Era una giornata strana, il cielo era grigio sembrava volesse piovere, ma neppure una goccia era ancora caduta dalla mattina, tutto era silenzioso, gli uccellini, il vento, gli animali, tutto. Erano circa le 10.30 di mattina quando mi alzai con il mal di testa dopo la serata passata fuori, scesi di sotto e mi recai in cucina: -Buongiorno Davide, a che ora ti sei venuto a casa stanotte?- -Ma vaff…- Era mia madre Angela, come al solito si lamentava perché ero ritornato a casa un po’ troppo tardi. Feci colazione, come tutte le altre mattine, e finito mi vestii per uscire a fare una passeggiata. Era già il terzo giorno di vacanza e come ogni mattina non sapevo cosa fare. -Mamma esco, vado a fare una passeggiata, a che ora si mangia?- -Tuo padre dovrebbe tornare entro le 13.00.- -Va beh, allora torno verso la mezza….- Iniziai la mia solita camminata immerso nei miei pensieri, tra la natura grigia di quel giorno d’estate un po’ troppo strano rispetto agli altri. Ed eccomi di nuovo a pensare a quella ragazza meravigliosa che da quasi un anno non vedevo, ma che era ancora dentro al mio cuore e alla mia anima. Era ancora lì tra i miei pensieri con la sua immagine, il suo sorriso, la sua dolcezza, la sua strana tristezza e poi come sempre la solita rabbia, la solita ira per come era andata a finire, anche lei alla fine si era arresa ad una persona qualsiasi, senza stile, senza idee: un clone. Si era arresa, ma poteva (e doveva) meritarsi di meglio, meritarsi la felicità, meritarsi qualcuno che la amasse veramente. E mentre i miei pensieri mi rodevano il cervello io vagavo per la campagna, andavo su in una collinetta e percorrevo una viuzza sempre più stretta, incontrando mai nessuno, fino a quando vidi, alzando la testa, un sentiero nuovo. Era un sentiero che le mattine prime non avevo mai notato, così guardando l’orologio e vedendo che era ancora presto, (circa le 11.20) decisi di vedere dove andava a finire, un po’ per curiosità un po’ per noia. Il sentiero dopo circa 200 metri si introduceva dentro ad un boschetto di piante sempreverdi molto alte, che quasi facevano paura viste da sotto e con quell’atmosfera ancora buia. Io ero così assorto nei miei pensieri che neppure mi venne in mente di tornare indietro e fu così che dopo altri duecento metri notai che il sentiero portava in una casa quasi diroccata avvolta tra la fauna e la selva di quel posto che sembrava così remoto rispetto al non distante paese. Qui un po’ di curiosità mi fermò ad osservare la casa. Aveva le finestre aperte completamente, la porta di legno quasi distrutta e tanti bei buchi sui muri, segno probabilmente ancora della II guerra mondiale, che nel paese era stata molto molto combattuta. Mi avvicinai poi un poco, sopra la porta c’era uno strano simbolo, quasi come un cerchio con una freccia che gli girava attorno e sotto una scritta: "Partendo si tornerà" Ero incuriosito ancora di più, così mi avvicinai alla porta, presi la maniglia e mi accorsi che la porta era aperta. Mi avvicinai e poi con un passo entrai dentro alla casa. L’oscurità avvolgeva quella stanza, solo alcuni raggi di luce entravano dalla finestra e mi facevano notare quanto tutto era spoglio e senza anima viva da parecchi anni. I ragni avevano creato una loro metropoli sul soffitto e sul pavimento la polvere era come una leggera brina mattutina, tutto sembrava nuovo ed anche il mio mal di testa se ne era andato. Decisi perciò di continuare la mia perlustrazione fino alla vicina stanza: la cucina, o almeno quello che sembrava la cucina, dal lavello ad un lavabo. Poi mi infilai in una stanza che sembrava un bagno, e qui lo capii dalla turca che c’era nel pavimento, e mi diressi sempre più incuriosito, ma meno impaurito, verso le scale per salire su al secondo piano. Ma quando ero a circa metà delle scale uno scricchiolio e poi di seguito un crollo mi fece cadere nello stanzino che era sottoscala, dove per circa cinque o dieci minuti rimasi accasciato al suolo con un po’ di dolori per tutto il corpo, ma soprattutto ad una caviglia. Guardai l’orologio, erano le 12.10, era tardi, era ora di tornare verso casa. Deciso poi a ritornare in quel posto per ulteriori controlli, mi alzai da terra e mi recai verso l’ingresso per uscire e riprendere il sentiero verso casa. L’atmosfera fuori era più o meno sempre la stessa, una oscurità strana, quasi da film apocalittico. Per la strada notai un contadino che stava lavorando nei campi con un vecchio trattore Fiat 511 ormai quasi in disuso. -E guarda un po’, ancora un residuato del genere, eh povero contadino….- Fu quello che dissi a bassa voce tra me e me, poi avvicinandomi al paese dove abitai notai qualcosa stavolta di molto più strano, la gente era completamente vestita e pettinata in modo diverso dagli altri giorni. Ero quasi incredulo e guardavo il paesaggio che sembrava quasi ringiovanito, le case erano più nuove, le macchine erano diverse, da una parte tante Fiat 500 e dall’altra tante 600. Era tutto troppo strano. -Mah sarà una solita sagra paesana…- E continuai verso casa. Ma quando arrivato nel posto dove sicuramente abitavo mi si aprirono gli occhi come non mai: la mia casa era sparita, al suo posto solo un campo di barbabietole da zucchero. Stavolta cominciavo veramente ad avere paura. La mia casa? La mia famiglia? Mio padre? Mia madre? Dove erano finiti tutti? Guardai ancora il mio orologio per chiedere conferma di che ore fossero, ma nulla secondo lui erano sempre le 12.50 di mercoledì 2 luglio 1999. Sconvolto vidi una persona da lontano e subito mi recai verso di lei per chiedere informazioni. -Scusi mi sa dire se qui c’è mai stata una casa?- -No, io è da tanto che vivo qui, ma è sempre stata così questa terra- rispose -Mi scusi ancora conosce la famiglia Rossi?- -No, non ne ho mai sentito parlare- -Mi scusi una ultima domanda, sa dirmi che giorno è oggi?- -Certo oggi è il 2 luglio- -Di che anno?- -Senta giovanotto non scherzi con me, io non ho tempo da perdere con i contaballe eh!!!- -La prego sono serissimo, mi risponda, la prego- -1972- Era come se un fulmine mi avesse colpito. Non potevo crederci, non era vero. Mi ritrovavo a 27 anni di distanza e solo dopo circa un’ora di camminata. Era troppo brutto. Non vi dico poi come ho vissuto i primi 3 o 4 giorni in quegli anni, tutto era tristissimo, ero solo, senza soldi, senza casa, senza famiglia. Ero solo come mai e pensavo a che cosa diavolo era successo per avere fatto questo bruttissimo balzo temporale, mi chiedevo se tutto era solo un sogno, ma ogni ora che passavo mi sembrava sempre più vera. Poi il quinto giorno mi fu offerto un lavoro, serviva manodopera ad un contadino per raccogliere la frutta e così mi accettai io per una normale paga, un alloggio, un pranzo ed una cena. Iniziai dopo circa un mese a farci l’abitudine, dopo aver cambiato completamente il mio ritmo di vita da studente 19enne a bracciante agricolo, e comincia la sera ad uscire un poco di casa e a recarmi al vicino bar del paese. Fu poi una sera che conobbi una ragazza, non ci scambiammo neanche i nomi, ma tra noi c’era una certa intesa, lei era molto carina a 18 anni, la sua quarta magnifica stava molto bene con la sua vita sottile e la sua non elevata altezza. In viso poi era molto bella con due occhi scuri sognanti, un nasino a punta e due capelli di un biondo cenerino, come pochi si vedono in giro, con la tipica capigliatura anni ’60. Io e lei iniziammo a parlare per puro caso, le era caduto il fazzoletto per la strada e io glielo avevo riportato. E da lì era nata una splendida amicizia, mi piaceva tanto parlare con lei, sembrava ci conoscessimo da una vita o che ci fossimo già visti da qualche parte, sembrava quasi tra noi due ci fosse una intesa straordinaria. Eppure non ci eravamo neanche mai scambiati il nome. Dopo esserci visti per due sere quella settimana per circa mezz’ora, la settimana dopo ci eravamo dati come un appuntamento sopra il ponte nel fiume vicino per parlare alle 20.00 in punto. Si presentò puntuale con una camicetta e un paio di pantaloni come tanto andavano in quel tempo, era molto bella. Dopo poco tempo, ci ritrovavamo seduti sull’erba vicino al fiume a guardare la corrente davanti a noi luccicare alle ultime luci del giorno. Era bellissimo stare con lei. Mi piacevano i suoi capelli, erano così fini, puliti e così decisi di toccarglieli e con questa scusa finii per abbracciarla. Lei dopo un brivido per tutto il suo corpo si lasciò andare e mi abbracciò a sua volta. Mi mancavano la mia famiglia, i miei amici, i miei luoghi, ma in quel momento avevo smesso di pensarci. Pensavo solo a lei, a rifarmi una vita in quel lontano passato dove non conoscevo nessuno tranne lei. Tutto era così romantico in quegli attimi, poche ragazze mi avevano fatto sentire quella passione, e forse la luna che stava uscendo, il fiume e gli occhi di quella ragazza, mi stavano riempendo di amore. Fu allora in quel momento che mi girai verso di lei, e accarezzando il viso con una mano la baciai sulle labbra. Lei mi rispose e le nostre lingue si incrociarono per danzare insieme tra la nostra saliva e le nostre labbra. Dopo un poco ci staccammo e allora fui io a parlare: -Se solo tu sapessi un po’ del mio passato…- -Non mi interessa, cosa puoi essere stato, l’importante è che tu sia qui con me.- La baciai ancora sulle labbra, ed intanto con una mano iniziai a toccare la sua magnifica quarta. Lei non reagì, anzi dopo poco si aprì completamente la camicia e su mia richiesta si tolse il reggiseno. Fu in quel momento che rimasi estasiato dalla bellezza di quelle forme, di quei capezzoli, che per un attimo rimasi immobile quasi una statua. -C’è qualcosa che non va?- Mi chiese lei. -No, sto ammirando la tua magnifica bellezza.- Iniziai così a baciare tutto il suo petto, prima senza poi con la lingua, arrivai sui suoi capezzoli e li strinsi leggermente tra i denti come per morsicarli. La sua pelle era qualcosa di indescrivibile, aveva tutti i profumi di questo mondo e mi stava facendo un effetto strano, quasi di conosciuto, di non nuovo. E mentre io stavo pensando questo ero sceso sul suo ombelico e ci stavo giocando, quando lei con le sue mani mi stava massaggiando l’interno delle cosce, facendomi diventare enorme il mio membro già in tiro. Tutto questo durò per circa cinque minuti, fino a quando lei non mi abbassò i pantaloni e mi iniziò a masturbare con la sua mano, ed io intanto ero sceso con le mani vicino alla sua micia e dopo avermi leccato un poco il dito, mi preparavo ad entrare dentro di lei. Io e lei eravamo lì, presi dal nostro atto, stavamo bene da soli, ci baciavamo e pensare che ancora non le avevo chiesto il suo nome, ma la chiamavo con il soprannome che la sua amica più vicina usava: Anla. Tardò poco al che lei mi prese il mio uccello nella sua bocca, ed ciò era una tra le sensazioni migliori della mia vita, ci sapeva fare tantissimo e sembrava che tutto il mio membro fosse avvolto da migliaia di lingue. Sembrava esperta. Molto esperta, ma ciò non mi importava, perché ormai l’unica cosa di cui avevo bisogno era affetto e anche sesso. Mi tolsi completamente i pantaloni e lei mi disse: -Voglio farti una cosa un po’ più strana…- E si avvicinò a me con il suo petto, mettendomi il mio uccello tra le sue tette fantastiche ed iniziando a muoverle su e giù, dando vita ad una spagnola che per poco non mi faceva venire. Poi però si fermò e dopo avermi dato un paio di baci sulla punta della mia asta, mi montò e prendendolo in mano se lo infilò dentro di lei. -Oh mio Dio, oh è molto più grande, oh dei soliti, oh…- Da queste parole capii che era sicuramente un po’ puttana, ma anche che sarebbe stato molto meglio così, e poi ormai non potevo più tirarmi indietro, era quasi come una amica dopo stasera e poi anche io ne avevo tanta tanta voglia di fare l’amore con lei. Perciò lasciai che le cose continuassero anche se l’idea che molti altri uomini fossero entrati in quel luogo dove era sistemato il mio cazzo mi dava abbastanza rabbia. Fu lei ad iniziare a spingere, io mi limitavo a rispondere piano, e lei invece dava dei grandissimi sussulti con quel culo bellissimo dicendo: -Ah è incredibile, ah da quando ti ho visto, ah mi sei sembrato conosciuto, ah come sei…- -Ah ah ah, sì facciamo l’amore, ah sì sto per venire, ah mi piace il tuo uccellone…- -Ahhhhhhhh- Venimmo insieme proprio in quel momento, era bellissimo, era stupendo. Per un po’ rimanemmo in quella posizione, io dentro di lei a parlare e a darci dei veloci baci sulle labbra e sul viso, ad un certo punto fui io a chiedere: -Scusami ma io so solo il tuo soprannome che è Anla, ma il suo vero nome quale è? Non te lo ho mai chiesto…- -Anla è un diminutivo stupido. Il mio nome è Angela.- I miei occhi si spalancarono. Non ci potevo credere, ecco dove avevo già visto quella ragazza: nell’album delle foto di mia madre. Quella ragazza con cui avevo appena fatto l’amore era mia madre, ecco spiegate le caratteristiche fisiche quasi uguali, ecco spiegato perché sembrava ci conoscessimo da una vita. Era proprio così, ci conoscevamo da una vita: la mia. In quel momento mi vennero in mente tutte le storie che avevo sentito dire in casa, mia madre aveva incontrato mio padre nel 1974 a vent’anni durante la sua frequenza all’università, da lì era iniziata una relazione durata fino al presente, con come apice l’avuta di un bambino, io, nel 1980. Poi iniziai a pensare che se mia madre si fosse innamorata di me, io non sarei mai nato, e poi feci degli altri grandissimi viaggi su tutto il rapporto tra passato e presente e futuro. Non ci capivo più nulla. Avevo appena fatto l’amore con la donna che mi avrebbe, otto anni più tardi, dato la vita… -Ci sono dei problemi, che cosa hai fatto? Sei molto pensieroso…- Era lei, Angela, che si era seduta vicino a me, ed ora dopo averla guardata per bene, riconobbi molte parti di mia madre. -Niente, niente solo è che devo andare, ti saluto, ci vediamo…- E presi le mie cose e scappai al più presto possibile, quasi senza neanche salutarla o abbracciarla. Credo che lei si fosse anche messa a piangere, per come ci era rimasta male. -Mi dispiace, ma non posso…- Fu questo che pensai mentre correvo lontano da lei. Ma purtroppo preso dalla foga e dalla rabbia, non mi accorsi di una buca e ci cascai dentro, finendo per terra e sbattendo la testa. Quando mi rialzai, guardai l’orologio, erano le 16.30 del pomeriggio, e soprattutto fui felice di vedere che la natura attorno a me era quella del 1999: i contadini avevano trattori nuovi e potenti, la città aveva cartelloni. Ero ritornato indietro al mio tempo, o forse non ero mai partito, ma… Tornai verso casa dove sulla porta incontrai mia madre infuriata: -Dove sei stato fino ad adesso? Guarda che stai esagerando eh, potevi almeno telefonare, per dire che eri a casa di un tuo amico… …o di una ragazza avremmo capito.- -No, è una storia molto lunga, magari una volta te la racconto, adesso ho fame e poi mi vado a letto…- -Vah bene Davide, anche questa volta sei perdonato… …ma è l’ultima eh!!!- Mi avvicinai a lei e l’abbracciai, poi le diedi anche un bacio veloce e imprevisto sulle labbra, io e lei infatti non eravamo abituati a quel tipo di smancerie, e le dissi in un orecchio: -Grazie Anla…- In un millesimo di secondo, lei si tirò indietro e mi guardò con due occhi spalancati. -Come fai a sapere quel soprannome?- -E’ una storia che quasi non mi sembra ancora vera… …mamma in queste poche ore io sono stato nel passato… …e ci ho vissuto per circa due mesi e mezzo… …lo so è impossibile da spiegare ma è successo veramente così…- -E’ impossibile, tu non puoi essere il ragazzo che ho incontrato in quel periodo… il ragazzo con cui…- -…con cui poi hai fatto l’amore…- Risposi io. E per un secondo rimanemmo tutti e due zitti a pensare. Poi ci guardammo negli occhi e ci abbracciammo, e con mia grande sorpresa, lei mi baciò sulle labbra. Questa volta il bacio durò un periodo un po’ più lungo del precedente mio, fu poi quasi involontario per noi continuare con la lingua fino ad arrivare a metterci le mani sui nostri opposti corpi caldi. Già fu involontario perché era già successo molti anni-ore prima. Io iniziai con il baciarle il collo mentre le mie mani passavano attraverso ai suoi capelli rossi tinti, e lei iniziò a stringermi molto più forte fino a quando con una mano non cominciò a farmi una sega da sopra i pantaloni. Era un sensazione forte, molto forse: baciarsi tra madre e figlio, uno di soli 19 anni e l’altro di 46 anni, dopo averlo già fatto una volta con uno a 18 e l’altro a 19. Era strano. Comunque iniziai a toccare la parte che mi era sempre piaciuta di più di mia madre, la parte ove qualche volta avevo pensato per masturbarmi: il suo seno. Purtroppo il tempo lo aveva mutato da quello che aveva da giovane, ma teneva sempre una sua grande sensualità, sembrava un poco più grosso e i capezzoli si erano ampliati un poco. Iniziai a baciarle e a succhiarle mentre lei mi aveva preso il mio membro fuori e se lo era portato verso la sua bocca. Ci accomodammo così sul divano di casa, e spogliatici completamente iniziammo con un sessantanove fantastico, io leccavo, succhiavo, baciavo, spingevo e lei faceva lo stesso arrivando fino al punto di infilare una delle sue dita dentro al mio buchetto posteriore. Fu allora che feci lo stesso: con la mia mano formai una V tra l’indice e il dito medio e ne infilai uno dentro alla sua figa piena di umori e l’altro nel suo ano. -Ah, mi ricordo che quella era… ah stata la più bella scopata di… ah tutta la mia vita… ah ma poi lui era sparito… …ed ora è qui, ah qui con me, sì, sì sì…- Si girò su di me e mi montò come aveva fatto da giovane, ma questa volta il mio uccello non ebbe problemi ad entrare dentro di lei ed iniziammo ad agitarci come pazzi su quel divano dove la sera spesso guardavamo la televisione con mio padre. -Ora sei di nuovo qui, vieni ancora dentro di me…- -Ahhhh, ahhhh, ahhhh…- Rimanemmo in quella posizione per circa un quarto d’ora, ma poi ci scambiammo un bacio profondo e una promessa: il giorno dopo saremmo dovuti tornare nella casa misteriosa per fare l’amore proprio dentro al passato.
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