Finito di ripulire il secchio, ed essermi dato una ripulita anche io, sono tornato nella stanza affianco, dove si trovava Stefania ancora legata, la vidi, si era addormentata sulla sedia con la testa appoggiata sulla spalla destra. Mi sono avvicinato lentamente cercando di non fare nessun rumore che la potesse svegliare, rimasi in piedi di fronte a lei, ad ammirarla e guardarla nella sua naturalezza mentre dormiva. Sarei potuto rimanere a guardarla per ore intere senza mai stancarmi. La naturalezza del suo seno mi rapì completamente, facevano bella mostra di loro, in tutta la naturale bellezza di una quarta misura, non riuscivo a distogliere lo sguardo, si trovava lì seduta nella sedia completamente nuda con le braccia alzate, disponibile a tutti i miei capricci La pelle chiara e le sue aureole di un rosa intenso, e con i capezzoli che poso solo immaginare perché nascosti timidamente nelle aureole, il pube ricoperto dal folto boschetto nero unica cosa che ancora la ricopriva al mio sguardo. Mi avvicinai lentamente inginocchiandomi di fronte a lei, tra le sue gambe aperte, e appoggiandomi delicatamente con le mani ai bordi della sedia cercando di non toccarle la pelle nuda di Stefania, pensando al dolce risveglio che gli volevo dare e a non farla svegliare anticipatamente. Mentre mi avvicinavo, sentivo il mio cuore che mi batteva forte nel petto, mi sentivo come un bambino che avesse appena avuto in regalo la sua prima bicicletta nuova. Avvicinandomi lentamente appoggiai le labbra tra i seni, e iniziai a dargli piccoli e leggerissimi baci con molta delicatezza, sentendo il morbido contatto dei seni che mi accarezzavano le guance, tentando di ritardare il più possibile il suo risveglio, iniziai lentamente a risalire il seno destro, facendo scorrere a tratti la lingua umida di saliva che lasciando dei piccoli segni del mio passaggio, come la bava di una lumachina che tentava di riassalire quella collinetta, assaporavo il gusto della pelle che scorreva sotto la mia lingua, che mi trasmetteva forti ed eccitanti sensazioni. Arrivato in cima alle sue dolci aureole, iniziò a dare i primi segni di risveglio, sorridendomi fino a che non mise a fuoco, aprendo completamente gli occhi e mi vide di fronte a lei inginocchiato con la testa appoggiata al petto, intento a gustarmi i suoi seni. Rendendosi conto della realtà, in cui si trovava, inizio ad agitarsi freneticamente il petto, a destra e sinistra, ma prima di allontanarmi afferri con la bocca la corona e con i denti il capezzolo, tirando in fuori mentre mi allontanavo, arrivando a tirargliela fino a farle, vedendolo diventare appuntita tutta la tetta, si libero provocando un energico skioko. S= Stai lontano non toccarmi maniaco pervertito. M= Non dirmi che quello che ti ho fato prima non ti e piaciuto? Sei venuta come una fontanella, sembravi una ragazzina alle sue prime esperienze. S= Sei solo un maiale. M= E tu sei la mia maialina preferita. Mi diressi verso il tavolo di legno massiccio, 1,50×2 m circa, che si trova appoggiato al muro appena a destra dell’ingresso, lo afferri da un lato trascinandolo verso il centro della stanza. Liberai le caviglie, e le braccia di Stefania dalle catene. Alzandosi in piedi si allungo e stiro il corpo indolenzito dalla prigionia lungamente subita, senza minimamente cercare di coprirsi come aveva tentato di fare prima, le scarpe con il tacco gli davano maggiore risalto slanciando ancor più le gambe tornite, il corpo statuario e nudo (bellissima come mamma la fatta) slanciata verso l’alto, come tentando di raggiungere un qualcosa che non ce, i seni dritti e fieri mi osservavano come fossero stati due occhi. M= Sali sul tavolo e distenditi. Tolsi il lucchetto che gli imprigionava il collo alla catena, ora non era più legata, senza che aggiungesi altro con il viso sconsolato fissando il suolo si alzò in piedi, e si diresse verso il tavolo, lanciai una veloce occhiata alla sedia e vidi una piccola pozza acquitrinosa, sicuramente provocata da ciò che gli era rimasto del clistere che gli avevo fatto prima. La osservai standole in piede acanto, e prudente di una sua possibile reazione improvvisa, che non ci fu, la osserva distendersi tranquillamente sul tavolo di schiena, cercava di coprirsi con mano sinistra il pube e il braccio destro lo teneva sopra i seni, coprendoli. Andai verso l’armadio che si trova sull’angolo destro della stanza, anche questo in legno massiccio, aprii le ante, e rovistando n’afferrai due cuscini. Senza che io dica niente Stefania si mise seduta, io cosi potei sistemare i cuscini, uno sull’altro, dietro la schiena. Stefania si distese sopra i cuscini appoggiando la testa e le spalle, sempre senza pronunciare nulla e senza nemmeno guardarmi. Teneva lo sguardo sempre fisso in avanti, a guardarsi la punta dei piedi. Credevo quasi che da un momento al altro sarebbe scoppiata a piangere, le gambe distese sul duro legno del tavolo, sempre tenute tese e strette tra loro a simboleggiare la vergogna che provava in quel momento. In quella situazione di disagio e di pudica vergogna che stava provando Stefania, poteva osservare il suo corpo completamente nudo, disteso sul freddo tavolo di legno, coperta solo dalle sue braccia; e costretta alla mia volontà. Da sotto il tavolo e tutto a torno scendevano numerose catene, che pendevano arrivavano a toccare il pavimento, presi una delle catene centrali del tavolo e la legai l’anello del braccialetto al polso sinistro con un moschettone a vite da scalatore, passando sopra l’addome con la catena, gliela feci passare sul fianco destro girando intorno alla vita passando sotto la schiena, e appoggiando poi la catena sul ventre. Girai intorno al tavolo e ripetei l’operazione in senso contrario, bloccai l’incrocio delle catene sopra il ventre di Stefania con un altro moschettone a vite. M= Non sono per niente troppo strette vero ………? Forse un po’ fredda la catenina! resisti ti ci abituerai subito Senza proferire parola mi guardo demoralizzata, credo che fosse sempre più sul punto di piangere, mi diressi verso i suoi piedi, gli slacciai le cavigliere delle scarpe, abbassai le cerniere laterali e gli sfilai entrambe le scarpe, lasciandola a piedi nudi, e poggiai le scarpe a terra accanto all’entrata. Presi una delle catene da sotto l’angolo destro del tavolo, gli afferrai la caviglia sinistra e gliela fissai con il moschettone alla catena, ripetei l’operazione sull’altra caviglia. Costringendola nuovamente con le gambe larghe, teneva le ginocchia leggermente piegate, a fare bella mostra di se il folto pelo nero sul monte di venere. Adesso potevo guardarla da una diversa angolazione, migliore rispetto a prima, ora potevo vedergli il taglio della fica, anche se ancora maggiormente nascosto dai folti peli pubici. Sfoggiavano i seni perfettamente rotondi ancorati sul petto, come due meloni maturi pronti per essere raccolti e succhiati avidamente. Difficile tenere il controllo delle mie emozioni, gli sarei saltato addosso volentieri, accarezzarla, succhiargli i capezzoli fino a farglieli diventare turgidi, abbassarmi i pantaloni e infilargli il mio cazzo duro dentro la fica, senza pietà, e sentirla piangere, lamentarsi, agitarsi sotto di me, facendomi cosi aumentare sempre più la voglia di fargli male e di penetrarla senza pietà, arrivando fino alle sue più profonde oscurità, devo sforzandomi per tenere a controllo i miei impulsi, ho pesato che il tempo non mi mancava, sicuramente, devo controllarmi stare calmo, non sono un animale, e non voglio sicuramente rovinare tutto, togliendomi subito il gusto di possederla. M= Ferma lì un minuto torno subito mi raccomando non andare via. Mi allontanai, per andare di sopra a prendere l’occorrente necessario per il nuovo gioco di piacere che volevo fargli provare. Tornai rapidamente a basso portando con me l’occorrente che ero andato a prendere, appoggiandolo sul tavolo di fianco a lei, tutto il necessario per radersi, ma in questo caso per depilarli la fica. M= Da guanto vedo non ti sei mai depilata la fichetta è? S= No mi vergogno, non mi depilare lì S= Ti prego lasciami tornare a casa ! M= Lì dove? S= Lì M= AAAAAAA ! quanto sei noiosa, non sai dire altro? Con il pettine iniziai a pettinargli i peli della fica, non per necessità, ma perché mi piaceva farlo, Stefania si muoveva infastidita dal contato del pettine nel pube, mi piaceva vederla agitarsi, continuai per dieci minuti circa. Poi presi le forbici e iniziai ad accorciare e tagliare i peleti sul pube e tra le cosce. Il contatto del metallo freddo, delle forbici sulla sua pelle nuda, gli provocava dei brividi su tutto il corpo, e non smetteva di muoversi e agitarsi. M= Se non stai ferma, rischio di tagliarti!………………………… M= E’ vuoi stare ferma? guarda che ti metto altre catene, per non farti muovere. Finalmente aveva smesso d’agitarsi, cercando di controllare il fastidio stringeva i pugni e mi guardava attentamente, ciò che facevo. Gli passavo apposta le forbici sulla pelle per vedere la reazione, mi faceva impazzire, quei suoi piccoli sussulti di brivido che gli provocavo e la scuotevano, credo provocati anche da un pizzico di paura. Poggiate le forbici, svitai il tappo del barattolo della schiuma da barba, né usci un forte odore di menta, presi il pennello da barba e lo inumidì con un po’ d’acqua, poi lo intinsi nel barattolo prelevando cosi un po’ di schiuma e gliela spalmai con il pennello sul pube e tra le cosce, provocandogli cosi dei piccoli brividi, che tentava di reprimere, cercando di stringere le cosce. Finii di spalmargli la schiuma omogeneamente, sull’aria si era sparso un forte odore di menta dalla schiuma, presi il rasoio e avvicinandolo iniziai a depilarla delicatamente stando molto attento di non ferirla quando passavo vicino alle labbra bella fica. M= Okay ora sta ferma, perché ti posso assicurare che i tagli da rasoio sono molto fastidiosi, e sopratutto prudono. Mi fece un cenno con la testa che aveva capito. Con molta calma passavo il rasoio sul pube di Stefania, spassargli tra le cosce con molta attenzione, ogni tanto facevo una pausa per risciacquare il rasoio nella bacinella con l’acqua. S= Come ti chiami? M= Marco. S= Marco è poi? M= Marco e basta, tu chiamami soltanto Marco. S= Quanti anni hai? 26………? M= NO 28, 29 S= Ascolta Marco, perché mi hai rapita? Non vuoi un riscatto! Che cosa vuoi da me? M= Non lai ancora capito! Voglio te, voglio il tuo corpo, t’insegnerò tante cose e ti faro godere tantissimo. S= MA ma non capisco, non capisco perché me? M= Sei molto carina, sei bella e seducente, sei giovane e ti voglio insegnare tante cose nuove e divertenti. M= Ed eri nel posto giusto al momento giusto, o eri nel posto sbagliato nel momento sbagliato, punti di vista mettila come vuoi. M= Adesso sei qui e ci rimarrai che ti piaccia o No. Finalmente potevo vedere chiaramente il taglio della fica, che era rimasto nascosto da tutti quei peli fino ad un attimo fa, due lombi di pelle vicini, attaccati, rosa, e un taglio perfetto tra le cosce, come se fosse stato fato con un bisturi, e poi fosse guarito malamente, lasciando il segno del taglio netto. Partendo dall’ventre feci scorrere la mano sopra il taglio, facendolo penetrare l’indice della mano sinistra tra le labbra della fica, passando sopra il clitoride non ancora sviluppatosi, fermandomi con il dito all’ingresso tra le morbide labbra della vulva, volevo spingerglielo dentro, fino a dove potevo arrivare. Non gliene introdussi nemmeno metà, che inizio a dibattersi, irrigidirsi e a muovere il bacino in tutte le direzioni, fino che non gli estrassi il dito dalla fica. Finii di rasarla con calma, la risciacquai prendendo con le mani dell’acqua dalla bacinella accanto, con un asciugamano accarezzandola dolcemente gli ripulii le ultime tracce di schiuma da barba, che gli erano rimaste tra le cosce. Lasciai l’asciugamano umido appoggiato qualche minuto tra le sue gambe, per cosi ammorbidirle la pelle. Quando gli tolsi l’asciugamano dovetti farmi i complimenti da solo, aveva fatto proprio un bel lavoro, gli avevo lasciando un ciuffetto di peli a forma di cuoricino sopra il pube. M= Guarda ti piace? Passandogli la mano sinistra sopra il ventre e tra le cosce rese lisce dalla depilazione. M= senti com’e liscia la pelle, ho fatto proprio un bel lavoro, non trovi! Che dici? Voltata con la testa verso sinistra, a guardare il muro non mi rispose, rimanendo rigida ed immobile, approfittai cosi per riprendere ad accarezzarla nuovamente tra le cosce, sentivo scorrere sotto la mia mano la sua pelle lisca appena rasata, e passando con le dita sul ciuffetto nero di peli a forma di cuore che gli ho fatto, che mi pizzicava il palmo della mano. Continuando ad accarezzarle il monte di venere e le labbra della fica, scesi separandogliele leggermente con la mano destra, inserendo il dito medio e sprofondandoci dentro. Gli frugavo dentro movendo con il dito curioso, lo sentivo avvolto dalle sue morbidi labbra in un dolce tepore umidiccio, che mi provoco il drizzare del cazzo rinchiuso nei pantaloni, mentre con la mano sinistra avevo iniziato ad accarezzargli anche il seno. Teneva i pugni stretti conficcandosi le unghie nei palmi delle mani, irrigidendo tutto il corpo, tenendo tese le catene che la imprigionavano, cercando di accostare le gambe, teneva anche gli occhi chiusi ……… Irrigidendo e storpiandosi il volto e continuando a rimanere rigida e immobile sul tavolo, ma vista la sua reazione alle mie carezze, decisi di togliere il dito, e di non continuare per ora. Mi diressi verso i suoi piedi e gli liberai le caviglie dalle catene, svitando e togliendo i moschettoni, appena riuscì a chiudere le gambe si calmo e si rilasso, aprii gli occhi fissandomi come se avessi appena rubato la marmellata. Mi allontanai e andai a prendere dall’armadio un bastone che avevo adatto con tre ganci, due anelli laterali e uno centrale, presi anche una lunga corda da scalatore. Tornato verso Stefania con la corda e il bastone che gli feci passare sotto le ginocchia, afferrai un’estremità della corda e la infilai sull’anello del bastone, lasciando una ventina di centimetri e facendo poi un nodo sull’anello, passai la corda intorno al ginocchio destro, facendogli fare molti giri intorno al ginocchio e fissandola al bastone, cercando di non stringere troppo la corda per non bloccargli la circolazione del sangue e facendo un nodo. Girai intorno al tavolo e allargandogli le gambe ho fato la stessa cosa all’altro capo del bastone, immobilizzandogli il ginocchio sinistro, e costringendola così nuovamente a tenere le gambe larghe. S= COSAHAI intenzione di farmi adesso. M= HOHOOOOOOOOOOO adesso ti faccio una bella visita ginecologica approfondita. Il bastone teneva separate le ginocchia, la corda che avevo lasciato abbondante tra i due nodi, la afferri e la passai sull’anello del colare, tirando poi entrambi i lati della corda la costrinsi ad alzare ed avvicinare le ginocchia alle spalle, per poi legare la corda in centro al bastone che teneva separate le ginocchia di Stefania. Presi una catena da un lato del tavolo e la legai alla caviglia con il moschettone, poi feci lo stesso dall’altro lato cosi non poteva avvicinare nemmeno i piedi o cadere dal tavolo. Spettacolo più eccitante non potevo chiederlo, distesa con le ginocchia piegate fino a toccarsi il seno, le gambe larghe e la fica spalancata, completamente alla mia merce. Presi da uno dei cassetti dall’armadio una scatola rivestita di cuoio, tornai verso Stefania, presa una sedia e la posizionai a fianco del tavolo appoggiai la scatola sulla sedia, poi andai nell’altra stanza a prendere una spugna. Apri la scatola l’interno era rivestito da un velluto rosso, e conteneva diversi divaricatori d’acciaio, di diverse misure e dalle forme più svariate (che oltre tutto mi sono contati un occhio della testa). Presi il divaricatore vaginale, il più piccolo tra tutti a forma conica con la punta leggermente arrotondata, e con un’impugnatura a pinza piegata di novanta gradi confronto il cono sovrastante, stringendo l’impugnatura si poteva aprire fino un massimo di 6cm. Appena mi avvicinai appoggiandolo il divaricatore tra le labbra della fica, e sentendo una leggera pressione mentre stavo per introdurglielo, (non l’avessi mai fato) al contatto del freddo metallo inizio ad agitarsi freneticamente, spostando perfino il tavolo di qualche centimetro, rinizio ad urlare e a dimenarsi ossessivamente. S= E FRDDO………….NNNNNNNNNOOOOOOOOOOOOOOOOO VATENE S= NON TI RISCHIARE DI METERMI DENTGRO QUEL COSO!……… TU SEI TUTTO MATTO LIBERAMI S= NNNNNOOOOOOOOON……………………… VOGLIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO SEI UN……………….PERVERTITO Inizio ad insultarmi e urlare il più forte che poteva, sempre insultandomi pesantemente con parolacce. Andai a prendere nell’armadio il boccaglio che avevo usato prima ma non riuscii a trovarlo nel cassetto, guardai in giro, e lo trovai sotto il letto, doveva esserci finito prima per la fretta quando gliela avevo tolto e non mi ero accorti di dove l’avevo lanciato. Dopo averlo raccolto l’andai a gettare nel lavandino della stanza a canto, dal cassetto ne presi un altro che era quasi simile, sempre con una sfera fatta di gomma, all’occorrenza si poteva far gonfiare la pallina in bocca con una polpetta in dotazione ma che non avevo applicato, mi avvicinai a Stefania e tappandogli il naso con il dito indice e pollice la costrinsi ad aprire la bocca per respirare, cosi gl’infilai la palina in bocca, la fissai con una prima cinghia dietro la nuca, altre due che partivano dalla bocca e che passavano coprendogli gli occhi, andavano a fissarsi sulla stessa cinghia dietro le orecchie e una quarta passando da guancia a guancia sotto il mento bloccandoglielo, e con pace delle mie orecchie si ammutolì. Preso di nuovo il divaricatore in mano cospargendolo con un po’ di vaselina e rimanendo in piedi di fianco a lei, con molta calma iniziai nuovamente ad introdurglielo lentamente nella vagina, con la mano destra, mentre la sinistra la tenevo sopra il ventre di Stefania. Delicato come la seta, liscio come il marmo e a volte altrettanto duro per le contrazioni che gli provocavo spingendo sempre più in profondità il divaricatore, fra quelle morbide labbra rosa, che si schiudevano come i petali di una rosa all’alba, per accogliere i raggi caldi del sole dopo una lunga notte buia e fredda. Avevo inserito solo un quarto della lunghezza del divaricatore, quando Stefania iniziò ad agitarsi nuovamente, tanto non gli davo più nessun’importanza e la lasciavo che si agitare. Mentre io continuavo a spingere il divaricatore con delicatezza, ma sempre maggiormente dentro il collo dell’utero, un pò facilitato adesso anche dall’agitare continuo dei fianchi di Stefania. Facendo spesso delle pausa, movevo e ruotavo su se stesso il divaricatore in fica provocandogli cosi delle contrazioni al bacino e sulle gambe che si tendevano cercando di chiudersi e che subito dopo si rilassavano. Fatto entrare completamente mi fermai un minuto, per prendere fiato e lasciare che anche Stefania si calmasse. Continuavo a muoverlo lentamente in tutte le direzioni, cosi facendo gli umori vaginali cospargevano il divaricatore riscaldandolo e facendoglielo accettare con minore sofferenza fisica, visto lo scopo per qui glielo avevo introducendo. La tecnica ha avuto successo e dopo pochissimo, Stefania si calmò. Stringendo sempre più l’impugnatura del divaricatore, cominciai a vedere le labbra e la vulva che si apriva davanti ai miei occhi. Arrivato a circa tre centimetri di larghezza mi fermai e dando qualche giro alla vite posta sul manico, bloccai il divaricatore in quella posizione, presi la torcia e l’accesi, la puntai sul foro che era apparso, non riuscivo a vedere molto, solo le pareti della vagina di un vivo colore rosa intenso. Spenta la torcia, impugnai il divaricatore e iniziai a stringere nuovamente l’impugnatura, allargando cosi ancora maggiore la vagina e vedendola schiudersi davanti ai miei occhi e più l’eccitazione cresceva dentro di me. Riuscendo solo ad allargargliela di ancora un solo centimetro che Stefania rinizio ad agitarsi ancora più in una maggiore confusione, e sentendo una forte resistenza sull’impugnatura del divaricatore vaginale, decisi di fermarmi perché cosi poteva anche bastare per ora, diedi qualche altro giro alla vite fino a bloccare in quella posizione il divaricatore. Stefania continuava ad agitarsi come una forsennata sul tavolo, tirando e dando strattoni alle catene che la tenevano, facendo forza per cercare di liberarsi, urlare contro di me parole incompressibili, e che non mi andava nemmeno di comprendere in quel momento, per via del boccaglio che gli impediva di formulare parole o di gridare. Rimasi in piedi di fronte a lei senza fare niente osservandola, e aspettando che si abituasse a quell’oggetto estraneo conficcato in fica, fino a che poco dopo inizio lentamente a calmarsi. M= Va bene stai calma non tela allargo più di cosi. Basta che ti tranquillizzi e ti rilassi, ti darà meno fastidio e lo sentirai meno, adesso ti ci do solo un’occhiatina, okay! Presi la torcia e la accesi nuovamente, dal pentolino raccolsi un coltello, fato tutto in acciaio, senza lama con la punta arrotondata e lunga 3cm circa. Mi abbassai puntando luce tra le gambe aperte di Stefania, illuminando con la torcia l’interno dell’utero, introdussi lentamente il coltello, esaminandolo accuratamente e ispezionando in profondità la vagina fino ad arrivare a vedere quasi l’ingresso delle tube, allargando leggermente le parenti con l’aiuto del coltello per vedere meglio. L’interno rossastro dell’utero era cosparso d’umori che riflettevano in alcuni punti la luce della torcia, mentre con il coltello esaminavo il lungo collo dell’utero, e mi spingevo fino ad arrivare alla massima profondità vedendo l’utero. Mi divertivo ad esplorare e stimolargli l’interno dell’utero e vedere le sue reazioni di contrazione muscolo vaginali, provocandogli cosi piccoli tremori su tutto il corpo, andai avanti cosi per una ventina di minuti buoni circa, stimolandola maggiormente dove vedevo una sua reazione. Ormai era ridotta tutta un lago d’umori e di sudore, colava da tutte le parti praticamente ci sguazzavo dentro, la visuale ormai diventata ridottissima, era talmente tanto che gli frugavo la fica che l’avevo imparata a memoria. Poggiai il coltello e la torcia sul tavolo, e iniziai molto lentamente a svitare la vite del divaricatore che lentamente si chiudeva, con molta e pace delle mie orecchie. Stefania che sentendo venire meno la tensione perché glielo stavo per togliere inizio a rilassarsi e smise di urlare, totalmente chiuso glielo estrassi molto lentamente, godendomi a pieno l’estrazione e vedendo colare sempre più gli umori che uscivano fuori dalla vagina fino a raggiungere il tavolo. Sul tavolo si era formatto un laghetto, con tutto il brodo che gli era uscito dalla fica fino sotto il sedere, l’asciugai con l’asciugamano che avevo adoperato prima per pulirla dopo la rasatura con la schiuma da barba, e con la spugna umida che avevo usato anche per pulire la sedia. Ma non prima pero d’avergli leccato la fica in lungo e in largo ed essermi saziato di quel prezioso nettare, passandogli volentieri la punta della lingua sopra il clitoride e stimolandoglielo sempre di più, ad ogni passaggio, sentendolo diventare duro ed eretto nel suo piccolo. Stefania sembrava apprezzare quelle dolci carezze fate con la mia lingua fra le sue morbide labbra della fica, mugolando e dimenandosi ad ogni mio passaggio e toccandola nei punti più sensibili, mordicchiando leggermente con i denti un po’ dappertutto. Afferravo con le labbra le morbide labbra gonfie di desiderio della fica di Stefania, tirandogliele verso l’esterno, provocavano dei dolci mugoli, mi sentivo il cazzo duro come una mazza da baseball. Continuai a leccargli la fica gustandomela pienamente, fino a che non la senti venire sotto i miei colpi di lingua in uno spasmodico e liberatorio orgasmo. M= Di la verità ho una lingua che ci sa fare è? M= Va bene adesso fai la brava come prima! Ti devi girare…… tocca al sederino..
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