Sono nativa del Sud Carolina, precisamente di San Joannes, dove mio padre aveva una piantagione e molti lavoranti fra fissi e stagionali. In quell’ambiente a clima caldo il sangue cominciava a bollire molto presto, in tenerissima età, e l’atmosfera di laggiù lo teneva poi in fervore di continuo. Ragazzi e ragazze da piccoli andavano nudi fino dall’età di otto o nove anni. Ricordo che ero colpita dai quelle escrescenze davanti dei maschietti, e mi chiedevo come mai fossero così diversi da noi femminucce. Avevo avuto per compagno di giochi Joe, il figlio di un nostro fattore che aveva la mia stessa età. Era un ragazzo sveglio e intelligente, e tra noi due la confidenza era massima, anche se in un primo tempo del tutto innocente. Avevo 18 anni quando lo sorpresi a fare pipì e a guardarsi l’uccello. Mi misi a ridere, gli dissi che quel coso era buffo e che avrebbe fatto bene a tagliarselo. Mi pareva molto meglio, soggiunsi, essere senza quell’appendice davanti , come ero io. Joe rispose che gli sarebbe dispiaciuto troppo farlo, perché preferiva di gran lunga essere maschio che femmina. “Quando diventerò uomo,” aggiunse, “questo che adesso chiami “coso” diventerà bello grande.” “E come fai a saperlo?” chiesi mettendogli la mano sul suo serpentello. “Perché ho visto spesso uomini nudi. E sai come lo chiamano loro?” “Come?” “Lo chiamano uccello. E sai cosa ci fanno?” “Be’, fanno la pipì, suppongo, come hai fatto tu.” “Ah,” disse lui, con aria molto saputa, “fanno ben altro!” “E che cosa?” “Lo possono mettere tra le gambe delle donne in quella fessura che voi ragazze avete.” “Ma là non c’è posto,” gli feci notare. “Sì, che c’è. Se mi lasci fare te lo mostro. Posso?” chiese sollevandomi il vestitino di cotone. “Oh bella, prova pure!” Frugò tra le mie gambe cercando qualche cosa. Là, con mia grande sorpresa, non avendovi io mai fatto caso, c’era un buco dove vi fece entrare l’indice. “Smettila!” esclamai. “Mi fai male.” “Dopo un po’ non sentirai più male,” disse con un sorrisetto malizioso. “Come sarebbe a dire?” “Te lo svelerò, ma, mi raccomando, è un grande segreto. Conosci di sicuro Jim, quello che fa il controllore del cottimo ai lavoranti quando battono la fiacca. Bene, quando si tratta di ragazze tenta di palparle sul culo. Un giorno ho visto venire una bella ragazza che portava un biglietto sul quale, come constatai in seguito, tuo padre aveva scritto: ‘Dai a questa ragazza una multa e la trattieni sul salario”. Jim la fece entrare nel locale attrezzi e chiuse la porta. E io mi arrampicai su una finestra dal lato opposto del locale e spiai. Vidi Jim che la faceva inginocchiare su una panca e le teneva le mani da dietro posandogliele sul muro. Poi le sollevò la sottana, mettendo così in mostra il suo grosso sedere , e prese ad infliggerle leggere manate ora su una chiappa, ora sull’altra. “Non gridare, le disse. ‘Se farai come ti dico, non ti farò male.” E, così dicendo, si aprì i pantaloni e tirato fuori un coso, ma un coso da far paura, lungo così, lo ha spinto con irruenza contro il culo della ragazza spostandole la mutanda. Lei si dimenava e gemeva. Allora Jim le ha dato sul sedere una violenta sberla. Lei ha avuto un sobbalzo e ha cacciato un urlo. “Adesso stai zitta o ne avrai altre.” E lei ha smesso mentre lui le divaricava le gambe. Poi Jim si è chinato e ha scrutato ben bene il culo che teneva aperto con le mani. Dal mio punto d’osservazione, potevo vedere che sotto c’era una fessura di un color rosso corallo circondata di tanti peli neri e ricciuti. “A questo punto, Jim ci ha infilato la testa dell’uccello, poi, con una grande spinta, glielo ha piantato dentro quant’era lungo. Quindi lo ha tirato fuori, tutto lustro e paonazzo, e, afferrando per i fianchi la poverina, ha cominciato ad andare avanti e indietro, dandole grandi colpi con le anche, con quanta forza aveva. E, guarda caso, lei non si lamentava affatto, anzi spingeva indietro il culo dicendo sì.. sì…sì come per far penetrare di più l’uccello. A un certo punto, lui si è fermato e l’ha serrata ferocemente tra le braccia. Poi le ha dato un bacio e l’ha rimandata via.” “È una cosa molto strana, Joe,” commentai. “Deve averle fatto molto male.” “Ma nient’affatto! Sembrava anzi che a lei piacesse un mondo. Lo si vedeva da come agitava il culo. Vuoi provare anche tu? Sentirai così quanto deve essere bello e piacevole.” Chissà perché, la storia che mi aveva raccontato Joe mi aveva fatto nascere una sensazione di calore tra le gambe, e mi inginocchiai su una panca come lui voleva, e spinsi indietro il culo. Lui tentò di introdurre il suo coso da dietro, ma non ci riuscì. Allora con le mani mi aprì le chiappe , ma, a causa della mia immaturità o forse dell’inesperienza di entrambi, ancora una volta fece cilecca. Pochi giorni dopo, me lo vidi correre incontro tutto euforico, gridando: “Ora posso farlo, Kate, ora sì che posso farlo!” “Smettìla di urlare! Che cosa vuoi dire?” “Siediti, Kate, e ascoltami. Tu sai che mio padre e io viviamo in quella casa laggiù dopo la curva della strada. Be’, di solito, la sera, mio babbo si porta una o due giovani lavoranti, e quelle ci vengono volentieri perché a loro piace bere e poi perché si guadagnano una mezza giornata di riposo il giorno dopo. Papà mi spedisce a letto e quindi apre il bar. La notte scorsa, di ragazze se n’è portate tre. Mi ha mandato a letto come al solito, ma io mi sono nascosto dietro l’uscio e sono stato a spiare.” Hanno cominciato a bere , e ben presto erano tutti e quattro molto allegri e ne hanno combinate di tutti i colori. Papà sollevava le gonne delle tre, dava sculacciate sulle loro chiappe, stuzzicava le loro fiche, e loro gli avevano tirato fuori l’uccello e gli palpeggiavano le palle. Poi lui le ha fatte spogliare e hanno cominciato un gioco che consisteva in questo: loro correvano intorno alla stanza, e lui dietro e, quando ne acchiappava una, la faceva inginocchiare, le si metteva dietro e le infilava il suo affare. Nel bel mezzo del gioco, una di loro ha aperto per caso l’uscio e, vedendomi spiare, mi ha acchiappato e mi ha portato nella stanza gridando: “Ehi, qui c’è il piccolo Joe che gioca a cucù. Che ne facciamo?” “Spogliamolo,” ha proposto l’altra, “e facciamogli fare l’amore con Fanny. Lei è giovane e s’accontenterà del suo pispolo.” Papà si è messo a ridere e ha detto: “D’accordo, ma ricordatevi che tra non molto sarà abbastanza uomo per tutte voi” “Allora mi hanno spogliato di tutto, lasciandomi completamente nudo, e mi hanno fatto mettere su Fanny che era distesa sul pavimento. Se ne stava con le gambe molto aperte e con le dita si apriva la fessura mentre una delle altre, dopo avermelo baciato e succhiato, mi ha aiutato a entrare. Poi, tenendomi per le anche e spingendomi per il sedere, mi hanno insegnato ad andare avanti e indietro, e intanto si godevano lo spettacolo. Oh, Kate, non puoi immaginare con quanta facilità il mio uccello svicolava dentro e fuori! Quando è entrato, l’ho sentito diventare più grosso, e lei dentro era tutta calda, poi mi ha stretto tra le braccia e ha cominciato ad agitare il culo mentre io mi muovevo e spingevo come avevo visto fare a papà. Dopo un po’ ho provato una sensazione dolce dolce, e per poco non sono svenuto dal piacere. E allora mi sono staccato da Fanny e sono andato a buttarmi sul divano perché mi sentivo stanco e morivo di sonno. E ora guardalo, Kate, non ti sembra più grosso e più forte adesso di quanto fosse prima?” Se lo prese in mano e tirò indietro la pelle a scoprire la testa tonda e rossa proprio come una ciliegia. “Toccalo, Kate, senti com’è duro.” Glielo presi in mano strofinandoglielo. “Mmmh, è vero, Joe, adesso è più grosso e più duro. Se vuoi, puoi provare a mettermelo dentro.” Lui mi fece stendere sul dorso, mi sollevò la veste e guardò e mi toccò. “La tua fichetta, Kate, è più graziosa di quella della ragazza. Preferisco le labbra chiare con ancora pochi peli. Tienile bene aperte, mentre io te lo spingo dentro.” Con una mano me le aprii e con l’altra gli diressi la testa dell’uccello verso il punto giusto, dicendogli di spingere. Joe entrò di poco, poi prese a spingere sempre più dentro. Mi faceva un poco male, ma era una sensazione molto piacevole, e un po’ alla volta Joe entrò tutto quanto dentro, l’uccello scomparve, e io ne sentii la testa quasi dietro la schiena. Non c’è niente che possa superare la delizia di sentirsi per la prima volta in pancia un uccello palpitante e vibrante, e io gli dicevo di spingere di più, di darci dentro, di muoversi più in fretta, e di amarmi, amarmi, amarmi…… Da allora il nostro divertimento preferito diventò il gioco dell’amore. Non la smettevamo mai di esaminare e accarezzarci le parti intime e, adesso che i nostri sensi erano completamente desti, cercavamo in ogni modo di ampliare le nostre esperienze e di godere sempre più. Anche mio padre aveva parecchie lavoranti: una era negra ma non sembrava, tant’era di pelle chiara, color caffelatte…..
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