e massaggiatore del club.- È… è straordinario… – balbettò l’uomo, colto di sorpresa.Fissò la ragazza. Lei ebbe l’impressione di essere valutata, pesata come una giumenta esaminata da un sensale di cavalli. Il che aumentò, se possibile, il suo disagio.- Be’, ora però devo andare – dichiarò Sergio. – A presto, allora.- A presto – rispose Sandra senza molta convinzione.Mentre la porta si chiudeva Viola fece una risatina.- Sergio, Margherita ed io siamo amici veramente intimi – spiegò, calcando sulla parola “intimi”.Tornò a sedersi, non nella poltrona, ma sul bordo della scrivania, di fronte a Sandra. Piegate le gambe, posò con disinvoltura il piede sul bracciolo della poltrona in cui sedeva la ragazza. Questa, sbalordita per quell’atteggiamento disinibito, non poté fare a meno di notare che non portava mutandine. Le cosce un po’ grosse, ma bellissime, erano abbronzate. La gonna corta non celava nulla della forcella sormontata da una grossa gatta molto pelosa, la cui fenditura dischiusa lasciava intravedere le carni luccicanti e rosate delle mucose. Al massimo dell’imbarazzo, Sandra distolse lo sguardo. L’atteggiamento più che equivoco di Viola la scioccava e nel contempo la eccitava.- Somigli molto a tua zia – notò Viola, – ma sei più timida di lei…Con aria sognante allargò leggermente le cosce. La fenditura del sesso si spalancò tra i peli come una ferita.- Margherita ed io abbiamo sempre saputo che cosa vogliamo ed abbiamo sempre fatto di tutto per ottenerla. È per questo che ci intendiamo così bene. Nella vita non si può stare a cavillare tanto… se si vuole ottenere qualcosa.Una vampata di rossore salì alle guance di Sandra. Non riusciva a staccare gli occhi dal solco rosato della fica dell’altra.- Non vorresti fare una piccola seduta di abbronzatura? – le chiese Viola. – O magari preferiresti un idromassaggio?Sandra si agitò nella poltrona.* Per favore – mormorò, – non sono venuta per questo… Viola, smettendo di sorridere, rimise i piedi a terra.- D’accordo – disse con una risatina secca, – ma in ogni caso ci si rivedrà, vero?Mentre attraversava la sala, dopo averle dato il proprio indirizzo attuale, Sandra lanciò un’occhiata ai presenti. All’improvviso si paralizzò: aveva le traveggole oppure aveva davvero visto la signora Rebini e Mauri, il distinto armatore dai baffi sottili che aveva conosciuto a cena da Dotti? La coppia era in fondo al locale vicino alle cyclettes. Non osò attardarsi per verificare se si era sbagliata. Viola si era già girata verso di lei, irritata.
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