Esame preliminare L’auto si fermò. “Deve essere questa”, disse mio marito. La villetta era immersa nella quiete del paesino alla periferia della città, il posto per il parcheggio era libero. Mio marito accostò e scendemmo. Controllammo il citofono,il nome era quello giusto e suonammo. Ero molto felice. Eravamo li per una lezione privata di ballo latino americano. Io e mio marito ce la cavavamo discretamente, ma dall’ultima gravidanza, tre anni prima, avevamo smesso, ed eravamo un po’ arrugginiti. E così, a quarant’anni, avevamo deciso che era ora di tornare a uscire, a divertirci, vedere gente, e riprendere la nostra grande passione: il ballo.Quella sera mi ero preparata con cura. Abito semplice, aderente, scarpe comode, con un po’ di tacco. La figura che mi rimandava lo specchio mi piaceva: alta, abbastanza magra, nonostante le tre gravidanze che mi avevano \allargato il punto vita, un bel seno, capelli rossi ben pettinati, occhi chiari… una splendida quarantenne, aveva commentato mio marito, ed il complimento mi aveva fatto molto piacere.”Avanti!” L’ordine arrivò quasi imperioso dal citofono. Io e Mio marito ci guardammo sorpresi, accennammo ad un mezzo sorriso ed entrammo. La maestra ci aspettava sull’ingresso. “Milena” disse porgendo la mano. “Cristina” dissi io, “Mauro” si presentò mio marito. “Bene” – disse Milena – “andiamo subito in sala”. Ci accompagnò al piano superiore della villetta, e ci fece accomodare in un’ampia stanza mansardata, molto luminosa, parquè chiaro; attraverso due ampie velux si vedeva il cielo stellato della primavera avanzata. Milena armeggiò con uno stereo appoggiato ad una parete, e le note di una salsa ci trasmisero una dolce sensazione di allegria. Milena non sembrava affatto allegra. Un po’ più bassa di me, un metro e sessantacinque circa, molto abbronzata, capelli scuri, occhi nerissimi e penetranti. Il naso affilato e le labbra sottili contrastavano con il corpo asciutto, armonioso e tonico. Il gilet corto ed i pantaloni da ballo a vita bassa mostravano un addome piatto, con gli addominali un po’ in rilievo, addolciti da un piercing all’ombelico a forma di occhio, attorno al quale era tatuato un delfino: l’effetto era ipnotizzante.”Allora – disse Milena con fare impaziente – mostratemi cosa sapete fare”. Io e Mauro rimanemmo impacciati, senza sapere cosa fare. “Allora, avete detto che un po’ ve la cavate, come faccio a sapere da dove partire se non vi vedo ballare?”. Non eravamo pronti a subire un esame, l’avvio fu disastroso, ma poi cominciammo a riprenderci. Soprattutto mio marito sembrava a suo agio in quella situazione: si muoveva agile e sinuoso, preciso nei comandi e sicuro nei passi. Io invece ero tesa, incerta, sbagliavo continuamente. Milena mi guardava con aria beffarda, non la sopportavo, mi metteva a disagio. La musica terminò. “Mauro, complimenti, te la cavi niente male – disse a mio marito con un bel sorriso – tu invece sei un po’ indietro Cristina. Facciamo così: vieni da sola un paio di volte a settimana per un mese, ti porti a pari a tuo marito, e poi venite tutti e due alla mia scuola, corso avanzato”. Pensai di uscire ed andarmene, ma Mauro, incomprensibilmente per me, accettò. “Come – pensai – questa stronza mi maltratta e Lui non fa una piega, anzi, le da pure ragione”. Ero furiosa, ascoltai in silenzio mentre Milena dava l’appuntamento a Mauro per l’indomani; salutai a monosillabi, non dissi nulla fino a casa, dopodiché mi fiondai a letto, arrabbiatissima ed indecisa sul da farsi. Quando Mauro arrivò a letto feci finta di dormire, e decisi di ignorare la sua mano che risaliva lungo le cosce. Ma mio marito quella sera era deciso. Si mise due dita in bocca, le riempì di saliva e mi inumidì la vulva (non dormo mai con le mutandine). Mi bagnai immediatamente. Senza dire una parola mi sfilò la camicia da notte, mi fece sdraiare a pancia in giù, salì sopra di me e cominciò a baciarmi l’orecchio, leccarmi il collo, darmi piccoli morsi tra le scapole. Sapeva che questo mi fa impazzire. Involontariamente comincia a spingere il bacino indietro, cercando qualcosa contro cui placare il calore che mi stava accendendo. Cominciò a leccarmi tra le scapole e poi più giù. Sentivo scendere la sua lingua verso i lombi, più giù, tra il solco delle natiche. Si fermò sopra il mio fiorellino inviolato, lo baciò, ci infilò la lingua, e poi proseguì oltre. Finalmente arrivò al centro del calore, ci immerse tutta la lingua, e le prime ondate di piacere cominciarono ad irradiarsi in tutto il corpo. Con le mani scostò bene i glutei, affondò il naso nel fiorellino, ben lubrificato, con la lingua sondava l’interno della vagina e con le dita mi massaggiava il clitoride, turgido, quasi dolente. E venni. Un orgasmo sottile mi scosse. Tremavo. I capezzoli, duri come marmo mi facevano male. Godevo. Mauro si alzò sulle ginocchia, mi trasse a se, tenendomi per i fianchi, e mi penetrò in un solo colpo. Ah, come mi piaceva il sesso di mio marito. Così duro, grosso al punto giusto, mi riempiva completamente. Cominciò a muoversi sempre più velocemente, variando il ritmo, sempre più a fondo, tenendomi saldamente per i fianchi, sempre più veloce, sempre più veloce. “Vengo, vengo” urlavo, ed ogni volta l’orgasmo ricominciava, più intenso, più travolgente. Poi un’ondata di calore, sentii nettamente lo schizzo dentro di me, e la vibrazione cha dal sesso di mio marito si propagava alle pareti della vagina, ed un nuovo, violento, impetuoso, definitivo orgasmo si propagò a tutte le membra, uscendo dalla gola in un grido roco e selvaggio. “Così sveglierai i bambini”. La voce di Mauro mi riportò sulla terra. Mi girai, supina, ad ammirare il suo volto sorridente e rassicurante, quello sguardo di cui mi ero innamorata a prima vista vent’anni prima. Mauro si chinò su di me, mi baciò dolcemente, ancora sul collo, sui seni e poi scese. Mi solleticò l’ombelico con la lingua, infilò le mani sotto il bacino, mi sollevò sorreggendomi i glutei, ed immerse nuovamente la bocca in me. Mi misi un dito in bocca, lo inumidii, e poi cominciai ad accarezzarmi i capezzoli, mentre con l’altra mano cominciai ad accarezzare la testa di Mauro. Poi scostò la lingua, prese delicatamente tra i denti le mie dita e le guidò verso il centro del mio piacere. Mi accarezzai come sapevo, penetrandomi a fondo, accarezzandomi dentro nel punto che conoscevo bene, ed in silenzio, da sola, venni ancora. Estrassi le dita, luccicanti di piacere, e di nuovo Mauro immerse avidamente la bocca nella mia vulva. Risalì sopra di me, accosto la bocca alla mia, e vi fece colare i nostri liquidi che aveva raccolto dentro di me. I nostri sapori fusi insieme mi trasmisero un eccitazione selvaggia. Spinsi il bacino verso di lui, e ricevetti subito il suo sesso, duro più che mai. Questa volta mi penetro dolcemente, a lungo, fino a quando venimmo ancora entrambi. Ero esausta. Mauro scese da me, si mise pancia all’aria, mi accolse nell’incavo della spalla, e mi disse “allora, sei pronta per le lezioni di ballo?” “Si tesoro” furono le mie uniche parole. E mi addormentai.
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