Ciò che sto per raccontarvi sono tutti fatti realmente accaduti. Alla fantasia lascio solo i nomi dei luoghi ove sono avvenute le vicende e quelli dei personaggi di questa incredibile quanto stupefacente storia che per tanti anni ha segnato la mia vita, quella di mia moglie e di tutta la mia famiglia. Oggi ho più di settant’anni e da diverso tempo ho perso mia moglie Cristina e la mia adorata figliola Anita. Mi rimane solo il ricordo del nostro amore, delle nostre passioni e delle gioie vissute insieme. Soltanto questi ricordi riescono a lenire in parte la mia sofferenza e mi danno un po’ di conforto alla solitudine, ormai mia abituale compagna. E’ questo l’unico motivo per il quale mi accingo a raccontarvi i particolari della mia vita, ricca di situazioni a dir poco scabrose e che, alla maggior parte di voi, quasi certamente risulteranno difficili da accettare. Ho conosciuto mia moglie ad una festa in casa di amici, aveva quasi vent’anni ed era molto bella, bella a tal punto che me ne innamorai subito. Ballando con lei mi accorsi che anch’io non le ero indifferente. Quel giorno facemmo coppia fissa e restammo appiccicati per così tanto tempo da suscitare una marea di lazzi e scherzi da parte dei comuni amici, ma quel pomeriggio niente e nessuno poteva sfiorarci o ferirci! Quando la guardavo l’universo era nei miei occhi e nulla aveva maggior valore per me di quella ragazza, soprattutto quando, col cuore che mi scoppiava nel petto per l’emozione, per la prima volta ho sfiorato tremando le sue morbide labbra. Dopo il nostro primo incontro ci siamo rivisti sempre più frequentemente e presi dal vortice del nostro amore e dal crescere della nostra passione, abbiamo cominciato subito a vivere le prime esperienze di sesso. A quei tempi abitavo a Milano e non possedevo ancora una mia autovettura per uscire dalla città in cerca di posti tranquilli. Per cercare la nostra intimità, ero solito portare Cristina su una panchina del parco che circonda la stazione delle Ferrovie Nord.In quel periodo, parlo di quasi cinquant’anni fa, non c’erano in giro drogati o balordi dei quali aver paura come al giorno d’oggi ed il parco era ancora frequentabile di sera senza il rischio di fare brutti incontri. Seduti sulla nostra panchina, le prime volte timidamente, poi sempre più audacemente, ci accarezzavamo finchè riuscii a far scivolare le mani sotto i suoi vestiti arrivando alle cosce, là dove le calze finivano ed iniziava la pelle nuda. Rivivo ancora con la mente l’emozione di quando, per la prima volta, le mie dita impazienti riuscirono a intrufolarsi sotto le mutandine per scoprire eccitato la sua intimità umida di piacere. Iniziammo così a masturbarci con reciproca soddisfazione e in seguito, spinti dalla necessità di trovarci un posto più isolato e tranquillo, finimmo sui prati della Montagnetta di San Siro. Arrivò poi il giorno in cui le chiesi di avere un rapporto completo e per la prima volta, con mio stupore, la trovai reticente. Fino allora, infatti, non solo si era sempre mostrata disponibile ad ogni fantasia, ma addirittura mi stupiva per la sua libidine che andava ben oltre il limite dei miei desideri; a volte era così compiacente e vogliosa di sesso che davo ormai per scontato il suo sì per la prima scopatina. Invece… – No, non voglio! Mio padre potrebbe accorgersi e mi ammazzerebbe di botte. – – Ma come vuoi che se ne accorga tuo padre? Non ti farà fare una visita medica ogni volta che torni a casa! -Ad ogni occasione ripetevo i miei tentativi, ma regolarmente ottenevo il suo rifiuto motivato dalla paura di essere scoperta dal padre, ma ormai i nostri rapporti si erano spinti molto avanti ed io pretendevo sempre di più quello che ritenevo fosse un mio sacrosanto diritto. Eravamo arrivati a fare di tutto e soprattutto Cristina si concedeva accontentandomi in ogni mio desiderio, anche il più lubrico. Mi masturbava succhiandomi il cazzo con eccezionale bravura, era veramente insuperabile per focosità e per libidine. Le piaceva e godeva nel farsi sborrare in bocca, sul viso, sulle tette perciò il fatto che non volesse scopare mi fece venire il dubbio che non fosse più vergine e cercasse di tenermelo nascosto. Le dissi allora che se anche avesse già avuto dei rapporti con un altro uomo la cosa non avrebbe avuto importanza, ma lei mi garantiva puntualmente di essere ancora vergine, solo che non voleva scopare. Si andò avanti così per diverso tempo, io ad insistere e lei a negarsi. Non ero un ginecologo e pertanto non avevo la certezza della sua verginità, ma quando la masturbavo e tentavo con le dita la stretta via della vagina, ogni volta trovavo una certa resistenza a penetrare oltre un certo punto. Mi ero fatto così la convinzione che non mentisse sulla sua integrità fisica, però non riuscivo a capire la sua decisione di non concedersi per la paura di venire scoperta dai suoi. Una sera d’estate, sdraiati in mezzo all’erba fresca, avevo il cazzo che mi scoppiava da tanto era teso e duro, lanciai l’ennesimo attacco e per l’ennesima volta fui respinto. Quella volta ricordo che m’incazzai come una bestia ingiuriandola e maltrattandola duramente. Povera piccola, col capo chino ascoltava i miei insulti più atroci senza rispondere una sola sillaba. Solo quando l’accusai di non amarmi come invece asseriva e che pertanto era meglio troncare subito ogni rapporto, urlò disperatamente aggrappandosi alle mie spalle per tenermi stretto a lei. – Noo! Non mi devi lasciare! Io ti voglio bene… tu non sai… non puoi capirmi…. se mi lasci mi ammazzo! – Scoppiò in un pianto isterico con grida e strepiti tali da richiamare in breve tempo l’attenzione di altre coppiette che pomiciavano nella zona. Impressionato dalla sua reazione e rimasto praticamente senza parole, m’interrogai sul mio comportamento. Possibile che avessi esagerato fino a quel punto? Le mie riflessioni però vengono subito interrotte da una coppia che, preoccupata per Cristina, si è avvicinata e si sta interessando di quello che è successo. Ci sorprendono ancora discinti e mentre ci riassestiamo velocemente li rassicuro che non si tratta di nulla di grave. Ci allontaniamo lentamente e sorreggo Cristina per un braccio, ma lei continua a piangere, anche se ora il pianto è più sommesso, rotto solo da alcuni singhiozzi dovuti alla respirazione nervosa. Un poco più in là ci appartiamo di nuovo al riparo di alcune siepi e affettuosamente la tengo stretta a me cercando di rincuorarla. – Su, dai! Non fare così, lo sai che anch’io ti voglio bene e non ho nessuna intenzione di lasciarti, non so perché ho detto quelle parole, non pensavo veramente quello che dicevo… mi spiace scusami… – Solo quando dopo alcuni minuti mi sembra che si sia calmata e ripresa dall’affanno, con delicatezza ritorno sull’argomento chiedendole delle spiegazioni. – Mi hai detto di qualche cosa che non so e che per questo motivo non riesco a capirti, allora spiegamelo tu, perché io ti voglio bene e voglio capire tutto di te, non voglio che tra noi ci siano delle incomprensioni. – Mi guarda con aria smarrita e il terrore che vedo nei suoi occhi mi allarma e mi sento il cuore come chiuso in una morsa per il presagio di cattive notizie e allora insisto. – Non temere, devi avere fiducia in me, qualunque sia cosa che ti spaventa così tanto voglio che ne dividi il peso con me. – La stringo dolcemente al mio petto accarezzandole i capelli, la coccolo con parole dolci per convincerla a confidarsi e finalmente ecco la mazzata che mai mi sarei aspettato. Con gli occhi chiusi inizia a parlare e mi racconta delle attenzioni particolari che subisce in famiglia fin da quando era ragazza: sono ormai quasi sei anni che il padre abusa di lei, ma mai con un rapporto completo. Vuole che lei rimanga vergine perché tale condizione lo eccita maggiormente e spesso, dopo che è uscita con me, la controlla per accertarsi della sua integrità. Si fa raccontare quindi i particolari delle nostre pomiciate e mentre ascolta i suoi racconti si fa masturbare a sua volta con le mani e con la lingua. Anche quella sera al suo ritorno a casa dovrà sottostare alle attenzioni paterne. Lentamente sento pulsare e crescere dentro di me l’odio per quest’uomo e la voglia di incontrarlo per ammazzarlo di botte, ma il terrore che vedo dipinto negli occhi e sul viso di Cristina è tale che mi sforzo di placarmi per riuscire a calmare anche lei. Mi rendo conto però che occorre prendere una decisione immediata. – Ci dobbiamo sposare al più presto, è importante troncare subito questa situazione! Questa sera stessa non tornerai a casa tua e verrai a stare da me perché voglio tenerti lontana da tuo padre poi domani inizieremo a preparare i documenti necessari per sposarci il più presto possibile. – Cristina non vuole, all’inizio si oppone perché ha paura e teme le reazioni dei suoi genitori, ma io non intendo ragioni, non ne voglio assolutamente sapere di rimandarla a casa a farsi spupazzare per l’ennesima volta dal padre. Solo quando capisce che sono anche deciso ad andare dai carabinieri a sporgere denuncia, pur di salvarla dall’orco, si convince ed accetta la mia decisione. E’ quasi un anno che siamo felicemente sposati, ma Cristina è triste perché non le permetto di frequentare i suoi genitori come sarebbe logico e come normalmente dovrebbe essere. Al principio i suoi hanno male accettato la mia decisione e si sono incazzati parecchio, soprattutto quando hanno appreso della nostra volontà di sposarci così repentinamente e in maniera tanto desueta. Non capivano, o meglio, fingevano di non capire il motivo che spingeva Cristina a non voler più ritornare a casa nell’attesa della cerimonia. A quel tempo credevo che almeno la madre fosse in buona fede mentre sono certo che il padre avesse intuito i veri motivi anche se a lui, per espresso desiderio di Cristina, non fu mai rinfacciata né mossa accusa di alcun genere. Ma anche una volta sposati, il timore che si potesse approfittare ancora della figlia era così forte, che permettevo a Cristina di fargli visita solo in mia presenza, quella eventuale della madre non mi bastava perché mi era sorto il dubbio che lei fosse a conoscenza di ciò che avveniva da tanto tempo in casa sua. Questa limitazione che ho ritenuto giusto imporre a mia moglie, la rende però triste e nervosa perciò, con delicatezza, ho sempre cercato di avere un colloquio continuo con lei, non fosse altro per tenere sempre vivo l’argomento, perché si mantenesse sempre vigile e attenta alle insidie paterne. Le faccio ripetere in continuazione le descrizioni delle violenze subite e di quando, già adulta, era costretta a masturbarlo con le mani, il seno e la bocca mentre gli raccontava le nostre intimità. I suoi racconti di ciò che ha subito sono ripetitivi, ma mai le ho udito esprimere parole di rancore nei confronti del padre. All’inizio pensavo che fosse incapace di odiare, ma poi cominciò a rodermi il dubbio che, inconsciamente, Cristina avesse sempre accettato le attenzioni del genitore e che, nel profondo del suo animo, fosse latente il sottile piacere del rapporto incestuoso. In poche parole mi stavo convincendo che quello che era successo non le era del tutto dispiaciuto e decisi di indagare in merito. Quando presi questa decisione non sapevo ancora che avrei dato l’avvio a dei fatti che avrebbero sconvolto la nostra esistenza. Cercando di non far scoprire i veri motivi che mi spingevano a farle domande sui rapporti con suo padre, mi giustificavo facendole credere che le sue confessioni acuivano la mia eccitazione nei suoi confronti. Fu così che cominciai a sondare i suoi pensieri durante i nostri amplessi. Le chiedevo di raccontarmi quello che provava fra le braccia del genitore, dapprima accontentandomi di risposte vaghe e poi pretendendo notizie sempre meno evasive. Volevo che mi raccontasse delle sensazioni che provava nel tenere fra le mani il cazzo del padre e di quando lui la costringeva a prenderglielo in bocca, se arrivava a provare piacere quando le accarezzava la fica, se con lui godeva come quando faceva l’amore con me e così via. All’inizio Cristina é sospettosa e guardinga, é evidente che le mie domande la mettono in imbarazzo, ma per convincerla mi giustifico col fatto che se condivide con me tutto ciò che le é accaduto e le emozioni nelle quali è rimasta coinvolta, alla fine avrebbe cessato di soffrire per questi ricordi. Poco alla volta, man mano che prende più fiducia in me, mi apre sempre di più il suo cuore e pur raccontando sempre le stesse cose le arricchisce ogni volta di nuovi particolari e soprattutto delle sue sensazioni. Poco alla volta nasce in me una sconvolgente agitazione perché mi rendo conto che i suoi racconti, oltre a coinvolgermi emotivamente, cominciano pure ad accendermi una forte eccitazione sessuale. Al principio ho cercato di combattere e soffocare queste sensazioni, ma alla fine ho cominciato a cedere al piacere che si era insinuato in me. Le facevo infatti ripetere più volte i racconti dei momenti più scabrosi che la vedevano coinvolta negli atti incestuosi e che mi eccitavano in maniera incredibile e mi facevano raggiungere delle erezioni a dir poco spettacolari. La possedevo allora vibrando colpi poderosi ai quali rispondeva con grida di piacere che non le avevo mai udito prima, tanta era l’eccitazione anche per lei. Un giorno, completamente abbandonata alla lussuria più sfrenata, premendomi la bocca sull’orecchio, cominciò a gridare con voce rauca, rotta a tratti dal susseguirsi dei suoi molteplici orgasmi: – Sii… sii Stefano! Lo sai che mi diceva che ero una porca… e intanto si faceva accarezzare il cazzo e le palle e poi mi ripeteva che ero la sua troietta bella, che solo io sapevo farlo godere così tanto… mi costringeva a prenderglielo in bocca e mentre lo succhiavo mi diceva che ero più brava della mamma… che neppure lei lo sapeva succhiare così bene. Alla fine godeva e mentre mi accarezzava con le dita dentro la fica mi sborrava in bocca o in mezzo alle tette. – – Ti piaceva la sua sborra? -Le chiedevo smanioso di sentirmi dire di sì. – Ti piaceva farti sborrare addosso? Sentire il suo cazzo riempirti la bocca di sperma? Godevi mentre ti toccava la fica? – Non mi rispose subito, esitò solo per qualche attimo: – Le prime volte no, ma in seguito… un anno prima di conoscerti ho cominciato a provarci piacere anch’io. Mio padre era riuscito a coinvolgermi nei suoi giochi a tal punto che cominciò a piacermi sentire in bocca gli schizzi della sua sborra calda, le sue dita nella fica, il sapore del suo cazzo! – Questa confessione anziché allibirmi, come sarebbe stato naturale, ha invece il potere di portare al parossismo la mia libidine e mentre sono prossimo a godere la istigo a continuare. – Ti piacerebbe se adesso ci fosse lui qui a chiavarti? Ora… il tuo papà al posto mio e sentirlo godere dentro di te? – Mi urla di sì, che lo vuole, che le sarebbe piaciuto, che non l’aveva mai fatto ma che lo desiderava tanto. Bastano queste parole a farmi impazzire e spruzzo con violenza il mio seme nel suo ventre mischiando il mio piacere a quello dei suoi ripetuti orgasmi. Alla fine mi abbandono esausto sul suo corpo nudo. Siamo andati avanti così per qualche mese eccitandoci a vicenda con queste fantasie finché un giorno, pur terrorizzato dai miei stessi pensieri, mi accorgo di essere schiavo della libidine d’immaginarmi Cristina posseduta dal padre. Al termine di un nostro coito le chiedo se le piacerebbe davvero concedersi a lui. Si copre il volto con le mani e mi risponde soltanto: – Cosa mi chiedi Stefano…! – Respira con affanno e continua a coprirsi il viso, ma io l’incalzo. – Ti sei resa conto che ormai tuo padre è come un’ombra… sempre presente… qui, in mezzo a noi mentre facciamo l’amore? Ma che dico? Altro che ombra, la sua presenza è tangibile, ci domina e decide dei nostri piaceri. Ti sei resa conto che non riusciamo più a scopare senza pensare a lui, al suo cazzo che ti penetra e alla sua sborra che ti riempie? Se veramente ti piacerebbe farti possedere da lui, come a me piacerebbe vederti mentre ti chiava e gode nel tuo ventre, perché non cerchiamo di realizzare il nostro desiderio? Non sarà certamente difficile convincerlo a ricominciare con te, forse non aspetta altro che l’opportunità di poterlo fare. – Non mi risponde, ma si toglie le mani dagli occhi per rispecchiarsi nei miei, la sua bellezza mi sconvolge, è così delicata e la vedo così inerme, piccolo essere indifeso alla mercé dei miei desideri più turpi. Istintivamente appoggio le mie labbra sulle sue e la bacio con trasporto colmo di tanta tenerezza. Alla fine prende la sua decisione. – Va bene, proviamoci! – La sua voce é solo un sussurro, tiene gli occhi chiusi mentre mi stringe forte fra le sue braccia e mi afferra il cazzo che è ritornato rigido e gonfio in un attimo. Mi ripete: – Se veramente lo vuoi anche tu, facciamolo! Si! Gli darò la mia fica da accarezzare e leccare come una volta, mi farò scopare e sarò sua per il nostro piacere! – In un impeto di libidine riprendo a possederla con furia e in un attimo bruciamo ancora una volta il fuoco della nostra passione. Siamo ancora sdraiati nel letto, abbracciati, con le bocche che si sfiorano respirando ognuno il respiro dell’altro, agitati per la forte emozione che si è impadronita di noi e concertiamo insieme le mosse per il nostro tentativo. Deve essere chiaro che anch’io desidero prendere parte attiva agli incontri e non voglio limitarmi ad ascoltare i suoi racconti a fatti avvenuti. Occorre pertanto attirare il padre con l’inganno per poi sorprenderlo sul fatto e quindi costringerlo a divenire complice delle nostre voglie. Non vi è molto da discutere e tutto è deciso in breve tempo. Io fingo un’assenza per impegni di lavoro in modo che il padre di Cristina si senta tranquillo di non correre rischi, lei gli telefona spiegando la mia lontananza e l’invita a casa perché ha voglia di vederlo. Se il lupo non ha perso il vizio, approfitterà certamente della ghiotta occasione, anche perché Cristina gli farà capire la propria disponibilità. Io potrò poi sorprenderlo nel momento più adatto uscendo dal mio studiolo dove mi sarò in precedenza nascosto. Il piano è presto messo in atto e decidiamo di far cadere l’avvenimento per quello stesso fine settimana, del resto perché perdere tempo? Il Venerdì Cristina telefona al padre, gli fa sapere che nella mattinata sono partito per lavoro e rimarrò assente per qualche giorno, è sola in casa e ha voglia di vederlo, perché non viene a trovarla? Ascolto la conversazione da un telefono derivato e con eccitazione crescente sento la gioia di mio suocero mentre accetta l’invito. Domani il lupo verrà a buttarsi nella nostra trappola e se tutto andrà secondo i nostri calcoli, sarà una dolce trappola colma di piacere per tutti noi.

