Ciao a tutti, sono Silvia, ho 26 anni, vivo a Roma sono fidanzata da circa 3 anni con Andrea. Scrivo per raccontare una storia che ho vissuto nel Dicembre scorso. Quando ci penso mi sembra un sogno, una fantasia..Mai avrei pensato che una come me, fredda e rigida su alcune cose, potesse invece farsi prendere delle emozioni cosi’ profondamente da perdere il controllo di se stessa. Da un po’ di mesi, specie dopo aver vissuto alcuni contrasti con i miei colleghi sul lavoro, ho iniziato ad avere dei dubbi sulla mia storia con Andrea. Lui e’ dolce e caro, e molto paziente nei miei confronti. Posso dire sia stato il mio primo vero ragazzo; ovviamente non ho perso la verginita’ con lui, ma e’ stata la prima persona che ha saputo capirmi, stabilire un vero contatto con me. QUanto al lato sessuale, io sono abbastanza tradizionale, non ho mai cercato nulla di particolare o piccante. E lui mi ha comunque sempre soddisfatta. Ha solo 2 anni piu’ di me, ma l’ho sempre giudicato abbastanza maturo per me. Quando lo conobbi, nel 2002, mi colpirono i suoi occhi verdi, dolci e timidi, il suo visino da bravo ragazzo, i suoi capelli castani ondulati, e il suo fisico asciutto e glabro, quasi da ragazzino. Io ho sempre avuto una passione per i tipi dolci e carini; ed Andrea mi seppe davvero conquistare, mostrandomi anche una certa personalita’ e determinazione. Come dicevo pero’ negli ultimi tempi le cose sono cambiate: tensioni, delusioni, accompagnate alla routine mi hanno scombussolato, e tolto delle certezze che credevo ormai conquistate per sempre. Io sono impiegata di banca da ormai 3 anni. L’esperienza lavorativa mi ha fatto crescere, ma anche resa piu’ cinica. Vedere le mie colleghe sposate con figli che diventano amanti del direttore, la gelosia e la superficialita’ che contraddistingue i rapporti tra colleghi mi hanno sinceramente delusa. Poi ho purtroppo dovuto assistere anche a delle rapine, che non hanno certo fatto bene al mio sistema nervoso. E, non da ultimo, sopportare le avance di alcuni clienti. Immaginate, io che sono allo sportello, e un tipo, sessantenne, nel ritirare i soldi dalle mie mano cerca di accarezzarmi. O un tipo ben vestito che una volta addirittura mi passo’ il suo numero di telefono, chiedendomi di chiamarlo. Non credevo il mondo fosse cosi’, ne’ che io potessi sortire questo tipo di effetto negli uomini, per quanto strani o disperati. Sapete, anche se non altissima, circa 1,67, sono abbastanza appariscente. Capelli castani medio-lunghi, occhi neri, carnagione olivastra, e soprattutto fisico giunonico. Porto la quarta di seno, e mi dicono che di vita assomiglio a Jennifer Lopez. Il resto lo fa la mia passione per il trucco, per i tacchi alti ed i tailleur tipo Dolce e Gabbana. E’ stata proprio una sera che tornavo a casa dal lavoro, vestita con il mio bel tailleur e con il trucco al suo posto che e’ iniziata la storia che voglio raccontarvi. Io di solito esco dal lavoro alle 17,30, prendo la mia Micra e fuggo a casa. Poi doccia e chat con le mie amiche e amici su Msn. Quella sera pioveva a dirotto. Riuscii a parcheggiare sotto casa, ma, nonostante questa inattesa fortuna, nei pochi secondi necessari per entrare nel portone ero praticamente inzuppata. Per fortuna c’era un tipo nelle scale, che vistami armeggiare con la borsetta per cercare le chiavi del portone mi apri’. Io ovviamente ringraziai con un largo sorriso. Cavoli, dovevo proprio sembrare ridicola, con il trucco che mi colava sul viso e con il collo del cappotto alzato per proteggermi dall’acqua. QUesto tipo sara’ stato sulla 35ina, credo, capelli neri, stempiato, barba di 2 o 3 giorni. Mi apri’ e mi sorrise, e rispose vagamente ai miei ringraziamenti. Era vestito in maniera trasandata, cosi’ che salendo per le scale (abito al secondo piano e non prendo mai l’ascensore) mi chiesi chi fosse. Entrata in casa mi accolse mia mamma con le sue solite domande su com’era andata al lavoro, e mi disse di correre a cambiarmi. Abito ancora con i miei, in vista di un futuro acquisto di una casa tutta mia e magari di una convivenza con Andrea. Fu a cena che mio padre, tornato come al solito piu’ tardi di me dal lavoro, mi disse che proprio quel giorno erano iniziati dei lavori nel condominio; stavano sostituendo il copriringhiera in tutte le scale, e avevano iniziato dallo scantinato a salire su. Era quindi possibile che nei giorni successivi avremmo sentito un po’ di rumori. Il giorno dopo per fortuna era venerdi’, cosi’ che si approssimavano un paio di giorni di riposo. La mattina uscii come al solito verso le 7,40 da casa per andare al lavoro; mi sentivo abbastanza allegra, forse anche per il sole che era spuntato dopo 3 giorni di temporali. Scendevo le scale, a passo veloce nonostante i miei tacchi, quanto all’improvviso praticamente sbatto addosso a qualcuno. Era il tipo del giorno prima, che saliva saltando i gradini e che evidentemente non mi aveva vista scendere. Alla fine io riuscii a non cadere, e lui inizio’ a scusarsi dicendo che era colpa sua e che come al solito non guardava dove metteva i piedi. Potei notare in questa occasione che non era di Roma; aveva un accento decisamente di giu’. E la cosa non mi fece per niente piacere: dovete sapere che io ho sempre avuto un certo pregiudizio verso chi parla con quell’accento. Lo so, e’ sbagliato ed ingenuo, ma non posso farci niente. Mi ripresi subito dallo spavento, anche perche’ il tipo mi raccolse subito la borsetta che mi era caduta a terra ed il cellulare che ne era uscito, e me li porse. Poi inizio’ a ridere, ma continuando a scusarsi, dandomi il “voi”, in maniera affettata ma quasi divertente. Poi mi fece spazio, vedendo che ero di fretta, cosi’ che io scesi e mi avvicinai al portone. Mentre aprivo per uscire lui mi chiese “Signorina, ma ditemi almeno come vi chiamate”. Io mi voltai e mi presentati; mi strinse la mano, quasi con forza, scuotendomela un po’, e mi disse “Piacere, Gino, per servirLa”. Questa volta dandomi il “lei”. Al lavoro tutto ando’ come al solito quel giorno, come al solito mi scambiai dei messaggini con Andrea e la mia migliore amica Simona, e nient’altro. Pero’ pensai un po’ a questo tipo, alla sua rozzezza, sia nel fare che nel vestire, l’accento, insomma, proprio quello che di solito fa diventare un uomo trasparente ai miei occhi. Pero’ pensai anche a quella galanteria, quella teatralita’ nei modi; boh, sara’ che l’aria natalizia iniziava a darmi alla testa, come ogni anno d’altronde. Ormai pero’ era destino che questo tipo dovevo incontrarlo comunque; fu infatti al ritorno dal lavoro che lo rividi, a lavorare sulla ringhiera praticamente sul mio pianerottolo. Faceva un gran casino con un attrezzo che stava usando..una pialla, credo. Cosi’ non mi vide. Io pero’ istintivamente rallentai, e mi voltai verso di lui nel passargli accanto. Credo senti’ il mio profumo (CK One ovviamente) e si giro’ a guardarmi. “Signorina, che piacere”, mi disse, sempre con quell’aria che non sai se ti piglia in giro o e’ sincera. Io credo gli sorrisi, e mi bloccai un attimo davanti il mio portone di casa. Allora inizio a scusarsi per il rumore che stava facendo, e mi promise che avrebbe fatto il piu’ presto possibile. Mi disse pure che se volevo la mattina dopo lui avrebbe iniziato a lavorare ai piani superiori, cosi’ non avrebbe svegliato me e i miei. Mi misi a ridere, ma gli dissi che visto che era sabato mi sarei svegliata tardissimo, dal momento che non avrei lavorato. Lui replico’ che ‘non c’era problema’, poteva fare come voleva, e bastava che lo avvertissi quando mi svegliavo. “Basta una voce”, mi disse, o se no fammi uno squillo. Io non capii cosa volesse dire, cosi’ lui mi spiego’ che potevo mandargli un messaggino sul cellulare quando mi alzavo, cosi’ lui capiva. Il tipo aveva iniziato a provarci, e io ovviamente non avevo intenzione di assecondarlo. Simpatico e curioso si’, ma niente di piu’, altro che scambiarmi il numero di cellulare. Magari la mattina dopo mi svegliavo e uscivo sulle scale ad avvertirlo che poteva iniziare; ma poi pensai che non mi andava l’idea di farmi vedere in pigiama, con i capelli fuori posto e senza trucco. Cosi’ mi feci dare il suo numero. Lui aggiunse: “e’ pero’ poi io che ne so che siete voi che mi chiamate. Datemi pure il vostro cosi’ capisco subito”. Ovviamente io non do mai il mio numero, specie a uno cosi’. Ma dovete sapere che da pochi giorni avevo avuto problemi con il mio cellulare Samsung, cosi’ avevo iniziato ad usare il videotelefono Tre, e approfittavo per tenere attiva anche la relativa scheda, mai usata prima. Cosi’ gli diedi questo numero, salutai, ed entrai in casa. Non potevo crederci: finalmente venerdi’ sera, con due giorni di riposo davanti, mia mamma che cucinava in cucina il pollo con patate al forno come piace a me, e l’albero di Natale acceso in sala, appena montato da mio padre. Corsi a baciarli entrambi, poi mi buttai sotto la doccia e cenai con loro. Chiacchiere, relax, due risate, grazie a papa’ che quella sera sembrava proprio di buon umore. Alle nove ero gia’ a letto, davanti alla mia TV e con la mia gattina in braccio, a guardarmi un telefilm, credo su Canale 5. Mi stavo appisolando, quando sento il vibracall del mio cellulare. Sara’ stato Andrea, visto che mi ero pure dimenticata di rispondere al suo ultimo messaggino. Cosi’ rispondo con “Ciao amore, come stai?”, dolce come so essere quando voglio. Silenzio, solo un leggero sospiro. “Chi e'” dico. Dopo un po’ di silenzio finalmente il mio interlocutore inizia a parlarmi: “Ciao Silvia, sono Gino, scusa se ti disturbo”. Era il tipo delle scale! Che mi chiamava alle dieci e mezza di sera, ma ci credete? Gli dissi ciao, ma che non capivo il motivo della telefonata. Lui si scuso’, inizio’ a dirmi che era stato combattuto sul se chiamarmi o no, e che non aveva saputo resistere. Sempre quell’accento, e quel tono quasi canzonatorio, ma dolce a suo modo. Capii che avevo fatto un errore, mai avrei dovuto dare il numero a questo tipo. Ma che voleva? E che avevo io a che fare con lui? Gli dissi che stavo per andare a dormire, anzi che mi aveva praticamente svegliata. Lui si scuso’ e disse che era appena arrivato a casa. Lui era di Napoli, e ogni mattina si svegliava all’alba e veniva a Roma per lavoro, e poi prendeva un treno alle otto per tornare a dormire a casa. “Se no dove li piglio i soldi per un albergo?” mi disse, “tanto il biglietto chi lo paga?” aggiunse. La cosa mi fece ridere, e devo dire un po’ mi rilassai. Mi chiese come stavo e che avevo fatto dopo il lavoro. Io, un po’ a monosillabi. gli raccontai come avevo speso la serata. Lui sorrideva e ascoltava. Poi, in un momento di suo silenzio, mi sentii anch’io di chiedergli di lui. Mi inizio’ a raccontare che si era lasciato con la moglie da alcuni mesi, che avevano programmato di sposarsi, che ora viveva da solo. Mi fece un po’ tenerezza, e dopotutto la sua voce non mi dispiaceva. E iniziavo a giudicare il suo accento quasi interessante. Cosi’ mi rilassai definitivamente. Lui inizio’ a dirmi che era felice di avermi conosciuto, e che da allora non pensava ad altro. Mi fece i complimenti per i miei vestiti, e per il mio profumo (anche se non aveva idea di cosa si trattasse). Poi si fece un po’ piu’ sicuro, Mi disse: “Sai, l’altro giorno, sulle scale, quando ci siamo scontrati, sai che l’ho fatto apposta?”. Io allora, gelida, gli chiesi cosa volesse dire. E lui “Sai, avevo notato che eri messa bene, di seno intendo, e volevo toccartelo in un modo o nell’altro. Cosi’ ti sono venuto addosso, e non credevo ce l’avessi cosi’ grande e sodo”. Io rimasi un po’ spiazzata, questa rudezza, inaspettata dopo essere lui stato cosi’ tenero e dolce. Poi continuo’, ma ancora con un tono diverso, a voce bassa: “Sai, ora sono qui tutto solo, e ti penso, non faccio altro da due notti. Ti penso e vorrei fossi qui. O essere li’ con te, vicino vicino.” Parlava con questa voce bassa, emetteva quasi dei sospiri. Vi confesso che la cosa mi diede delle sensazioni strane, mi fece provare dei brividi; stare li’, a parlare con uno sconosciuto, grezzo e dall’italiano incerto, che mi aveva appena confessato di avermi toccato il seno di proposito. Ma che alla fine era anche dolce. Cosi’, mentre mi diceva quelle cose, iniziai a sentire un po’ di calore, e mi scoprii. Iniziai ad accarezzarmi le gambe attraverso il pigiama, e poi da sotto. Lo ammetto, mi ero bagnata, non me n’ero accorta ma ero proprio inzuppata. E lui che proseguiva: “Pensa se oggi eri sola a casa, e mi facevi entrare. Magari ci bevevamo un the insieme, e poi potevamo vederci un film sul tuo letto. Io e te vicini. A sentire il tuo profumo e accarezzarci”. Io non parlavo piu’ ma cercavo almeno di annuire, per far capire che seguivo, anche se con distacco. Iniziavo a sospirare, anche se cercavo di controllarmi, di non fare troppo casino. Lui forse capi’ pero’, perche’ continuo’ e si fece piu’ ardito “Vorrei accarezzarti le gambe, sculacciarti dolcemente e toglierti gli slip, e poi leccarti proprio li’ con la lingua dentro di te e farti venire”. Io non rispondevo, cercavo di essere vaga, ma continuai a toccarmi sempre piu’ forte. Poi lasciai il telefonino e iniziai a massaggiarmi con due mani. Sapete, io vengo solo se mi si stuzzica il clitoride. Allora iniziai a massggiarmi proprio li’ con una mano, e mi misi due dita dentro. Avevo le gambe larghe e pensavo a questo tipo, immaginavo che mi baciava, con il suo viso barbuto, il suo corpo sudato, che mi possedeva con violenza da sopra. Dopo 20 secondi ero venuta, ancora sospirando e con le mani bagnate dei miei umori. Poi mi ricordai del cellulare, lo presi ma il tipo non era piu’ li’..forse si era offeso che non gli rispondevo e aveva attaccato. Chi lo sa. In ogni caso me ne andai a dormire: mi aspettavano due giorni di riposo e tranquillita’.
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