Da ragazza la mia mamma mi portò un giorno dallo psicologo perché a scuola non andavo tanto bene, ero sempre distratta, ero chiusa e non avevo amici. Pensava insomma che fossi strana e voleva capire cosa ci fosse dietro a questo strano atteggiamento Non so se la mamma l’abbia mai capito, ma lo psicologo indagò a fondo in quel di dietro tanto misterioso e riuscendo a penetrarlo con perizia, cosicché alla fine della terapia mi ritrovai forse strana come prima ma certo assai più aperta e ben disposta. Dopo le scuole cominciai a cercare un posto di lavoro. Prima ho fatto la commessa da un salumiere che ogni giorno, dopo la chiusura, mi portava in magazzino e a completamento del lavoro voleva che provassi il suo salame perché diceva che lavorando lì da lui dovevo assaggiare tutta la merce ogni giorno per valutare se fosse di buona qualità. E la storia durò per tutto il tempo che lavorai da lui, cioè finché sua moglie, che non gradiva le commesse nel negozio del marito, non venne anche lei a lavorare in salumeria e mi licenziò. Finalmente, dopo qualche servizietto occasionale che facevo nella segheria del paese così tanto per guadagnar qualcosa, riuscii a trovare un posto fisso in una fabbrica che produceva pistoni per automobili. Un lavoro duro, quello, anche perché io avevo l’incarico di controllare ogni pistone passava per la fabbrica e dovevo fare in modo che uscisse sempre perfetto, bello lucido e sicuro. Furono anni di grande fatica anche perché il padrone della fabbrica, che aveva grande stima di me, mi costringeva spesso agli straordinari e voleva che controllassi e ricontrollassi il suo pistone anche più volte al giorno. In compenso guadagnai abbastanza da potermi permettere una bella vacanza. Me ne andai da sola a passare la mia bella vacanza a Chiavari dove finalmente trovai tanti amici che desideravano farmi conoscere le qualità della gente del posto. Legai però in particolare con un uomo di Lecco del quale confesso che m’innamorai non tanto per la sua bellezza, ma perché era un uomo con la lingua sciolta che sapeva come solleticare una donna che veniva con lui. Non era perfetto in realtà, beveva molto, ma si sa, al cuor non si comanda, e quando mi chiese di sposarlo mi commossi e dissi sì. Dopo che fui venuta qui a Lecco per prima cosa volle che lasciassi il mio lavoro coi pistoni perché diceva che sua moglie non doveva avere a che fare con quel genere di strumenti: anzi diceva che sarebbe stato assai più contento se io avessi rinunciato completamente a darmi da fare e mi fossi dedicata solo ai piaceri della famiglia aspettandolo la sera quando lui veniva a casa. Un po’ perché vivere fra le quattro mura non mi rallegrava tanto, un po’ perché comunque in casa c’era bisogno di qualche lira in più, quando ormai avevo trent’anni decidemmo insieme che avrei dovuto ricomnciare a fare qualche lavoretto. Dopo un rapido corso di dattilografia presi così a fare un lavoro serale part-time che consisteva nel battere per qualche ora per una ditta di lavori pubblici che aveva un appalto per la costruzione di alcune strade e di alcuni marciapiedi qui fuori città. Dopo alcuni mesi di lavoro ero diventata piuttosto esperta, conoscevo bene il contenuto del mio lavoro e quindi battevo su strade e marciapiedi con gran velocità, riuscendo a sbrigare in poche ore anche una decina di pratiche e relazioni. Anche mio marito, che prima faceva tanto il difficile sul fatto che io lavorassi, considerando la gran quantità di quattrini che entravano in casa grazie al mio lavoro, alla fine si rasserenò e accettò di buon grado i miei impegni: anzi, spesso mi aiutava accompagnandomi al lavoro e qualche volta perfino aspettando finché non avevo finito. A un certo punto mi ammalai: il dottore disse che probabilmente era stata una intossicazione alimentare, probabilmente una indigestione di banane o una reazione allergica a qualche verdura, zucchina o cetriolo. Fatto sta che da quella volta lì cominciai ad aver voglia di riposarmi un po’ e piano piano decisi di lasciare il lavoro nella ditta di lavori pubblici. Per qualche tempo mi sono organizzata in proprio cercando di fare lo stesso lavoro a casa, ma poi (anche perché i condomini non vedevano di buon occhio il traffico di uomini d’affari che venivano a casa mia) smisi e decisi di fare la pensionata. Cercai così di coltivare qualche interesse che avevo trascurato sempre affannata com’ero a guadagnarmi da vivere. Feci un po’ di volontariato e di beneficenza occupandomi di assistere delle ragazze extracomunitarie che non trovavano lavoro; e anzi, insieme con mio marito riuscimmo a creare una vera e propria agenzia di collocamento delle sventurate facendo in modo che potessero sbarcare il lunario facendo dei servizi a nostri amici e conoscenti. Chiudemmo però l’agenzia dopo poco tempo per difficoltà burocratiche e amministrative e anche perché mio marito, che è sempre stato un cuore troppo tenero, quando le ragazze non trovavano un lavoro, pur di fargli guadagnare qualcosa, finiva sempre col farsi fare qualche servizio lui e la cosa stava diventando troppo dispendiosa. Ora facciamo i pensionati: abbiamo smesso di lavorare e abbiamo scritto queste righe perché la nostra vita sia di modello per le nuove generazioni.
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