Fece scivolare gli slip ai suoi piedi. Li scalcio’ lontano. Finirono sui blue jeans.Ricontrollo’ tutto. Il bicchiere dal vetro sottilissimo era sistemato sull’angolo del tavolo, abbastanza dentro per non rovesciarsi sul pavimento in caso di goffaggine. La fotografia di F. era a pochi centimetri, ben visibile, sorretta dalla cornice in ferro stile liberty. Federica era bella, lui l’amava. E sperava che anche lei amasse lui: ma era solo una speranza, perche’ l’unica certezza lo affliggeva col suo peso enorme.Ragionava in modo scientifico. Se lei assume quel comportamento – si ripeteva – c’e’ senz’altro una spiegazione logica. E da buon ricercatore, l’avrebbe scovata. Il bicchiere era del laboratorio… Sterilizzato con cura, sarebbe stato il suo strumento di verita’. Spalle al muro, lentamente, se lo dimeno’. Guardava F. . Oh, com’era bella… Seduta compostamente sul divano buono, nel bel mezzo di quella festa, il flash maldestro le aveva sbiancato il volto e strizzato l’espressione in una risata cristallina. Inquietante ma bellissima. E il pene doleva, leggermente contrariato; la portata della sua scoperta poteva essere enorme, il gesto che si accingeva a fare era disgustoso, e i suoi sensi si ribellavano. Sto andando contro natura – rise – e il mio cervelletto non vuole. Da brava, F. , adesso spogliati. Bene, cosi’, sbottona la camicetta, cala la gonna, sfila il collant, getta via mutandine e reggiseno… Vieni… come sei bella… come sei ortodossa, figliola mia, ti amo, facciamo l’amore ti prego ne ho voglia non dirmi di no. Sfiora la sua pelle. Lei freme. Il suo respiro si fa piu’ intenso. Si propaga l’odore della donna, forte, muschiato, animale. Lei e’ fantastica tra le sue braccia, i capezzoli sfregano sul suo torace villoso e lui la stringe fino a schiacciarla, affondando le mani nella sua schiena delicata. Il pene accarezza la sua passera pelosa, s’ingrossa, s’inumidisce. Ma perche’, adesso? Si’, va bene, se ti fa piacere… F. scivola nel suo abbraccio, come di plastica, in perlustrazione raggiunge il suo pene, allarga la bocca e lo ingoia con esasperante lentezza, tutto, fino al glande. Serra le labbra in una morsa quasi dolorosa – una giarrettiera orale: il pene inguainato in una calza calda e umida, quella sua seconda vagina. E’ bello. Poi la lingua parte all’attacco. Punzecchia, accarezza, spinge, si torce, si ritrae. Per minuti. Ma perche’, F., perche’… Ma perche’ sempre cosi’, lo sai che non sono invincibile, mi piace la tua bocca ma… Ecco, lo vedi, sei troppo brava, io gia’ sto per venire, non e’ colpa mia, ma perche’ lo fai?… Orgasmi tristi. Lo sperma si riversa nella bocca, bloccato dalla tenuta stagna delle labbra.L’eiaculazione e’ interminabile. F. e’ immobile e concentrata, gli occhi chiusi e i sensi allertati. Avverte il pene contrarsi, lo lascia fare come una mamma che osserva amorevolmente il suo bambino. Si dedica al suo nettare: ne impone la direzione, lo immagazzina sotto le guance, in un rapido ed esperto lavoro di lingua ne impedisce il precipitare in gola. Controlla il flusso finche’ il pene si divincola, e ammortizza con le braccia le spinte incontrollabili del bacino di lui. Ora che il pene si e’ calmato, che pulsa di fatica dopo il flusso, lei lo accarezza ancora un po’. E’ stato bravo. Con le mani spinge piano sulle anche di lui, estrae il pene dalla bocca rimanendo immobile, senza mai rovinare la tenuta stagna. Quando esce la cappella, c’e’ lo schiocco assordante delle sue labbra che si chiudono, serrandosi tra di loro. F., sei bellissima. Puoi stare minuti cosi’, con quell’indefinibile sorriso di gioia stampanto sul volto, assaporando il mio fluido. Io sono esausto e ti ammiro, piccola idrovora silenziosa.
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