Eccomi qui, incatenato ad un muro da una giovane succhiacazzi, seviziato da una giovane succhiacazzi, intento a pensare a qualunque cosa che non sia la giovane succhiacazzi che mi sta dando il tormento.La dolce ragazza in questione è una mia compagna di classe. Né bella né brutta, arrapante in certi atteggiamenti da imbranata. Ho sempre pensato a lei come ad una ragazza studiosa da scopare con decisione, guardandosi però dal raccontarlo agli amici. Mi è persino capitato di fantasticare su come sarebbe stato farla “saltare” un po’. Mi immaginavo quale magnanimo benefattore intento a concederle quel sano sesso che, visti gli uomini con cui di solito finiscono le ragazze come lei, difficilmente avrebbe riprovato in futuro. Che accozzaglia di fesserie! Ecco come vanno le cose nella vita reale. Lei mi invita a casa sua a studiare. Io, vittima di un estremo bisogno di un bel voto in matematica, accetto. Lei tra un seno e una tangente prova a dichiararsi. Io rifiuto gentilmente e cerco di andarmene. Lei mi tramortisce con non so cosa. Io mi ritrovo in cantina, seduto su una sedia, le mani ammanettate dietro la schiena, le manette incatenate al muro retrostante. E pensare che al suo invito avevo subodorato la fregatura: ma quel che temevo era che avrebbe colto l’occasione per dichiararsi, non certo tutto questo! Alla faccia della timidezza! Ormai è mezz’ora che cerca di scoparmi. In questo momento ha la lingua impegnata a percorrermi l’interno cosce. Si ferma, mi fissa e mi dice “Tanto non ci sente nessuno. Lasciati andare e divertiamoci un po’”. “Col cazzo!”, le rispondo non troppo accomodante e lei, con sorriso malizioso “Si, col cazzo, anche con quello…”. A questo punto avvolge le sue labbra su mio glande e inizia a tastarlo con la lingua. E’ turgido, posso farci ben poco. Forse dovrei soltanto obbedirle e “divertirmi un po’”. Invece decido di oppormi e cerco di convincere il mio uccello a fare lo stesso. Immagino pozze di sangue, rievoco il ricordo di fastidiose iniezioni. Sembra funzionare. “Vediamo cosa riesci a fare con questo…” le dico sprezzante mentre in bocca si ritrova un pezzo di carne improvvisamente spento. Lei inizia a pompare con più decisione, affonda la bocca fino alla base dell’uccello, stringe forte le labbra, poi tira indietro la testa e con un violento risucchio si porta l’uccello con sé. Niente da fare. Sto pensando al rumore del trapano del dentista. Si alza in piedi e cerca di soffocarmi fra le sue tette. E’ un supplizio. Il trapano del dentista non funziona più; se ne accorge e si siede a calvalcioni sulla mia gamba destra. Afferra l’uccello e inizia a masturbarmi lentamente; nel frattempo si muove sulla mia coscia strusciando la sua calda, caldissima figa. “Lasci la bava, come le lumache… guarda come mi stai riducendo la gamba”. L’ironia la smonta. Si alza e mi assesta uno schiaffone. “Puttana”.”Stronzo”.”Puttana”.”Stronzo”.”Adesso che ci siamo presentati puoi anche liberarmi”Dal riso sardonico capisco che né avrò ancora per un bel po’.”Agli uomini piace guardare… Guarda…”. Detto questo mi si pianta davanti mostrandomi il culo, quindi si piega in avanti e in tutto il suo splendore ecco che tra le chiappe sode compare una figa oscenamente aperta. Ripete il numero un paio di volte, controllando, tra un piegamento e l’altro il mio grado di cottura. Devo essere di carne particolarmente tenera poiché con quel piccolo espediente mi ha cotto in pochi secondi. L’uccello ormai s’è alzato e nessun pensiero truce saprà mortificarlo. Dopo l’ennesimo piegamento mi si siede sopra. E’ un forno. Muove il bacino in avanti, poi indietro, sussulta, oscilla, ruota. Mangio i suoi lunghi capelli, lei mi porge un orecchio ed inizio a succhiarlo. Per un attimo libera il mio uccello e lo regala al bacio delle grandilabbra. Lo sfrega in questo modo per qualche istante, poi si alza di scatto e se lo infila in bocca con una foga inaudita. Inizia un pompino coi denti. Mordicchia leggermente la cappella, quindi affonda fino alla base dell’asta schiacciandola con forza tra lingua e palato. A trattamento finito lo spettacolo della sua faccia è sessualmente irresistibile: le guance rosse, le labbra scure, quasi gonfie, lucide di saliva e della mia abbondante ed estremamente prolungata pre-eiaculazione. Ancora inginocchiata di fronte a me, mi fissa con le pupille dilatate in uno sguardo eloquente che chiede fiducia. Le rispondo “Slegami, voglio usare le mani”. Si alza in piedi di scatto. C’è impazienza nei suoi gesti. Finalmente libero mi sollevo e le assesto un sonoro schiaffone. C’è il terrore, adesso, su quel volto. Stordita dalle brusche accelerazioni del suo desiderio, confusa da quell’iniezione di violenza assolutamente inaspettata, è impietrita e spiazzata. Mi getto su di lei. Nel mio abbraccio ritrova quella complicità che per qualche istante sembravo averle negato. La bacio con trasporto ma sono le mie mani le protagoniste del momento. Le esploro la schiena e le natiche con la destra, il pube e la figa con la sinistra. Sembra mancarle il fiato a più riprese; quando la libero dal mio bacio sospira e geme. Mi sdraio a terra, lei mi si siede sulla faccia, premendo la figa sulle mie labbra: inizio a mangiargliela. Ad ogni colpo di lingua gocce del suo piacere bagnano le mie labbra e mi rigano il volto. E’ lei a passare alla fase successiva. Si solleva dalla mia faccia e mi si sdraia accanto. In un attimo le sono sopra, anzi, in mezzo, preso tra le sue cosce. La penetro con decisione ad un ritmo forsennato. Ad ogni colpo di reni mio, corrisponde un aumento della morsa sui miei fianchi. “Voglio…” le soffio in un orecchio. Senza proferire parola mi allontana da sé, quel tanto che basta a farmi uscire da lei, e scappa via, su per le scale della cantina. La seguo e la ritrovo in camera da letto piegata a pecorina. “Ma io voglio guardarti mentre lo faccio” e dicendole questo la aiuto a sedersi di fronte a me, sul bordo del letto. Mi avvicino, lei si distende. Afferro le gambe e la tiro a me. Bagno la cappella tra le grandi labbra, ma invece di affondarla la spingo verso il basso, fino al buco del culo. Inizio a penetrarla con una lentezza esasperante rapito dall’espressione seria del suo volto. Pochi movimenti bastano a farla assuefare al dolore. Mi muovo con decisione sempre maggiore. E’ bellissima, così sudata e visibilmente stravolta eppure ancora sorprendentemente avida di piacere. Rinfilo la testa fra le sue gambe. Le stringe con forza mentre le regalo l’ultimo orgasmo. Si abbandona esausta sul letto. Le salgo addosso a cavalcioni, mi sposto all’altezza della sua faccia. Le faccio con tono scherzoso: “Com’è iniziata questa giornata? Ahh… sì… dovevamo studiare…”, dopodichè copro il suo sorriso con un lungo fiotto di caldo sperma.
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