Le esigenze della curia vescovile mi portarono a cambiare nuovamente parrocchia, dopo alcuni anni di piacevole servizio presso quella comunità, dove avevo stabilito profondi legami con Sabina, Assunta, Alice, Francesca la vedova inconsolabile, ed altre occasionali amiche. Fui trasferito in centro città, dove divenni il parroco titolare. Era il 1982, avevo passato i trentacinque da poco, e mi si prospettava una nuova zona di caccia in cui poter agire. Al mio servizio avevo mia sorella che, abbandonata dal marito, si era trasferita da me come perpetua, per continuare la nostra relazione incestuosa, iniziata anni prima ai tempi dell’università. Il mio nuovo ruolo, in teoria, mi attribuiva maggiori responsabilità, ma io delegavo i compiti che non m’interessavano al mio giovane assistente novizio, in modo da potermi dedicare più liberamente alla parte femminile della comunità, che meritava la mia totale attenzione. Le belle fichette non mancavano in quella zona della città abitata da molti professionisti, ricchi ed affermati, con belle mogli giovani e trascurate, desiderose d’attenzioni. La possibilità di ascoltare le loro confessioni mi permetteva di avere una precisa immagine della situazione reale in ogni famiglia. In questo modo potevo scegliere il momento migliore per agire, a colpo sicuro, prendendomi delle belle soddisfazioni con diverse donne e fanciulle.Una mattina di maggio ero impegnato a visitare le famiglie per la benedizione delle case, come facevo sempre per un paio di giorni a settimana, quando mi ritrovai a passare per un complesso residenziale piuttosto nuovo, dove non ero mai stato. Incontrai un paio d’anziani pensionati ben felici di accogliere la mia visita, ma, ben più interessante, fu l’incontro con Ilaria, la studentessa del terzo piano. Avevo bussato alla sua porta come avevo fatto con tutte le altre, senza ricevere una risposta, così stavo già tornando sui miei passi quando si aprì la porta “Ha bussato lei, padre?”, mi sentii chiamare da una voce allegra.La voce apparteneva, come ebbi modo di vedere appena mi girai, ad una ragazza di circa 20 anni, molto carina per quello che riuscivo a vedere. “Buongiorno figliola, sono padre Felice, sono di passaggio per la benedizione alle famiglie“, le dissi, avvicinandomi a lei sul pianerottolo. “I miei non ci sono, sono sola a casa““Non importa, basta che ci sia qualcuno“, continuai aprendo il breviario “Allora si accomodi, su venga dentro, che le offro un caffè“ rispose, facendomi strada verso la cucina. “Sai, queste visite servono a mantenere il contatto con la comunità, per parlare in un contesto diverso dalla parrocchia”“Si, certo” “Non so neppure il tuo nome, o l’età““Sono Ilaria ho diciott’anni, faccio il liceo” “Non c’è scuola oggi?” le chiesi, mettendola in imbarazzo per la prima volta “Latte e zucchero?” cerco di sviarmi portando il discorso al caffè. “Latte grazie. Ma non hai risposto, niente scuola?”. “No, oggi c’era sciopero dei professori “ mentì, in maniera goffa. “Strano, io sono professore e non sapevo niente”. “Senta se deve benedire la casa lo faccia, che avrei un appuntamento”“Ci credo, una così bella fanciulla deve essere piena di corteggiatori““Ma cosa dice? Lei è un prete”“Forse si o forse no, ma non lo sai che non devi aprire agli sconosciuti?” le dissi avvicinandomi a lei“Esca da casa mia“, disse cercando di apparire risoluta. “Cosa diranno i tuoi, se scoprono che hai marinato la scuola?”, il mio ricatto era già in atto, e, senza attendere una sua risposta, scostai la corta gonna di jeans che indossava, scoprendo le sue cosce sode e le mutandine. “No, fermo, ma che fa?““Dai non fare tante storie che non serve a niente“ e le strizzai il sederino con entrambe le mani, gustandomi la fresca consistenza dei suoi lombi tesi. “No, per favore, mi lasci” disse, cercando di allontanarmi da lei, ma io avevo già cominciato a sfilare le mutandine e non mi fermai ad ascoltare le sue suppliche, continuando nei miei intenti sino a farle cadere a terra.“Lasciami o mi metto a gridare“ cercò di spaventarmi ma senza successo, perché le mollai un ceffone sul viso. “Ma cosa vuoi urlare? Tu stai buona e fai quella che voglio, o sarà peggio per te”. Le sollevai la gonna scoprendo la sua giovane fichetta, perfettamente rasata. Infilai la mano tra le sue cosce forzandola ad aprirle, in modo da lasciarmi toccare la sua intimità come meglio volevo. Scostai le grandi labbra, ispezionando la sua giovane vulva, per controllare la sua eventuale verginità, ma, come avevo pensato, era sessualmente attiva, così la feci sedere sul bordo della credenza, con le gambe oscenamente aperte, per esplorare meglio il suo corpo. Allargai la sua fica con indice e medio della destra, tendendo i lembi delle grandi labbra sino a scoprire il clito e il rosa del suo segreto pertugio, quindi con la sinistra prima la solleticai, vellicando piano la clitoride, piccola e rotonda, per poi infilare deciso le dita nel profondo, facendole un ditalino. Si stava bagnando tutta, con gocce di rugiada che uscivano dal suo sesso aperto, così la portai sino alla soglia del piacere, fermandomi appena prima di farla godere “Non fermarti ti prego” disse, con la voce eccitata e delusa“Andiamo in camera tua, che voglio fare le cose per bene“, così mi condusse nella sua stanza. I muri erano coperti da poster mentre vestiti e peluche erano sparsi sul pavimento, intorno al letto. Lei si distese con le gambe aperte, pronta e vogliosa di essere posseduta, così mi aprii i calzoni mostrandole il mio grosso tarello in erezione. Il suo viso non poté celare un moto di sorpresa a quella vista“Cosa c’è piccola, non l’hai mai visto così grande?”“Ma è grossissimo ““E’ normale, da uomo, ma tu sei abituata a quello dei ragazzini“ e senza aggiungere altro mi distesi sopra di lei, strusciando la cappella su quel piccolo pertugio, eccitandola ancora di più, prima di spingermi dentro di lei. La sua fichetta bagnata si spiegava, distendendosi per accogliermi, desiderosa di sentirsi riempire come non aveva mai provato, mentre io con dolcezza spingevo il mio uccello in lei, accontentandola. La chiavai con colpi decisi, intensi, facendole esplodere il primo orgasmo di una lunga serie, solo dopo pochi colpi profondi, che la toccavano all’estremo della sua femminilità. La feci ballare sull’uccello, scopandola anche a pecorina, poggiando le mani sulle sue reni, mentre lei si dimenava, massaggiandomi il ventre con le sue chiappette vellutate. La scopai sin quasi a godere, interrompendomi per venire nella sua bocca ben allenata, che mi accolse vogliosa di gustare il mio bianco nettare sino all’ultima goccia. Era veramente una pompinara esperta, tanto che la lasciai continuare nel suo lavoro di bocca attorno al mio uccello sino a farmi fare un pompino completo. “Quest’estate verrò a trovarti ancora” le dissi, lasciandola distesa sul letto quando decisi di andarmene, soddisfatto per quel primo incontro della giornata. La mia mattinata con Ilaria non fu l’unico momento piacevole che trascorsi durante il giro di benedizione in quella via, infatti, un paio di edifici più avanti incontrai Susanna, la cameriera particolare del dottor Rosci. Aveva una trentina d’anni, mora con i capelli lunghi, e la faccia da porca, o così la classificai, quando mi venne ad aprire la porta indossando un accappatoio di spugna bianco. “Buongiorno padre, qual buon vento la porta da queste parti?”, “Buongiorno a lei, figliola, sono il nuovo parroco e sto facendo un giro per conoscere i miei nuovi parrocchiani ““Mi scusi se sono poco presentabile, ma stavo per fare una doccia““Si figuri, sono cose che mi capitano spesso, comunque lei è la signora…?“ le chiesi per sapere bene chi avevo di fronte“No, niente signora, sono solo la cameriera, questa è la casa del dottor Rosci, che non è sposato”“Ho capito, ma lei è così graziosa che poteva benissimo passare per la legittima padrona di casa”“Grazie, è molto gentile” “Dico solo quello che vedo, così come mi piacerebbe dare un’occhiata alla casa, ma soprattutto a quello che c’è lì sotto”, così dicendo allungai le mani a sciogliere la cintura che serrava l’accappatoio. “Ma cosa fa? E’ impazzito?“ sbottò, mentre cercava di richiudere i lembi dell’accappatoio, che si erano aperti mostrandomi il suo fisico asciutto, coperto solo dalla biancheria intima. Le rifilai un ceffone in pieno volto, facendola urlare per il male, mentre la prendevo per i capelli, scuotendola con violenza “Adesso fai la brava serva con il tuo nuovo padrone, o dovrò punirti”, “No, non voglio, lasciami“ disse cercando di resistermi, ma le rifilai un secondo schiaffo“Troia, non rivolgerti mai più al tuo padrone con quel tono, o te ne farò pentire” e le strinsi con forza un seno“La prego, si fermi, mi fa male“. La sua preghiera era prematura, poiché avevo intenzione di farle capire definitivamente chi comandava, così continuai a stringere, sino a farla piangere per il male. A questo punto si era fatta molto più remissiva, così quando la liberai, si sfilò spontaneamente l’accappatoio restando con la sola biancheria. La prima impressione che avevo avuto era esatta, era una porca, e non solo, poiché il suo stato di serva nella vita si ripercuoteva anche nella sfera sessuale, infatti, voleva essere comandata e punita anche a letto. “Togliti quegli stracci, cagna, e fai vedere al padrone cosa nascondi di tanto brutto“ le dissi, denigrando le sue forme, mentre lei pronta si spogliava mostrandomi le sue tettone e la fica pelosa. “Guarda che tette volgari, da vacca“ le dissi, stringendo i capezzoli duri, eccitati dal mio trattamento“Sei eccitata come una bestia immonda“ “Sì, padrone, sono una cagna“ rispose“Taci, non parlare se non ti do io il permesso“ e le rifilai una sberla sulla bocca, quindi, con il solo sguardo, la spinsi a terra, a quattro zampe“Bene, seguimi come un cane“, le ordinai mentre io facevo il giro della casa. Una volta visitate tutte le stanze tornammo in salotto, dove mi accomodai in poltrona mentre lei era accucciata ai miei piedi. “Brava adesso fammi vedere come lecchi“, lei subito mi aprì la patta estraendo il mio cazzo in tiro, su cui cominciò a far scorrere la lingua. Leccava con passione, vogliosa di soddisfarmi, ingoiando l’uccello fino in gola, succhiandolo intensamente. Si capiva che la cosa le piaceva, così le diedi un altro schiaffo “Non sai fare neanche un pompino, brutta troia, cerca di leccarlo per bene e non godere, o sarai punita“, e le rifilai un pizzicotto sul culo, torcendo la sua carne fino alle lacrime. La sua azione sul mio uccello, già notevole, divenne ancora più intensa e raffinata, con la lingua calda e morbida che scorreva sull’asta e sul glande, lucidandolo, mentre le labbra si stingevano sulla punta in un bacio speciale. Era una vera specialista nel succhiare il cazzo, ma non volevo venire ancora, così la scacciai “Allora non vuoi capirla, vero? Bene vai in cucina e portami dell’olio piccante “. Mi bastò uno sguardo di traverso per zittirla, così ancora a quattro zampe si avviò verso la cucina, ritornando poco dopo con un vasetto, contenente un liquido rossastro. Presi il vasetto dalle sue mani e lo aprii, immergendovi la punta del dito per ficcarlo subito dopo nella sua bocca, “E’ piccante? Rispondi” “Sì padrone, mi brucia la bocca“ “Allora non era meglio se mi leccavi il cazzo per bene? Invece hai fatto male il tuo lavoro e sei stata giustamente punita”. Detto questo cominciai a stringere le sue tette, generose, stuzzicando i capezzoli eccitati. La carezzai con tocchi gentili, solleticando le sue bocce con le mani, fino a farla gemere di piacere, allora le rifilai due sberle sui capezzoli, facendola urlare, per il male e il piacere che quel trattamento le dava. “Non devi godere, puttana“ mentre con la mano destra mi infilavo tra le sue gambe, toccando la sua fica fradicia. Era bollente, bagnata e aperta, desiderosa di essere riempita, così le ordinai “Toccati la fica, fammi vedere come una cagna in calore si soddisfa da sola“, lei si stese sul pavimento, allargando le gambe e piegandole, per farmi vedere meglio, mentre la sua mano scorreva lungo le grandi labbra prima d’infilarsi dentro due dita. L’altra mano era impegnata con le tette e con il clito, che massaggiava in modo discontinuo, alternando le zone del piacere, tenendo sempre la vulva occupata da due dita che, veloce, faceva scorrere dentro di lei. Lasciai che si sfogasse davanti a me, sino a godere da sola del suo corpo, quindi la richiamai verso di me “Sei proprio una cagna, una puttana, dillo!“ le intimai, così ripeté quello che avevo detto “Sì, sono una cagna, una puttana“, “E devi essere punita, lo sai vero?“, “Sì padrone, merito la tua punizione”, “Prima devi fare ancora qualcosa, mettiti in posizione“, e lei si mise ancora a pecora, mentre io le andavo dietro, strusciando la mia cappella tra le sue cosce, provocandole dei gemiti di piacere “Il padrone ti farà un regalo, perché è buono anche se tu non meriti nulla“ e la penetrai, infilando il mio uccello nella sua fica accogliente e vogliosa. La scopai da dietro, schiaffeggiando le sue belle chiappe rotonde sino a farle arrossare tutte, mentre il mio cazzo la sfondava sino alla cervice, riempendola totalmente. La incitavo a muoversi, insultandola e tirandola per i capelli mentre la montavo come una cagna, sino ad allagare la sua fica con la mia sborra spumeggiante. L’avevo sentita godere con il mio cazzo nella topa, così, tornato a sedermi, ripresi il vasetto dell’olio “Allora troia, non hai esitato a godere, vero? Per questo devi espiare“, e bagnai il dito nell’olio, passandolo sulla sua vagina “No, padrone, ti prego“, ma quella supplica mi fece spingere a fondo, così le inserii il dito tra le grandi labbra a contatto diretto con la sua più intima femminilità. Le mucose della vagina, arrossate ed eccitate dalla penetrazione, non tardarono ad assorbire l’olio piccante, facendola bruciare “Questo è perché hai goduto e questo“ bagnando il dito una seconda volta e infilandolo ancora nella sua fica “perché non sei vergine e non sei sposata”, e continui a muovere il mio dito dentro di lei, facendola bruciare e godere allo stesso tempo. A quel punto le allargai le cosce, mettendo bene in mostra il suo buco del culo, che appariva piccolo e inesplorato. Era ancora vergine da quella parte, così le versai tre le chiappe l’olio piccante, mentre con un dito forzavo il suo stretto passaggio, in modo che una parte del liquido potesse penetrare in lei, facendola urlare per il brucia culo. “Ben ti sta, così impari a prenderlo dietro invece di farti scopare come una cagna“. La costrinsi a restare in quelle condizioni per un’ora mentre con la bocca tornava a spompinare, molto servizievole, sino a farmi venire nella sua gola assetata. Le scaricai parte della sborra in gola e una parte sulla sua faccia da troia, quindi la presi per i capelli e le dissi “Da oggi sei la mia schiava, non sai fare nulla, ma vedrò di farti imparare. Sarai una perfetta serva tuttofare quando avrò finito con te, ma intanto comincia a depilarti la fica, così sembrerai meno cagna. E anche quel culo inutile che hai dovrai imparare ad usarlo”, riaffermato il mio potere su di lei, mi avviai verso la canonica. Un paio di giorni dopo la vidi presentarsi in chiesa per la confessione, così, non essendoci altri fedeli in giro, la portai in sagrestia e, chiusa la porta alle mie spalle, le ordinai di mettersi nella giusta posizione. Susanna si mise in ginocchio e poi a quattro zampe, ubbidiente, facendo subito quello che volevo. Le sollevai la gonna scoprendo le sue mutandine di pizzo nero, che abbassai subito, scoprendo il suo bel culone rosa, ancora leggermente arrossato per le mie sberle. Infilai la mano tra le gambe tastando la fica, liscia come le avevo ordinato, e già bagnata, così la masturbai con le dita, bagnandomi con le sue secrezioni, quindi le spinsi tra le sue chiappe dentro il buco del culo, stretto, forzandola ad accettare quella prima intrusione da quella parte, “Brava così non fare resistenza. Adesso preparati a prenderlo nel culo“ e le appoggiai la cappella tra le chiappe, sul forellino, spingendo con forza, deflorandola anche da quella parte, facendola gemere per il male. La inculai senza pietà, come si meritava, sfondandole il culo sino a farla sanguinare, mentre godeva del mio uccello, che le apriva le viscere come non aveva mai provato. Il suo culetto si allargava, accogliente, stringendosi poi per farmi godere in una morsa del piacere sino a farmi scaricare un’abbondante sborrata nelle sue viscere.
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