CAPITOLO VIII – SCAMBIO DI RUOLIAnche se non insidiarono mai il primato delle sculacciate, i clisteri divennero parte integrante delle punizioni inflitte dalla tutrice. Ciò che maggiormente stupiva Jennifer era la grande varietà dei clisteri che le venivano imposti e degli effetti degli stessi. Il volume, aveva presto imparato, non era affatto indicativo dell’eventuale livello di sofferenza. Un clistere di grande volume, caldo e senza sostanze irritanti poteva essere facilmente trattenuto mentre altri più piccoli, magari gelati finivano per ridurla a rotolarsi sul pavimento in preda a terribili crampi. Come se non bastasse la sua carnefice sembrava sapere perfettamente l’effetto di ogni somministrazione così che quando il clistere non era giudicato adeguatamente doloroso veniva accompagnato da una punizione supplementare. Poche cose causavano più imbarazzo a Jennifer di un clistere grande e caldo accompagnato da una serie di vergate con una canna leggera. Il problema non era il dolore, niente in confronto a una vera sessione con la canna o la cinghia, ma bensì una strana sensazione di eccitazione che non riusciva a spiegarsi e che la inquietava. Quanto ad imbarazzo però nulla poteva rivaleggiare con i clisteri che occasionalmente le venivano somministrati tramite una piccola siringa. La siringa era costituita da un lungo beccuccio attaccato ad una sfera di gomma che fungeva da serbatoio. Una volta inserita la siringa nell’ano la sfera veniva strizzata così che il liquido venisse spinto negli intestini della ragazza. La parte peggiore era che date le piccole dimensioni del serbatoio la procedura doveva essere ripetuta più e più volte onde permettere la ricarica del clistere e quindi la somministrazione di un quantità adeguata di purga. Naturalmente era proprio questo che piaceva a Marie. La donna trovava molto eccitante dover ripetutamente penetrare la delicata apertura posteriore di Jennifer. Anche per la donna vi erano però degli inconvenienti. La procedura era tale da compromettere seriamente la capacità di ritenzione e il rischio di una espulsione incontrollata del clistere era notevole soprattutto quando in preda all’eccitazione la tutrice prendeva ad usare la siringa come un piccolo fallo, inserendola ed estraendola forsennatamente dall’ano della ragazza senza preoccuparsi di ricaricarla. Peggio ancora quando faceva ciò pompando aria nei poveri intestini della sua vittima rendendole quasi impossibile mantenere il controllo delle proprie viscere. Inevitabilmente questo finì per accadere effettivamente, cogliendo peraltro di sorpresa Marie più che Jennifer. Il risultato fu che la ragazza espulse parte del clistere addosso alla donna. Fortunatamente Jennifer aveva già ricevuto altre somministrazioni e quindi dai sui intestini fuoriuscì acqua quasi pulita. Per Marie l’esperienza non fu comunque per nulla gradita e non appena la ragazza riassunse il controllo di sé, la donna iniziò a rovesciare sui suoi glutei una gragnola di rabbiose sculacciate. Poi, non soddisfatta, connetté il tubo della doccia con un beccuccio, aprì il flusso d’acqua e infilò senza preavviso nell’ano della ragazza il clistere improvvisato. Aveva aperto un rubinetto a caso, in preda alla rabbia. Quando, dopo pochi secondi, si calmò tirò un sospiro di sollievo accorgendosi di non avere esagerato nel regolare la forza e il calore del flusso. Chiuse il rubinetto, estrasse il beccuccio e lo sostituì con un rigido tampone di plastica. Ordinò quindi a Jennifer di dare una pulita. Per fortuna aveva prudenzialmente deciso di somministrare il clistere nella vasca da bagno e quindi l’incidente non aveva provocato troppi danni. Mentre la ragazza si dava da fare per pulire la vasca e sé stessa, Marie uscì dalla vasca e si spogliò gettando gli indumenti sporchi in una cesta. Una volta nuda rientrò nella grande vasca, ormai ripulita, e iniziò a lavarsi del tutto incurante di Jennifer, seduta sul bordo più lontano. Inizialmente non aveva pensato che così avrebbe regalato alla ragazza una visione ravvicinata del suo corpo. Poi resasene conto, fece del suo meglio per fare bella mostra di sé. Aveva ottimi motivi per essere fiera dello spettacolo che stava offrendo. Anni di esercizio fisico, di alimentazione controllata e qualche inconfessata aggiustatina chirurgica erano riusciti a trasformare una donna attraente in una vera e propria dea. Era impossibile trovare nel suo corpo atletico e vagamente androgeno la più piccola imperfezione o anche un solo grammo in eccesso o in difetto. Una cura tanto maniacale di sé poteva sembrare strana in una donna priva di affetti e relazioni ma in realtà era proprio la sua solitudine a spingerla verso un ideale di bellezza assoluta. Non poteva permettersi il dubbio che la propria vita solitaria dipendesse da una sua qualche carenza più che da una propria scelta. Da tempo però la sua capacità di autoillusione si era incrinata e quando si osservava nello specchio non riusciva più a fermare l’acutezza dello sguardo alla sola superficie del suo corpo ma sentiva che questo penetrava fin dentro di lei scoprendo dolori e cicatrici nascoste. Vi erano giorni in cui lo specchio le rimandava l’immagine di sé in lacrime, muta accusatrice di sé stessa come fonte della propria infelicità. In quei giorni Marie rifuggiva da quell’immagine come Dorian Gray dal suo ritratto.Terminata la doccia la donna si fece aiutare da Jennifer ad asciugarsi. Indossato un accappatoio pulito e accertatasi che la ragazza non avesse problemi a trattenere ancora per un bel pezzo il clistere che aveva dentro, la invitò a seguirla in salotto. Lì senza dire una parola andò a prendere un cinghia dall’armadio degli strumenti di punizione. Era uno dei suoi attrezzi preferiti e uno dei più dolorosi."Avere problemi a trattenere un clistere somministrato in quel modo è possibile ma combinare un disastro come quello che hai fatto è assolutamente intollerabile. Per questo riceverai venti cinghiate" disse."Sì, Madame" rispose Jennifer cui la sola vista della cinghia aveva gettato n una rassegnata disperazione."C’è un’altra cosa, Jennifer" continuò la donna con una parvenza d’imbarazzo. "Quando mi hai sporcato io ho perso la calma, mi sono arrabbiata e ti ho dato alcune sculacciate. Sono molto dispiaciuta di ciò e spero che mi vorrai perdonare."Jennifer era allibita. Quelle poche sculacciate erano nulla a confronto con quanto era abituata a ricevere. Meno di un singolo colpo di cinghia. Poi vedendo che la donna sembrava attendere una sua replica le rispose."Non si deve preoccupare non mi ha fatto male. Davvero non importa." Terminò la frase con un sorriso imbarazzato, cercando di dimostrare la sincerità di quanto detto."Grazie, Jennifer. Sei molto cara" disse la donna consegnando la cinghia nelle mani della ragazza. "Credo che venti colpi andranno bene anche per me."A Jennifer ci vollero alcuni istanti prima di realizzare cosa le veniva chiesto."Vuole che io la punisca?" disse pensando ad alta voce."Sì. Esattamente.""Ma Madame, io non posso … e poi non è necessario … non mi ha fatto male e io non ce l’ho con lei …""Ascolta, Jennifer. Ci ho pensato mentre facevo la doccia e credo che questo sia necessario." Fece una pausa e poi iniziò la sua spiegazione. "Quando io ti punisco lo faccio solo per il tuo bene non perché sono arrabbiata con te. Se hai fatto qualcosa che mi ha irritato aspetto sempre di essermi calmata prima di punirti. Credo che questo l’avrai notato, vero?""Sì, Madame.""Se faccio così è perché una punizione deve essere un atto d’amore e non diodio. So che quelle poche sculacciate fisicamente non ti hanno fatto male ma questo non toglie che siano state una grave colpa da parte mia. Quando commetti uno sbaglio io ne sono addolorata perché so che ti stai facendo del male. Però non voglio che tu possa pensare che io sia arrabbiata con te per i tuoi errori o che le mie punizioni siano dettate da altro che non dall’affetto nei tuoi confronti.""Madame, so che quando mi punisce lo fa per il mio bene ma …""Ascoltami Jennifer, per favore. L’affetto, l’amore, l’amicizia sono cose chenon possono essere dimostrate solo a parole. Anche il peggiore dei genitori dice di voler bene ai propri figli ma questo lo rende forse migliore? Un sentimento che non trova riscontro nelle proprie azioni non ha alcun valore. Se qualche mese fa mi fossi limitata a dirti che mi dispiaceva della tua espulsione, che significato avrebbero avuto le mie parole se poi non avessi fatto nulla per aiutarti veramente? Mi avresti creduto? Mi saresti stata grata? Non credo proprio. Allo stesso modo non sarebbe giusto che il tuo perdono mi evitasse la punizione quando a te non è concessa la stessa possibilità. Per questo è necessario che tu mi punisca. È l’unico modo che ho per dimostrarti i miei veri sentimenti, riesci a capirlo?""Credo di sì ma … non so se riuscirò a farlo.""Non ti preoccupare vedrai che andrà tutto bene." Detto ciò la donna si tolsel’accappatoio e andò a distendersi sulla scrivania. Jennifer restò a guardarla in silenzio come incantata dalla bellezza di quello splendido corpo nudo. Guardava quei bei seni sodi, schiacciati contro il piano della scrivania, deformati, appiattiti, immaginando come la loro pienezza dovesse moltiplicare le sensazioni che lei stessa provava quando i suoi capezzoli premevano contro la dura e fredda superficie di legno. Guardava imbarazzata il sesso che le si offriva sotto la fenditura dei glutei, tra le gambe divaricate, come un frutto maturo che, invitante, faceva capolino tra le fronde di un albero. Ebbe un brivido pensando che presto su quelle poderose natiche si sarebbero abbattuti i suoi colpi e che avrebbe visto la sua carnefice contorcersi dal dolore. In lei però non c’era alcun sentimento di rivalsa."Sono pronta, Jennifer. Puoi cominciare. Non mi aspetto che tu conosca la tecnica corretta ma pretendo che usi tutta la tua forza e bada che questo è un ordine!" La voce di Marie aveva riportata alla realtà la ragazza. La giovane si preparò a colpire ma alla fine non riuscì a sferrare un colpo molto forte. La tutrice appena ricevutolo si alzò dandole un’occhiata severa. "Questa non è una cinghiata è solo una presa in giro! Mi sembrava di essere stata chiara! Dovevi usare tutta la tua forza. Per punizione riceverai dieci colpi supplementari e altri dieci per ogni volta che non mi colpirai abbastanza forte!" La minaccia fece il suo effetto perché Jennifer non ebbe più esitazioni e prese a colpire senza remore. Marie ricevette tutti i colpi senza un gemito e senza alcuno sforzo apparente, tranne che per la contrazione della muscolatura, quasi fosse una statua di marmo quella su cui si abbattevano i fendenti. Le strisce infuocate che le marchiavano i glutei dimostravano però che anche Madame Foisson era fatta di carne e sangue. Finita la sua punizione la donna si rialzò e dopo essersi infilata l’accappatoio si fece consegnare la cinghia dalla ragazza che andò a prendere posizione per il suo turno di sofferenza. La tutrice era eccitata. Non per le cinghiate. Non le piaceva essere sculacciata. Anche se occasionalmente si faceva infliggere delle punizioni, lo faceva per sfida a sé stessa e per rassicurare le sue vittime della sopportabilità delle battute e delle sue conoscenze in materia più che per trarne piacere. Ma ciò che ora le aveva dato un brivido non erano i mediocri colpi di Jennifer quanto l’essersi così esposta, non solo fisicamente, alla ragazza. Se solo avesse potuto insinuarsi tra i pensieri dell’altra e scoprire se era riuscita a produrre un qualche effetto!Jennifer d’altra parte era rimasta impressionata dalla compostezza con cui la donna aveva sopportato la punizione e da come, dopo ogni colpo, continuasse ad incitarla a usare una maggiore energia. Decise che avrebbe cercato di imitare l’autodisciplina della tutrice ma fallì miseramente. L’abilità e la prestanza di Marie rendevano vana a priori qualsiasi velleità del genere. Per non parlare poi del disagio del clistere e dell’effetto prodotto dal tampone anale ogni volta che si contorceva sotto la carezza della cinghia. Già al decimo colpo aveva iniziato a piangere ed al ventesimo a gemere rumorosamente. Al trentesimo colpo era completamente vinta dal dolore e aveva rinunciato a ogni tentativo di mantenere la propria dignità. Terminata la prova le fu concesso di liberarsi dal clistere, cosa che su suggerimento di Marie fece stando a carponi nella vasca da bagno per evitare di dover posare sulla tazza il martoriato fondoschiena. Quindi la tutrice le ordinò senza ulteriori spiegazioni, di non usare più la toilette fino al momento di andare a dormire.Quella sera dopo avere cenato la donna accompagnò la ragazza in bagno e le ordinò di spogliarsi e di sedersi sul bidè. "Jennifer la tua capacità di ritenere i clisteri è troppo scarsa. Incidenti come quello di oggi non si devono più ripetere" iniziò Marie. "Fortunatamente questa è una cosa a cui si può porre rimedio. Tutto ciò che ci serve è di sviluppare la tua muscolatura pelvica attraverso degli appositi esercizi. Quello che ti chiederò potrebbe essere un po’ imbarazzante per te ma devi comprendere che non si tratta di una punizione ma di un modo per insegnarti a fare gli esercizi in modo corretto. Vedrai che ti porteranno grandi benefici e non solo per meglio sopportare le punizioni.""Sì, Madame" rispose Jennifer timorosa. Sapeva che una lunga premessa significava inevitabilmente che stava per succedere qualcosa di spiacevole."Bene, Jennifer. Adesso voglio tu inizi a urinare ma che sospenda il flusso dopo un istante. Dovrai ripetere la procedura fino a quando non avrai completamente svuotato la vescica." La ragazza cercò nello sguardo della donna una conferma dell’ordine ricevuto ma non fece obiezioni. Non le sembrava avere più molto senso continuare a difendere un pudore che l’altra aveva così tante volte violato. Non fu comunque facile obbedire al comando. Era troppo nervosa per riuscirvi immediatamente. Dovette rilassarsi a lungo prima che un rivolo dorato iniziasse a sgorgare timidamente tra le sue cosce. Non appena il getto prese vigore intervenne però la tutrice che impose alla ragazza di fermarsi. Poi di riprendere. Poi di fermarsi nuovamente e così via fino a che Jennifer ne fu in grado."Come avrai notato" disse allora la donna con tono professionale "per smettere di urinare hai istintivamente contratto alcuni muscoli. Gli esercizi che devi fare consistono proprio nell’usare questi muscoli. Dovrai fare questi esercizi tre volte al giorno per almeno cinque minuti e vedrai che otterrai ottimi risultati. Hai capito bene?""Sì, Madame.""Bene. Però adesso dobbiamo accertarci che tu sia in grado di eseguirel’esercizio in modo corretto anche se questo potrebbe essere un po’ imbarazzante." La donna fece una pausa fingendo un attimo di incertezza prima di riprendere, questa volta con tono premuroso. "Te la senti di provare? Ti fidi di me?""Sì, Madame. Certo" rispose Jennifer guadagnandosi un bacio in fronte che le fece dimenticare per un istante quella strana situazione. La ragazza aveva pensato che il peggio fosse ormai passato e non riusciva a immaginare cosa potesse ancora accadere. Vide la donna ungersi le dita con una specie di crema gelatinosa e poi controllare accuratamente il lavoro svolto con l’attenzione con cui un chirurgo si pulisce le mani prima di un intervento. La tutrice iniziò quindi ad avvicinare le dita al sesso della giovane, leggermente aperto dato che questa sedeva ancora sul bidè. Con orrore vide un dito della donna prepararsi a penetrarla. Avrebbe voluto dire qualcosa o scappare via ma si sentiva come congelata. Percepiva appena le frasi di conforto che la tutrice le sussurrava ma che sembravano avere una sorta di effetto ipnotico paralizzante. Nonostante il suo grande nervosismo il dito, grazie alla abbondante lubrificazione, entrò senza troppo sforzo dentro la vagina. Poi un secondo dito iniziò a premerle contro l’ano che ormai provato, si apri facilmente all’intrusione. Le ci volle un po’ prima di rendersi conto che la donna le aveva chiesto di riprendere i suoi esercizi. Docilmente prese a contrarre l’ano e la vagina attorno ai due invasori. Era una strana sensazione quella che provava. Certo c’era l’imbarazzo però dopo qualche contrazione una vaga sensazione di piacere ricompensò i suoi sforzi e le fece battere forte il cuore. Desiderava che tutto finisse al più presto ma era stranamente confusa sul perché. Spiando di sfuggita il volto tranquillo ed attento della tutrice, si sentì persino felice di poter condividere con l’altra un tale grado di intimità.La donna continuò a farla esercitare per diversi minuti prima di estrarre le dita e dirle che tutto era finito. Per Marie l’esperienza era stata decisamente gradevole. Al piacere dell’umiliazione e della sottomissione della sua protetta si aggiungeva infatti la speranza che in un futuro non troppo lontano le sue dita sarebbero tornate ad esplorare le due insenature in un contesto molto diverso e più piacevole per entrambe. La tutrice continuò ad occuparsi amorevolmente della giovane fino al momento di metterla a letto come una bambina, felice che le esperienze fatte non la avessero troppo scossa. Dopo il bacio della buonanotte le disse che siccome era stata molto brava e quella era stata una giornata pesante, l’indomani non avrebbe subito alcuna punizione.Era stata una strana giornata. A letto Jennifer non poté fare a meno di ripensare agli avvenimenti delle ultime ore. Le umiliazioni subite erano state davvero pesanti ma in fondo vi era abituata e non ne era turbata più di tanto. In fondo era stato peggio la prima volta in cui aveva sentito il proprio ano penetrato e lubrificato dalle lunghe dita della tutrice. Girandosi nel letto una serie di fitte nel posteriore le ricordarono che le umiliazioni non erano state la sola cosa che aveva dovuto sopportare. Mentre cercava una posizione più confortevole si chiese se anche la donna si stesse rigirando nel letto cercando vanamente un po’ di sollievo. Fare assaggiare a Madame Foisson la sua stessa medicina era il sogno per nulla segreto di tutte le studentesse della Harper’s Hill. Era stato anche il suo sogno, una volta. Al momento dei fatti era troppo emozionata per soffermarvisi troppo ma adesso che poteva pensare con calma, l’idea che la tutrice si fosse sottoposta alla cinghia solo per dimostrarle il suo affetto non riusciva ad abbandonarla e la riempiva di un piacevole languore. Si sentiva protetta ed amata come mai le era accaduto. Certo sua madre le aveva voluto bene ma si trattava di amore intermittente perennemente insidiato da quello tragicamente costante per l’eroina. Cos’è che le aveva detto la tutrice? Un amore che non trova riscontro nei fatti non ha valore? Se era così Jennifer sentiva di avere la certezza che la donna non avrebbe mai smesso di prendersi cura di lei. Non l’avrebbe mai lasciata sola. L’avrebbe punita e poi l’avrebbe consolata. Di quanta dolcezza era capace quando la stringeva tra le braccia asciugandole le lacrime e sussurrandole parole gentili! A scuola non era così. Quando doveva punire una studentessa sembrava fare di tutto per rendere la punizione sempre più insopportabile. Mai nessuna aveva ricevuto una parola meno che aspra durante o dopo una sessione. Adesso invece quella terribile carnefice giaceva sdraiata in una stanza a pochi metri dalla sua, con i glutei doloranti marchiati dai morsi della cinghia. E questo per amor suo! Mentre il torpore iniziava ad avvolgerla Jennifer si immaginò cullata dalle braccia della sua tutrice al termine di una lunga sculacciata. Strinse a sé il cuscino sognando di ricambiare quelle carezze. Il corpo della donna, all’improvviso, era nudo e bello, come lo aveva visto sotto la doccia, morbido e caldo. Le sue labbra si posavano sul collo di lei lasciando un’impronta di saliva sulla immacolata federa del cuscino mentre il sonno trasformava le ultime immagini della sua fantasia in un sogno che l’indomani non avrebbe ricordato.
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