Poco prima delle otto le tre ragazze si erano recate alle docce del campeggio; indossavano tutte e tre dei bikini molto classici ed avevano con loro, tovaglie, shampoo e bagnodoccia, pronte a farsi belle per la loro prima serata in vacanza. Erano ancora in fila, in attesa del loro turno, quando avevano fatto la loro comparsa i sei ragazzi napoletani, anche loro forniti di tutto punto per lavarsi. Ai loro occhi, Cinzia si era già svelata una ragazza incantevole (non che le altre due fossero da meno). I capelli biondi le ponevano in risalto il viso accattivante e da furbetta, e il costume non riusciva a nascondere il corpo da favola che c’era sotto. Due seni piccoli ma sodi, decisamente a pera, con i capezzoli che facevano capolino da sotto la stoffa; due gambe che sembravano due colonne di marmo per com’erano armoniose e un culetto decisamente abbondante, ma bello sodo e rotondo. Lei si era accorta che i napoletani la guardavano in modo diverso dalle altre due e se ne era compiaciuta, anche se era atterrita dall’idea che Paolo lo venisse a sapere. Ma come avrebbe potuto? – pensò – Lui non era lì con loro. E poi, cosa stava facendo di male? Era in vacanza, al mare. Senza genitori e senza il suo ragazzo. Era sola, con le sue migliori amiche. Bisognava stare al gioco e divertirsi. Forte di quel pensiero, iniziò a scherzare con i più vicini del gruppo, Ciro e Antonio. Due ragazzoni, mori, abbronzantissimi, tutti muscoli e sorrisi. Intanto, la fila per le docce andava assottigliandosi e, trascorsi pochi minuti, fu il turno di Francesca. Dopo, sarebbe stata la volta di Cinzia. A lei sembrò che Antonio si fosse fatto più audace; almeno, questa era stata la sua sensazione. Più di una volta le era sembrato che lui avesse cercato il contatto fisico con lei. Si era sentita toccata, quasi per caso. Vuoi su una spalla, vuoi sul braccio. Sino a quando, al momento di entrare nella doccia, aveva fatto un passo pure lui. “Scusa Cinzia, credevo toccasse a me.” Si era fatto da parte, ma questa volta lei aveva percepito qualcosa sotto i pantaloncini da mare indossati dal ragazzo strofinarsi sulla sua coscia. Aveva sorriso imbarazzata ed era scappata sotto l’acqua, chiudendo la porta alle sue spalle. No! Non era possibile – rifletté – Doveva essere stata proprio una fatalità. La serata era particolarmente calda. Alle nove in punto le tre amiche si erano incontrate col gruppo dei ragazzi all’ingresso del campeggio ed, insieme, avevano percorso quasi un chilometro prima di arrivare alla pizzeria, situata in paese, al centro della piazza. Il locale era stracolmo ma, per loro fortuna, c’era un tavolo libero all’aperto e non avevano dovuto fare attesa. Si erano seduti. Cinzia si era ritrovata tra Antonio e Ciro. Il tempo trascorreva allegramente. I ragazzi sapevano come non travalicare i limiti consentiti da una conoscenza di poche ore e, nonostante non lesinassero i complimenti alle giovani per il loro splendore, mai erano caduti in oscenità o si erano resi sgradevoli. A Cinzia quel gruppo piaceva. Era attratta dal sentirli così galanti. Tutti premurosi perchè il suo bicchiere non rimanesse mai vuoto. Sempre con una battuta sulle labbra e sorridenti ogni volta che lei o le sue amiche dicevano qualcosa. Poi c’era stata la telefonata di Paolo. Appena aveva sentito che era in pizzeria con le sue amiche (Cinzia aveva omesso di informarlo sulla presenza degli altri) le aveva fatto una scenata inimmaginabile. Alla fine lei, impacciata, si era alzata, allontanandosi dal tavolo. Paolo non ne voleva sapere di chiudere la conversazione. Nel mentre, lei continuava a camminare nervosamente, senza rendersi conto che stava allontanandosi dalla piazza, dirigendosi verso la spiaggia. “Ma Cinzia che fine ha fatto?” Erano passati più di venti minuti da quando si era alzata. Maria aveva fatto la domanda. “Vado io, voi continuate pure.” Antonio aveva tranquillizzato tutti e si era incamminato alla ricerca della giovane. L’aveva incontrata dieci minuti dopo, ancora col cellulare all’orecchio, con le lacrime che le scendevano sulle guance. I loro sguardi si erano incrociati e lui era rimasto silenzioso. Le aveva messo un braccio intorno al collo e, così, con le voci di quel matto che gli giungevano chiaramente attraverso l’apparecchio telefonico, e la giovane che singhiozzava, si erano incamminati verso il lungomare. Senza che se ne rendessero conto, si erano ritrovati seduti sulla sabbia. “Tu mi devi promettere che te ne stati da sola” stava urlando quell’idiota. Antonio, invece, era rimasto incantato dalle gambe, stupende, lasciate allo scoperto dai pantaloncini indossati da Cinzia e, dopo un attimo di esitazione, aveva appoggiato la mano su una coscia, accarezzandola languidamente. C’era stato un sussulto di sorpresa da parte della ragazza, ma non si era mossa, né aveva parlato; continuava a lacrimare. Da quella posizione, la mano era risalita lentamente per un fianco, sino a giungere all’attaccatura del seno. Con sicurezza, Antonio l’aveva posata sulla mammella, iniziando ad accarezzarla. Cinzia aveva percepito perfettamente il contatto di quella mano, ma era come se lui la stesse coccolando; le fosse vicino in quel momento di avvilimento col suo ragazzo. L’importante, pensò, era che non decidesse di parlare, di farsi sentire dal suo amore. Alla fin fine, essere tra le sue braccia le dava un po’ di conforto. Intanto, dall’altro lato del telefono, Paolo continuava a sbraitare. Le mani erano diventate due. Sempre con molta prudenza, erano andate a frugare sotto la maglietta in cerca del contatto con le mammelle e, superato l’ostacolo di un sottile reggiseno, si erano poggiate sui capezzoli, subito inturgiditi. “Smettila!” era stata l’unica cosa che Cinzia aveva detto, ma quell’idiota di Paolo l’aveva interpretata come una reazione contro le sue lamentele, ed aveva ripreso ad urlare più di prima. Cinzia era sconfortata, amareggiata. Era al primo giorno di vacanza, e il suo ragazzo glielo stava rovinando come mai avrebbe potuto immaginare. Rimase in silenzio, chinando la testa in avanti, abbattuta. Una mano di Antonio, dopo avere lasciato il capezzolo con cui stava giocando, era scesa per tirare giù la cerniera dei pantaloncini ed infilarsi subito sotto. Subito, aveva avvertito il contatto con la peluria ma, dopo una breve carezza, si era spinto oltre, sul monte di venere, e poi nella fessura, trovandola poco bagnata. Un gemito di Cinzia aveva accompagnato la penetrazione. Per lei era stata come una liberazione dall’angoscia di quella telefonata. Aveva iniziato a mugolare mentre Antonio la stantuffava lentamente con indice e medio. Intanto, con la lingua e le labbra, le lambiva il lobo dell’orecchio. I colpi si erano fatti sempre più veloci, sino a quando la giovane gli era venuta sulla mano. Non si era fermato! Così Cinzia, si era lasciata andare completamente. Vedeva il telefono che aveva poggiato sulla sabbia accanto a sé e sentiva la voce del suo ragazzo che continuava a perforarle le orecchie. Solo che, a quel punto, tra le mani stringeva il cazzo di qualcuno che non era lui. Un cazzo lucido di umori, che le sembrava la giusta punizione, visto che non le aveva dato fiducia. Lo stringeva come fosse la cosa più bella che potesse avere con sé in quel momento. Lei che mai e poi mai aveva pensato di tradirlo. Pochi minuti dopo lo sentiva pulsare sotto le sue dita, pronto ad eiaculare. Stavano godendo insieme, l’uno tra le mani dell’altra. Si abbandonarono sulla sabbia, distendendosi, tenendosi ancora per le loro intimità. “Pronto? Pronto? Cinzia!? Ma che succede?”
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