CAPITOLO IX – INFERNO E PARADISOCol passare del tempo e tra la sorpresa generale di insegnanti, compagne e soprattutto della ragazza stessa, i voti di Jennifer iniziarono a migliorare. Le lunghe ore di studio non erano evidentemente passate invano. Certo non ci furono miracoli. Le lacune che si erano formate nei mesi e negli anni precedenti erano un ostacolo dal quale non ci si poteva sbarazzare in fretta. Non mancarono le insufficienze e le conseguenti punizioni ma nel complesso l’inversione di tendenza era evidente. Per la prima volta Jennifer sentì che l’anno scolastico sarebbe finito bene e sapeva perfettamente che la vera artefice di questo miracolo era la sua tutrice. Nonostante ciò l’euforia e la felicità, come spesso accade, tendevano a farle dimenticare la gratitudine. Fu così che la tutrice venne inconsapevolmente declassata dal rango di salvatrice a quello di vecchia rompiscatole. L’aspirazione della ragazza, ora che gli studi andavano decentemente, era quella di riuscire finalmente a farsi qualche amica nella scuola. Non era una cosa facile. Alle differenze di estrazione sociale si era aggiunto un altro elemento di diffidenza ovvero lo stretto rapporto con l’odiatissima Foisson. Lo stesso miglioramento scolastico finiva per alienarle simpatie e veniva ipocritamente visto come frutto di pressioni dall’alto. Nel complesso il rapporto con le altre studentesse restava pessimo. Se Jennifer fosse stata più smaliziata avrebbe perciò potuto sospettare qualcosa quando venne invitata da alcune sue compagne a una festa segreta. La segretezza derivava dal fatto che la festa si sarebbe svolta di notte e in città e che di conseguenza le ragazze per parteciparvi avrebbero dovuto violare il coprifuoco della scuola con tutti i rischi che ciò comportava. Almeno questo era quello che le era stato detto. Jennifer sperava che quella festa avrebbe potuto cambiare non poco la sua vita sociale perciò decise di rischiare le sferzate della tutrice pur di andarci. La sera fatidica andò a letto presto e quando sentì che anche la donna era andata nella sua camera si rivestì e fuggì dalla finestra grazie a un provvidenziale rampicante. Alla festa ebbe l’impressione di essere continuamente osservata ma ritenne che ciò fosse dovuto al proprio nervosismo e cercò di comportarsi scioltamente. Ad un certo punto una delle ragazze iniziò a tirare fuori delle pasticche e a distribuirle in giro. Fece per darne anche a lei che però rifiutò. A quel punto tutte le altre insistettero con lusinghe o scherni perché anche lei ne prendesse ma senza risultato. Per quanto ci tenesse ad essere accettata, l’odio per la droga che le aveva rubato l’affetto e la vita della madre, era più forte. Le compagne, ignare delle sue vicende familiari, continuavano ad insistere e presto la situazione si fece molto tesa. Le ragazze presero a insultare pesantemente Jennifer che fu costretta a lasciare anzitempo la festa. Tornata a casa si gettò sul letto a piangere senza nemmeno rallegrarsi di essere perlomeno riuscita a evitare di essere scoperta dalla tutrice.Il giorno seguente fu uno dei più agitati della storia della scuola. Una delle ragazze che avevano partecipato alla festa, mentre ritornava al dormitorio completamente fatta, era stata fermata dalla polizia. L’effetto della droga e la paura che la scorta di pastiglie che aveva nella borsetta le fruttassero l’accusa di essere una spacciatrice la fecero crollare. Raccontò tutto senza riserve. Raccontò di come lei e le altre avessero organizzato la festa con l’intenzione di far cacciare Jennifer dalla scuola. Di come le avessero fatto credere di essere uscite di nascosto dall’istituto mentre in realtà erano riuscite ad ottenere un permesso speciale grazie al consenso dei loro genitori. Di come avevano previsto di farla impasticcare per poi abbandonarla in mezzo alla strada, farla scoprire con una telefonata anonima e di come quella puttanella sarebbe stata così sicuramente espulsa alla faccia della vicedirettrice. Se Jennifer le avesse accusate avrebbero detto che si era presentata non invitata e che era stata lei a portare la droga. Raccontò anche di come, dopo che il rifiuto della ragazza aveva mandato a monte il loro piano, avessero deciso di provare personalmente tutto quel ben di dio di cui si erano rifornite. A seguito della confessione la polizia sottopose tutte le studentesse coinvolte a dei test ai quali tutte, tranne Jennifer, risultarono positive. Il prestigio della scuola e delle famiglie delle ragazze evitò conseguenze penali alle stesse. Marie, in cambio della non espulsione delle ragazze dall’istituto, ottenne dai loro genitori carta bianca circa le punizioni cui sottoporre le sventurate. Le ragazze vennero così riunite in una classe speciale e sottoposte ad un durissimo regime disciplinare che andò ad aggiungersi alle interminabili settimane di continue sessioni punitive quale strumento di correzione delle loro cattive attitudini. Alle giovani non era concesso di parlare con le altre studentesse ma nella scuola si diffusero ugualmente molte voci sulle terrificanti prove ed umiliazioni cui le corrigende venivano assoggettate. In effetti le povere ragazze erano le uniche in tutta la Harper’s Hill a subire trattamenti comparabili a quelli che venivano imposti a Jennifer. La principale differenza era che mentre le punizioni alla pupilla erano per la sua tutrice una fonte di piacere, quelle alle perfide compagne erano un mezzo per vendicarsi nei loro confronti per quello che avevano osato tentare ai danni della sua protetta.Dirimere i vari problemi creati dalla vicenda impegnarono molto Marie. Così per un’intera settimana Jennifer non ebbe quasi occasione di parlare con la donna di quanto era accaduto. Almeno inizialmente la cosa non le dispiacque affatto. Quando aveva saputo cosa le sue compagne avevano architettato si era sentita malissimo. Passata la prima sensazione di rabbia, aveva iniziato a rendersi realmente conto dei rischi a cui si era esposta. Col passare dei giorni iniziò a vedersi sempre meno come vittima ma semmai come colpevole. Colpevole verso la sua tutrice e verso sé stessa. L’unica misura immediatamente disposta nei suoi confronti fu quella di farla dormire nella stanza della donna allo scopo di scongiurare ulteriori fughe. La ragazza sapeva che dormire per terra ai piedi del letto della tutrice non poteva essere considerata una reale punizione ma quella piccola umiliazione le dava almeno un po’ di conforto. Alla fine il senso di colpa divenne insopportabile e Jennifer trovò il coraggio di prendere l’iniziativa di parlare con la tutrice di quanto era accaduto. Sapendo che la donna era perfettamente informata dei fatti evitò di rivangare l’episodio ma si limitò dirsi pentita e ad implorare il perdono e la meritata punizione."Non avevo certo intenzione di lasciarti impunita, mia cara!" le disse Marie con la sua intonazione più cattiva. "Semplicemente non avevo abbastanza tempo per darti la lezione che meriti. Ma non ti preoccupare. Domani non c’è scuola così dedicheremo l’intera giornata alla tua punizione e puoi stare certa che te ne ricorderai a lungo. Adesso non mi seccare più e vattene a dormire." L’ultima frase era stata pronunciata con una insolita sgarbatezza e la ragazza ne fu dolorosamente colpita. Dopo aver mestamente augurato la buona notte alla donna iniziò ad avviarsi a testa bassa verso le scale che conducevano al piano superiore. Giunta al primo gradino fu fermata dalla voce di Marie. "Ah, Jennifer! A parte tutto … sono fiera che tu non abbia preso quelle pasticche." Quando Jennifer, sorpresa, si voltò vide la tutrice che le sorrideva imbarazzata. Il volto della ragazza si illuminò. Avrebbe voluto correre ad abbracciarla ma riuscì solo a mormorare un ringraziamento e a scappare su per le scale mentre il cuore le batteva all’impazzata per la felicità di non avere perso l’affetto della donna.Il giorno seguente la tutrice era intenzionata a concedere ben poche occasioni alla ragazza per essere felice. La sessione incominciò subito dopo la prima colazione. Ordinato a Jennifer di rimuovere gonna e mutandine, Marie le impartì una non troppo lunga serie di sculacciate di ‘riscaldamento’. Fece quindi inginocchiare la ragazza sul sofà con il petto e le braccia appoggiate ad un bracciolo e iniziò a colpirla. Lo strumento utilizzato era simile a una racchetta da ping-pong ma di forma più allungata e squadrata e che ricordava una mazza da cricket. Lo strumento era appositamente studiato per permettere di colpire con uniformità una notevole superficie. Non era sicuramente l’attrezzo più doloroso tra quelli utilizzati dalla donna in quanto la forza del colpo veniva ripartita su un’area molto ampia e non provocava le terribili sensazioni della canna. Sfortunatamente per Jennifer, questo comportava anche il fatto che procurando molti meno danni, la tutrice aveva la possibilità di utilizzarlo per lungo tempo senza doversi troppo preoccupare di provocare lesioni alla sua vittima. Come per le sculacciate, era l’effetto cumulativo a rendere insopportabile la procedura. Il grosso vantaggio che offriva era quello di essere meno stancante della mano nuda per chi lo utilizzava e al contempo più doloroso per chi lo subiva. Tuttavia Marie non lo amava molto. La donna preferiva attrezzi che erano in grado di procurare alle vittime quel dolore acuto che le riduceva ad ammassi di carne urlante e che riempivano la carnefice di senso di dominio e di piacere. Senza contare di quanto fosse magnifico lo spettacolo di un candido fondoschiena attraversato da linee multicolori, testimonianze roventi delle grida disperate strappate alle inermi giovani. Se si era decisa ad usare quello strumento era perché sapeva di avere davanti a sé una lunga giornata e che variando i mezzi di correzione impiegati avrebbe continuamente ravvivate le sofferenze della ragazza e la propria eccitazione. Restava il problema di rendere più efficace la battuta e la donna aveva sviluppato per questo motivo, una tecnica particolare. Dopo una lunga serie di colpi con la ‘racchetta’, si fermava all’improvviso e assestava tre o quattro vergate con una canna sottile. Riprendeva quindi immediatamente a darsi da fare con la ‘racchetta’ colpendo con tutta la forza per qualche minuto e poi fermandosi per concedere alla giovane di recuperare un poco prima di ripetere l’intera procedura. Le reazioni di Jennifer confermarono la bontà dell’intero procedimento. La prima volta la ragazza, colta di sorpresa, si abbandonò alle urla. Successivamente per evitare di urlare, anche se non le era stato vietato, prese a mordersi l’avambraccio usando la propria carne come bavaglio. Una vista deliziosa per la sua carnefice. La punizione andò avanti per l’intera mattina intervallata da brevi pause. Occasionalmente le pause erano però più lunghe. In questi casi la donna si sedeva anch’essa sul sofà, prendeva un cubetto di ghiaccio da un thermos predisposto e lo passava sul dolorante fondoschiena di Jennifer. Le piaceva osservare le contrastanti reazioni della ragazza che ora si ritraeva dal gelido bacio del ghiaccio sulla pelle rovente e ora lo ricercava per alleviare il bruciore. Marie muoveva il cubetto con studiata lentezza, ripercorrendo i segni della canna. Studiava i tracciati delle gocce gelate, sorridendo quando finivano per solcare il sesso di Jennifer facendola mugolare.Dopo aver pranzato, con Jennifer costretta a sedersi sulla sedia senza il conforto di un cuscino e con la sola protezione delle mutandine, la tutrice concesse alla ragazza qualche ora di riposo. Quando decise di riprendere la punizione le ordinò di spogliarsi completamente. Le fece poi nuovamente indossare la sola camicetta impedendole però di abbottonarla. Quindi la fece distendere supina sulla grande scrivania, appositamente sgombrata, e iniziò a legarla. Anche se qualche volta aveva minacciato di farlo, Marie non aveva mai legato Jennifer. La ragazza sembrava preoccupata ma la donna sapeva perfettamente come farle fare ciò che voleva."Non ti devi preoccupare, cara. Se ti lego è nel tuo stesso interesse. Ormai so bene cosa sei in grado di sopportare e cosa no. Dato che ho deciso di concentrare in una sola giornata la tua punizione, questa dovrà essere molto dura. Non credo che riusciresti a subire con la dovuta disciplina il trattamento che ti sto per impartire. Legandoti ti impedirò di commettere sciocchezze che ti costerebbero colpi supplementari.""Sì, Madame" disse Jennifer sempre più preoccupata."Normalmente quando c’è bisogno di simili misure aumento sempre la durezza della punizione per compensare l’aiuto di cui il soggetto ha avuto bisogno. Nel tuo caso ho però deciso di fare un’eccezione. Visto che non hai chiesto tu di essere legata ti concederò il beneficio del dubbio e non ti punirò più di quanto avessi previsto in origine.""Grazie, Madame." La risposta della giovane fu quasi meccanica, priva di reale convinzione. A Marie questo non poteva bastare. L’olocausto della sua protetta doveva essere genuino e spontaneo altrimenti la ragazza non avrebbe mai potuto accettare quello che aveva ancora in serbo per lei. La tutrice prese ad accarezzare lievemente il viso di Jennifer e si chinò lentamente verso di lei come per baciarla. Invece iniziò a parlarle con tono suadente."Mi dispiace, bambina mia, vorrei poterti dire che siamo quasi alla fine ma purtroppo non è così. Ti dovrò punire ancora a lungo e soffrirai moltissimo." Un brivido di eccitazione percorse la donna mentre pronunciava l’ultima frase ma non le fece mutare la sua maschera di preoccupazione. Le parole di Marie fecero effetto sulla giovane che abbandonò il suo stato di apatia."Non si deve preoccupare per me, Madame. Io … so di meritare il suo castigo e farò tutto il possibile per riceverlo come si deve. A me … basta solo che lei continui a volermi bene … anche se … non lo merito." Jennifer era arrossita dicendo quelle parole e aveva poi voltato la testa vergognandosi ancora una volta per come si era comportata verso la sua benefattrice. Marie le afferrò delicatamente il viso con entrambe le mani e lo rivolse nuovamente verso di sé."Sei una sciocchina! Ma certo che continuerò a volerti bene. E non è vero che non te lo meriti. Non mi preoccuperei tanto se non lo pensassi. Sei una ragazza dolce, intelligente e sensibile e hai tutto il diritto di essere amata da qualcuno che si prenda cura di te. E sarò felice se tu mi permetterai di essere io quel qualcuno. Però non devi dubitare dei miei sentimenti. Mai.""Madame …""Si?""Anche io … anche io le voglio bene."I volti delle due avevano continuato ad avvicinarsi durante la breve conversazione ed erano ora vicinissimi. Marie inclinò leggermente il viso da un lato e posò le sue labbra su quelle della ragazza. Il cuore le batteva all’impazzata come mai le era capitato. Dischiuse impercettibilmente gli occhi per spiare le reazioni della sua amata e vide che Jennifer aveva chiuso gli occhi abbandonandosi. Facendo leva su chissà quali energie nascoste Marie riuscì a risollevarsi interrompendo il bacio che in questo modo poteva ancora essere considerato casto."Dobbiamo andare avanti con la punizione" disse la donna con un imbarazzato tono di scusa."Sì, Madame" rispose Jennifer, paradossalmente lieta che qualcosa la distogliesse dal turbamento che l’aveva colta.Marie procedette a legare la sua vittima preferita. Legò assieme i polsi sopra la testa della ragazza e li assicurò in quella posizione. Mise due cuscini sotto il dolente posteriore della giovane e passò a legarle le caviglie. Ognuna venne fissata a una diversa gamba della scrivania. Gli arti di Jennifer risultavano così completamente divaricati. L’oscenità della postura era ampliata dai cuscini che sollevavano il bacino della ragazza esponendo completamente i genitali. Come tocco finale Marie aprì del tutto la camicetta di Jennifer, scoprendone interamente i seni e il ventre. Da un cassetto della scrivania dove aveva riposto gli strumenti che intendeva utilizzare tirò fuori una piccola frusta in miniatura appositamente realizzata per un uso a distanza ravvicinata. Non aveva la terribile efficacia di una vera frusta ma pungeva molto dolorosamente e senza fare troppi danni. La tutrice perseguitò al lungo con il frustino i seni e i capezzoli della giovane per poi scendere sul ventre. Prese poi posizione tra le gambe divaricate della ragazza e rovesciò i suoi colpi sull’interno delle cosce. Partì da poco sopra le ginocchia. Ogni colpo se ne allontanava sempre di più fino a giungere alla vagina che però lasciò intatta. Ripeté la procedura più volte assaporando il crescere della paura di Jennifer ogni volta che la lingua dello strumento si avvicinava allo scrigno prezioso. Alla fine decise che era giunto il momento per far affrontare alla ragazza la sua peggiore paura. Ripose la frusta e prese un cucchiaio di legno. Mise il lungo manico del cucchiaio tra i denti della ragazza a mo’ di bavaglio e afferrò un flagello. Tornata a disporsi tra le gambe di Jennifer, Marie sferrò un primo colpo direttamente sul sesso della ragazza. Il corpo della giovane si agitò convulsamente e inutilmente nei legacci. Marie non attese la fine di tanto fremere per tornare a colpire. Ancora e ancora lo strumento si abbatté sulle più tenere carni della sua vittima. Jennifer lottava disperatamente cercando di vincere le corde che la costringevano a subire il tormento. Il suo continuò agitarsi finiva però per esporla ancora di più al flagello le cui mille lingue sembravano trovare la strada per entrare in ogni suo più nascosto recesso. Alla ragazza non restò che rassegnarsi a subire il supplizio con compostezza. Ora ogni suo pensiero era rivolto alla sopportazione del dolore. I denti scavavano nel legno del bavaglio improvvisato che trasformava le sue urla in gemiti soffocati. Presto iniziò a piangere copiosamente. Non erano lacrime provocate dalla sofferenza ma dalla disperazione di non poter in alcun modo evitare il martirio. Marie intuì perfettamente lo stato d’animo della ragazza. Nulla le piaceva di più dello spettacolo di una vittima talmente soggiogata da non avere più alcuna capacità di reazione. L’eccitazione accrebbe il ritmo e la forza dei colpi. Jennifer si lamentava ormai senza remore. Ma anche i suoi gemiti eccitavano la donna che sperava di poterne presto strappare anche di un altro genere. Occasionalmente Marie concedeva un po’ di tregua alla ragazza riprendendo a usare la piccola frusta sulle cosce ma poi, inesorabilmente, tornava a affondare i colpi nel sesso arrossato della fanciulla.Per un tempo interminabile la punizione proseguì senza pietà ma alla fine anch’essa ebbe termine. Marie slegò i lacci, liberando Jennifer che rimase a lungo a piangere. In questi casi la donna aveva preso l’abitudine di consolare la giovane ma questa volta non lo fece. Anzi, quando la ragazza recuperò il controllo, le porse mutandine e reggiseno nuovi ordinandole di indossarli. Jennifer sapeva che non sarebbe stato piacevole farlo nelle sue condizioni ma eseguì senza discutere. Si accorse con sgomento che entrambi gli indumenti erano di taglia decisamente inferiore a quella abituale. Si voltò verso la donna incerta sul da farsi."Un po’ stretti non è vero?" interloquì prontamente la tutrice. "Serviranno a ricordarti che la tua punizione non è ancora finita!" Sul volto della donna si era dipinta quell’espressione di sprezzante crudeltà che tutte le studentesse della scuola ben conoscevano ma che raramente aveva apertamente rivolto a Jennifer da quando la aveva presa sotto la sua ala protettrice. Sotto quello sguardo la ragazza terminò di indossare la biancheria intima non senza una smorfia di dolore. Attese a rimettersi gli abiti visto che non le era stato espressamente ordinato. Marie studiò il corpo della giovane rammaricandosi, per la prima volta, dei suoi piccoli seni. Se fossero stati un po’ più grandi avrebbe potuto godere dello spettacolo di quelle due sfere doloranti che, strizzate ben bene, cercavano disperatamente di liberarsi del crudele abbraccio dello stretto reggiseno. Invece così quasi non si notava alcuna differenza dalla norma. Pensò poi sogghignando che di sicuro Jennifer si stava accorgendo della differenza ad ogni respiro.La donna, sedutasi sul sofà, fece avvicinare la ragazza e le indicò di prendere posizione sulle sue ginocchia. All’idea di una sculacciata Jennifer rabbrividì ma come sempre ubbidì. Per la prima volta da quando venuta a vivere in casa Foisson le venne concesso di continuare a indossare le mutandine anche durante la sculacciata. Ne avrebbe fatto volentieri a meno. Marie iniziò immediatamente a colpire i glutei e le cosce della sventurata. Era una sculacciata decisamente severa considerando quale lezione le era stata impartita quella stessa mattina. Eppure il peggio doveva ancora avvenire. A seguito di un colpo particolarmente forte Jennifer ebbe un sobbalzo che spostò il bacino fuori posizione. Era l’occasione che la tutrice aspettava. Con fare brutale Marie afferrò con la mano sinistra il bordo superiore delle mutandine sollevandolo con decisione fino a trascinare di nuovo al suo posto il fondoschiena della ragazza. A quel punto anziché lasciare la presa continuò a tirare verso l’alto. La forza impiegata era tale da sollevare a mezz’aria il fondoschiena di Jennifer. Nel frattempo la stoffa tesa al massimo premeva dolorosamente tra le cosce della giovane, insinuandosi e ritraendosi in profondità nel solco tra i glutei roventi. Marie aiutò il tutto utilizzando anche l’altra mano fino a quando le mutandine non furono ridotte a una striscia bianca tra i globi posteriori della ragazza che erano ora completamente esposti. Incurante delle lamentele la donna riprese la sculacciata senza lasciare la presa dal bordo delle mutandine. Anzi sempre cercava di tenere il bacino di Jennifer sollevato di un paio di centimetri dal piano delle ginocchia in modo che il peso della vittima fosse sopportato in gran parte dal pube e dalla sofferente vulva della stessa. L’effetto doloroso di una simile posizione era poi accresciuto dai continui colpi che si abbattevano sulle natiche, sulle cosce e qualche volta persino direttamente sul sesso della ragazza. Come se non bastasse le mutandine infilatesi nel solco tra i glutei finivano per separarli più nettamente del solito offrendo superfici vergini da martoriare. Certo la posizione non era comoda nemmeno per la carnefice che solo in virtù delle sue doti di atleta riuscì a prolungarla abbastanza a lungo. Quando il braccio sinistro prese a farle male concesse alla sua protetta di godere dell’appoggio delle ginocchia e concentrò gli sforzi sul far soffrire il posteriore di Jennifer dando un po’ di sollievo, o meglio smettendo il tormento, ai genitali.Finita la sculacciata le due cenarono e dopo un’ora la tutrice si rivolse a Jennifer affinché si preparasse a una nuova punizione. La ragazza aveva sperato che tutto fosse finito ma come sempre non ebbe la forza di opporsi. La donna la fece spogliare completamente, tranne che per il reggiseno, e inginocchiare per terra con il viso appoggiato su un cuscino. La posizione era quella più usata per l’assunzione dei clisteri e Jennifer si chiese per quale motivo la somministrazione dovesse avvenire il salotto anziché nella stanza da bagno. Quando Marie le legò assieme le mani ordinandole di tenerle sopra il cuscino capì che sarebbe successo qualcosa di insolito. La donna prese quindi una sedia e la dispose in modo che le gambe posteriori della stessa fossero all’interno della ellisse disegnata dalle braccia della giovane. Fece poi passare una corda attorno alle ginocchia della ragazza fissandole alle gambe anteriori della sedia che le cingevano i fianchi. In questo modo Jennifer era completamente impossibilitata a muoversi. Quasi tutto il suo corpo era rannicchiato sotto quella inconsueta prigione. Solo il bacino e le gambe ne fuoriuscivano. Per potere stare seduta su quella strana gabbia Marie dovette sollevarsi la gonna fino a scoprire le mutandine e divaricare completamente le gambe mettendosi quasi a cavalcioni della sedia. Il posteriore di Jennifer sporgeva oscenamente tra le gambe aperte della tutrice. La donna sorrise quando ammirando lo spettacolo le venne da paragonare il sedere della ragazza ad un enorme fallo eretto tra le proprie cosce. Ma non era certo il momento di perdersi in fantasie. Prese perciò a darsi da fare con il flagello che già tante grida aveva estorto a Jennifer. Data la posizione in cui si trovavano entrambe, i colpi non potevano che piovere verticalmente sul centro del fondoschiena della ragazza, incuneandosi facilmente nel solco tra i glutei. Lo strumento si aprì facilmente la strada fino a raggiungere la sensibile apertura anale. Jennifer sussultò cercando scampo ma tutto ciò che riuscì a fare fu di scuotere un po’ la sedia. Per tutta risposta Marie serrò con tutta la forza le gambe che chiusero in una morsa i fianchi della giovane. Moltiplicò inoltre il ritmo dei colpi che presero anche a martellare il sesso già così provato. Presto la ragazza, vista l’inutilità dei suoi tentativi, limitò le sue reazioni a gemiti e lacrime. Marie non era però soddisfatta dei risultati ottenuti. I glutei di Jennifer erano troppo contratti perché il flagello potesse penetrare con la dovuta profondità. Sapeva come rimediare ma aveva bisogno della piena collaborazione della sua vittima e sapeva anche che non sarebbe stato facile ottenerla."Ascolta, Jennifer. Per proseguire la punizione ho bisogno della tua collaborazione. Te la senti di darmela?""Sì, Madame" rispose la ragazza singhiozzando. A quel punto la donna le slegò le mani e le disse di posarle sulle natiche. Una volta che il comando fu eseguito le ordinò di tirare verso di sé i glutei. In questo modo l’ano della giovane sarebbe stato completamente esposto alla vista e ai colpi della tutrice. Appena Jennifer se ne rese conto iniziò a piagnucolare e a chiedere pietà ma Marie si limitò a lasciarla sfogare per poi riprendere a parlare."Mi dispiace molto ma è necessario. Tra un’oretta la tua punizione sarà finita ed è giusto che risulti il più dolorosa e umiliante possibile. Comunque se non ne sei convinta possiamo parlarne." Detto ciò Marie sfilò la sedia dalle corde legate alle ginocchia della ragazza. Non avendo ricevuto l’ordine di alzarsi Jennifer si limitò ad raddrizzare il busto rimanendo però inginocchiata sul tappeto, i polsi segnati dalle corde erano incrociati a nascondere il pube. Marie pensò di tornare ad accomodarsi sulla sedia per poter godere della visione della sua giovane schiava inginocchiata davanti a sé. Rinunciò però all’idea, anche se a malincuore, perché se dalla discussione doveva derivare la piena accettazione della punizione da parte della sua protetta era allora necessario che il colloquio avvenisse su un piano di perfetta parità, almeno nella forma. Così anche lei si sedette sulle ginocchia vicino alla ragazza e la invitò con lo sguardo a iniziare a parlare.Jennifer prese un po’ di tempo nella speranza di schiarirsi le idee ma non vi riuscì un granché. Non prese nemmeno in considerazione l’idea di blandire la sua tutrice. Sin dall’inizio del loro strano sodalizio la donna si era sempre dimostrata insofferente nei confronti di qualsiasi cosa che le sembrasse detta solo per compiacerla. Era invece stata insolitamente tollerante di fronte a qualsiasi idea magari inconsueta ma ritenuta genuina. Quando le loro opinioni divergevano la tutrice stimolava la pupilla a discutere fino al raggiungimento di un accordo. Quasi sempre Jennifer aveva dovuto capitolare riconoscendo la giustezza delle idee della donna. Ma anche nelle vittorie la tutrice si era dimostrata magnanima. Accompagnava infatti le proprie idee con sorprendenti cariche di autoironia che non facevano pesare a Jennifer la sconfitta. Come risultato la ragazza, anziché sentirsi frustrata, finiva per apprezzare il fatto che le sue opinioni venissero prese in considerazione. Senza contare che qualche volta era riuscita ad avere la meglio! Il risultato di tutto ciò fu che Jennifer imparò presto a denudare davanti alla donna non solo il proprio corpo ma anche il proprio animo. Alla fine, preso un po’ di coraggio iniziò a parlare anche se in realtà stava solo pensando ad alta voce."Madame, io so di dovere essere punita ma … non capisco perché debba esserlo così … così … in modo umiliante insomma! In fondo le altre si sono comportate peggio ma nessuna ha subito quello che … mi viene riservato. Non è giusto!" L’ultima frase era stata quasi urlata. Singhiozzava. Marie le prese delicatamente la mano per confortarla. Poi iniziò a parlarle."Se onestamente ritieni di essere stata punita abbastanza allora puoi considerare la sessione terminata. Non ti punirò più. Vorrei però chiederti una cosa. Credi davvero di essere meno colpevole delle tue compagne?"Jennifer pensò qualche istante prima di rispondere."So bene che le altre hanno violato solo una regola scolastica mentre io ho tradito la sua fiducia. Merito una punizione severa ma …""Aspetta" l’interruppe la donna. "Non è questo il punto. È vero che ti sei comportata male verso di me ma non è questa la cosa più grave. È te stessa che hai tradito. Ti rendi conto di quanto sei stata fortunata? Di come le cose avrebbero potuto andare diversamente?" Fece una breve pausa. "Le ore passate ad attendere i risultati dei tuoi esami del sangue sono state le peggiori della mia vita. Se fossi risultata positiva tutto quello che abbiamo costruito in questi mesi sarebbe stato perduto. Nemmeno io avrei potuto impedire la tua espulsione!" Marie avrebbe voluto dire ancora qualcosa ma non vi riuscì. Si era appena resa conto di quanto veramente fosse stata in ansia per la ragazza e di quanto avesse avuto paura di perderla.Jennifer sapeva che quanto la tutrice le diceva era vero. Strinse a sé la mano della donna, piangendo e prostrandosi davanti a lei. Con la mano libera Marie la carezzava dolcemente, turbata. Ad un tratto la ragazza si scosse. Senza dire una parola tornò ad assumere la posizione per la punizione aiutandosi attivamente con le mani a separare i glutei mostrando il piccolo ano. Marie sorrise commossa per la devozione della giovane. Poi, contemplando quel piccolo bocciolo che molte volte le sue dita avevano violato, lottò fino a scacciare dalla sua mente ogni sentimento che non fosse la lussuria. Se tutto andava come doveva quella notte stessa la piccola apertura avrebbe ricevuto nuove e più interessanti stimolazioni. Prima però bisognava terminare la punizione. Marie si alzò in piedi e rimise la sedia in posizione, si sedette a cavalcioni della stessa e cominciò a usare il flagello. Grazie al contributo di Jennifer i colpi ora penetravano facilmente nelle sue più tenere carni.Ogni colpo strappava alla ragazza guaiti di dolore. A volte dopo un colpo non poteva fare a meno di abbandonare per qualche istante la presa in preda agli spasmi del dolore. Altre volte le dita si contraevano ferocemente sui glutei, dimentiche del tormento che anch’essi avevano subito. In questi casi al primo urlo ne seguiva un secondo, più soffocato, conseguenza della sofferenza che s era procurata da sola. Questi gemiti bitonali eccitavano enormemente la tutrice che si sentiva spinta sul margine dell’orgasmo ogni volta che Jennifer ne emetteva uno. Spesso interrompeva la punizione per prolungare il proprio piacere e l’agonia della sua vittima. Quando pose termine alla sessione fu più per la paura di abbandonarsi al desiderio di sodomizzare la ragazza con le dita umide dei propri umori che per la reale effettività della punizione.Finito il tormento Jennifer chiese e ottenne il permesso di ritirarsi. Pochi minuti dopo Marie la raggiunse. La ragazza, come per tutta la settimana, era sdraiata per terra ai piedi del letto. Non si era ancora addormentata e sapeva che non sarebbe stato semplice riuscirci nelle sue condizioni. Solo il tappeto e una coperta la separavano dal duro pavimento. Mentre si preparava per la notte la donna disse alla ragazza che dato che aveva ben sopportato la punizione le concedeva di dormire nel letto insieme a lei. Jennifer ringraziò ma prima di distendersi la tutrice le rivolse ancora la parola."Dimmi cara, indossi ancora quella biancheria così stretta che ti ho fatto mettere?""Sì, Madame. Non mi ordinato di cambiarla …" rispose la ragazza timorosa di aver mancato in qualcosa."Non ti preoccupare, hai fatto benissimo" disse la donna sorridendo, felice della disciplina acquistata dalla sua pupilla. "Però non credo sia più necessaria. Data la punizione che hai subito ti concedo di dormire con la sola camicia da notte, senza biancheria intima.""Grazie, Madame" rispose Jennifer iniziando a spogliarsi dei fastidiosi indumenti. Qualche minuto dopo entrambe erano nel letto. Jennifer sdraiata sul fianco sinistro dava le spalle alla tutrice che inginocchiata dietro di lei stava armeggiando con un tubetto. Alla fine la donna parlò alla ragazza."Jennifer, gli strumenti che ho usato su di te sono fatti per non procurare delle lesioni però, data la delicatezza dei tessuti nei luoghi dove sei stata punita, dobbiamo essere prudenti. Perciò ora ti applicherò una crema particolare che ti aiuterà a recuperare e impedirà eventuali infezioni. Puoi rimanere in questa posizione?""Sì, Madame. Grazie" rispose la ragazza, invero con non molto entusiasmo. Senza perdere altro tempo la tutrice cosparse la pomata sulla sua mano destra. Fatto ciò la infilò senza esitazioni dentro l’ampia camicia da notte della giovane e iniziò a farla risalire verso i seni della ragazza. Prese quindi a massaggiarli con molto vigore, riattizzando la sensazione di dolore e strappando a Jennifer alcuni gemiti soffocati. Soddisfatta del risultato Marie fu caritatevole e alleggerì il tocco, trasformando il massaggio in una serie di delicate carezze. Continuò fino a che non sentì i capezzoli della ragazza inturgidirsi e il respiro divenire più rilassato. Interruppe quindi la somministrazione ritirando la mano. Sollevò poi la camicia da notte di Jennifer fin sopra i fianchi della ragazza e si cosparse nuovamente le mani con l’unguento. Fatto ciò la mano sinistra prese a dirigersi tra le gambe della giovane. Sfiorando i peli del pube si aprì la strada verso il sesso. Per facilitare l’accesso Marie inserì l’altra mano, da dietro, tra le cosce di Jennifer, spingendo lievemente verso l’alto la gamba destra. La ragazza assecondò docilmente le intenzioni della donna, piegando verso l’alto la gamba e spalancando alle dita della tutrice la via verso il proprio scrigno. Quando Jennifer sentì il tocco estraneo sull’esterno della vulva fu scossa da un brivido ed emise un gemito."Ti ho fatto male, tesoro?" chiese Marie sapendo perfettamente che non era stato il dolore a far gemere la ragazza."No, Madame. Scusi" rispose Jennifer."Ascolta cara, se senti male dimmelo e mi fermerò subito. D’accordo?""Sì, Madame. Grazie."Marie sorrise. Aveva concesso alla sua vittima la possibilità di fermarla ma solo per evitare il dolore. Però Marie, per la prima volta, non voleva dare dolore ma piacere alla sua giovane schiavetta. Era sicura che la ragazza non avrebbe osato interromperla solo perché imbarazzata dalla intimità delle carezze ricevute, specialmente se queste fossero risultate piacevoli. Rassicurata Jennifer, Marie riprese a dedicarsi al sesso della giovane. Inizialmente si limitò a far scorrere le dita sull’esterno della delicata conchiglietta. Nel frattempo spiava attentamente ogni espressione del viso di Jennifer. Non era semplice perché la ragazza le dava la schiena e lei doveva accontentarsi di guardare dall’alto il suo profilo. Jennifer era visibilmente agitata, respirava affannosamente. Marie attese pazientemente che riacquistasse un po’ di calma. Iniziò quindi ad accarezzare la fenditura tra le labbra esterne senza però fare entrare le dita nel santuario. Visto che la ragazza reagiva bene, prese a inserire le dita più in profondità. Millimetro dopo millimetro, con lentezza esasperante, le dita trovarono rifugio nella cavità come serpenti sotto un sasso. Il volto di Jennifer avvampava mentre il cuore pompava forsennatamente. Le dita affusolate di Marie iniziarono cautamente a danzare dentro il sesso della ragazza. Nel frattempo l’altra mano della tutrice aveva iniziato a ungere il solco tra i glutei di Jennifer per poi dedicarsi alla piccola apertura posteriore. La donna aveva scelto con cura il momento in cui sferrare questo secondo assalto. Sapeva che l’ano della ragazza era stato sodomizzato troppe volte, in preparazione di un clistere, perché Jennifer risultasse sconvolta dall’azione. Però sperava anche che la penetrazione anale, per quanto non inedita, l’avrebbe distratta dal trattamento praticato ai genitali, abbastanza da farle accettare una più decisa stimolazione del sesso. Quando le dita iniziarono a saggiare la resistenza dello sfintere di Jennifer, Marie ebbe l’impressione che un brivido di piacere scuotesse la ragazza. Senza ulteriori esitazioni la tutrice infilò l’indice nell’ano della sua amata. Istintivamente Jennifer spostò in avanti il bacino per allontanarsi dall’intruso. Così facendo però finì per spingere ancor più in profondità le dita che ospitava nella vulva. Sentendo queste affondare oltre le piccole labbra, la ragazza spinse il bacino in direzione opposta con l’unico risultato di far penetrare completamente l’indice nel suo posteriore. Jennifer ansimava e mugolava e ogni tentativo di ritrovare il controllo di sé sembrava solo peggiorare la situazione."Calma piccola mia, va tutto bene … va tutto bene …" intervenne Marie parlandole con il tono dolce e rassicurante con cui una madre culla la propria bambina, spaventata da un temporale notturno. Mentre la ragazza si calmava la tutrice prese a massaggiarle l’ano e la vagina. Presto un secondo dito trovò accoglienza nel buchetto posteriore mentre le dita dell’altra mano avevano preso a viaggiare avanti e indietro dalla vagina alla clitoride, sempre pretendendo di ignorare che non era certo più unguento medicinale la sostanza che le bagnava. Marie tornò a spiare il viso di Jennifer. Era bellissima. Gli occhi chiusi, le guance infuocate, i soffici capelli scompigliati sparsi sul cuscino. Ad un tratto le sue labbra ebbero un fremito e la bocca si spalancò leggermente. Dalla sua gola usci un sospiro affannato. Immediatamente prese a mordersi il labbro inferiore contraendo il volto nel palese sforzo di non gemere. Lo sforzo della ragazza per non far trasparire il proprio piacere eccitò Marie che riprese a darsi da fare con più decisione. La tutrice si era già accorta che la ragazza non era più vergine quando l’aveva penetrata per insegnarle a contrarre la muscolatura vaginale. Conoscendo il suo passato non se ne era stupita ma ne era comunque dispiaciuta. Non per sé stessa visto che in fondo la cosa poteva tornare a suo vantaggio ma per Jennifer. In base alle confidenze che la ragazza le aveva fatto, Marie era convinta che la sua prima volta aveva avuto ben poco a che fare con l’amore o la gentilezza. Certo anche per lei era stato lo stesso ma lei non era mai stata giovane, indifesa e spaurita come la sua pupilla. Tutto ciò che poteva fare adesso era darle piacere e sperare di essere perdonata per le sue crudeltà. La donna riprese ad affondare le dita nell’ano di Jennifer e continuando a spingere costrinse la ragazza a impalare la propria vagina contro le dita che la attendevano alla sommità. Senza prestare attenzione al sospiro emesso della giovane, Marie prese a masturbarla premendo con decisione il palmo della mano contro la clitoride senza più alcuna remora ma sempre con una certa delicatezza. Alla stessa maniera nell’ano le dita si muovevano lentamente avanti e indietro come un pistone oppure ruotavano e si contorcevano, deliziate dalla pressione della caverna di carne che cercava di richiudersi. Dopo molti secondi di trattamento Jennifer non riuscì a trattenere un grugnito di piacere. La tutrice rallentò appena la sua azione e si chinò per quel po’ che le era possibile verso il volto della ragazza."Ti ho fatto male? Vuoi che smetta?" le sussurrò la donna fingendo di avere confuso il gemito di piacere con uno di dolore. Jennifer sembrò voler rispondere immediatamente ma poi si trattenne per qualche istante. Entrambe sapevano che questa era l’ultima possibilità per la ragazza di fermare la procedura in un modo diverso che non con l’orgasmo."Noo … la prego … non mi fa male …" disse infine la ragazza cercando invano di essere più coerente. Marie continuò così le sue carezze mentre Jennifer respirava sempre più profondamente gemendo ogni volta che espirava. Per lunghi minuti le esperte dita della donna navigarono nelle intimità della ragazza suonando, come su un pianoforte, l’eterna sinfonia dell’amplesso. Ad un tratto i gemiti di Jennifer si fecero sempre più scoperti e dopo qualche istante Marie sentì l’ano e la vagina della ragazza contrarsi in preda a violenti spasmi incontrollati. Marie continuò a carezzare la giovane fino a quando la forza della tempesta non scemò. Quindi abbassò la camicia da notte di Jennifer e le rimboccò le coperte. Jennifer, stremata dalle emozioni della giornata, si addormentò immediatamente senza avere nemmeno la forza di pensare a quello che era successo. Marie invece si sfilò dalla mano il guanto di gomma che aveva usato per proteggere le dita che avevano sodomizzato la ragazza. Si tolse poi reggiseno e mutandine rimanendo con solo la sottoveste di seta. Infine sdraiata al fianco di Jennifer, poté finalmente dare sfogo alla propria passione masturbandosi tenendo la mano sinistra sul viso per poter assaporare l’odore del piacere della sua amata.
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