-=Esordio=-Dall’ampio giardino dei coniugi Weaver e della loro compagna Alba Rossetti, la musica si diffondeva con un volume di sottofondo basso e piacevole. Alle otto tutti gli inviatati erano già arrivati, e dopo i saluti, prima di raggiungere il giardino ed il salone, come prevedeva l’etichetta si erano rigorosamente denudati. Gli ultimi in ordine cronologico furono i coniugi Gallotti, questi accompagnati da Mirella Bravin giungevano da Milano: fecero la loro apparizione alla villa alle sette e mezza in punto. L’ingresso era un tripudio di piante rigogliose che cingevano a mo’ di cornice l’enorme e coloratissimo acquario a parete dove svariati pesci tropicali nuotavano senza fretta; Monica Corti in Weaver li accolse sorridente. Indossava solo un paio di sandali color beige: il seno splendido, dalle larghe aureole marroni, mostrava i capezzoli ritti e duri; nel complesso le curve sinuose dei fianchi, il ventre piatto, con al centro l’ombelico, e la forma slanciata delle gambe non facevano che esaltare il sesso depilato. Le grandi labbra erano scure e le piccole lunghe e prorompenti: il clitoride ben evidente si sporgeva al centro dell’inforcatura. Un fermaglio le tratteneva i lunghi capelli biondi.-Avanti, siete arrivati giusti in tempo per l’aperitivo!-Patrizia Vera in Gallotti scoccò un occhiata interrogativa al marito Paolo: il sedere letteralmente vibrò dentro la mini cortissima e morbida dal bordo svasato ma aderente ai fianchi -Perché, siamo arrivati in ritardo?- si interessò con un timbro imbarazzato, mortificata per l’eventuale ritardo. La Weaver allargò le braccia sorridente -Ultimi Si, ma comunque in orario. L’appuntamento era per le otto- replicò rassicurante iniziando un’accurata indagine alla silhouette della Gallotti: spaziò con calma dalle cosce al ventre, bighellonò sull’ombelico lasciato esposto e ed infine sostò a lungo sul turgore dei seni che si intravedevano sotto la stoffa della maglietta. Questa era sostenuta da due spalline quasi invisibili che lasciavano scoperte le spalle. Il rigonfiamento della parte superiore dei seni sbocciava, assieme alle spalle nude dall’orlo superiore dell’indumento: la stoffa leggerissima e semitrasparente lasciava ampio spazio all’intuizione.Paolo Gallotti alto oltre il metro e ottanta, fece le presentazioni -Monica, lei è Mirella, la mia collega di cui ti parlavo- disse indicando la donna con un leggerissimo cenno del capo. Il visetto sorridente della sconosciuta fece immediatamente capolino -Mirella, piacere di conoscerti- disse facendo danzare involontariamente il caschetto di capelli nerissimi e corti. Non le era mai piaciuto il suo nome. Sembrava che, già da ragazza, avesse un istante d’esitazione prima di pronunciarlo; oppure, per contrasto, che lei lo urlasse come una sfida: -Mirella… e allora?- ma poi in fin dei conti era un nome poco usato come tanti altri. La sua migliore amica aveva il vantaggio di chiamarsi Patrizia, un nome evocativo che le calzava come un guanto. -Patrizia e Paolo mi hanno parlato molto di te, di voi…- aggiunse con un filo d’ansia, e ciò detto porse la guancia alla padrona di casa. La signora Weaver fu subito colpita dagli occhi color nocciola chiaro e dalla piccola bocca: le labbra parevano diffondere sensualità ad ogni parola. Un lieve abbraccio e si baciarono castamente sulle gote. -Spero ti abbiano raccontato solo le cose belle- chiosò scherzando la Weaver.Mirella Bravin rise -Perdonami, ma sono ancora nella fase dello stupore- disse movendo il collo sottile come un giunco -Sono ancora nella fase della scoperta- aggiunse in una sensuale apnea: il busto appena coperto da un top grigio chiaro tradì tutta l’emozione del momento. La Corti accettò con estremo piacere l’eccitazione della sconosciuta: l’orlo superiore dell’indumento copriva appena i seni sopra i capezzoli che sembravano bucare la leggera stoffa del top, tanto erano puntuti ed erti -Non c’è bisogno che tu ce lo dica. Si vede che sei felice-E fu allora che Patrizia Gallotti, fino ad allora rimasta in silenzio, si mosse verso l’interno del corridoio ad indicare il locale lavanderia, utilizzato durante le feste come spogliatoio per gli invitati -Ci spogliamo di la, nella stanza degli ospiti?–No- corresse la Weaver indicando con un dito le scale in fondo al corridoio che passavano al primo piano -Voi potete andare in camera, su da noi- disse fissando eccitata i capelli castani corti e lisci di Paolo Gallotti. Quindi con estrema naturalezza gli carezzò il sesso con tutta la mano: per parecchi secondi né saggiò il gonfiore stringendo il pene, già rivolto verso l’alto, attraverso i pantaloni aderentissimi sui fianchi e sul bacino. L’uomo strizzò gli occhi azzurrissimi, il fisico asciutto dagli ampi pettorali s’irrigidì nella morsa dell’adrenalina. -Qui, come si entra, c’è l’obbligo denudarsi.- avvertì maliziosa agganciando gli occhi della sconosciuta-Piacere di rivederti- esclamò Paolo Gallotti compiaciuto per la carezza.-Ti trovo in forma, immediatamente materassabile, a pecora in giardino, vicino alla fontana-La Weaver gli strizzò l’occhio, poi, accennando un lieve tambureggiamento alla radice di quel rigoglioso sesso maschile ed aggiunse rivolta all’amica dei Gallotti -Alle donne però, è consentito tenere le scarpe e le gioie! Ovviamente sono mal viste le pianelle e le scarpe da maschio come gli anfibi e tutta quella roba lì…- strofinò i polpastrelli sul rigonfiamento del glande -Possiamo quindi dire che sono accettate le scarpe da troia e, ovviamente, le patatine senza i peletti- queste ultime parole le aveva proferite strizzando l’occhio alla Bravin.-Patrizia mi ha già spiegato tutto- replicò questa -E poi anche a casa loro è così, non è vero Paolo?–Esatto, niente vestiti e gambe sempre aperte- replicò con fare ribaldo l’uomo -Tutto merito della crociera- confermò poi restituendo la strizzatina d’occhi alla Weaver.L’allegra signora Gallotti, intanto, non aveva aspettato oltre e prima tra tutti si stava inoltrando nel corridoio, dirigendosi verso le scale. Pur tuttavia voltando leggermente la testa indietro replicò giocosa -Io vado, perché non voglio che nessuno mi veda in questo stato, vestita come un pupazzo, neanche Alba e neanche John, però tu… mentre io non ci sono… lascia stare il cazzo di mio marito, capito?-La Weaver ridendo la seguì con lo sguardo, non lasciando per nessuna ragione la presa al pene -Non te lo mangio mica!- replicò fingendosi piccata. Tutti sogghignarono. E solo quando Patrizia Vera in Gallotti fu scomparsa dalla loro vista, con la stessa mano con cui aveva massaggiato il pene di Paolo Gallotti, alzò l’orlo del vestito di Mirella Bravin. La stoffa, sfrangiata, ondeggiò libera -Ben venuta- disse seria Monica Corti carezzando la vita sottile, i fianchi sinuosi e la rotondità della pancia dell’ospite.Paolo Gallotti lusingò la padrona di casa con una calda carezza al sesso -Io raggiungo la moglie- dichiarò poi dirigendosi verso la camera indicata da Monica Corti in Weaver.-Veniamo anche noi- disse Manuela spingendosi fin quasi all’inguine di Mirella Bravin: la nuova venuta appariva pensierosa e incantevole, non aveva affatto l’aria di una donna disperata. Stanca si, ma non disperata -Me lo ha fatto notare Patrizia. Prima non ci avevo mai pensato- accennò Mirella Bravin muovendo i primi passi: danzò leggera sulle cosce piene e sfilate che sbucavano prepotentemente dall’orlo della gonna cortissima e svasata. Manuela Weaver assecondando il passo le cinse i fianchi -Cioè?- le chiese percependo, inaspettato, un richiamo intimo, profondo. Mirella Bravin strapazzò con le dita la stoffa impalpabile, nera, che lasciava trasparire abbondantemente un minuscolo slip bianco -Sono da poco riuscita a superare il tabù del vestirsi per nascondere, e né sono così stracontenta, talmente tanto che ancora non ci credo… Insomma tu sei cosi bella e desiderabile ed io ho quasi vergogna di questi vestiti- disse in uno scatto nervoso di gambe: i polpacci ben torniti si mossero sospinti dai bei piedi calzati in elaborati sandali.La Weaver osservò meglio la donna che aveva di fronte con i suoi profondi occhi neri: era colpita da quello sguardo così intensamente caparbio -Si ma c’è dell’altro, vero?- domandò seria. Il sorriso felino sembrava in qualche modo contrastare con la dolcezza dei lineamenti: le labbra color corallo incorniciavano degnamente la bianca chiostra dei denti. Mirella Bravin sentì il cuore arrestarsi: le mise delicatamente le mani sulle spalle nude -No, non credo ci sia altro…- disse di primo acchito senza tradire emozioni, poi però, posandole un lieve bacio sulla guancia destra, sorridendo ammise -Si, è proprio tutto, se si eccettua che per adesso ho soltanto perso l’amore- ammise tutta d’un fiato. Desiderò che quel contatto si fosse potuto protrarre più a lungo, ma la padrona di casa, di parere diverso, la prese sotto braccio e assieme si inoltrarono per il corridoio. -Chi era lei?- si domandò per l’ennesima volta Mirella Bravin -Era lei una donna felice? Forse si!- Fra sette mesi, ottenuto il divorzio, avrebbe abbandonato definitivamente la vita di coppia. Come Alba Rossetti sentiva che nel suo più profondo intimo avrebbe scelto la convivenza a tre: aspirava impalmare i coniugi Gallotti.-=1=-Il giardino era attorniato da torce ad illuminare la notte, queste erano disposte tutte attorno al gazebo, posto al centro di quel piccolo appezzamento di verde, sotto il quale campeggiava il tavolo degli aperitivi. La villa appariva tranquilla, ermeticamente chiusa e teneramente illuminata sulla collina, non troppo vicina alla grandi vie di comunicazione. Situata in un paesino circa a venticinque chilometri da Roma, era circondata da mezzo ettaro di terreno, più che sufficiente per avere la privacy per il nudismo. Si potevano udire le auto passare soltanto il sabato, nei week-end e nell’evenienza di qualche matrimonio. E sempre nello stesso punto, in mezzo al giardino, sotto al gazebo stava una vasca a forma d’occhio, alimentata da una sorgente gelida. Quel curioso specchio d’acqua più somigliante ad una vagina stilizzata che ad un occhio permetteva di tenere in fresco gli aperitivi senza dover ricorrere al frigorifero. Ed infine tutto attorno a dei bassi tavolini di vimini stavano accostate poltroncine e divani della stessa foggia, coperti da cuscini multicolori. Mirella Bravin non aveva nulla in contrario per le frasi fatte: le sembrava chiaro che se la vita le appariva sempre un mare in burrasca, quella casa, quelle persone erano per lei un’ancora di salvezza. Appena entrata in anticamera, era stata accolta da un caldo odore di legno lucidato a cera, cui si mescolava quello dei pesanti tessuti con cui un tempo si facevano le tende. Era convinta che, qualsiasi cosa di doloroso o di terribile fosse accaduto tra quelle mura, quella casa avrebbe retto ad ogni bufera. Sullo schermo a parete, su un lato del salone, un film porno, privato del sonoro, allietava l’ambiente con solleticanti primi piani; i vagiti erano sostituiti da un sottofondo melodioso di musica sinfonica. La Weaver s’aggiustò con una mano capelli castani ricciuti che le scendevano sulla fronte -Vieni, ora ti presento a gli altri- disse prendendo sotto braccio Mirella Bravin.-Mi ha fatto molta impressione il vostro letto… è veramente largo- disse ancheggiando, felice d’esser elegantemente vestita della propria nudità, l’aria frizzante della sera le passava tra le natiche e sulla pelle sensibile fra l’ano e la vagina -Sai non è ho mai visti di così ampi- disse scostandosi un poco con le due mani i glutei. -Certo cara, John l’ha fatto costruire su misura, sai ci dormiamo in tre, li sopra-I primi che incontrarono furono il dottor Gabriele Robustelli, Osvaldo Faldoni e Fernando Grassini detto Il Palla. Provenivano dal giardino e si stavano avvicinando senza fretta al centro della sala. Manuela Weaver, sbarrando loro la strada, li bloccò con la autorevolezza della padrona di casa -Ragazzi vi presento Mirella, la milanese- disse per richiamarli, e facendo leva sul potere ammaliante dei suoi magnetici occhi neri continuò -Mirella, lui è il nostro dottore- disse indicando il dottor Gabriele Robustelli. L’uomo per tutta risposta allungò la mano, strinse i glutei e spinse il più possibile il bacino in fuori: il pene, seppur floscio, si erse dal pube folto di peluria. Appariva leggermente muscoloso con i pettorali e gli addominali ben disegnati, era senza dubbio il più avvenente dei tre -Dottore?- domandò l’ospite stringendogli la mano.-Medico condotto- precisò lui.-Sono il medico dei padroni di casa- poi cambiando decisamente tono di voce aggiunse rivolto alla Weaver-Manuela dimenticavo… la Franca non l’ho fatta venire perché ha il raffreddore–Mi dispiace–Anche a me, ma forse per voi donne ce ne sarà di più, no?-Risero tutti. La Bravin, dopo aver riso alla battuta, gli lasciò la mano, e nell’abbassarla sfiorò con la punta delle dita il peli del pube.-Prima di scatenarti dobbiamo finire il giro- esclamò la Weaver bloccando il braccio della Bravin già diretta verso il pene -Lui è Osvaldo Faldoni- disse continuando nelle presentazioni. Questi, al contrario, era un ometto piccolo e grassoccio con una incipiente calvizie: se ne stava quasi sempre con le mani sprofondate nella larga macchia di peli neri che gli ricoprivano lo stomaco moderatamente pingue ed il pube. Di tanto in tanto si masturbava lasciando scoperto il glande.L’Osvaldo Faldoni si fece avanti -Ho conosciuto i padroni di casa in crociera- spiegò questi con eccessiva enfasi, forse per arginare la fulgida presentazione del medico.-Ah! Questa crociera. Pare che io sia l’unica ad non esserci mai andata- scherzò la Bravin, poi dopo aver abbassato lo sguardo verso il ventre dell’uomo, tondeggiante e scuro di peli, aggiunse -Spero che tu mi perdonerai se non ti tocco subito, la padrona non vuole–Proprio perché non possiamo perdere tempo, qui c’è il Palla.- continuò la Weaver tirandosi dietro la Bravin -Lo chiamiamo così perché quando inizia con i suoi zupponi ci fa due palle così-Il ragazzo seminascosto da Osvaldo Faldoni, magro e lentigginoso, sorrise -Ciao, dicono tutti così perché sono invidiosi della mia carriera scolastica- Fernando Grassini detto Il Palla non era considerato un brutto ragazzo e riscuoteva comunque un discreto successo fra le donne. Era forse un po’ troppo asciutto ma riscattava quell’eccessiva magrezza con le dimensioni sopra la norma del suo pene: dimensioni che stridevano ancor di più se paragonate alla filiforme silhouette. Il soprannome, come si arguiva dalla sua figura non era attribuibile alla sua magrezza ma al suo modo d’essere a volte un po’ pedante.-Ma va, sei solo palloso quando fai il precisino- concluse la Weaver, e tenendo sempre la Bravin sottobraccio si spostarono in giardino, sotto il pergolato. -Anche il dottore è nelle tue stesse condizioni- accennò la Weaver ancheggiando al fianco della Bravin -è un ex anche lui- disse sotto voce e i due sederi si baciarono ancheggiando l’uno contro l’altro.-Mi era parso di capire che lui avesse una compagna- ribatté sempre sotto voce la Bravin come soggiogata dalla autorevolezza di quegli occhi neri cosi profondi e coinvolgenti.-Si, è vero, sta con la Franca, ma é solo un’amica- Spiegò la Weaver ondeggiando la fitta e riccioluta capigliatura castana -Prima era sposato con una specie di scimmia asessuata, un anoressica del sesso- disse storcendo la bocca, quindi, allungando il passo, cambiò discorso. Raffaello Rimboni, per gli amici Doppiaerre, e Alba Rossetti chiacchieravano in un angolo. L’uomo aveva un fisico asciutto e mostrava un petto molto abbronzato con una peluria nera e abbondante che attendeva solo una mano femminile che la arruffasse. La Weaver sbuffò verso l’alto i capelli castani ricciuti -Doppiaerre, lei è Mirella- disse quando furono al cospetto dei due. Alba Rossetti lasciò il pene dell’uomo che ricadde morbido in mezzo alle cosce.-La milanese, vero?- replicò il Rimboni, alzatosi in piedi per stringerla in un caloroso abbraccio, che la fece arrossire: fianchi ben modellati e le cosce lunghe e sottili toccarono quelle di lei.Mirella Bravin ebbe la piacevole sensazione che tutti i presenti la stessero guardando -Si, sono arrivata giusto questa sera- disse rabbrividendo emozionata: l’orlo del prepuzio era umido tanto che le segnò la coscia. Dovette liberarsi di malavoglia dal frizzante abbraccio del suo ospite: il corpo nudo dell’uomo aveva strusciato su quello di lei altrettanto nudo.-Anche se con quel cognome sei più veneta che milanese, no?- commentò il Rimboni grattandosi molto delicatamente la radice superiore del sesso.-Già, di origine lo sono- confermò la Bravin: si sentiva sempre a disagio quando doveva agire di corsa. Mentre lei si autodefiniva riservata, quasi impacciata, quell’uomo pareva la socialità personificata: sicuro di sé e sofisticato. Era il classico tipo che s’imponeva su tutti.-Lei l’hai già conosciuta ed è la nostra terza, come ben sai- disse la Weaver indicando con i profondi occhi neri la Rossetti che fino a quel momento era rimasta in silenzio. Era una deliziosa donnina ben pettinata, con i capelli castani, lunghi fino alle spalle, e aveva solo trentuno anni. Portava un magnifico paio di calze autoreggenti, trasparenti e verdi, un paio di scarpine dello stesso colore, coi tacchi a spillo, la bocca coperta di rossetto, le mani curatissime, le unghie lunghe, tinte di rosso.-Scusa se vi abbiamo interrotto- disse la Bravin alludendo alla masturbazione che avevano posto fine arrivando all’improvviso. -Ma credo che nella mia coscia ci sia rimasto un po’ di te e di lui–Non ti preoccupare stavo solo parlando con il mio ex marito- disse sorridente la Rossetti -E’ naturale che ogni tanto mi prenda la voglia di succhiarglielo con un po’ di intimità, no?–Ex marito?–Si è una storia lunga e noiosa, un giorno te la racconterò- accennò la Rossetti pizzicandosi il foulard color panna che faceva risaltare l’abbronzatura della pelle serica e luminosa.-Anch’io sto per diventare una ex, ma non lo inviterei mai ad un mio momento di felicità- constatò seria. -Almeno così la penso ora…–Noi ci siamo lasciati perché tra noi era già tutto finito ed io mi ero innamorata di Manuela e John. Ma per il resto siamo rimasti amici-Alla Bravin sembrava d’esser caduta da una nuvola grigia, senza passioni, priva di sogni, d’amore. Anni senza obiettivi da inseguire, inconsistenti uomini da amare, storie immaginate e anelate senza viverle, lacrime, insoddisfazioni.-Capisco- disse imbarazzata, e come elettrizzata indietreggiò per seguire nuovamente la padrona di casa. Era un caos vorticoso, dal quale non sapeva uscirne per paura di star bene, con il timore di star male. E pensieri cupi e negativi le offuscavano il sole, il suo sorriso. La Weaver vedendola intristirsi, estraniarsi la rimproverò -Rilassati, non pensare sempre al tuo matrimonio- Si spostarono verso la fontana a forma di occhio, al centro del giardino, vicino al tavolo degli aperitivi: La Weaver ne prese due, uno per la Bravin e uno per sé -Sei tesa come una corda di violino–E’ vero ma sono anche eccitata, felice, strafelice… sai, ogni tanto penso a lui e m’incazzo- rimbeccò lei. Bevve un sorso di analcolico. Per fortuna gli slanci positivi esistevano ancora, vivevano in lei e a volte prevalevano a volte soccombevano sconvolgendola, altre restavano lì, inutili contenuti, maligno pessimismo che le rubavano la serenità. -Amore non ti credo più- diceva piangendo, ma spesso s’era chiesta se mai avesse amato. E non aveva saputo trovare la risposta, ma sentiva di conoscerne la verità. Amare era idealizzare per lei, insicura e fragile, amare era vivere per l’altro. -Ti capisco- proseguì divertita la Weaver. -Ma ti assicuro non riuscirai a startene qui, seduta, in un luogo gremito di piselli e passere pensando a lui. Vedrai!-Come rinfrancata la Bravin rialzò la testa -Poco ma sicuro, ho ancora il segno umidiccio dell’ex di Alba- ribatté combattiva. Quell’amore era morto senza che lei l’avesse ucciso, era stata un’implosione o forse solo un fuoco d’artificio. Ma di quella luce le era rimasta una scia dolente ed indelebile che a volte osservava, con rammarico e delusione. Nonostante tutto si stava calmando -Se non avessimo ancora finito il giro, ex o non ex mi sarei attaccata a quell’uccello–Ben detto! Così mi piaci- incalzò lei. -Ora andiamo da quei ragazzi la, che ancora non hai conosciuto- sorrise -Non vorrei che qualcuno che tu non ancora conosci ti prendesse senza presentazione- Mirella Bravin appoggiò il bicchiere sul tavolo e congiunse le mani in grembo: delicatamente si massaggiò il pube rasato. Provava pena per quelle storie sbagliate, per le sue scelte paradossali che le avevano tolto la possibilità di sfiorare la felicità. Parlava d’amore perché l’amore era la vita, e alla vita la conduceva. -Perché avrebbe importanza?- domandò sorniona. La Weaver smise di camminare, s’aggiusto l’autoreggente strizzandole l’occhio -Forse hai ragione, no, non serve! Straparlo, che senso ha idealizzare ogni cosa?- poi di nuovo eretta le indicò un punto del giardino -Loro, sono Carlo Pelo, un tirocinante, che ci ha presentato il Gabriele, e l’architetto De Andreis, un altro che è venuto in crociera e che ci ha rimesso a posto la villa- La Bravin appuntò lo sguardo su i due uomini, il primo, sulla trentina aveva i capelli castani che gli cadevano sulla nuca in onde ampie e composte, il secondo bruno nei capelli, corti e ben curati sfoggiava apertamente un torace muscoloso e cosce lunghe e piene. La Weaver fece le presentazioni, e prima di spostarsi di nuovo verso un altro angolo del giardino, la Bravin strinse la mano a entrambi palesando un certo interesse per i loro sessi, ancora a riposo ma pur sempre dall’aspetto accattivante. ***Era una piacevole notte estiva dall’aria vellutata. Manuela Weaver e Mirella Bravin ancora gironzolavano per il giardino, soffermandosi brevemente qua e là dove crocchi di invitati schiccheravano con in mano un aperitivo -Guarda la, vicino al Palla e alla Patrizia ci sono Cristiano e l’Osvaldo-La Bravin catalogò gli ultimi due sessi maschili della serata: il primo, quello di Cristiano Malvezzi, aveva uno scalino stranamente spropositato; l’altro di normali dimensioni penzolava fra le gambe quasi glabre. I discorsi erano dei più svariati ma l’orientamento comune sembrava proprio essere uno solo: malgrado si conoscessero già tutti molto bene avevano preso a guardarsi con sempre crescente eccitazione. Per tutti loro quella casa sembrava rappresentare la luce che non si sarebbe mai dovuta spegnere. Li vedeva tutti a proprio agio: nudi, fieri di esserlo, rincuorati. Superati con un balzo i più sciocchi tabù e le vecchie ruggini d’un galateo d’altri tempi le donne attendevano lusingate gli sguardi, i palpeggiamenti e gli inviti espliciti al coito da parte degli uomini, e allo stesso modo, da parte di loro stesse, ricercavano attenzioni analoghe e speculari; e così gli uomini ricambiavano le attenzioni delle donne che, con estrema sollecitudine, sembravano pronte a buttarsi su di loro. I seni pieni ed eretti sbocciavano dai busti ostentanti e fieramente esibiti, fianchi stretti alla vita ma sinuosi, vulve depilate dalle forme diverse, allungate o gonfie, natiche alte, rotonde, piene, dai solchi morbidamente rientranti fino a confondersi con il rigonfiamento delle labbra immerse nella penombra delle cosce e dalle rime tumide semiaperte e invitanti. -Mirella, perché ridi?- le chiese la Gallotti abbracciandola alle spalle. Delle quattro donne della comitiva, Patrizia Vera in Gallotti, quarantuno anni, era la più vecchia e la più bella. Alta e bionda come una regina del pop, occhi d’un azzurro trasparente e piedi sottili che le invidiavano tutte. Le rimproverano di vestire come una ventenne destabilizzante nei suoi atteggiamenti più provocatori, e lei ribatteva di trovarsi bene così e che intendeva continuare. Per prenderla in giro l’avevano soprannominata la Tenutaria e, quando si furono accorti che la cosa le piaceva moltissimo, ormai era troppo tardi: l’abitudine era già stata presa.-Ma niente- si schermì la Bravin -come una bambina mi stupisco per ogni dettaglio. Adesso per esempio ho fatto la seguente considerazione: e se non ci fossimo rasate?–Risultato?–Beh, il risultato è…- rispose Mirella Bravin portandosi soprappensiero la mano a cucchiaio sul sesso depilato -ma che schifo! Mi sono detta- replicò scatenando l’ilarità nella sua interlocutrice -L’uomo peloso è apposto così, non da fastidio in un posto così l’uomo peloso, semmai è vero il contrario. Invece su di noi… non mi piace, perché un corpo femminile peloso è goffo, brutto. Puoi essere la più grande strafiga, ma se non ti tieni in ordine… fai una brutta fine–Ragazze non posso che essere d’accordo- s’intromise Manuela Corti in Weaver, la padrona di casa e la seconda in ordine d’età, aveva trentasette anni e due chili più della signora Gallotti, ma non si notavano perché li aveva tutti nei muscoli; capelli castani ricciuti e gli occhi neri. La sua passione erano i viaggi. Già una settimana dopo la laurea, aveva trovato lavoro come animatrice in villaggio vacanze, ed è li che aveva incontrato il suo futuro marito John Weaver. Da oltre dieci anni dirigevano una agenzia viaggi. Ed era stato proprio li, che anni dopo, avrebbero conosciuto Alba, trentuno anni, la più giovane, detta la Troia. Alba Rossetti di quel soprannome ne andava fiera, aveva deciso che la vita era fatta per essere vissuta senza pensieri, di conseguenza di pensieri ne dava molti agli altri. Cercava di portarsi a letto ogni uomo e donna che incontrava, vale a dire tutti quelli che conosceva. Essendo un pochino soprappeso, sosteneva che quello era un modo piacevole di fare ginnastica. E, poiché delle convivenze stabili con un uomo non ne voleva sapere, aveva deciso ch’era meglio convivere con una coppia: da tre anni viveva felice nella stessa casa, nello stesso letto di Manuela e John. Infine c’erano i suoi capelli, molto folti e lunghi, sarebbero stati magnifici, se avessero visto il parrucchiere più di una volta al mese. Mirella Bravin aveva compiuto trentacinque anni da qualche giorno. Occhi verde mare, le dicevano, capelli di colore incerto, né grassa né magra, le sembrava di aver qualcosa di ciascuna delle donne presenti sotto tutti i punti di vista. Come Patrizia, si sentiva capace di agguantare il mondo per imprimergli una direzione più giusta. Come Manuela, aveva sempre un idea controcorrente in testa. E certe volte, quando riusciva a convincere qualche buon’anima a farsi portare a letto, si sentiva come Alba, una felice donna senza inibizioni che passava le giornate a ciucciare falli taurini e suggere vulve depilate dalla pelle madreperlacea.***Monica Corti in Weaver aveva richiamato tutti nel salone: era un locale immenso, con una porta-finestra che dava sulla superba siepe alta tre metri, ideale per mantenere un po’ di riserbo -La cena è servita- aveva detto avvicinandosi oscillando graziosamente il sedere: spingeva un tavolino a rotelle colmo di pietanze, accompagnate da bicchieri e bottiglie di un frizzante vino bianco e di altrettante di un forte rosso tanninico -Più tardi, forse arriveranno anche Francesca e Bruno-. I tacchi delle scarpe, scollate e preziose, ticchettavano sul parquet lucido e i capelli ricciuti le ondeggiavano morbidi ad incorniciare un viso appena truccato, ma con una tinta di rossetto molto accesa sulle labbra. Nel vederla arrivare molti sguardi s’impressero come marchi a fuoco su quelle curve dolci, le sue mani strinsero inconsapevoli il bordo del carrello..Anche agli uomini piaceva esibire i corpi snelli, fasciati di muscoli che ne scolpivano i busti e le cosce. Nel muoversi mettevano in mostra natiche nervose e sode come granito che facevano la delizia delle donne. -Uomini, giù le mani dai cazzi e dalle signore. E’ tempo di bere- tuonò John Weaver, il padrone di casa, con una bottiglia di vino bianco in mano. Era un Americano approdato in Italia come operatore turistico, il che significava che non si era mai sicuri che si potesse rimanere un attimo in santa pace: la sua oratoria era invidiabile, ed era appassionato di viaggi, il che significava che, non avendo alcuna preoccupazione finanziaria, non si lasciava certo sfuggire nessuna occasione per partire in giro per il mondo: lui, la moglie Manuela e la loro inseparabile amica Alba Rossetti.S’accostò al carrello delle vivande affiancando la moglie che saltellava preparando le porzioni: lui si imponeva tarchiato e quasi scuro di peluria, lei invece snella, rosea, senza alcun tratto di peluria a macchiarne la figura. Sui documenti ufficiali, la signora Manuela Corti in Weaver risultava cassiera, l’equivalente, sembra, di aiutante. E a parte il ruolo di moglie, di amante, di amica la si poteva definire senz’altro ascoltatrice. Difatti oltre al marito e ad Alba Rossetti, la sua amica più stretta, era costretta ad ascoltare gli sfoghi, le chiacchiere, i pettegolezzi degli amici, dei clienti, del postino e di tutti quelli che, con il pretesto di fare due chiacchiere entravano in agenzia. Si mossero tutti affollandosi attorno al carrello. La gioia della Bravin aveva il colore della casa dei Weaver: acqua dai riflessi rosa dei corpi nudi e limpidissima. Il salone, spazioso e ampio, si affacciava, per mezzo di una luminosa vetrata sul giardino come la prua di una nave. Le pareti erano ocra, scure come le pieghe di una vulva quando era focosa e calda di schiuma ribollente; il proiettore video illuminava a tratti lo spazio intorno, spargendo luce striata e immagini di corpi eccitati, veloci e rosa. Mirella Bravin era passata dal giardino al salone dopo la Rossetti, facendosi tirare per la mano, fintamente ritrosa, ma il cuore le batteva a mille, ed ogni passo le pareva più pesante di un macigno da spostare. Ma mai, in quel venerdì, che si allentava verso la vita, in quel momento denso della sua libido forte ed esigente, lei pensò per un attimo di fuggire. Ma non lo desiderò razionalmente mai; né lo volle senza sapere. S’era fermata solo un istante, aggrappandosi allo stipite della porta finestra, come per contrastare la corrente che l’attirava al centro del salone, costringendo la Rossetti a voltarsi. Lei l’aveva guardata; sorprendendosi di quella resistenza, scrutando i suoi occhi accesi, le aveva sorriso.-Che cosa c’è?–Nulla–Che cosa c’è?–Ho freddo.-E che strano quel brivido imprevisto in quel giorno di estate tiepida. Ma non era per il tempo. Non lo era. Non lo era affatto.-Vieni. Mirella, vieni con me- La Rossetti la guidò sino davanti la bocca spenta del camino, la fece sedere nell’angolo, accanto all’attizzatoio, e poi scomparve per un minuto verso il carrello delle vivande. Era molto più bassa della Bravin e camminava agilmente su i vertiginosi tacchi color smeraldo: si avvicinò al buffet con la grazia di una ballerina, non camminava, sfilava, lasciando libere le anche di ondeggiare quel tanto per non apparire ridicola, e nel farlo ascoltava, con attenzione, il rumore dei tacchi sul parquet. Mirella Bravin abbassò la destra a cercarsi il clitoride, lo fece per sedare l’ansia che le strozzava lo stomaco; allungò le gambe e si sorprese di quel tremore indesiderato e sciocco che la scuoteva. Come una febbre.Paolo Gallotti si ritrovò dietro a Alba Rossetti, che per un istante si fermò per non far cadere il piatto che teneva in mano, urtando leggermente il suo inguine sulla prominenza del sedere di lei -Hai conosciuto Mirella Bravin?- le chiese lasciando che l’addome baciasse i fianchi e la schiena della Rossetti. Alba Rossetti restò immobile gustandosi il contatto -Si, sono appena rientrata dal giardino con lei; tua moglie me l’ha già presentata, prima in camera. E’ molto simpatica- disse dimenando le natiche. -Ve la siete già leccata?–Ancora no, ma presto lo faremo!- disse ridendo, poi come folgorata da un pensiero esclamò -Mi chiamate la Troia, hai qualche dubbio che prima che passi mezzora io non abbia fatto qualcosa con lei?-Gallotti, continuando a servirsi dal carrello, con l’umido cratere dal prepuzio ormai dilatato sfiorò più volte il solco delle natiche della Rossetti; quindi con ostentata indifferenza le passò una mano sulla spalla -Si sta lasciando dal marito perché lui non vuole che lei scopi con altri, non vuole che ingoi e non glielo ha messo mai in culo- disse, e preso qualcosa dal piatto di portata, restando sempre con il pene semirigido sul solco delle natiche, dimenò il bacino lentamente.-Lo so, pettegolo!, So tutto….- disse ridendo -Sai noi donne, oltre a leccarcela, parliamo anche–Ah! Allora è vero che l’avete già fatto!-In piedi sulla soglia del giardino, Cristiano Malvezzi guardava lontano, accarezzandosi il petto, con la larga mano elegante. I suoi muscoli pettorali erano possenti, il ventre non era piatto, ma ampio, il pene moderatamente allungato e i testicoli gonfi: non aveva alcuna voglia di appesantirsi oltre misura con la cena ma unirsi presto all’orgia. Patrizia Vera in Gallotti trovatolo così nel fulgore del tramonto s’inginocchiò dinnanzi a lui abbracciandolo in vita: gli baciò la peluria sotto l’ombelico, là dove era stato bagnato dalla saliva di Alba Rossetti. Il tirocinante Carlo Pelo e L’architetto Giovanni De Andreis avevano detto a tutti che il Malvezzi aveva eiaculato quando si era intrattenuto in bagno con Mirella Bravin. La Gallotti si rimise lentamente in piedi movendo gli occhi vispi e vogliosi sulle vene che solcavano nitidamente gli avambracci forti dell’uomo: in un impeto di esaltazione prese a leccargli i pettorali simmetrici. Il Malvezzi era più alto della signora Gallotti di venti centimetri tanto da sovrastarla nettamente con i suoi novanta chili. La afferrò quindi per la testa, premendo il suo pene contro il ventre ancora magro e piatto della donna e la baciò in fronte -Andiamo a sederci la’- propose lui indicando l’ampio sofà posto al centro del salone.Patrizia Gallotti, scivolando sulla lucida superficie del parquet, si mosse verso il carrello dei liquori, proprio nel punto in cui scendeva uno dei ricchi tendaggi damascati.-Va bene- acconsentì la consorte di Paolo Gallotti con la voce rotta dall’eccitazione, e, versandosi da bere, sbirciò verso il divano dove si era diretto Cristiano Malvezzi e dove sedeva la smeraldina Alba Rossetti. Scoprì così un nuovo aspetto del carattere di Cristiano Malvezzi. L’amica dei Weaver, seduta accanto a lui sul divano, gli massaggiava di continuo le gote, e l’uomo, invece di apparire disturbato, come sarebbe accaduto alla maggior parte degli uomini, sembrava gradire quelle attenzioni blande. Reggendo il bicchiere con la sinistra, Patrizia Gallotti iniziò a pizzicarsi il capezzolo destro. Attorno a lei c’erano i discorsi, le voci eccitate degli amici, delle amiche, avidi di sesso che, con gesti, parole e risate, le si gettarono metaforicamente addosso come animali infoiati, tutti all’attacco di una bella puledra in estro. Sospirò a sua volta dibattendosi sotto le sue stesse strette al capezzolo. Un ansimo gutturale e rimbombante, accompagnato da un improvviso lampo di luce, interruppe il chiacchiericcio di sottofondo: qualcuno aveva aperto l’audio del film pornografico. Sedette accanto alla Rossetti abbracciandola ed infilandole una mano tra le cosce. Seguì assieme lei, tormentandole il clitoride, gli ultimi vagiti dell’attrice prima che l’audio venisse nuovamente tolto. Alzando gli occhi su gli astanti appoggiò lentamente la schiena, tutti, nessuno escluso, seguivano eccitati la frenetica penetrazione nel filmato. Sui loro volti si rifletteva un’intrigante luce rosa.Dopo qualche minuto di conversazione spicciola, Patrizia Vera in Gallotti, mosse di scatto lo sguardo verso Cristiano Malvezzi -Sei sempre single?- gli chiese ondeggiando sinuosa sulle sue deliziose scarpe scamosciate col tacco a spillo: i capelli bruni dai riflessi biondi danzarono nell’aria. Attese con estrema calma la risposta di Cristiano Malvezzi. Fissò i suoi occhi azzurri e quel che vide le piacque: erano sensibili.-Sono alla ricerca di una donna ma stento sempre a fidarmi e…- accennò lui fissandole le forme delle cosce, delle anche, ed del giro vita piacevolmente asciutto. -Ma quando ne troverò una?- si domandò retorico mentre la sua attenzione si stava focalizzando sull’ombelico, al centro dal ventre piatto, e sul pube glabro: quella fastidiosa sottile peluria che dall’ombelico scendeva verso il sesso era stata eliminata -E’ tutta colpa delle spiacevoli esperienze passate… Esperienze proprio di merda- concluse allargando le braccia rassegnato. La Gallotti notò un lampo di malinconia negli occhi di Cristiano Malvezzi: emise un sospiro. Sostenendosi allo schienale del divano, perché la schiena si rifiutava di sostenerla tanta era l’eccitazione, rispose al richiamo. I pettorali dell’uomo erano ricoperti da un abbondante strato di peli scuri, come le gambe, e il pene in mezzo ad esse innalzava il glande luccicante alla luce riflessa dei faretti.Un istante dopo, la robusta mano dell’uomo si strinse attorno al sesso.Il capezzolo era turgido: Patrizia Gallotti lo strizzò e giratasi verso l’uomo con un filo di voce aggiunse -Che dire… non è una storia semplice da comprendere, figuriamoci da spiegare in due parole, no?- esclamò scotendo la testa, con tutta la calma che riuscì ad esibire. Sempre seduta sul divano gettò la gamba sinistra sopra il bracciolo, appoggiò la testa indietro, chiuse gli occhi e con le dita della mano destra scese nel sesso: con la bella mano sinistra dalle unghie dipinte di rosso e dalle dita lunghe fatte per accarezzare si toccò i capelli,.Il tirocinante Carlo Pelo si alzò dalla poltrona. Si capiva a prima vista perché aveva quel soprannome: il Porco. Tarchiato e d’ossatura robusta, anche se il folto pube smussava le linee poderose della figura e il ventre prominente, l’uomo era calvo, a parte una frangia di capelli argentei. Gli occhi acuti e penetranti rivelavano un’intelligenza spietata -Almeno usa il casco, così ti farai meno male- esclamò deciso.Cristiano Malvezzi allargò le braccia -Certo, non sarà semplice da spiegare in due parole ma certi atteggiamenti proprio non li capisco…vabbè, non ho furia, non sono mica vecchio e a forza di ribatterci il capo imparerò–Perché ripensi alle esperienze passate?- replicò Patrizia Gallotti, stringendo fra indice e pollice il capezzolo sinistro -Se lo sono, passate intendo dire, non devono influenzare il presente, ma al più aiutarti a non commettere errori. Anzi, servono proprio a fare una giusta scelta delle persone che vuoi accanto. L’importante è non partire prevenuti–Si! Abbasso i pregiudizi!!- avallò John Weaver. Patrizia Gallotti si voltò e vide arrivare il marito della Corti, un uomo alto, dalle spalle larghe, dirigersi verso il loro divano. Sapendo che era coetaneo di suo marito, immaginò che dovesse avere circa quarant’anni, anche se sembrava decisamente più giovane, con quei capelli lisci e il viso largo, privo di rughe e abbronzato. Camminava un po’ curvo, come se temesse di cozzare contro qualche lampadario particolarmente basso. In realtà si stava solo masturbando.-Chi cerca trova! Prima o poi incontrerai quella giusta devi solo avere un po’ di pazienza!- replicò divertita Mirella Bravin massaggiandosi i lobi del sesso con entrambi gli indici: trentacinque anni, alta, bionda e con i capelli lunghi fino a metà schiena sprofondata nel lato sinistro del divano spalancò le gambe. Il sesso presentava un discreto pronunciamento delle grandi labbra, ch’ erano piene e carnose, le piccole molto sviluppate e dischiuse.-=2-John Weaver passò dal giardino all’ampio salone. Un senso di benessere lo pervase, soprattutto perché i muri della casa obbligavano il vento a restare fuori e tutti potevano godere della propria nudità e di quella altrui. Attorno al divano ad elle, quel trono di cinz che stava al centro del della stanza, erano disposti molti pouf, messi li per agevolare le copule e per offrire un ottimo sedile dove riposarsi. La luce soffusa, la musica allegra ed il porno proiettato sulla parete, completavano la situazione di completo relax. Patrizia Vera in Gallotti, Mirella Bravin, Monica Corti in Weaver e Alba Rossetti, dopo essersi liberate anche delle fastidiose scarpe, sdraiate una affianco all’altra sul divano chiacchieravano, apparentemente disinteressate, attendendo l’approccio degli uomini o semplicemente il richiamo di una di loro. Ogni gesto appariva misurato ed esteticamente adeguato: le vulve depilate affioravano dalle cosce elegantemente discoste, così come le natiche aiutate dalle giuste posture e da opportuni gesti delle dita si dischiudevano per il beneficio di tutti. Patrizia Vera in Gallotti se ne stava semisdraiata sulla poltroncina con le cosce allargate e il sesso in vista: la mano sinistra torturava il capezzolo sinistro mentre la destra si abbassava a giocare con l’elasticità della pelle rasata del pube. La tirava, la stendeva, la spingeva. Le piccole labbra erano tumide e sporgenti, luccicavano di umori; Alba Rossetti con le braccia appoggiate sulle ginocchia allargava e stringeva le cosce con un piacevolissimo effetto erotico sonoro; Monica Corti in Weaver esibiva le grandi labbra completamente aperte: le piccole labbra erano gonfie di sangue, rosse, umide, fortemente allungate, aperte.L’irrazionale atmosfera di allegra giocosità aveva pervaso completamente il marito americano di Monica Corti. Eccitato, si aggirava per l’ampio salone, avvicinandosi ai pouf, masturbandosi vicino ai visi delle signore e scambiando con loro qualche battuta.-Tutti si lamentano- disse Mirella Bravin allargando le gambe in favore di tutti: le grandi labbra, piene e carnose, stavano cedendo inesorabilmente spazio alle piccole molto sviluppate e dischiuse -C’è chi è impegnato, il quale vorrebbe esser più libero, senza dover render conto più a nessuno di cosa fa, con chi è… e poi c’è l’altro: il single che si piange addosso, perché anche se sa che è libero e può gestire il suo tempo come vuole, poi vede le coppiette mano nella mano e sogna ad occhi aperti che possa accadere anche a lui… la mia domanda è: ma allora si sarà mai realmente felici? -affogò due dita nella vulva, e dopo averle intrise dei suoi umori le portò alla bocca succhiandole pensierosa. Quindi aggiunse -Beh personalmente non lo so, so solo che al momento sono una sognatrice, quasi ex, che aspetta il suo principe azzurro sul cavallo bianco, che poi però si stuferà del principe e tornerà a sognare la libertà- appena dette quelle parole rabbrividì improvvisamente. Come poco prima, fuori al chiaro di luna chiacchierando con Manuela Weaver, anch’ella non più giovane ragazza sfrontata, aveva provato quell’improvviso panico: si era rivista donna in lacrime, sguardo basso, gli occhi perennemente tristi. Rientrando, poi, un senso di irrequietezza l’aveva ulteriormente scossa: Continuava a vedersi donna in lacrime, fronte corrucciata, ma poteva vedere il mondo, sentiva il proprio dolore. Aveva ascoltato il battito del proprio cuore -Cancellalo, e i singhiozzi disperati dimenticali.- s’era sentita dire. La Weaver l’aveva presa per mano e come d’incanto s’era sentita di nuovo viva, gioiva perché davanti a lei si snodavano mille strade ed ognuna portava ad un’avventura. Aveva ripreso a gioire, si sentiva luminosa -Non nascondere la tua luce.- aveva perso a ripetersi con forza. Stava camminando su arcobaleni di amicizie non più inconsistenti, sulla speranza che non distrugge, attraverso luoghi della sostanza di cui erano fatti i sogni.Chiuse per un attimo gli occhi stanchi affinché una cortina di sperma bianco in viso, fatata e dai poteri taumaturgici, non si fosse trasformato in vetro argentato, proteggendola. Quando li riaprì nel suo sguardo finalmente sereno poté tornare a vedere il suo mondo.Il Rimboni, semi sdraiato sul divano, assorto, il pene rivolto verso l’alto si stuzzicava con qualche lieve pizzicotto la radice dei peli: ad ogni vibrazione i testicoli dalle forme rotondeggianti, che riempivano lo spazio fra le gambe pelose come il petto, lievitavano morbidi -Alla nostra età…oltre a scopare a destra e sinistra devi pretendere il principe azzurro e credici fortemente… magari il tuo sogno potrebbe durare tutta la vita… ma non fa niente, è un dettaglio che devi mettere in conto- commentò di punto in bianco il Doppiaerre. Il pene sgonfio che riposava poggiato sull’addome sussultò leggermente. Alba Rossetti, detta la Troia, sedutagli di fronte poteva godersi la vista dei piedi e delle sue gambe pelose: sorrise annuendo, spalancò le cosce dando ai presenti modo di guardarla con maggiore comodità; le grandi labbra erano lisce e gonfie, mentre il clitoride sporgeva leggermente. Stava semi sdraiata sul tappeto, la schiena poggiata sul bordo del divano, la testa reclinata all’indietro, le braccia aperte. Sospirava mentre il suo seno danzava al ritmo di un respiro veloce e le gambe erano divaricate, il bacino proteso in avanti, in attesa. Le calze e il reggicalze né disegnavano il corpo di piacevoli contrasti, sembravano guidare lo sguardo sottolineando la curva dei fianchi, l’inguine, il pube, il sesso glabro, tutto. Passò una mano sul capezzolo, duro e molto sensibile della Gallotti che a carponi si stava dirigendo verso Monica Weaver -Hai ragione… per i trent’anni… che poi sono di più, come tu ben sai… Ma diciamo pure che con un bel po’ di trascorsi… a volte non si dovrebbe guardare all’età delle persone ma a ciò che hanno vissuto… sarò anche una ragazzetta, ma non credo di aver ancora la necessità di qualcuno che mi faccia vedere com’è il mondo… forse potrei anche sognare tutta la vita… ma ciò non mi porterebbe a niente… il guaio è che predico bene e razzolo male-Monica Weaver sbuffò verso l’alto un ricciolo ribelle di capelli castani: seduta sul pouf rivolse lo sguardo verso la Rossetti attratta più dalla sua mise, scarpine verdi eleganti e autoreggenti, che dal lussureggiante clitoride sporgente. Le sorrise e le labbra, tinte di rossetto molto acceso, s’atteggiarono in un richiamo inequivocabile; anche il suo sesso ruggiva, le grandi labbra erano socchiuse e lungo i bordi brillava una schiuma biancastra. Sempre seduta, avambracci poggiati sulle ginocchia, busto proteso in avanti, sguardo fisso sul sesso della Rossetti, indecisa, stava ancora cogitando se essere predata o predatrice. Mirella Bravin battendo sul tempo la Gallotti tolse la Weaver da quel fastidioso imbarazzo -Monica hai un odore fortissimo, che mi mette i brividi. Iniziamo noi due-L’ex marito della Rossetti ignorando il nascente approccio della Bravin e della Weaver volle rispondere alla Rossetti. -Il mio era un augurio, non una predica. Mi auguro per te che tu trovi il principe azzurro con cui vivere il tuo sogno.- Lentamente si scappucciò il glande -Un giorno, un mese, un anno o tutta la vita- precisò iniziando una lenta masturbazione.-=3=-Il grande tappeto persiano, ch’era abbastanza ampio da contenere il divano con tutta la penisola, era inondato di luce bianca: un gruppo di faretti come tante stalagmiti pendevano dal soffitto, e una piantana al pari di una stalattite spuntava sul lato destro del divano. Assieme illuminavano alla perfezione i corpi che si muovevano, ancora per il momento, solo gli uni acanto a gli altri. Aveva iniziato Manuela Conti in Weaver invitata dalla amica dei Gallotti. Scesa dal pouf, a carponi, stava gattonando verso il divano: ad ogni passo scoteva la massa di capelli castani ricciuti e oscillava il sedere avendo cura di alzarlo e orientarlo verso l’alto. Subito imitata da Alba Rossetti si ritrovò a faccia a faccia con la sua più cara amica, quella con cui divideva casa e marito: anch’ella dimenò il sedere, e sempre a carponi la baciò sulla bocca. Il bacio durò a lungo e fu molto profondo: in quel lasso di tempo nessuna delle due toccò l’altra, entrambe a carponi dimenando i corpi, si baciarono in silenzio.Mirella Bravin finì per distendersi sul divano: guardando le due donne baciarsi divaricò le gambe buttando un piede a terra e l’altro sullo schienale. Da quella posizione era in perfetta dirittura con il sedere della Rossetti: poteva aspirarne il delizioso odore, godere della vista dei suoi genitali interni, delle natiche divaricate, del suo sedere rotondo. Iniziò a vagare con la mente, nel tentativo di tirare qualche conclusione, per soffocare un po’ di quella trasbordante energia. Sapeva ch’era stata abbastanza nervosa ed ermetica con Patrizia e Paolo Gallotti, e che loro non si meritavano i suoi sfogli di rabbia, ma voleva superare presto quel periodo, sicura che i Gallotti l’avrebbero sorretta facendola nuovamente sentire la principessa che ultimamente non si sentiva. L’avrebbero fatta ricredere nell’amore e nell’amicizia che loro stavano trasformato in un unico sentimento. Si erano conosciute poco tempo prima, ma tra di loro c’era stata subito quella passione bruciante, quella voglia irrefrenabile di stare insieme e di fare sesso. Nude una di fronte all’altra, i loro sguardi si erano più volte incrociati. Patrizia la guardava diritta su tutto il corpo, mentre lei, come tutte le donne ancora incatenate a vecchi cliché, aveva lo sguardo quasi completamente fisso sugli occhi. Si erano incontrate, viste e conosciute per la prima volta in quella calda estate nella bella accogliente casa dei Gallotti. Ma tutto era nato nello stesso pomeriggio, in ufficio. In quel giorno, un giorno come tanti altri, i locali della società dove lavorava con Paolo Gallotti s’erano trasformati in una specie di personale privé, con racconti prevalentemente ammiccanti, intervallati da ammissioni, che le diedero l’opportunità di osare e al Gallotti d’invitarla, la sera stessa, a cena per presentarle la moglie. La luce bianca dei faretti era limpida, l’aria leggera e pregna di profumi scaturiti dai corpi infiammati dalla libidine: La Bravin aveva il cuore che batteva veloce per l’emozione, temeva di farsi notare a causa del rumore delle pulsazioni; si masturbava stando ben attenta a non battere i tacchi delle scarpe e scrutava ad ogni sussulto dei muscoli delle cosce i movimenti della Gallotti. Questa, ancora seduta al centro del divano tra la Bravin ed il Rimboni, poggiò la mano destra sull’addome riccioluto dell’uomo. Amava la peluria, nera e lunga. Amava i testicoli prorompenti, il pene poggiato sopra, e il glande roseo. Amava succhiare quella carne lunga e vellutata, e mulinare la lingua sul glande sino all’orgasmo suo, e dell’altro. Il Doppiaerre portò le mani dietro la nuca, inarcò il bacino ed indolente allungò le gambe nerborute: i calcagni strisciarono sul tappeto di lana -Non voglio fare torto ad una signora- le disse indicando l’amica dei Weaver.Patrizia Gallotti giocò ancora qualche attimo con la fitta peluria guardando fisso in faccia il Rimboni -Hai ragione, ma adesso non sono ancora convinta del tuo pisello- esclamò maliziosamente risoluta, e senza lasciare spazio ad alcuna replica tolse la mano dal pube del Doppiaerre. Il pene ancora floscio, dalla direzione dell’ombelico, si spostò sulla gamba destra la più lontana dalla donna. La Gallotti inclinando il busto verso il basso poggiò entrambe le mani a terra: per una manciata di secondi oscillò il sedere sul viso del Rimboni. L’uomo aspirandone il pungente odore, le schioccò un bacio direttamente sui genitali interni -Con questo mio bacio ti lascio ai giochi di Saffo- recitò aulico: per quell’unico tocco il pene si mosse all’istante andando nuovamente a puntare il centro dell’addome.La Gallotti ancora con le ginocchia sul divano e le braccia poggiate a terra si voltò indietro -Vado la lecco e torno- disse strizzandogli l’occhio, e a carponi si intrufolò tra la signora Weaver e la signorina Rossetti rivendicando l’invito -Alba ci avevo pensato prima io, vai dal tuo ex maritino che il suo pippolo ha tanto bisogno di te- disse strizzando questa volta l’occhio a Mirella Bravin: la donna ancora sdraiata sul divano accettò l’invito. La Weaver si adagiò di schiena e si mise in attesa con entrambe le mani sulle ginocchia divaricate sul petto: i piedi oscillavano portandosi in giro le scarpe scollate col tacco a spillo, profumava intensamente di eccitazione. Subito la Gallotti fu su di lei: immediatamente le cosce presero a stringere le spalle, i seni a strusciare contro gli addomi, le braccia e le dita a dilatare, la lingua a lappare le mucose per il piacere della bocca e del clitoride. Mirella Bravin scese immediatamente dal divano scegliendo di accucciarsi sul viso della Weaver, fra le gambe della amica Patrizia: sotto di lei aveva, il viso ed i riccioli vaporosi della signora Weaver e poco sopra la vulva e le natiche divaricate della moglie del suo collega Paolo, ornata dalle labbra spesse e scure. Assieme alla Weaver, più impacciata nei movimenti di lei per la postura, spalancò le cosce della Gallotti, e sempre assieme raggiunsero le profonde mucose, di un color salmone carico, stuzzicarono il clitoride in boccio, parzialmente scappucciato all’attaccatura delle grandi labbra, leccandola a turno.Per un po’ la Bravin partecipò attivamente spostandosi all’altro capo di quel duplice abbraccio allungando più volte la mano sotto il sedere della Weaver a cercarle l’ano, poi constatata l’assoluta sovranità dell’amica Patrizia su quegli sfinteri, desistette. Tornò a distendersi sul divano a gambe divaricate ed iniziò una lenta masturbazione. Raffaello Rimboni detto Doppiaerre, con il pene già eretto, le si fece vicino lusingandola con una profonda carezza al sesso: le mise un dito sul clitoride stuzzicandolo velocemente. Ma fu subito attratto dalla gocciolina di sperma secco che Mirella Bravin ostentava sulla gota sinistra -Con chi hai spompinato che non ti ho vista?- le chiese indicando il piccolo neo di sperma.Mirella Bravin rispose con flebile mugolio -Si, prima. In giardino con John Weaver–Parafrasando Oscar Wilde… Il pompino per la donna è la sintesi del piacere perfetto. breve ed intenso- recitò aulico continuando a masturbarla: con larghi movimenti del dito indice seguiva lentamente il perimetro delle grandi labbra glabre.-Ma non vi basta mai. Non ci basta mai, non siamo e non saremo mai contenti di quello che abbiamo e non abbiamo, perché?- s’arrestò per un attimo nella masturbazione -Perché dura troppo poco.-esclamò portando le dita intrise di umori alle labbra di Mirella Bravin. Lei le succhiò guardandolo interrogativa -Perché siamo alla ricerca di un piacere perfetto, non esiste o meglio solo momentaneamente esiste, tutto qui.-Mirella Bravin sogghignò e per un istante si soffermò a guardare, come fosse la prima volta, il sesso di Doppiaerre: i testicoli modellavano quasi alla perfezione lo scroto, il prepuzio era ormai troppo retratto per contenere l’esuberante glande violaceo.-Hai ragione, non ci basta mai. Difatti noi femminucce ci scambiamo anche la patatina, non lo sapevi?-Il Rimboni si alzò, e dopo averle appoggiato il glande grosso e gonfio sulle labbra aggiunse -Insomma, va dove ti porta il cuore… e dove vuole il cazzo. In fondo la vita è fatta per essere vissuta-Lo sguardo profondo, i capelli scompigliati, le labbra strette attorno al pene, Mirella Bravin, succhiò per alcuni istanti il pene assaporandone ogni stilla di liquido pre seminale: era cinta dalla gambe irsute dell’uomo che, accostate al busto, le sostenevano i seni verso l’altro costringendoli a cozzare l’uno contro l’altro. Di fronte l’addome ed il petto neri di pelo, si sfilò il pene di bocca: alcuna goccioline di saliva e umori le colarono sul collo e sul petto -Non avere paura del passato, ma buttati nel presente!- replicò seria alzando gli occhi: quel glande paonazzo era un invito troppo importante per annacquarlo con le parole. In silenzio aprì la bocca ed inghiottì il sesso del Rimboni: subito iniziò a risucchiare delicatamente il pene per tutta la lunghezza.-Sai che ti dico? C’è tempo per avere buon senso…- le sussurrò il Doppiaerre prendendole la testa fra le mani -Io continuo a provocare… ma se uno vive con il freno a mano tirato può vivere veramente?- disse iniziando ad accompagnare il dolce ritmo della fellatio.-=4=-Patrizia Vera in Gallotti, scossa da brividi di piacere, godette a lungo risucchiando senza sosta gli umori di Manuela Conti in Weaver: raggiunse l’orgasmo un paio di volte consecutivamente. E dopo ogni orgasmo rimase un lungo istante con la schiena inarcata fissando, con quegli occhi scintillanti, il sesso dilatato e rorido di umori e saliva della Weaver, la moglie dell’americano. Sorridendo, le distendeva le valve esterne prima di tornare a rituffarsi in quel mare caldo.Raffaello Rimboni messosi a sedere sul divano lasciò che Mirella Bravin s’inginocchiasse dinnanzi a lui, in mezzo alle sue gambe spalancate. L’amica dei coniugi Gallotti, con la lingua caldissima, iniziò a leccarlo partendo dal collo, sul petto, intorno ai capezzoli, velocemente, e poi più giù, intorno all’ombelico sino al pube dove rimboccò con furia il sesso, pene che le mani non avevano mai smesso di stringere in pugno. Seduta sul tappeto e con le spalle al divano, ad un passo dalle gambe del Rimboni, Alba Rossetti, l’ex moglie, si masturbava con gesti alquanto sincopati: prima piano poi sempre più velocemente, furiosamente, poi di nuovo lentamente. Solo un paio di autoreggenti trasparenti e verdi inguainavano le sue gambe splendide, i piedi piccoli calzavano scarpe di vernice dai tacchi esili e slanciati allo stesso tempo. La Weaver, il collo sorretto da un cuscino del divano, sempre sdraiata sul tappeto persiano, leccava, esplorava e accarezzava con la lingua, labbra, e le dita le gambe, le cosce di Patrizia Vera. La signora Gallotti s’adagiava morbidamente su di lei per tutto il corpo: i seni le premevano sulla pancia, la pancia premeva sui suoi seni, l’altra l’abbracciava tenendole strette e divaricate le cosce. Si concentrò sulle grandi labbra sode e sporgenti, tra le quali emergeva il clitoride rosso, infiammato. Il profumo era stordente: aiutata dal cuscino spinse il naso ad insinuarsi nella piccola fessura, insinuò la lingua fin dove poté.Mirella Bravin si voltò e vide un uomo non troppo alto, dalle spalle dritte, pene normolineo dirigersi verso di loro: era Cristiano Malvezzi che, a quanto sapeva, era stato in crociera con i Weaver. Camminava impettito, come se avesse dovuto penetrare tutte le donne lungo il suo cammino. Il Doppiaerre alzò immediatamente la mano destra per invitarlo ad unirsi a loro, e lo fece con la stessa vigorosa sollecitudine con cui aveva invitato l’amica dei Gallotti. Per un attimo lei provò un intensa voglia nei confronti del nuovo ospite: era sicura che se si fosse attaccata al pene di Cristiano Malvezzi, questi gli avrebbe eiaculato subito in bocca.Raffaello Rimboni fece l’invito -Dai, che la Mirella si sente sola-Cristiano Malvezzi avvicinatosi ai due si trovò alle spalle di Mirella Bravin accoccolata tra le gambe dell’ex marito della Rossetti: il sedere tenuto alto e le natiche divaricate e dischiuse lo attrassero immediatamente. Il sesso non era enorme, e il glande decisamente a punta di freccia, -Proprio un uccello da sedere- notò lei -Mi piacerebbe averti dietro- disse sorridente.Cristiano Malvezzi sorrise a sua volta e si inginocchiò dietro la donna. Poggiò la guancia alla natica: subito percepì il calore di quel corpo. Inspirò a pieni polmoni il forte profumo di donna: buttò immediatamente lo sguardo tra le natiche. Sorvolò l’ano fermandosi solo tra le rime interne della vagina, rosse e gonfie: estratta la lingua ripercorse il solco delle natiche fin oltre il perineo dove le valve depilate appena dischiuse brillavano umide.Mirella Bravin con grande sforzo cercava di tenere gli occhi aperti, ansimava, mugolava stringendo a se il bacino di Raffaello Rimboni: il pene quasi tutto in bocca, la lingua di Cristiano Malvezzi tra le sue natiche e sul sesso, il sapore di maschio sul palato le imponevano di tenere gli occhi aperti. Non poteva estraniarsi. Doveva godere con tutto: occhi e orecchie compresi. -Doppiaerre comportati da uomo e provaci con la donna che ti piace senza problemi. Se in passato ti è andata male non sperare che in futuro vada meglio così sarai sempre pronto ad affrontare il peggio… ma soprattutto ricorda il fine ultimo della vita per noi uomini duri: La sopravvivenza della specie- disse Cristiano Malvezzi sollevando per un attimo il volto luccicante di umori.-Vivi il presente, pensando al passato solo come esperienze che aiutano a crescere, non commettendo lo stesso errore, sognando il tuo futuro con la donna che presto capirai di avere accanto e non averla mai notata fino a quel giorno- chiosò Mirella Bravin con voce incerta e rotta dall’eccitazione. Gioiva platealmente, era esaltata e spavalda metteva in gioco tutta se stessa puntando tutte le sue fortune sulla sua ritrovata, fragile, solidità di donna; era sulla bocca di tutti la sua totale felicità davanti a quegli uomini che si concedevano a lei, che ansimavano e rantolavano il loro orgasmi per lei. Osservava con occhi spiritati Raffaello Rimboni che soggiaceva felice ed ansante sotto di lei ad ogni suo risucchio. -Vorrei tanto che tu mi venissi in bocca quando Cristiano è già dentro- gli disse prendendogli entrambe le mani abbandonate ai lati del corpo: erano sudate, ed anche le sue.-Va bene- disse piano il Doppiaerre guardandola negli occhi, poi buttando lo sguardo oltre la sua schiena catturò l’attenzione di Cristiano Malvezzi. Strofinò il pene madido di saliva sul volto di Mirella Bravin e rispose -Ma ricordati, non vivere mai l’amore come un sogno etereo da cui farsi travolgere. Rimani sempre coi piedi per terra e pensa prima di scegliere.- poi allargando le braccia ripropose glande alla donna: Mirella Bravin con un sorriso risucchiò in bocca l’intero sesso riprendendo la fellatio interrotta. Il Rimboni socchiuse gli occhi -Non tutte le persone vivono l’amore come una passione; certe lo vedono come un impegno, una impresa per la riuscita della quale è necessario il sacrificio e la fatica di entrambi. Meglio cercare questo tipo di persone. Sono le uniche di cui ti puoi fidare ciecamente-Cristiano Malvezzi in ginocchio dietro la Bravin manteneva le ginocchia flesse e ben divaricate per lasciar penzolare i testicoli ed il pene. Oramai il glande era fuori uscito completamente e le grinze del prepuzio erano state divorate dal turgore dell’asta. Si sollevò sulle ginocchia.-Per quanto mi riguarda si tratta di avere meno capacità di adattamento alla nuova situazione. Non tutti gli uomini saranno così, parlo per me. Le donne forse sono più intraprendenti?!- disse bloccando con la mano le fastidiose oscillazioni altalenanti del pene. La pelle del prepuzio si stava ritirando ed aveva quasi del tutto liberato il glande rosso scuro: aveva dovuto smettere presto il cunnilingus, perché così inginocchiato aveva sofferto per la crescente erezione.Mirella Bravin sempre accoccolata tra le cosce di Raffaello Rimboni replicò immediatamente -Secondo me, noi donne, siamo caratterialmente più brave a nascondere, e se otteniamo una delusione riusciamo quasi subito distrarci. Gli uomini sono più deboli perché avendo meno opportunità di noi d’essere avvicinati dopo una delusione la marciscono di più interiormente-Il Rimboni la guardava, fissandola, mentre avvampava, sicura ed eccitata. Poi presosi tra le dita il pene viscido di saliva intervenne sogghignando -Le donne solitamente hanno un livello di sopportazione del dolore molto più alto del nostro.- parlò con estrema calma. Con la mano completò più volte l’estensione e il conseguente arretramento del prepuzio: il glande era rosso e gonfio -Siamo noi uomini che a volte ci dimentichiamo che il dolore è la nostra forza più grande e di conseguenza non facciamo altro che lamentarci.-Il respiro della Bravin si era fatto pesante, un turbine di congetture libidinose ed euforiche le attraversavano la mente… -Dite così quando ce lo volete mettere in culo- commentò sarcastica, e per non mostrare il suo turbamento gli prese il pene velocemente in mano: quindi gli massaggiò l’asta lentamente tirandogli la pelle del prepuzio avanti e indietro.-Le donne, come diceva Freud, hanno la cosiddetta invidia del pene, e per questo motivo, quando questa invidia non è stata superata, come nella maggior parte dei casi, l’uomo va annientato in tutti i modi possibili, senza alcun ritegno o rispetto dei suoi sentimenti…- le sue dita scivolarono nel solco delle sode natiche -in particolare in questa epoca si è evidenziato questo comportamento, ed ecco il maggior numero di lamentazioni maschili rispetto a quelle femminili- lambì i bordi della vagina e né raccolse gli umori. -Se, paradossalmente, questo discorso fosse stato fatto un secolo fa, sarebbe stato esattamente l’opposto, nessun essere umano può sopportare l’annientamento morale…- disse Cristiano Malvezzi, bagnando l’ano della donna con il suo stesso muco. Mirella Bravin sospirò profondamente, voltò la testa indietro supplicando la penetrazione -Dai basta parlare, infilamelo su–Certo- rispose dolce Cristiano Malvezzi e le appuntò il glande allo sfintere.A quel semplice contatto la Bravin fu scossa da un orgasmo.Il Rimboni prese allora a masturbarsi freneticamente a pochi centimetri dal viso della Bravin.Cristiano Malvezzi spinse e lo sfintere si dilatò fasciandolo elastico: affondò profondamente nell’intestino della amica dei coniugi Gallotti. Volse lo sguardo verso il Rimboni che sotto la donna fissava la penetrazione, masturbandosi senza sosta. Spinse ed affondò ancor di più in Mirella Bravin che urlò di piacere. -Vengo, vengo!- urlò il Rimboni -Sto per venire!–Cristiano, Cristiano Fermati- urlò impazzita la Bravin: lui ubbidì diminuendo il ritmo. Il Rimboni fece appena in tempo ad appoggiare il pene sulla lingua della Bravin che eiaculò: appena il primo grumo dilagò in gola e sulla lingua, Mirella Bravin percepì una scossa elettrica che le fece inarcare la schiena e un fiotto liquido, che arrivò a bagnarle le cosce, le fuoriuscì schizzando dalla vagina. I fiotti del Rimboni, potenti, le finirono in bocca, sul viso, negli occhi: terminò con il leccarsi le labbra beata. Cristiano Malvezzi riprese allora a penetrarla lentamente e dolcemente: era una sensazione esaltante ed incredibilmente eccitante per lui che si stava controllando a fatica. Il pene perfettamente fasciato dai muscoli della Bravin pulsava procurandogli forti spasmi di piacere. La donna, con il viso poggiato sull’addome del Rimboni e con il braccio destro fra le gambe, si masturbava come impazzita gemendo a bocca aperta: le gote erano umide di sperma e saliva, gli occhi spiritati e il fiato corto. Cristiano Malvezzi capì presto d’essere alle soglie dell’orgasmo e né aumentò il ritmo. E così pure la Bravin smise di respirare per un attimo, evitò di tormentarsi il clitoride prima di sibilare il potente orgasmo che dal profondo dell’utero dilagò in tutto il corpo. Cristiano Malvezzi trattenne i fianchi della scatenata Mirella Bravin eiaculandole nell’intestino. Lei lanciò un urlo strozzato: fu come un colpo, accusò una scossa e un fiotto di liquido caldo e denso le risalì l’intestino.-=5=-Un lampo di incertezza s’era dipinto sul volto di Manuela Corti in Weaver, i suoi profondi occhi neri avevano cercato tutt’attorno, senza trovarlo, un suggerimento per il suo mal di schiena; poi aveva preso a malincuore una decisione: spinse di lato la Gallotti costringendola a staccarsi da lei -O tu adesso vieni sotto, o andiamo sul divano-Dopo qualche attimo Patrizia Gallotti si tirò in piedi non senza qualche difficoltà -Divano- scelse passandole di fronte: nel volgerle le spalle le strofinò volontariamente il sedere sul naso. La Weaver capì che l’amica sentiva il desiderio d’una penetrazione, e in particolare d’essere presa da dietro: sicuramente d’essere sodomizzata. L’aveva preparata bene umettandola di saliva e di umori vaginali, la Gallotti, del resto aveva fatto lo stesso con lei. Sorrise, facendole capire d’aver intuito i suoi desideri -Patty, aspettiamo? O li andiamo a cercare?-La Gallotti le lanciò un sorriso malizioso sedendosi -No, facciamo le lepri ancora per un po’- disse lasciandosi scivolare semi sdraiata sul divano: all’altro capo sedevano Cristiano Malvezzi e il Doppiaerre che ancora ansanti e sudati coccolano Mirella Bravin, Alba Rossetti invece giaceva inginocchiata ai loro piedi. Immediatamente fu attratta da un particolare dei collant indossati dalla amica dei Weaver: a cavallo della riga dell’autoreggente destro color smeraldo si presentava una grossa macchia di sperma, sicuramente colato dall’alto, con molta probabilità rigurgitato dall’ano. L’amica dei Weaver sempre in ginocchio sul tappeto, con gli occhi sbarrati all’insù, aveva divaricato le gambe per masturbarsi meglio penetrandosi con le falangi di tre dita: il doppio coito da poco consumato dalla Bravin, inginocchiata al suo fianco, l’aveva spinta oltre il limite del piacere, e quando lo ebbe raggiunto, l’apice del piacere personale, l’orgasmo fu così intenso che rantolò forte, urlando. Monica Weaver e Patrizia Gallotti dal tappeto erano quindi passate in pochi attimi al divano, sempre la Weaver sotto e la Gallotti sopra, la bocca dell’una premuta contro la vulva dell’altra: si tornarono ad udire solo i risucchi delle lingue e i gemiti di piacere. Ognuna faceva all’altra quello che al meglio poteva e sapeva fare: le labbra della vulva erano tenute aperte a mostrare le rosee e bagnate mucose vaginali, le dita si muovevano carezzevoli, la lingua leccava il clitoride e ogni tanto si fermava per allungarsi fino alle piccole labbra.Paolo Gallotti avvicinatosi al divano aveva udito le ultime parole di Cristiano Malvezzi – l’uomo secondo me, non si nasconde, non ha paura, non teme, i propri sentimenti, e se soffre a volte si confida, esterna… alcune donne invece, non vogliono farlo vedere, fanno le dure ma soffrono come noi, con il risultato che si sentono ancora più male, con tutte le conseguenze…- replicò asciutto.La Bravin, con la lingua, seguiva il perimetro del pene ancor floscio del Raffaello Rimboni, scendendo fino ai testicoli per poi tornare su ad ingoiarlo: le guance incavate, i capelli sudati e impiastricciati di sperma. Succhiava percependo e rispondendo alle vibrazioni intense di quel corpo maschile. Smise per un attimo e rivolta al Gallotti gli strizzò l’occhio -Tua moglie ti cerca, ti vuole- -Sta cercando un bel cazzo- spiegò piatto il Rimboni -E comunque non solo il tuo! Percui avviati, altrimenti se la potrebbe inculare qualcun’alto–E chi tu?- replicò sarcastico di rimando ricordandogli il suo pene floscio.-Io e il Cristiano, certamente no, non subito. Ma gli altri quanto potrebbero impiegare a venire fin qui dal giardino?-La Bravin rantolò oscillando la nuca sul bordo del divano -Si, ma che cazzo fanno tutti di la! Voglio farmi fottere!- urlò stringendo e tirando entrambi i capezzoli in avanti: sembrava volerli strappare. Cristiano Malvezzi sogghignò -Escludo si stiano inculando a vicenda in un bel trenino di froci–Scemi! Ma che schifo- lo redarguì scherzosamente la Bravin, e senza lasciargli il tempo di replicare tornò ad imboccare il sesso floscio del Rimboni: lo ingoiò più volte estraendolo velocemente dalla bocca. L’uomo ansava forte. La Bravin rizzato il busto lo osservò inginocchiata: il Doppiaerre stava semi sdraiato sul divano, la testa appoggiata all’indietro e le braccia aperte. Spossato sospirava mentre l’addome peloso danzava sospinto dal respiro veloce, sincopato. La peluria era lucida di saliva e le gambe, aperte, ospitavano al centro un pene in attesa, che ancora rivolto in basso verso i testicoli, sembrava chiamarla. -Allora vado!- esclamò Paolo Gallotti, e senza attendere alcuna risposta da Cristiano Malvezzi s’arrampicò sul divano, e riuscì con una acrobazia a portarsi alle spalle della moglie, sempre abbracciata a Monica Corti. Guardò attentamente le condizioni dell’ano infossato, come protetto, dal solco delle natiche. Queste erano tenute divaricate dalla Weaver, il viso incastonato tra le cosce della moglie dell’uomo sopra di loro, che sorridente le salutava: l’ano scuro spiccava in tutta la sua evidenza.La Weaver abbracciando letteralmente il sedere della Gallotti aprì al massimo le natiche della donna -Paolo guarda un po’ tu se ti sembra ben aperto?- chiese al marito dell’amica. L’ano non sembrava dilatato al punto giusto -Ora le diamo ancora un po’- decise l’uomo. E prima il Gallotti, poi la Weaver affondarono le dita nella vagina umida della signora Gallotti: una volta ritratte intrise di muco le massaggiarono l’ano. La donna leccò le piccole grinze e quando sentì rilassarsi lo sfintere alzò lo sguardo verso il Gallotti -Il dito Paolo- L’uomo introdusse l’indice sempre più in fondo stimolandola, la lingua della Weaver saettò nuovamente sulle grinze dell’ano dilatato dalle falangi, la Gallotti urlò di piacere. Immobili fissarono per un attimo come ipnotizzati il dito infilzato al centro delle natiche, la superficie nodosa delle falangi con la pelle distesa, non più contratta dell’ano: la loro eccitazione era incontenibile. Il via lo ricevettero dalla stessa Gallotti che in un fremito incontrollato godette all’improvviso schizzando un liquido acquoso e bianco sul viso della Weaver: il membro di Paolo Gallotti ebbe un fremito taurino. Spinto da un impulso incontrollato, appoggiò il glande tra le natiche sempre tenute divaricate dalla Weaver e spinse. Percepì lentamente aprirsi il varco, spinse ancora entrando un poco questa volta. La Weaver con un urlo improvviso strinse le mani divaricando ancor di più le natiche della Gallotti: la donna aveva ripreso a leccarla furiosamente. La Gallotti leccava e succhiava la Weaver e al contempo indietreggiava verso il marito per favorirne la penetrazione. La Weaver scossa dalla sollecitazioni di piacere tornò a sua volta a stimolare il clitoride della Gallotti con le labbra, la lingua ed il mento: arguiva che non era troppo presto per un altro orgasmo clitorideo e attendendo l’orgasmo anale voleva farla godere di nuovo e se possibile più intensamente: desiderava sentirla urlare di piacere, contrarsi sopra di lei e raccogliere gli sprizzi di muco in viso, tra i capelli riccioluti, in gola. Patrizia Vera in Gallotti sempre aggrappata alle cosce di Monica Corti in Weaver emetteva lunghi mugolii di apprezzamento. Nella più completa estasi ansimava e leccava, succhiava: i capelli sciolti si sollevavano lievi mossi dai fremiti del coito, la lingua spaziava tra le mucose, e gli occhi lucidi e grandi osservavano le copiose gocce di umori vaginali, che le profumavano il mento, la fronte, le gote. Smaniava, abbracciava forte la Weaver, sperando anch’ella in un orgasmo dell’amica. Aveva quasi fretta perché stava nascendo in lei l’orgasmo anale: lo percepiva imminente e molto forte.Urlarono tutti e tre. Anche il Gallotti ricevette le avvisaglie del proprio orgasmo: il pene si irrigidì ulteriormente e alla radice un formicolio l’avvertì dell’imminente eiaculazione. Ma non voleva lasciarsi andare nelle viscere della moglie, non erano soli. Non erano nell’intimità della loro casa e non era corretto nei confronti della loro amica escluderla dal suo orgasmo. Quindi uscito e liberatosi del preservativo porse il pene eretto a Monica Weaver. La donna agguantò il sesso con la sinistra; la moglie giratasi con un guizzo su sé stessa abbracciò guancia a guancia la Weaver dividendo con lei il pene del marito. In una frazione di secondo Paolo Gallotti eiaculò: lo sperma schizzò come impazzito sul petto e sull’addome della moglie. La Weaver immediatamente si gettò sull’amica, che in ginocchio tentava di imboccare il pene per recuperare gli ultimi singulti dell’orgasmo. Attorno a loro si stava creando un capannello di sostenitori: Cristiano Malvezzi masturbandosi li incitava, imitato dalla Bravin, che sempre seduta a terra si tormentava furiosamente il clitoride e dal Doppiaerre che sdraiato a carponi sul divano teneva entrambe le mani sui seni della amica dei Gallotti.Patrizia Vera in Gallotti sempre in ginocchio, il pene del marito e la lingua della Weaver sui capezzoli provò una nuova scarica adrenalinica: un nuovo e breve orgasmo la sconvolse. Colta da libidine cominciò a mulinare la lingua sul glande ormai sgonfio. Monica Weaver percepiti i gorgoglii e i profumi dell’orgasmo ficcò senza indugio il viso tra le cosce dell’amica. Il suo sedere alzato fu un perfetto richiamo per la Bravin: rotto ogni indugio incuneò il viso tra le natiche della donna che aveva di fronte a sé.-=6=-L’interminabile abbraccio speculare tra la Weaver e la Gallotti stava diventando l’amplesso principe della serata, il più emozionante, il più bello, il più delicato. Chiunque passasse loro accanto non poteva non notare la perfezione di quei due corpi femminili avvinghiati l’uno sull’altro in movenze squisite sincrone dove ognuna cercava la propria felicità e quella dell’altra.Mirella Bravin stava vivendo un esperienza eccezionale, così eccitante ma allo stesso tempo così terribile: avrebbe mai potuto tornare a vivere in un regime di semi astinenza? Ricordava ancora la sua prima volta nel godere delle gioie del sesso di gruppo, c’erano le luci di natale ed era stato un incontro strano, a tre con Paolo e Patrizia e non le era mai capitato di trovarsi immediatamente in sintonia con la più schietta promiscuità. Aveva accettato senza preconcetti il gioco maschile quanto quello femminile, sicura, che in quel rapporto tra amici la mente centrasse poco. E come era uso negli animali aveva teso l’odorato e il suo inconscio aveva subito riconosciuto ed accettato le forti spinte ancestrali alla copula allargata, al sesso per il puro piacere. Seduta tra Cristiano Malvezzi ed il Rimboni stringeva i loro sessi masturbandoli, il più fortunato era il Rimboni che standole seduto alla destra beneficiava di una stretta migliore e di maggiore manualità nei movimenti -Ragazzi riuscite a scoparmi tutte due assieme, intendo dire uno davanti e l’altro dietro?- aveva chiesto lei lasciando di colpo i loro sessi turgidi.-Perché No!- accettò subito Cristiano Malvezzi -vado a prendere i goldoni- disse alzandosi immediatamente dal divano. Si alzò anche la Bravin per permettere al Rimboni di sdraiarsi.-Sto sotto io- aveva spiegato aggiustandosi un cuscino dietro la testa -Così lui, che è innamorato del tuo culo, ti entra dietro–Eccomi- disse Cristiano Malvezzi di ritorno con i preservativi. La Bravin ne prese uno e inginocchiatasi davanti al sesso eretto di Cristiano Malvezzi aprì la confezione -Sei tu, vero che me lo metti nel culetto?-Cristiano Malvezzi strinse le natiche -Si certo, piacere mio- esclamò ed offrì il pene alla Bravin per la vestizione.-A te non lo metto- disse la Bravin rivolta al Rimboni -Se mi vieni dentro non succede niente ma se mi schizzi addosso mi piace di più- -Ok- rispose laconico il Doppiaerre e fattala sedere a cavalcioni su di sé la penetrò. La Bravin discese in un sol colpo sull’uomo toccando in un attimo il ventre peloso con le sue natiche ed il suo sesso liscio, caldo, glabro. Quindi si stese su di lui, orientando l’ano in favore di Cristiano Malvezzi.Il dottor Gabriele Robustelli, capelli ed occhi neri, mosse i primi passi nel salone diretto verso un tavolino basso ricolmo di bicchieri dove poggiò il suo piattino ormai vuoto -Capisci cosa intendo dire…- disse rivolto ad Osvaldo Faldoni -Qualcuno mi può spiegare come uscire dalla prigione dei ricordi e ripartire con una vita nuova?- argomentò portandosi ai lati della bocca un tovagliolino di carta- Sono tornato single da mesi e ora vorrei tanto sentirmi libero e invece la presenza dei ricordi con la mia ex mi distrugge ogni piccolo passo avanti che faccio- concluse amaro. Buttò il tovagliolo e senza perdere tempo si strinse il pene floscio fra le dita iniziando una lenta masturbazione: fece scivolare lentamente le dita lungo il sesso tirando la pelle del prepuzio verso il basso.Nessuno raccolse le sue parole, nemmeno Faldoni che gli stava accanto, erano tutti presi a godersi gli ansimi della Bravin. Cristiano Malvezzi aveva penetrato il retto della Bravin con qualche difficoltà, probabilmente per la presenza del Rimboni completamente affondato nella vagina, ma la sensazione che gli si era presentata fu subito fantastica. Cominciarono entrambi a muoversi con lo stesso ritmo provocando nella Bravin vere e proprie fitte di piacere. Prese a penetrarla stringendole a piene mani i seni, mentre il Rimboni la baciava profondamente con foga. Osvaldo Faldoni ancora per qualche un attimo fu ostaggio dalle evoluzioni erotiche di Mirella Bravin stretta in un duplice abbraccio.-Ma Gabriele, non siete rimasti amici? Intendo dire, non ci scopi neanche più?- domandò con fare ozioso giocherellando con pene floscio, spingendo avanti e indietro il prepuzio. Strinse gli occhi nel tentativo di recuperare i dettagli di quella copula: individuava a malapena il viso Raffaello Rimboni letteralmente seppellito dal corpo di Mirella Bravin; mentre Cristiano Malvezzi era il più in vista e il più libero nei movimenti: si spingeva senza fretta nel retto della donna. Il Palla, poco distante li guardava con intenso interesse: scuotendo la testa si masturbava lentamente fissando la scena.Il dottor Gabriele Robustelli rispose dopo un attimo: a sua volta era stato colpito da particolarissimo dettaglio esibito dalla tracimante Alba Rossetti. Aveva immediatamente notato la rotondeggiante macchia di sperma che la donna esibiva fiera sul retro della coscia destra, anche l’elastico sembrava essere stato baciato dal seme, difatti presentava un alone più scuro in corrispondenza della cucitura. La donna, accucciata sul ventre di John Weaver, avrebbe voluto ululare i propri orgasmi, ma qualcosa glielo impediva. -No, neanche una pompa! Nelle rare volte che ci sentiamo mi prende a pugni per il novantanove percento del tempo…Tu cosa faresti?- replicò quasi distrattamente il dottor Gabriele Robustelli: tutte le sue attenzioni erano sempre rivolte a Alba Rossetti, coinvolta anche da Flavio Giardini che alle spalle la sodomizzava furiosamente: spuntavano solo il paio di decolté di pelle lucida color smeraldo dal tacco di dodici centimetri e le ginocchia fasciate della autoreggenti del medesimo colore. Tanta felicità ed abbondanza però non poteva essere esternata da Monica Corti in Weaver, impossibilitata com’era a proferire il più piccolo vagito di piacere a causa del pene dell’architetto Giovanni De Andreis che le stava letteralmente occupando bocca. Il Palla sempre seduto sul pouf e senza smettere di masturbarsi replicò -Io aspetto… dicono che il tempo è un gran dottore…- accennò guardandosi il glande violaceo -Nel frattempo cerco di dare più valore alla mia vita, di fare cose per me, ed ovviamente di riflettere sugli errori commessi in passato per capire dove ho fatto degli errori. Il sonno della ragione genera mostri!- concluse distratto ormai dalla punta perfettamente lucida delle filanti scarpe color smeraldo dell’ex moglie del Rimboni: erano belle, come erano eccitanti i tacchi altissimi e la macchiolina di sperma assorbita dagli autoreggenti proprio al centro delle decolté.Monica Weaver in ginocchio e con il volto letteralmente sprofondato tra le cosce di Patrizia Gallotti non si avvide assolutamente del dottor Gabriele Robustelli: l’uomo dopo essersi portato alle sue spalle la sodomizzò. Le labbra della donna abbandonarono solo per qualche attimo il clitoride di Patrizia Vera in Gallotti: continuò a stimolarlo con le dita, mugolando travolta dal piacere della penetrazione anale. -=7=-Con quella notte di maggio inoltrato era arrivata di colpo l’estate. Mirella Bravin se ne era accorta camminando a piedi nudi in giardino, aveva tolto anche le scarpe: un velo di calore copriva il prato; sapeva che l’erba, invece di afflosciarsi umida sotto i piedi, pungeva tiepida la pianta dei piedi. Un gufo lanciò il suo lugubre segnale che la fece rabbrividire. Erano passate le due ed era già sabato: sperò che anche quel giorno fosse così perfetto come lo era stato il venerdì. Udì sulla ghiaia i passi di Fernando Grassini che di ritorno dalla cucina aveva in mano una brioche -La colazione è servita!- pensò vedendolo entrare nell’immenso salone attraverso la porta finestra che dava sulla superba siepe. A volte la situazione era dura da accettare, c’erano delle sere in cui si sentiva terribilmente sola ed aveva una gran voglia di stringersi a Paolo e Patrizia, di parlare con loro, e con loro raggiungere l’orgasmo, di sentirli dire che le volevano bene, perché di quello né era certa. Altre volte si diceva ch’era una pazza -Ti vedi con una coppia sposata, li desideri entrambi da morire e non gli hai ancora chiesto di andare a convivere assieme, pazza!- Per Mirella l’attrazione fisica in quell’amicizia era una componente troppo importante, e per lei ch’era stata moglie e donna tradita, per lei che non aveva saputo odiare l’altra donna di suo marito, desiderava essere amica e sposa di Paolo e Patrizia. Finì la bibita in solitudine e quando rientrò, erano tutti sul tappeto, attorno al divano. Il dottor Gabriele Robustelli seduto sul pouf con il preservativo ancora calzato stava attendendo che il pene si sgonfiasse: guardava affascinato la Weaver e la Gallotti strette in un abbraccio speculare; Alba Rossetti in ginocchio sul bel tappeto persiano ostentava con fierezza schizzi e grumi di sperma ovunque: sul viso, sui capelli, in bocca, sul seno, sul collo, sulla pancia e tra le natiche. Anche sulla coscia sinistra, questa volta sul davanti, sulle autoreggenti smeraldine baluginava il luccichio madreperlaceo dello sperma: lei di quando in quando si frizionava con l’indice ed il medio terminando l’operazione odorando estasiata le dita. Flavio Giardini, John Weaver, L’architetto Giovanni De Andreis, Cristiano Malvezzi e Il tirocinante Carlo Pelo, tutti stravaccanti attorno al lei, la guardavano riconoscenti: l’avevano a lungo intrattenuta, offrendole il loro sesso da succhiare, facendosi masturbare a turno, ed ognuno, dopo la penetrazione, l’aveva lusingata con getti di sperma caldo ovunque. Fece il giro dando un bacio e una carezza a tutti; a chi in bocca, sulla fronte, sulle natiche, sulla schiena: un sorriso di riconoscenza la illuminava. C’era tutt’attorno profumo di umori, saliva e di corpi in movimento. Mirella Bravin lesse negli occhi di Alba Rossetti il desiderio, il sogno, in quel caso realizzato, comune a molte donne e anche se troppo spesso inconfessato, di far godere più uomini al cospetto delle loro stesse compagne, gesto che aveva il potere di infondere straordinaria sicurezza e femminilità in tutte coloro che lo consumavano. Quel coinvolgimento la faceva sentire profondamente femmina e le consentiva di frantumare, giorno dopo giorno le soglie dell’imbarazzo. Limiti che credeva incrollabili, sorretti da rigidi tabù ma che appena superati i primi istanti di novità si sbriciolavano come terracotta. S’inginocchiò fra Fernando Grassini e l’ex marito dell’Alba Rossetti, e con il viso ancor sudato e solcato dallo sperma del Grassini prese fra le mani il pene del Rimboni portandosi immediatamente il glande paonazzo alle labbra. Con la lingua prese a massaggiarlo delicatamente, come poteva, tanto era scossa dai sussulti che Cristiano Malvezzi le procurava sollevandole da dietro il bacino. Un pensiero da qualche tempo la insidiava, come un tarlo le divorava giorno dopo giorno grammi di cervello -Avrebbe sposato i Gallotti?- Paolo carattere saldo, decisamente deciso, generoso e inclemente; Patrizia fragile e ruvida, intollerante e paziente. Dolcissima. Aveva provato a scacciare quella voce così insistente, ma l’idea di lei e di lui non si muoveva di un millimetro dai suoi pensieri, non si spostava: alla fine si convinse, alla fine capì ch’era giusto farlo. Quella doveva essere la sua normalità, la vita a tre l’apparteneva come lei apparteneva a lei sola. La sua mente non ce la faceva più a non chiamarli: Paolo e Patrizia. I pensieri che componeva per ammaliarli fluivano pigri ed irruenti, ed erano composti da parole innocenti, parole innamorate, parole libidinose. Quelle parole innocue si affollavano senza urgenza nell’urgenza, tra un passo e l’altro della sua esistenza, della vita che aveva deciso. Ad occhi spalancati si godeva il fulcro di quella piccola ammucchiata: l’epicentro era formato dalla Weaver e dalla Gallotti, quest’ultima ostentava un’aria di completo piacere malgrado stesse sforzandosi, spingendo verso l’alto il viso al centro delle cosce, sforzandosi di mantenere la bocca serrata sulla vagina traboccante di muco. E aveva a detta di tutti un sacco di manie. Se il mento le sporgeva troppo dalle cosce dell’altra di riflesso non avrebbe mai raggiunto l’orgasmo. Momento nel quale l’altra avrebbe dovuto tenerle divaricate le valve con entrambe le mani, appoggiare il naso sul clitoride e l’intera bocca sulla vagina senza fare una sola pausa per respirare durante le convulsioni più forti.Il Robustelli si alzò dal pouf -Ci siamo!- pensò la Bravin -Da chi andrà, chi sarà le fortunata prescelta?- L’uomo si sfilò con cura il preservativo e tenendolo con entrambe le mani per la punta e l’imboccatura lo svuotò fra i capelli e sulla fronte della Gallotti. Distribuì con cura il muco sulla testa della donna, anche se non ve ne era affatto bisogno: Quei bei capelli erano già abbondantemente umidi, constatò la Bravin continuando a succhiare il pene del Grassini. Il Robustelli si rivolse quindi alla Weaver -Ti sei ricordata di farmi la prenotazione?- il tono fu cordiale ma deciso, impostato e per nulla amicale: la donna sbuffò verso l’alto la solita ciocca di capelli riccioluti dalla fronte aggrottata. Quel sorprendente preludio, messo in atto da un uomo con pene teso e dal glande lucido, bloccò in quasi tutti gli astanti ogni gesto. La settimana precedente, il Robustelli aveva dato in acconto alla signora Weaver, per il periodo di settembre, per la crociera sul Tantra, e neanche il rumore inaspettato del videoregistratore che espelleva di colpo la videocassetta con il filmato porno, ormai conclusa, fu motivo di distrazione per quanti ormai attendevano la replica della Weaver. La Weaver lo puntò con i suoi penetranti occhi neri -L’ho fatto subito dopo che tu sei uscito- rispose decisa. Quindi la Weaver e la Gallotti si lasciarono, ansimanti per la fatica fisica della copula, ad un passo di distanza, si guardavano il corpo con ammirazione, i loro occhi accarezzavano il viso, il collo, i seni, il ventre, le cosce, la vulva dell’altra. La Gallotti divaricando la gamba destra espose ancora di più la vulva arrossata, dal clitoride turgido e arrossato per lo sforzo.-Perfetto, era ciò che volevo sentirti dire- borbottò il Robustelli fingendosi contrito per non essere stato avvertito subito -Vuoi ripetermene il periodo?- La Weaver sorridendo divertita dalla recita-Vieni che te lo ciuccio così stai zitto- disse portando le braccia dietro la schiena della Gallotti, sul sedere, tendendo le natiche e torcendo il busto a mostrare il solco, l’ano, le valve lucide, le rime sfrangiate penzolanti al centro. La Rossetti scoppiò a ridere: teneva le gambe elegantemente allargate, la vulva semiaperta era esaltata dall’elastico delle autoreggenti color smeraldo che spiccavano sulla pelle chiara, le gambe unite terminavano la loro corsa sulle scarpe in vernice dalla forma slanciata e di identico colore delle calze.La Gallotti, con il lungo collo bianco che emerse da un vaporoso ventaglio di cosce femminili, fece finta di concentrarsi sulla vulva della Weaver, senza perdere mai d’occhio la Bravin, della quale aspettava una qualche reazione per poi pronunciarsi.-Mi avrebbe fatto piacere sapere subito l’esito di quella prenotazione- proseguì il Robustelli recitando con pericolosa dolcezza la parte del cliente scontento.-Potrei forse sdebitarmi concedendole, che so… magari un pompino con l’ingoio?- propose generosamente la Weaver continuando nella recita. Negli occhi della Bravin nacque una scintilla divertita e la Gallotti si degnò di sorridere. Questa, accucciata ora sulla Bravin, prima recuperò dal pene di John Weaver un filo di saliva misto ad umori, poi passò alla vulva di Mirella Bravin penetrandola con la lingua. La Bravin dal canto suo si assicurò che le gambe di Alba Rossetti fossero divaricate al meglio e, con il pene del Pelo in mano, strusciò il glande sulle grandi labbra della Rossetti. Il Robustelli erettosi con il busto al di sopra della schiena della Weaver a carponi sopra la Gallotti esplose -Ti dirò una cosa, ragazza! La tua pompa non m’interessa. Non più delle tue seghe o delle tue leccate. In quella roba non c’è niente che mi soddisfi. Non c’è semplicemente… niente! Voglio invece il tuo culo- recitò teatrale.-Beh, io invece è il tuo cazzo che trovo un po’ fiacco- si lasciò sfuggire la Weaver.Da molto tempo, ormai, il gruppo di amici si era rassegnato ai curiosi giochetti verbali che la signora Weaver imbastiva con il suo medico di base. Il Pelo intanto aveva preso l’iniziativa penetrando Alba Rossetti nella vulva: l’uomo iniziò a spingere con foga, mentre, sotto, la Bravin ammirava il pene del tirocinante che si muoveva nella donna. Appena le era possibile leccava ora lo scroto dell’uomo, ora cucciava la lingua nel vestibolo vaginale della Rossetti. All’altra estremità, John Weaver aveva preso a penetrare, con altrettanta foga, Mirella Bravin: come l’amica, da angolazione capovolta, Alba Rossetti, ammirava la penetrazione dall’alto stuzzicando con il naso il clitoride di Mirella Bravin, leccando, di tanto in tanto anche il pene dell’americano. Il mento del Robustelli fremette di piacere. Si intuiva la lotta che stava sostenendo contro se stesso per essere moderatamente calmo ed accettare il gioco a discapito della penetrazione. La Weaver invece, a forza di stuzzicare con piccole strette, i sessi di Paolo Gallotti, Cristiano Malvezzi ed anche quelli di Flavio Giardini e Raffaello Rimboni riuniti attorno ad essa, si ritrovava con quattro membri in erezione da masturbare e pronti ad portarla all’orgasmo.-Spiegati- disse il Robustelli con voce sepolcrale inginocchiandosi alla sua destra: il glande era violaceo ed il pene dritto. -Oh, non ci sono parole, o si capisce o non si capisce- rispose la Weaver. Scelse quindi di accucciarsi su Raffaello Rimboni, disteso sul tappeto con la schiena appoggiata al divano: il pene entrò immediatamente nel retto -E’ un caso che tu adesso sia così in tiro-.Doppiaerre, sotto di lei la tirò a se afferrandola per i seni: le spalle nervose toccavano il petto ispido di peluria imperlata di sudore, i capezzoli costretti dal palmo delle mani spingevano verso l’alto. Cristiano Malvezzi inginocchiatosi in mezzo alle cosce della Gallotti e del Rimboni penetrò la donna; il dottor Gabriele Robustelli sospingendole il ventre sul viso le propose il pene fra le labbra, chiudevano Paolo Gallotti e Flavio Giardini che, inginocchiati ai lati, sussultavano in preda ai palpeggiamenti della donna. Mirella Bravin scoppiò a ridere felice, senza di loro non era più possibile vivere: Paolo e Patrizia le erano rimasti dentro con la consapevolezza di averli sempre voluti, desiderati. Erano rimasti perché non esistevano strade diverse, dopo di loro nessuna strada; attenzione, pericolo! L’era tornata appieno la forza di vivere. Proprio in quell’istante Raffaello Rimboni raggiunse il massimo della sua eccitazione ed iniziò a schizzarle tutto il suo sperma in bocca, ora non più interessata ai lazzi del dottor Robustelli, ma solo in attesa del getto bianco. Anche Fernando Grassini aveva scelto di concludere regalando il suo orgasmo alla nuova ospite. Quando capì ch’era andato oltre una blanda masturbazione e che volente o nolente l’orgasmo pretendeva la scena. Non poteva assolutamente eiacularsi tra le dita: stringendo il pene alla base si diresse svelto verso il gruppetto composto da Mirella Bravin, Cristiano Malvezzi e Raffaello Rimboni: arrivò nell’istante in cui l’ex marito della Rossetti stringeva le natiche in preda all’orgasmo. Il Doppiaerre, sotto a tutti, spinse a fondo e verso l’alto lanciando un urlo: schizzò diversi getti di sperma nel corpo della Bravin. I mugolii della Weaver erano altissimi nonostante il pene del dottor Gabriele Robustelli le ostruisse in definitiva la bocca. Iniziò a schizzare umori che colarono sul pube di Raffaello Rimboni mentre il medico continuava nella sua finta reprimenda -Perché la signora non apprezza un cazzo in culo? Il massimo piacere è forse per te prenderlo solo davanti, in fica e con moderazione, oppure in bocca e senza ingoiare? Che cosa vuol dire? Che sei femmina solo per metà?-Raffaello Rimboni che sdraiato sotto la donna la stava sodomizzando sorrise -Credo di poter promuovere la signora-Sentite quelle parole, La Bravin inghiottì un succoso grumo di sperma spurgato dall’ano della Rossetti al quale seguì una furiosa leccata alla vulva. Il dottor Robustelli rigirato verso l’ex moglie del Rimboni la guardò a bocca aperta -Tu si, che sei una donna da sposare–Gabriele, parla per te!- esclamò la Rossetti, che aveva avuto il tempo di riprendersi dalla penetrazione e dalle attenzioni della Bravin. Paolo Gallotti e Cristiano Malvezzi intanto avevano appena convinto la Weaver ad abbandonare il pene del Rimboni e sempre su loro consiglio, messasi a carponi, li aveva lasciati fare prendendo immediatamente a succhiare Flavio Giardini: Il Gallotti preferì la vulva, il dottor Robustelli il retto e il Malvezzi, affiancato al Rimboni, si offrì per la bocca. I primi schizzi di sperma furono del Robustelli, che ansante non poté far altro che eiaculare sul sedere e sulla schiena della donna: Flavio Giardini rilevò immediatamente la posizione e con estrema soddisfazione della Weaver le entrò nel retto. Il Rimboni ed il Malvezzi raggiunsero l’orgasmo praticamente all’unisono puntando le gote, la bocca, la fronte ed il viso tutto della padrona di casa.-=8=-Ora, la Weaver, umida di sperma e dall’alto dei suoi tacchi a spillo, s’era avvicinata traballante alla Rossetti -Alba ti voglio- le aveva detto perentoria, ma prima di allacciarsi specularmene con lei prese a leccarla raccogliendole di dosso tutto lo sperma. Il Palla s’era da poco ripreso dall’orgasmo che aveva avuto agio di eiaculare sul viso e sulla bocca di Mirella Bravin: questa messasi a carponi davanti a lui lo attendeva trepidante -Dai Scopami che sei già, li, bel pronto- gli diceva per incitarlo.-Sei bellissima Mirella, ti vedo una favola- la lusingò la Gallotti, mentre con un colpo di reni, seguito da potenti mosse pelviche, Fernando Grassini detto Il Palla cominciava a penetrare la Bravin -Dopo mi devi raccontare tutto–Si, dopo da sole a sole- rispose Mirella Bravin urlando la sua eccitazione mentre Fernando Grassini uscito per una frazione di secondo era rientrato in lei scegliendo questa volta l’ano. Entrambi ansimavano ed urlavano per i rispettivi ansimi di piacere: il Palla sembrava di nuovo pronto ad eiaculare. Eruttò dopo una manciata di secondi sei fiotti di sperma caldo, per una buona metà schizzati nell’intestino i restanti spalmati tra le frementi natiche della donna. Questa, sempre a carponi, urlava godendo del sopraggiunto orgasmo anale, quando inaspettatamente venne onorata da Flavio Giardini che a sua volta la penetrò in un solo colpo: l’ano ancora dilatato e pregno dello sperma del Palla favorì una fluida ed immediata penetrazione.-Scusa ma non ho potuto resistere.- le disse con molto tatto Flavio Giardini -Se non vuoi esco, Oppure se vuoi ti scopo davanti–No, no ti pare- urlò la Bravin -Continua- e i suoi incitamenti a muoversi, sempre più forte, divennero urla quando capì che Flavio Giardini si stava approssimando all’orgasmo: il pene si ingrossò dentro di lei, le spinte divennero meno fluide e le mani dell’uomo le strinsero forti i lombi. Il segnale ultimo fu il pube peloso contro le glabre natiche, il tocco improvviso dei testicoli oscillanti sulla vulva e i seni stretti a morsa dalle mani del Giardini. L’uomo sibilando le riversò, in una teoria di singulti che a lei parve infinita, caldo sperma viscoso nell’intestino: la donna fu letteralmente sconvolta dal piacere, l’adrenalina la sconvolse a tal punto da continuare la penetrazione con le sue stesse dita dopo che l’uomo se ne fu staccato, pure lui stravolto. -Mirella, vedo, ti piace particolarmente farti inculare?- constatò con una domanda scontata Monica Corti in Weaver. La Bravin ginocchio tra L’architetto Giovanni De Andreis e Cristiano Malvezzi sdraiati sul tappeto fermò per un attimo i movimenti altalenanti su i due peni, strizzandoli leggermente -E’ piacere quasi nuovo per me. Uno dei motivi di quella cosa che sai è anche questa.- nel dirlo le natiche si contrassero spasmodiche rilasciando un ulteriore grumo di sperma.-Lo immaginavo- disse la Weaver strizzandole l’occhio complice -Mi racconterai poi- accennò sicura che la Bravin non facesse piacere rivelare particolari intimi del suo divorzio con tanta facilità. Un attimo dopo, Alba Rossetti, in preda ad un raptus sfrenato le si sdraiò sotto il sedere interrompendo quel breve scambio di battute fra la Bravin e la Weaver: applicò immediatamente le labbra nel solco delle natiche risucchiando lo sperma che sgorgava copioso dall’ano.La Weaver capì subito che malgrado l’eccitazione sfrenata della sua amica più cara: quel gesto era stato intenzionale, strumentale per mettere la donna nelle condizioni di non rispondere. Mirella Bravin dal canto suo, incerta sul viso della Rossetti, si sdraiò sopra la donna abbandonandosi a mille carezze e infiniti risucchi. la Rossetti aderiva speculare al suo corpo: lo sentiva, caldo, morbido, avvolgente. Allargò, si lasciò divaricare ancora di più le gambe, lasciando che si aprissero generose. Ripercorse con le dita le natiche della Rossetti ed il solco, accarezzando la pelle: anche la sua pelle, umida, era accarezzata da piccole gocce leggere. Lentamente la sfiorò, la Rossetti fece altrettanto. Appoggiò meglio la nuca al cuscino, che John Weaver premuroso le aveva passato, respirando il profumo del sesso rorido sotto di lei e dei suoi capelli ancora bagnati di muco. Cinse con le labbra il clitoride svettante: le natiche della Rossetti ebbero un fremito. La bloccò sotto di lei cingendole le braccia ai fianchi. Chiuse per un attimo gli occhi. la Rossetti si stava contraendo nelle fasi precedenti l’orgasmo. Udiva il proprio respiro, aspettava il prossimo gesto dell’altra. La Rossetti giocava con la Bravin: la sua bocca scivolava fra le gambe, mentre un calore leggero ed intenso le accarezzava la pelle. La Bravin percepì l’eccitazione dell’altra sulle gote, i suoi pensieri e il suo piacere fondersi in un gioco irresistibile con quello dell’altra. Ad un certo punto Alba Rossetti fu distratta da John Weaver, che accosciato vicino a loro si stava masturbando scambiandosi commenti con Carlo Pelo: iniziò a guardarli intensamente. Ma dopo un attimo quegli stessi occhi, che vivevano il godimento della Bravin come fosse stato il proprio, tornarono su quel corpo di donna aperto sopra di lei. Scivolando sulla pelle viscida di muco e saliva il respiro si ruppe e le labbra si aprirono liberando un gemito soffocato. Scivolarono anche le dita della Bravin nell’intensità delle carezze. I corpi si tesero e d’istinto si aprirono spingendo i rispettivi sessi verso quei visi arrossati, a regalare piacere. La Bravin si sollevò aprendosi sulla Rossetti inarcando la schiena. Il bacino si mosse seguendo il respiro. Quindi di nuovo affondò il viso tra le cosce della Rossetti e per qualche istante percepì solo il corpo dell’altra. Il proprio desiderio, lo sguardo della Rossetti. Il piacere inarrestabile e intenso scivolava piano sulla pelle dell’altra.Mirella Bravin che s’era accorta di quell’attimo di distrazione della Rossetti per il pene marmoreo di John Weaver, le introdusse un dito nell’ano. La Rossetti iniziò muoversi favorendo la penetrazione guardando dritto negli occhi l’uomo: -Che intenzioni hai?-John Weaver non disse nulla e per tutta risposta le infilò il pene in bocca.-Mirella posso?- disse Il tirocinante Carlo Pelo rivolto a Mirella Bravin all’altra estremità dell’abbraccio.-Si può forse rifiutare?- rispose appena un attimo prima di imboccare il pene.-=Epilogo=-Alle sette del mattino la grande villa era immersa nel silenzio. Mirella Bravin scesa dal reparto notte aveva richiuso la porta fermandosi nell’ingresso. Regnava il silenzio. Manuela Weaver, suo marito John ed Alba Rossetti dormivano nella loro grande camera. La sua più grande amica Patrizia Gallotti con suo marito Paolo dormivano nel salone. I capelli della Gallotti sembravano fissati dal gel, dormiva sul divano tenendo le gambe divaricate e lasciando la vulva in bella mostra. Paolo Gallotti le dormiva beatamente accanto sull’ampio divano dove prima aveva riposato anche lei. Avevano scelto di tenere ancora un po’ il profumo di sesso addosso, solo gli altri ospiti, in partenza per le loro case, avevano accettato l’invito per una doccia.Si sarebbe potuta dire una mobilitazione generale affinché la Mirella Bravin avesse potuto decidere in pace -Siamo pronti a prenderti con noi…- Davanti a lei, le scale che salivano sino alla camera di John, Manuela ed Alba e alla stanza da bagno. Di fronte, la cucina, con i resti della colazione fatta da tutti all’alba, e la siepe verde, che faceva la guardia dietro la finestra. A sinistra, la sala, la lunga nottata, le scopate e la gioia di quei momenti, tutto.La porta era socchiusa. Sul divano, Paolo sembrava leggere il giornale, ma in realtà dormiva. Qualche giorno prima era andata a trovarlo nel suo ufficio ed era trionfante, raggiante. Era sua e di Patrizia pur restando se stessa e, se qualcosa era cambiato, era cambiato in meglio. Ma ora che Paolo e Patrizia avevano detto -Noi- lei guardava al futuro con maggiore fiducia. Appoggiandosi al corrimano, cominciò a salire le scale. Doveva Parlare! Raccontare tutto a qualcuno. Chiedere consiglio. Ma conosceva già le risposte! Chiunque avrebbe visto unicamente la non liceità d’una unione a tre. Il resto, altrettanto importante, la festa, la loro intesa, la gioia, il sesso senza costrizioni, non potevano capirlo. Era la sola a poter decidere, oltre a Paolo e Patrizia.Aperta la finestra del bagno ricevette in pieno viso una sferzata d’aria umida. In campagna, l’alba era quasi palpabile. Ripensò a come aveva lasciato la sua casa, con le cose sparse un po’ dovunque: da quando Patrizia l’aveva invitata per la sua prima vera orgia, era tutto in disordine, come se la sua vecchia vita stesse andando in disuso, morendo. Aveva l’impressione di tradire tutti gli affetti della prima Mirella. Ma Paolo e Patrizia aspettavano la sua risposta: che anche lei dicesse -Noi-. Le domandarono se lei li amava abbastanza -Non appena potrai, siamo pronti a prenderti con noi. Non appena potrai…-Volevano forse dire quando sarei diventata di nuovo single con il divorzio in mano, di lì a sei mesi?- Si era sentita donna piena ed ora sembrava voler tornare donna a metà. Era possibile amare così tanto e avere così tanta paura di dire sì? Era un pensiero fugace. Ricordava di un frusciare leggero, in cucina. Il profumo la inebriava ancora adesso, sentiva la pelle vibrare. Era lì che Patrizia le aveva teso le braccia. Proprio davanti a lei, avvolte da una caotica cucina, il profumo di cibo era davvero buono e sembrava volerle distogliere. I capelli di Patrizia erano come appiccicati alla fronte, sudati forse, sicuramente bagnati dello sperma di Paolo. Rideva di gusto a bocca aperta. Ricordava i denti, i denti di Patrizia che avevano appena sfiorato la tenera pelle del pene di Paolo. Su quelle labbra, e sulle sue, brillavano ancora goccioline di sperma bianco. Paolo e Patrizia saltellavano davanti a lei, quasi fossero impazziti. Nel preparare la cena saltellavano da destra verso sinistra e viceversa senza avvicinarsi a lei d’un passo. -Guardami in viso- le aveva chiesto ad un certo punto Paolo. Lei aveva alzato lo sguardo e lui altrettanto aveva alzato le mani a massaggiarle, reggerle i seni. Aveva sorriso, e lui aveva fatto lo stesso, da dietro le spalle, si sentiva la risata, calda, amichevole di Patrizia. -Siete sicuri?- Così, scioccamente aveva chiesto ad entrambi: lui aveva annuito, lei aveva continuato a ridere, ma risata che, si era fatta sempre più amorevole, si tramutò nel più dolce delle conferme. Aprendo la porta del bagno, sentì come una voce che la chiamava. Allora scese lentamente le scale fino al salotto, si coricò in mezzo a Paolo e Patrizia ancora addormentati e dalla pelle ingentilita ovunque di residui di sperma, secco e fresco, chiuse gli occhi. Respirando a pieni polmoni rispose all’appello: l’effetto fu quello di un vento leggero profumato di sperma e umori lungo una spiaggia. Ora poteva parlare di felicità!
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