Non mi danno fastidio le manette, anzi, ci sono abituata. Certo, una ragazza come me, che fa questa professione, prima o poi, si abitua anche alle manette. Mi chiamo Sheila Brown, faccio la ladra di professione. Sono cresciuta in uno dei quartieri più degradati di tutta l’America: Harlem. Avete presente? Il quartiere delle persone di colore, dove puoi scegliere se fare il delinquente o farti ammazzare dai delinquenti. La mia vita è stata molto variegata, a quattordici anni, ragazza di strada, mi si è posta una scelta davanti a me: o fare la prostituta o andare a rubare. Io ho optato per la seconda possibilità. Anche se non nego di aver concesso tutto il mio corpo a qualche pezzo grosso, bianco ovviamente, in cambio di libertà e permessi. In pochi anni ho girato da vagabonda quasi tutti gli states, sempre con le mani nei portafogli altrui. Dura la vita per una ragazza di colore che si fa notare solo quando indossa vestiti attillati ed aderenti. Stavolta ho fatto una cazzata, o meglio, la sfortuna ci ha messo del suo, il che ci riporta al perchè stia indossando un bel paio di manette. Ho cercato di svaligiare la casa sbagliata. Ma che ne sapevo io che quella era la casa di un giudice del Texas? A me sembrava la solita villa con piscina, già pensavo a quanta roba potevo arraffare e a chi avrei potuta venderla, ed ecco che dal nulla spunta un sessantenne con una doppietta in mano. “E tu, chi cazzo sei?” mi apostrafa lui armando il fucile. Indossa una vestaglia di raso, si vede che si è appena svegliato, ma non è per nulla intimorito dalla mia presenza, come se fosse abituato a trattare persone della mia risma, brutto segno penso tra me e me. “Stai calmo nonno, che ti viene un infarto” rispondo io nel mio solito completo da lavoro. Pantaloni neri e top nero, il tutto super aderente, che si adatta perfettamente al mio metro e settantacinque di pelle nera, praticamente al buio sono quasi invisibile. Sono scaramantica, prima di ogni colpo indosso sempre le stesso cose, compreso il perizoma blu e niente reggiseno. Si vede che stavolta non è serata. “Nonno un cazzo, puttana nera, credevi di fottermi e invece sono io che fotto te” Si avvicina e mi punta davanti agli occhi il grosso fucile. Da vicino le due canne incutono timore. I due fori da dove escono i pallettoni sembrano il sedere di una prostituta dopo il passaggio di una squadra di calcio senegalese. “Ehi, dai, cosa vuoi fare? Scommetto che potremmo tranquillamente accordarci per una soluzione piacevole per entrambi” Così dicendo inizio ad accarezzarmi il top all’ altezza del capezzolo, che subito si indurisce, scosto il top quel tanto da fargli capire che sotto non ho nulla e poi la mia mano si sposta lentamente in mezzo alla gambe, spinge contro l’ inguine, mentre faccio ruotare lentamente il bacino, mimando un ditalino. Già che ci sono emetto una paio di gemiti fievoli, tanto da far capire al nonno quello che potrebbe succedere. Il nonno sembra riflettere un momento, poi si sveglia dal suo torpore con un sorrisino. Deve essergli passato nella mente che una trentenne come me non se la potrebbe mai fare e quindi per lui il gioco vale la proverbiale candela. Ancora una volta faccio lo sbaglio di pensare di potermela cavare. “Spogliati lentamente puttana” Mi dice lui, sempre puntandomi contro il fucile. Ok, penso, fin qua tutto bene. Se me la gioco bene riesco a fargli venire un’ orgasmo solo a guardarmi, quindi potrei approfittare della situazione per stordirlo e scappare. Voglio giocarmela al meglio e quindi decido di fare un vero e proprio streep tease. Mi slego i capelli, nero corvino, lunghi e ricci, ricadono sulla mia schiena e davanti al volto, ciondolo un po’ la testa mentre con le mani mi afferro i seni e li stringo. I capezzoli turgidi spingono contro il tessuto nero. Inizio a sfilarmi il top. Quando questo arriva all’ altezza del seno mi giro mostrando al mio nuovo amico la mia schiena, nera ebano, perfetta. Mi chino a novanta e i pantaloni aderenti mettono in risalto le mie due natiche, tonde e sode. Mi rigiro verso di lui, con le mani che coprono i seni e lentamente le discosto. Porto una bella terza. Ho dei capezzoli molto lunghi che ora sono perfettamente eretti e duri. Continuo un po’ a stuzzicarli e poi lascio ricadere le mani mettendo in mostra le mie tette. Saltello leggermente, per fargliele ballare davanti, con le mani racchiuse a schiacciare l’ inguine. Non è la prima volta che mi capita una situazione del genere, quindi so per esperienza come comportarmi, ho imparato nel tempo a raffinare la mia tecnica, un po’ come con i furti. Peccato che non sempre vada bene. Il mio sguardo corre dalla sua mano che sempre saldamente tiene il fucile, al suo inguine, per vedere se c’ è qualche reazione. Subito penso che sia impotente o qualcosa di simile, ma poi mi accorgo che sotto la vestaglia scostata, all’ interno dei boxer da milionario, si sta velocemente svegliando qualcosa. Inizio a rilassarmi anche io. Mi inginocchio per togliermi calze e scarpe. Poi scosto i pantaloni ed infilo la mano dentro il perizoma fino a toccarmi il clitoride. Inizio a sgrillettarmi davanti a lui, con movimenti regolari del bacino, due dita che stringono il clitoride. Godo davanti a lui, vorrei che venisse senza bisogno di scoparmelo, ma per essere pronta anche a questa evenienza è meglio se me la tocco un po’ io, così da bagnarla e renderla pronta al pene del mio amico. Lentamente una vampata di calore risale il mio corpo e sento la mano che inizia a bagnarsi dei miei umori. Con un po’ di dispiacere lascio stare il mio clitoride per continuare lo streep. Mi succhio davanti a lui le dita bagnate dai miei umori. Poi mi sfilo lentamente pantaloni e perizoma, restando completamente nuda. Mi giro di nuovo e di nuovo mi metto a novanta. Mi accarezzo un po’ la figa che subito inizia a sbrodolare, il liquido vaginale mi cola, caldo, tra le gambe. Poi, al massimo della troiaggine, sempre a novanta, con le mani apro il mio sedere mettendoglielo praticamente davanti al naso. Se non è proprio un rincoglionito, non può non aver notato che il mio sederino è ben lontano dall’ essere vergine. E’ come se lo invitassi a farsi un’ altro giro gratis su di me. Paghi uno e prendi due. Quindi mi rigiro verso di lui in attesa di cosa potrebbe succedere ora. Speravo che venisse da solo, invece credo che dovrò proprio farmelo. Lui è in piedi davanti a me, sempre con il fucile in mano. Ora si è tolto la vestaglia, mettendo in mostra un fisico ben tenuto per i suoi sessantanni. il pene spinge violentemente contro i boxer inarcuandoli in una maniera quasi comica. “Toglimeli” mi dice. Mi avvicino a lui per sfilarglieli, ma mi fa: “Che cazzo fai, puttana? inginocchiati e sfilameli con la bocca. Non osare toccarmi con le tue sudice mani” Mi inginocchio davanti a lui, mani dietro la schiena, un fucile che mi guarda minaccioso. Inizio a sudare e a sentirmi preoccupata. Ho paura di essere finita nelle mani di uno psicotico, ma finchè ha il fucile è lui che comanda. Con la bocca gli afferro i boxer e li tiro verso il basso. A fatica riesco a sfilarglieli, tirando fino a farmi male la bocca. Un bel cazzo salta fuori. Abbastanza lungo per essere un bianco. Nessuno si offenda, ma di solito vado con gente del mio colore e sono tutta un’ altra misura. Comunque, il nonno ha davvero un pene notevole. Abbastanza lungo, soprattutto largo. Già durissimo e perfettamente eretto. Di nuovo mi si accende una illusoria speranza. Forse bastano pochi colpi di bocca e il lavoro è finito. Fanculo se dovrò riempirmi del suo sperma. Fanculo ai suoi soldi e alla sua casa. Voglio solo uscirmene viva. Quasi neanche mi rendo conto che mentre gli stavo sfilando i boxer con la mano mi stavo masturbando freneticamente, come per darmi conforto e coraggio. Ho quasi creato un lago sul pavimento. “Ora lecchi quello che hai fatto” mi fa lui puntandomi il fucile sulle tempie. Lo guardo dall’ basso all’ alto, con gli occhi pieni di paura e terrore. Lui se ne rende conto e la cosa lo eccita ancora di più, aumentandogli ancora l’erezione. Non ho scelta mi metto a quattro zambe e lecco il pavimento. Come una cagna assetata succhio tutti i miei umori. “Brava, ora torna in ginocchio” Quando sono in ginocchio mi avvicino con la bocca al suo cazzo durissimo. spero che mi faccia fare un pompino, voglio fargli un pompino! Voglio farlo venire, voglio che sborri e mi inondi! Tutto, basta che la smetta di puntarmi quel fucile carico addosso. Apro la bocca per accoglierlo, con la lingua mi inumidisco le labbra, ma lui con una pedata mi butta a terra. “Stupida, che cazzo fai? Non osare neanche a pensarlo di potermi toccare. Prendi in bocca la canna del fucile e succhiala come se mi stessi facendo un pompino” Così dicendo si accomoda su una poltrona e mi punta il suo fucile davanti alla bocca. Sono in balia di un pazzo psicopatico! Mi avvicino alla canna, gli occhi pieni di paura e lentamente inizio a prenderla in bocca. Mi sforzo di pensare che sia solo un pompino. Chiudo gli occhi e succhio. Il freddo metallo a contatto della mia bocca. Le sue dita stringono il grilletto, intanto con l’ altra mano se lo sta menando. Non oso pensare che cosa potrebbe succedere se venisse proprio ora. “Succhia più veloce, troia.” Aumento il ritmo, sento le canne del fucile raschiarmi la gola. Intanto lui se lo mena più velocemente. Io succhio veloce, lui se lo mena più veloce. Rallento io, rallenta lui. E’ come se gli stessi facendo un pompino attraverso il fucile. Come colto da trance emotiva smette di masturbarsi un attimo prima di venire. “Ora stenditi per terra e apri bene le gambe, svelta” mi fa lui con voce rotta dal piacere quasi imminente. Sembra che stia per scoppiare. Voglio solo che finisca tutto. So già cosa sta per succedere e non voglio che succeda. Inizio a piangere e a supplicarlo. Gli dico che farei qualsiasi cosa ma non questo. Vuole scoparmi in culo? Prego, lo faccia pure. Vuole venirmi in bocca? Bene sono pronta a ingoiarla tutta. Ma non questo. Lui ride delle mie lacrime e spingendomi con il fucile mi butta a terra. “Eri tu che volevi accomodare la questione o no? Io la voglio accomodare così. Ora sbrigati e fai ciò che dico” Mi corico sul freddo pavimento, apro le gambe inerme. Il fucile punta subito verso il mio culo. Gli dico di fare piano, sono completamente asciutta. Lui si piazza vicino a me, in ginocchio. Spinge le canne fino a quando non riescono ad entrare nel mio sedere e poi me lo infila dentro nel culo. Un grido enorme mi viene strappato. Il dolore è immane. Sto pezzo di stronzo mi sta scopando il culo con un fucile. Lo muove sempre più velocemente. Lo infila dentro più in fondo che può. Piango dal male. Ho paura che mi rompa qualcosa. Poi di scatto lo ritrae e veloce lo mette davanti. Ho il culo rotto, brucia, me lo sento largo ed aperto come quello di una puttana. Inizia a scoparmi anche la figa, con la stessa violenza di prima. Cerco di assecondargli i movimenti col bacino. Non penso a niente, provo a rilassarmi, sento di bagnarmi un’ altra volta intensamente. E poi incredibilmente vengo. Non una, ma ben due volte. Due orgasmi violenti, come delle fucilate, se volete scusarmi il gioco di parole. Inarco la schiena violentemente. Scopata con un fucile. Mi godo i due orgasmi senza riuscire a trattenere dei gemiti di piacere. Il mio aguzzino se ne accorge e aumenta i ritmi per poi placarli insieme ai miei sussulti di piacere. “Visto che non era così male, troia?” Mi fa lui rialzandosi. “Ora inginocchiati e tieni ben aperta quella cazzo di bocca” Il fucile è pieno dei miei umori, cola. Lui in piedi lecca il fucile, segandosi ferocemente il cazzo, mentre io in ginocchio, a bocca aperta, aspetto il suo sperma. Dopo una manciata di secondi viene. Un getto di sborra calda mi colpisce in pieno viso, un’ altra mi centra la bocca e io la ingoio tutta e un’ altra la percepisco perdersi tra i miei capelli. Poi per venti secondi è tutto un susseguirsi di piccoli getti di sborra calda, negli occhi, sui seni, nei capelli. Ho il viso inondato dal suo sperma. Mentre il suo furioso orgasmo si placa con gli ultimi schizzi mi dice di leccarla tutta e di pulirmi per bene, mentre, decisamente soddisfatto, ma sempre con il fucile in mano si siede in poltrona con il cazzo ancora semiduro. Io penso, anzi spero, che sia la conslusione di tutto, invece è solo l’ inizio. Quando mi sono ripulita, o, per dirla con schiettezza, quando ho finito di leccare tutta la sua sborra, mi viene detto di rivestirmi e di andarmene. Il cuore si riempie di gioia, ma non faccio tempo a girarmi per raccogliere le mie cose che sento abbattersi su di me il calcio del fucile. Mentre sto cadendo il mondo si spegne davanti a me. Quando rinvengo sono in manette in un auto della polizia. Arrestata per furto. Figlio di puttana. Urlo di tutti i soprusi di cui sono stata vittima, ma nessuno mi ascolta. Mentre mi stanno portando in centrale apprendo che il mio aguzzino è un giudice famoso per la sua intransigenza con i criminali e per la sua irreprensibilità morale.Sono stata inoltre condannata a sei mesi di carcere e invece neanche uno straccio di processo per violenza al mio giudice.
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