“Mi presti una penna?”. Tutto ha inizio con quella domanda, rivolta alla sua amica e compagna di corso Sara poco prima della lezione di diritto romano. Sara va di fretta, deve correre al negozio dove lavora part-time come commessa. Fruga nella borsetta, in cerca della penna, ma teme proprio di non averla con sè. Ma come, non ha preso appunti fino a un minuto prima, durante la lezione di economia politica? Serena è sicura di averla vista scrivere, seduta in terza fila, tesa e concentrata in previsione dello scritto di lunedì. “Guarda che non te la mangio la tua penna”, scherza. “La mia si è scaricata proprio adesso… e poi interessano anche a te questi appunti, no?”. E’ evidente che Sara sa di avere una penna, ma per qualche ragione nota solo a lei non vuole prestarla all’amica. Esita, davanti all’insistenza di Serena, non sapendo cosa rispondere, ma alla fine si arrende. Okay, la penna ce l’ha, ma è una penna per lei molto preziosa, un regalo del suo ragazzo e non le sembra carino prestarla in giro come una cosa qualsiasi. “Eccola”, dice porgendo all’amica una penna a sfera nera, di forma oblunga, con un diametro molto grosso al centro e una serie di borchiette colorate a decorarne l’estremità superiore. “Usala per scrivere e restituiscimela oggi pomeriggio”. Poi corre via, dicendo di essere già in ritardo.La lezione sta iniziando e Serena prende posto in fondo all’aula, tra due ragazzi che conosce solo di vista. Osserva la penna, la punta invisibile dentro l’involucro nero. E’ senza coperchio, quindi deve esserci un pulsante, da qualche parte, per far uscire la sfera; le borchiette forse servono proprio a quello. Ne preme una a caso, di colore azzurro ed ecco uscire la punta sottile, argentata, l’inchiostro blu appena visibile attorno alla sfera. Il professore ha iniziato a parlare, dall’alto della cattedra e Serena comincia a scrivere, veloce, attenta a non tralasciare nulla che possa rivelarsi determinante all’esame. Sono trascorsi pochi minuti quando avverte una insolita pesantezza alla mano. Non le succede, di solito, è abituata a prendere appunti ogni giorno, per almeno due ore…non le starà per caso venendo un’ artrite a ventidue anni? No, è la penna a pesare più del normale, se n’ è accorta soltanto ora. Quelle borchiette non sembrano fatte di piombo, deve esserci qualcosa dentro, un accessorio nascosto, forse un temperino a scatto o chissà quale altra diavoleria. Serena approfitta di una pausa del professore per esaminare meglio le piccole borchie di vari colori e, d’istinto, preme quella verde. La punta rientra nel nero guscio della penna, non accade altro. Sarà quella rossa, allora, a svelare il mistero. La lezione è ricominciata, ma la curiosità e troppa. E se poi si rompe? Serena non vuole che Sara si arrabbi, ma il suo dito è già sul bottoncino rosso e premerlo è questione di un attimo. Dall’estremità superiore esce lentamente un cilindro di gomma color carne, dalla cima arrotondata e tagliata in due da una fessura. Il ragazzo alla sua destra lo nota e a Serena sembra che la cosa lo diverta. E’ uno scherzo? La penna ha cominciato a vibrare emettendo un ronzio lieve, più discreto del vibracall di un cellulare, ma sufficiente ad attirare l’attenzione dei suoi vicini. “Perché non te lo infili adesso?”, le bisbiglia il ragazzo alla sua sinistra. “Facci vedere come fai”, gli fa eco l’altro, accarezzando un coscia di Serena scoperta dalla minigonna. Serena si alza. Il cuore in tumulto, le guance infuocate e, chiedendo permesso, si fa strada tra ginocchia, borse e schienali di sedie che sembrano volerla trattenere per far vedere a tutti cosa tiene in mano. E’ fuori ora, nel corridoio che porta alle toilette. Potrebbe correre alla porta principale e uscire in strada, dove la luce del sole e l’aria fredda di fine autunno le schiarirebbero le idee. Invece prende la direzione opposta, verso le toilette, entra e si rifugia nel primo box a destra, chiudendosi a chiave. Che figura di merda!, pensa. Sara me la paga: vado a sputtanarla in negozio davanti a tutti i clienti, così siamo pari. E adesso come farà a rientrare in quell’aula? Teme che il passaparola partito dai suoi due vicini abbia ormai raggiunto tutti i presenti e che al suo rientro verrà accolta da uno scrosciare di risate e da battute pesanti. E domani, e dopodomani, lo stesso… Qualcuno è entrato, ne sente i passi al di là della porta chiusa. Si dirige dapprima verso i box aperti, poi si ferma, torna indietro. Tenta di aprire la sua porta e la trova chiusa. “Se mi fai giocare con te, ti prometto che non dico niente a nessuno”, canticchia una voce maschile. Serena la riconosce, è il ragazzo che le ha toccato la coscia. “Vattene, ti prego”, lo implora. “Non è mio quel coso. Se non te ne vai chiamo la polizia dal mio cellulare!”. Lui ride. “E mentre arriva la polizia, io vado a raccontare a tutti quanto sei infoiata…”, cantilena senza traccia di paura. Non ha alcuna intenzione di andarsene. Serena non sa che fare, sente la penna vibrarle nella borsa dove l’ha gettata senza spegnerla e si domanda se davvero quel ragazzo non abbia detto niente a nessuno. E il suo amico? E’ solo o ci sono tutti e due al di là della porta? “Non fare la stupida”, insiste lui. “Ti prometto che se mi fai entrare nessuno saprà dei tuoi giochetti, altrimenti…””E il tuo amico?, chiede lei. “E’ silenzioso come te?”. Non si accorge che la sua domanda sembra preludere ad un cedimento. “Se fai giocare anche lui, non dirà niente a nessuno”. E come a conferma di quelle parole, Serena sente aprirsi di nuovo la porta esterna e la voce del secondo ragazzo che esclama: “Promesso!”.Silenzio. Si sente solo il lievissimo vibrare dell’oggetto nella borsa. Serena lo prende, ne tocca l’estremità dalla forma decisamente fallica. Ma cosa ci faceva Sara a lezione con un vibratore travestito da penna? Se glielo avesse detto subilto…”Te la stai titillando?”, vuole sapere il ragazzo entrato per primo.”Sono sicuro che ce l’hai tutta bagnata”, bisbiglia l’altro. “Faccela leccare mentre hai dentro il tuo giochino… ti facciamo sborrare prima ancora che tu dica GODO!”.Ma chi sono quei ragazzi? Serena è confusa. La stanno eccitando, suo malgrado, risvegliando in lei fantasie segrete, di quelle che la fanno bagnare, di notte, prima di addormentarsi, quando si tocca nell’intimità del suo letto. Quante volte ha sognato di essere posseduta da due uomini sconosciuti, di essere penetrata dai loro falli arroganti, davanti e dietro, usata come un mero oggetto di piacere. Non sa se quei due siano amici o si siano alleati ora, grazie alla complicità nata dal quell’eccitante imprevisto; non conosce i loro nomi, non sa a che anno di corso siano iscritti. Li ha notati spesso a lezione, perché, deve ammetterlo, entrambi hanno un fisico che non passa inosservato. Sono ben fatti, alti, muscolosi… se aprisse quella porta non avrebbe alcuna possibilità di resistere loro con la forza.”Apri, da brava”, bisbiglia uno dei due. “Non c’è nessuno qui, sono tutti a lezione. Anche noi vogliamo darti una lezione, tesoro. Una di quelle che non si dimenticano…”. Quel sussurro è come una carezza tra le cosce, la seduce, le fa perdere il senso della realtà. La sua mano si posa sulla chiave, fa per girarla, esita. “Dai, che ne hai voglia…”, insiste la voce. “Te la senti fremere quella fighetta, non ce la fai più…””Andatevene…”, mormora lei, aggrappandosi a quel poco che resta del suo autocontrollo. Il desiderio le annebbia la mente, i sensi dominano ogni fibra del suo corpo, ormai tutto ciò che vuole è di sentirsi qualcosa di grosso dentro, capace di placare la sua voglia. Sente la serratura scattare e solo dopo capisce di essere stata lei a girare la chiave.Loro sono lì, davanti a lei, come due lupi affamati, i membri gonfi visibili sotto la stoffa dei jeans. Il primo entra, la spinge contro la parete di fondo, dove la tazza del water la costringe ad allargare le gambe per non cadervi sopra. Si appoggia alla vaschetta, la borsetta le scivola lungo il braccio, cade a terra. Entra anche l’altro e chiude la porta a chiave. “Infilatelo”, ordina. “Facci vedere cosa sai fare”, la incita l’altro, tenendola per un braccio. Lentamente, Serena si solleva la gonna, rivelando il perizoma rosa attraverso cui è facile intravedere i peli del pube. Lo scosta, rivelando il monte di venere e cerca il clitoride con la punta dell’oggetto vibrante. Non sa cosa sta facendo, perché lo fa, sa solo che le piace, che la eccita toccarsi davanti a quei due sconosciuti. Il clitoride le sta scoppiando contro quel coso di gomma dalla superficie setosa. Lo vorrebbe dentro, dietro… vede i ragazzi abbassarsi la cerniera, mentre si infila quel giocattolo in vagina, i loro sessi sono eretti, esigenti. Non può reprimere un gemito mentre manovra lentamente la penna contro le piccole labbra, con un movimento rotatorio che la inebria. Non ha mai provato tanta goduria nemmeno con il suo ragazzo, non si è mai bagnata in modo tanto indecente. Ha voglia di leccare, succhiare, essere succhiata. La sua lingua esce a carezzare le labbra carnose, chiede di essere sfamata, appagata.”Non la credevo così maiala”, sente dire ad uno dei due.”Ho il cazzo che mi scoppia…”, dice l’altro.Tra le nebbie del piacere, Serena apre gli occhi, in tempo per vedere il ragazzo a lei più vicino infilarle la testa tra le gambe. Lo sente scostarle la mano dall’oggetto che sta manovrando e sostituirsi a lei. Per un pò la masturba, piano, incitandola a godere, divertendosi a sondare il suo sesso e a vederlo grondare di sudore e piacere. Poi la sua lingua si posa delicata sul clitoride teso, il vibratore ancora in vagina, e comincia a leccare, succhiare, rivelando un’esperienza di gran lunga superiore a quella di tanti suoi coetanei.Nel frattempo, l’altro ragazzo si è messo alle sue spalle e le ha sollevato la gonna fino alla vita. Ora le sta slacciando la camicetta. Le mani scivolano sulla sua pelle, su fino ai seni; li estraggono dal reggiseno a balconcino, senza slacciarlo, lasciandoli così, compressi dall’elastico e spinti verso l’alto dalle coppe abbassate. Sente il membro del ragazzo premerle tra le natiche, le dita avide che giocano con i suoi capezzoli. “Brava, bambina”, le dice l’altro, smettendo di leccarla. “Ti facciamo giocare noi, adesso”. Si alza, le bacia i capezzoli che gli sfiorano il viso e continua a masturbarla, piano. Serena gode, dibattendosi tra le braccia che la stringono da dietro, un godimento nuovo, quasi doloroso, lunghissimo per via di quella vibrazione dentro di lei, che non si ferma. Socchiude gli occhi per guardare la bocca del giovane incollata al suo capezzolo sinistro: lo succhia, lo morde, lo titilla con la lingua, mentre con la mano massaggia l’altro seno fino a farle male. Dietro di lei il membro preme contro il suo piccolo orifizio, mani forti la tengono per i fianchi, scendono a stringerle le natiche, salgono su fino ai seni e si uniscono a quelle labbra che la succhiano, a quella mano che la palpa, esigendo di spartire la preda.L’oggetto vibra, dentro di lei.Ora Serena capisce perché Sara non riesce a separarsi da quella penna, perché se la porta dappertutto, perché va in bagno tanto spesso… la immagina con il suo ragazzo, quel fantasioso ragazzo, che certamente usa quel gioco su di lei, prima di penetrarla, fino a farla urlare. Vorrebbe essere con loro, farlo con Sara, e con quei due sconosciuti insieme, lasciarsi andare alla libidine più sfrenata, in un orgia di godimento animalesco. La mano che le stringeva il seno è tornata ora tra le sue gambe e muove il vibratore in senso rotatorio, sfregandolo contro le piccole labbra; lo fa entrare e uscire, entrare e uscire e poi lo ruota di nuovo, beandosi dei suoi gemiti sempre meno contenuti.”Vieni, piccola, sborrami sulla mano… “, la incita. “Godi…godi…GODIII!”. Serena viene, a labbra strette, soffocando un grido che avrebbe attirato l’attenzione di tutta la facoltà. Per un breve istante di lucidità, Serena desidera ritrovare il suo controllo, gridare che la stanno violentando, ma quella vibrazione dentro il suo corpo è troppo eccitante. E adesso quello spudorato ragazzo si sta chinando, per leccarle il sesso fradicio dopo l’orgasmo!”Sì”, ansima, di nuovo vogliosa. “Leccami così… succhiami ancora così…”. Freme, sotto la lingua di lui che succhia i suoi umori, assetato, insaziabile, non più padrone ma succube delle voglie di lei. Alle sue spalle il membro esasperato spinge per possederla e Serena sa che quel giovane è troppo eccitato per fermarsi davanti ai suoi lamenti. La sodomizzerà, lì, in quel cesso, con un vibratore nella fica e un altro uomo che le succhia il clitoride. Grida quando il membro si fa strada nel suo corpo e, per qualche istante, il dolore cancella ogni altra sensazione. Poi, a poco a poco, quel movimento comincia a piacerle e lei si abbandona sulla verga dura che le sfiora le reni. “Giu!”, la incita lui. Le spinge in avanti la schiena, esige che si chini. “Succhiami il cazzo, porcona”, le ordina l’altro prendendole la testa con entrambe le mani e attirandola verso quel sesso che le sembra scoppiare.Serena si lascia riempire la bocca dalla carne turgida e pulsante, mentre tra le sue gambe piccoli orgasmi si succedono, facendola gemere. Il ragazzo alle sue spalle la incita come una cavalla al galoppo, l’altro è troppo eccitato per formulare parole sensate. Serena lo sente rantolare oscenità mai udite, che la eccitano e la incoraggiano a succhiare, leccare, fino a sentirsi soffocare. “Bevi, troia!”, le grida lui esplodendole in bocca, riempiendole la gola del suo seme bollente. Serena lo beve tutto e quella scena porta all’orgasmo anche il ragazzo che la monta da dietro che, con un ultimo, furioso fendente, le svuota dentro tutto il suo godimento.Sfiniti, i due ragazzi si appoggiano al muro. Serena è a terra, a quattro zampe, con il piccolo vibratore ancora all’opera nella sua vagina. Ha voglia, ancora voglia: è quella penna a non darle tregua, deve essere stregata, è una droga, una trovata del demonio… A fatica si alza, si sfila l’oggetto vibrante dalla vagina sfinita, lo spegne. Cosa accadrà ora? La fuori li avranno sentiti tutti, vorranno sapere, vedere cosa tiene in mano… Serena sorride, leccandosi le labbra che sanno ancora di maschio nettare.E tutti lo vorranno provare…, pregusta.
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