Il racconto PIEDI DANZANTI di Richard Brautigan pubblicato da The Tokyo Montana Express (traduzione di Philip Hill) narra le bizzarrie di un uomo d’affari occidentale. Lui è un uomo d’affari che viene a Tokyo tre volte l’anno. S’interessa molto di scarpe. No, quello non è il suo ramo.Ha a che fare con i calcolatori in qualche modo molto strano, ma quello di cui si interessa veramente sono le scarpe. Per dirla tutta, non sono le scarpe ma i piedi: i piedi delle donne giapponesi. E pazzamente innamorato dei loro piedi. Viene in Giappone tre volte l’anno per guardare i piedi che stanno dentro le scarpe. Quando si trova in Giappone, in media due settimane ogni viaggio, passa molto tempo a gironzolare attorno ai negozi di scarpe per guardare le donne giapponesi che se le provano. Inoltre studia con molta attenzione i marciapiedi di Tokyo come se fossero gallerie d’arte, perché espongono scarpe come fossero sculture in movimento. A volte vorrebbe essere un marciapiede giapponese. Sarebbe il paradiso per lui, ma il cuore potrebbe resistere all’eccitazione di essere un marciapiede? Nella narrativa convenzionale sarebbe questo il momento buono per dire qualcosa della vita dell’uomo d’affari: forse l’età, la nazionalità, il retroterra, la famiglia, se si masturba, se è impotente, ecc., ma non ne dirò niente perché non ha importanza. L’unica cosa importante è che, tre volte l’anno, viene in Giappone e passa due settimane a guardare le scarpe giapponesi e i piedi che ci sono dentro. Chiaramente, l’estate non se la può lasciar sfuggire… sandali! Quando l’aereo lo porta in Giappone, siede sempre vicino al finestrino e migliaia di piedi danzanti passano dall’altro lato del finestrino dentro scarpe che ne mettono in luce tutta la bellezza. Quando Francesco guardava una donna, lo sguardo quasi immediatamente si posava sulle sue estremità. Naturalmente d’inverno sulle mani. In primavera e d’estate sulle dita dei piedi. Un po’ presuntuosamente egli pensava di cogliere dalla sua osservazione qualcosa che andava oltre l’estetica. Probabilmente era merito della sua fantasia, ma quello che aveva pensato di una donna guardandole le dita delle mani o dei piedi, spesso aveva avuto riscontro nella realtà. Con i piedi riteneva fosse ancora più facile. I piedi di una donna sono qualcosa di intimo, qualcosa che, per buona parte dell’anno, sono prerogativa della persona che divide con lei il quotidiano e la sfera erotica. In primavera, quando le donne si tolgono le calze ed indossano i sandali, per lui era come se si spogliassero un po’. Gli sembravano nude. E Francesco li fissava. Fissava i loro piedi, ne valutava la forma e la cura delle dita. Era come se cercasse il loro sguardo, la loro complicità per carpire i segreti della donna che aveva di fronte. Per capirne l’anima e le sue sfumature. Eppure c’era stato un periodo della sua infanzia in cui i piedi gli avevano fatto addirittura schifo. Poi c’era stato un altro periodo (legato all’inizio della sua sessualità) in cui era solito infilarsi sotto le coperte dei nonni e, a testa in giù, raggiungere il fondo del letto dalla parte della nonna. Ricordava l’eccitazione (ancora non riconosciuta tale) che gli davano sia gli odori che respirava, sia la sensazione di toccare, al buio, parte del corpo della nonna senza capire cosa fosse: probabilmente le gambe e gli stessi piedi. Quindi seguì un periodo in cui non pensò affatto ai piedi, né alle estremità in generale: insomma non erano un metro di valutazione nello scegliere la ragazza alla quale rivolgere le sue attenzioni. Ma fu questione di poco. Ben presto i piedi diventarono per Francesco oggetto dichiarato di desiderio nel rapporto di coppia. Ma non fu una cosa facile. Liria era stato il grande amore della sua giovinezza e con lei aveva cominciato a districarsi nei labirinti dell’animo femminile (e perché no, anche nei labirinti del proprio animo). Gli aveva fatto capire, ad esempio, che a lui non appartenevano quelle reazioni stupide che generalmente fanno parte del mondo maschile… si ricordava che aveva affittato una casa per incontrarla.. lei era bella, una modella davvero… mani e piedi stupendi… quelle mani e quei piedi unici, che stanno bene anche senza smalto, a metà tra la nuotatrice e la diva… viso perfetto ed intenso da mozzare il fiato… odore di balsamo e di salmastro dai capelli… una mattina erano a letto (era sposata e si vedevano sempre di mattina) e lei gli disse di girarsi e cominciò a giocare col suo ano… carezzine le chiamava… avvicinò la punta della lingua alle sue natiche e la introdusse dentro.. poi ancora le sue splendide dita… Due considerazioni: intanto Francesco fu fiero del fatto che la cosa gli piacesse e che non lo sfiorasse minimamente l’idea che può prendere in questi casi ad un uomo e cioè di avere una spiccata componente omosessuale (dedusse invece che l’erotismo non ha leggi e che se anche dentro di sé ci fosse stata una componente omosessuale, non gliene sarebbe fregato niente perché l’idea che Liria fosse da quelle parti, gli risultava essere estremamente eccitante). La seconda considerazione era che a letto non ci sono limiti. E questa fu la grande conquista. Una cosa che non dimenticò mai per tutto il resto della sua vita. Quando desiderava sperimentare qualcosa di strano o di estremo, ripensando a Liria, riusciva a trovare il coraggio di osare. Ed ogni volta, partendo da se stesso e dal suo considerare normale ogni fantasia, riusciva quasi sempre a farla considerare normale anche alla partner. Francesco arrivò così a considerare la sua passione per i piedi qualcosa di normale e l’eccitazione che provava nel toccarli o baciarli era pari all’entusiasmo che avvertiva nello sfiorare parti del corpo più tradizionalmente legate alla sfera erotica. Come spesso accade in questi casi, anche la partner più scettica finiva poi per considerare la cosa estremamente piacevole. Francesco era solito sdraiarsi con la testa rivolta verso i piedi della donna. Poi cominciava ad accarezzarli. Quindi prendeva le dita in bocca una ad una, succhiandole ed insinuando la lingua negli spazi tra le dita. A volte, mentre penetrava la partner, le spingeva le gambe in alto con le braccia e prendeva in bocca i suoi piedi e li sfiorava con le labbra. All’inizio poteva anche accadere che la donna soffrisse un po’ di solletico, ma poi riusciva a dominarsi ed a cogliere tutta la portata erotica della rappresentazione. Di contro anche i piedi di Francesco cominciavano ad avere una loro vita sessuale. Se la donna magari gli prendeva in bocca il membro inginocchiata verso di lui, egli allungava la gamba e le metteva un piede nella fica, strusciandogliela delicatamente. Accadeva anche che la donna poggiasse la sua mano sul piede dell’uomo e l’attirasse con forza tra le proprie gambe, introducendo le dita dentro di sé muovendosi ritmicamente. C’era anche una ragazza (Anna) che si metteva in ginocchio davanti a lui e gli leccava a sua volta le dita dei piedi. Egli trovava la cosa estremamente eccitante. Finiva che si masturbava e le veniva addosso. Un’altra volta era seduto nella posizione del loto, con Anna che lo masturbava. Francesco se lo prese in mano e schizzò tutto lo sperma sui propri piedi. Poi prese tra le mani la testa della ragazza e le fece leccare tutto. In ogni modo, come si intuisce, al di là delle variabili del caso, il culto delle estremità divenne parte integrante della dimensi! one erotica di Francesco. Come dicevamo all’inizio, capitava che Francesco conoscesse una ragazza e, dopo averla guardata negli occhi, il suo sguardo si posasse sui suoi piedi più che sul culo o sulle tette, come avrebbe fatto qualsiasi altro uomo. Ad onor del vero il piede comunque non esisteva che legato ad una donna che gli piacesse: non desiderava solo i piedi, ma i piedi di una donna che l’attraesse. Neanche poi gli piaceva l’odore. Anzi, preferiva la donna asettica, con i piedi smaltati e profumati. Francesco le fissava incantato i piedi nudi, sperando che lei se ne accorgesse e cogliesse la carica erotica delle sue fantasie. Se incontrava una donna che gli piaceva, cercava di cogliere, dalle sue reazioni, se la cosa facesse parte o meno del mondo erotico di lei. Francesco divenne anche esigente: preferiva la donna che avesse coscienza del potere di seduzione delle proprie estremità. Gli piaceva che lei allungasse le gambe sul divano, con i piedi nudi rigidi e le dita tese, consapevole di sfoggiare un’arma della propria sensualità. Perché spesso capita di avere coscienza solo in parte del potere del proprio corpo e dei propri gesti. E a lui piaceva il potere della “consapevolezza”. Si ricordava di una ragazza di nome Gemma. Le disse che aveva dei piedi bellissimi. Le baciò i piedi per la prima volta in un pomeriggio d’estate. A lei non era mai successo. La cosa la stupì e la fece sorridere. Ma Gemma registrò comunque una nuova sensazione che entrò a far parte del suo mondo erotico, tanto da trasmetterlo al marito. Qualche giorno dopo lei gli disse: “Ma sai che anche a mio marito ora gli piacciono i miei piedi!” Fino ad allora per il marito i piedi della moglie non erano stati oggetto di desiderio erotico. Lo erano diventati perché lo ! erano diventati per lei. Capitò anche che Francesco fosse solo. Un pomeriggio assolato d’agosto prese lo smalto scarlatto che teneva in casa e si tinse le unghie di un suo piede (uno solo). Poi si infilò una calza velata nera e si masturbò pensando di avere davanti un piede di donna. Decise che era un’esperienza da ripetere.
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