Lady Corinna era una donna dal carattere forte, che a volte poteva riuscire molto sgradevole perché voleva sempre che le cose andassero a modo suo. Aveva dominato il figlio persino dopo il suo matrimonio con June, una splendida ragazza giovanissima; poi il figlio era morto in un incidente di caccia quindici anni dopo, pochi giorni prima che nascesse il nipote, Emory. Emory non era debole come era stato suo padre e neppure disposto a lasciarsi sottomettere dall’imperiosa nonna quanto June, e per questa ragione costituiva una continua sfida per Lady Corinna. Questa del resto amava le sfide, e quando il ragazzo fu ospite nelle sue proprietà per le vacanze estive, decise di lavorarselo seriamente. Voleva piegarlo alla sua volontà, farne un docile strumento come era stato suo figlio. E, con sua grande sorpresa e gioia, constatò che non solo riusciva, almeno in parte, ad averla vinta con lui, ma che il ragazzo era sessualmente attratto da lei. Sposatasi giovanissima con un marito ricco e malaticcio che era morto poco dopo il matrimonio, era sempre stata una donna ardente: aveva avuto numerosi amanti e ne aveva combinate, come si usa dire, di tutti i colori, a volte letteralmente sotto il naso del povero marito che, almeno in apparenza, non si accorgeva di niente. Un pomeriggio, nonna e nipote stavano bevendo il tè nel salotto. Jane, la bella, giovane cameriera che li aveva serviti, era appena uscita con un fruscio di calze strusciate con le cosce, seguita dagli sguardi di Emory. “Mi sembra che quella ragazza ti piaccia, Emory,” commentò la nonna. Il quindicenne arrossì. “Be’… devo confessare di sì,” balbettò. “Hai una ragazza, Emory?” lo interrogò Lady Corinna . “Sono tua nonna, a me puoi dire tutto.” “No, nonna. Le ragazze sono troppo sciocche.” A Lady Corinna sembrò di avere a che fare con un decenne più che con un quindicenne. “Oh… e che cosa ti fa credere che le ragazze siano così sciocche?” Lui si agitò sul sofà. “Ti prego, nonna, perché non parliamo d’altro? Accidenti alle ragazze!” “Usi espressioni del genere anche di fronte a tua madre?” “Accidenti? Accidenti no, nonna,” e sorrise . Lady Corinna annuì. “Bene, con me puoi usarle tranquillamente.” Un attimo di silenzio e poi, all’improvviso: “Si può sapere che cosa stai facendo con quella mano?” Sapeva benissimo quel che stava facendo, il ragazzo le aveva pizzicato la coscia, e adesso tornava a sorridere, strizzandole l’occhio. “Niente,” rispose. “Hai per caso dei desideri sessuali, Emory?” Il ragazzo restò a bocca aperta, arrossendo violentemente “Non devi chiedermi cose del genere. Sei mia nonna!” “Decido io quando devo o non devo chiedere una cosa,” replicò lei con voce ferma. “E va bene. Ti stavo pizzicando la gamba,” ammise Emory. “Io… io ho caldo.” Lady Corinna si drizzò sul busto assumendo un’aria severa. “Che cosa hai detto?” Emory la guardò con un’aria che sembrava smarrita. “Ecco… ho detto che ho… caldo, nonna. Provo una strana sensazione. Ho visto che mi guardavi in un certo modo, ieri sera, mentre facevo il bagno, e allora…” “Strani discorsi per un ragazzo di quindici anni,” commentò Lady , che si sentiva adesso battere forte il cuore. “Devo confessarti una cosa, nonna,” disse Emory, che andava via via prendendo coraggio. “Ti ho spiata, un paio di giorni fa, avevi lasciato aperta la porta della tua stanza, e ho visto che eri davanti allo specchio e ti stavi….…, facendo qualcosa col dito.” Lady Corinna gli lanciò una rapida occhiata, per un istante imbarazzata lei stessa, ma subito lieta che Emory avesse parlato a quel modo. Le facilitava il compito, e il suo compito era di sedurre il nipote. Una fantasia che da qualche giorno aveva preso a frullarle per la mente, facendosi sempre più imperiosa. Sorrise, assunse un’aria comprensiva: “Ebbene, ragazzo mio, devi dirmi tutto. Ti piace spiare tua nonna?” “Sì. Mi fa sentire caldo. Sono stato a guardarti, poi sono corso nella mia stanza e mi sono toccato.” Lady Corinna trattenne il fiato. Le cose andavano più in fretta di quanto si fosse aspettata. “Vedo,” disse. “E la fai molto spesso… quella cosa lì?” Evidentemente Emory aveva buttato definitivamente a mare i suoi imbarazzi. Le pizzicò la coscia e rispose: “No, nonna, non lo farei per niente, se mi permettessi di amarti come un uomo adulto.” La dama restò ancora una volta senza fiato. Stupendo. Forse troppo rapido, ma stupendo. “Un linguaggio molto franco, quest’oggi, Emory. E da molto che ti gira per il capo questa idea… di parlarmi così apertamente, intendo dire?” “Da quando ti ho sorpresa a toccarti la fica, nonna.” “Mio caro ragazzo, non mi hai sorpresa affatto. Sappi anzi che l’ho fatto apposta. Perché, vedi, volevo che tu sentissi… caldo.” Il nipote aprì la bocca in un sorriso di meraviglia e di delizia. “Dici davvero? Vuoi dire che volevi che l’uccello mi diventasse duro pensando a te, nonna? E volevi che me lo menassi al pensiero di come te la toccavi?” “Sì, mio caro. Voglio che ti venga duro pensando a me. E vorrei che adesso tu ce l’avessi duro.” “Vuoi che te lo mostri?” Una volta ancora fu Lady Corinna a trattenere il fiato. Altro che timidezza! E altro che adolescente quindicenne anni! Suo nipote era un ragazzo sveglio, che andava diritto allo scopo. “Sì,” rispose. “Dal momento che me lo proponi, ebbene sì, voglio vedere il tuo… il tuo “coso”. Tiralo fuori, e lascia che la nonna ci giochi un pochino, mio caro.” Emory non si fece pregare due volte. Si levò in piedi, sbottonò i calzoni, ne estrasse il membro, e Lady Corinna poté constatare che era duro, lungo, di un bel colore rosato più acceso sulla testa, con il glande coperto interamente. Sbarrò gli occhi per la sorpresa. “Non devi dire assolutamente a tua madre e a nessun altro che… facciamo queste cose, Emory. Hai capito?” “Ma certo,” assicurò lui. “Non preoccuparti, non lo dirò alla mamma. Nessuno saprà mai che mi hai succhiato il pispolo.” Lei ebbe un sobbalzo. Non era lei, Lady Corinna, il personaggio dominante? “Un momento, giovanotto, chi ti ha detto che avrei fatto qualcosa del genere?” “L’ho detto io. E non hai forse intenzione di farlo?” E adesso nei suoi occhi c’era una espressione quasi implorante. Nella mente di Lady Corinna i pensieri si accavallavano, e intanto la sua eccitazione cresceva. Buon Dio, che demonio di ragazzo era suo nipote! E pensare che pochi istanti prima lei si chiedeva come sedurlo e come riuscirci senza che sua nuora, la madre di Emory, facesse il diavolo a quattro. Ed ecco invece che la situazione si era capovolta: era Emory adesso che tentava di sedurre lei. Splendido. Ma lo era davvero? Era saggio, da parte sua, lasciargli credere che a condurre il gioco fosse lui? Decise che non era il caso di dargliela vinta. “E va bene, mio caro,” disse con un tono di voce che suonò strano alle sue stesse orecchie. “Allarga un tantino le gambe, e la nonna ti bacerà l’uccellino.” “Baciarmi l’uccellino?” bofonchiò Emory. “Che strano modo di esprimersi.” Lei lo tirò a sedere sul divano e gli si chinò sopra. “E adesso la nonna bacia l’uccellino del suo piccolo bimbo,” mormorò. Emory rise. Afferrò la nonna per le orecchie, le tirò in giù la testa, ma Lady Corinna era ben decisa, adesso, a non dargliela vinta. Con un colpo secco gli scostò le mani, si raddrizzò sul busto e lo guardò fissa. “Chi credi che io sia, un cocker?” chiese con tono aspro. Il ragazzo tornò a ridere, questa volta un tantino innervosito. “Be’, nonna, hai detto qualcosa di buffo, no?” Lei ignorò la sua osservazione, e ordinò, con tono imperioso: “Non provarti più a prendermi a quel modo e obbligarmi a fare qualcosa, ragazzo mio, o te ne pentirai.” Emory smise di ridere. “Perché ti arrabbi, nonna? L’ho fatto semplicemente perché volevo aiutarti a baciarmelo.” E con la mano si afferrò il pene e prese a manipolarselo innervosito, come per consolarsi. “Tira via quella mano, ragazzo,” ordinò Lady Corinna. “Lascia che te lo baci io.” Lo guardò ben bene ancora per qualche istante, quindi si abbassò verso l’uccello. Ne baciò leggermente la punta, lo sfiorò con la mano e, come le dita di lui tornarono a protendersi verso il membro, gli dette un colpetto sul polso. “Tieni via le mani da quel coso, ragazzo,” comandò. “Farò io tutto quello che occorre.” E tornò ad abbassare la testa e a baciare il giovanile cazzo. “Oh, nonna, come lo fai bene. Ti dispiacerebbe prenderlo tra le labbra, per favore?” “Ma certo che lo farò, bambino mio,” rispose lei brusca, subito pentendosene. Perché non riusciva a tenere la bocca chiusa, a starsene tranquilla, a lasciare che fosse lui a sedurla? “Smettila di parlare,” soggiunse. “Se ti prendo l’uccello in bocca, non potrò risponderti, e quindi ti prego di stare zitto.” “Sì, nonna,” fece lui un tantino intimidito. Lady Corinna percorse con le labbra tutta la lunghezza di quella calda, morbida asta, tirò fuori la lingua, la passò tutt’intorno al cercine che ne orlava la testa, la infilò nel buchetto in cima. Che buon sapore di ragazzo giovane! Gli uomini avevano tutt’altro sapore, e Lady Corinna, che ne aveva baciati e succhiati tanti, di cazzi, lo poteva affermare con assoluta certezza. “Mmmh,” mormorò. “Bel cazzo di bel ragazzo.” Le parole le uscirono smozzicate, perché adesso se l’era infilato tutto in bocca. “Mmmmh,” ripeté, e ci diede dentro spompinandolo con energia. Il ragazzo le posò leggermente le mani sul capo, senza però premerglielo in giù. Si era lasciato cadere lungo disteso, chiudendo gli occhi, godendosi appieno la situazione di farselo aspirare dalla nonna. Non resistette a lungo. L’esperta Lady Corinna era specialista in esercizi boccali, e in quattro e quattr’otto estrasse il lattescente umore che sgorgava dal membro palpitante. E il ragazzo sussultò, più e più volte, mentre gli spruzzi di sperma riempivano la bocca avida della nonna. Rimasero poi seduti l’uno accanto all’altra sul divano, a chiacchierare del più e del meno, come se niente fosse accaduto. Anche a tavola, mentre mangiavano la cena servita dalla graziosa Jane, la loro conversazione si aggirò su argomenti del tutto anodini. Lady Corinna notò a più riprese gli sguardi di fuoco che il ragazzo rivolgeva alla bella cameriera, ma si guardò bene dal fare commenti in merito.
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