Mamma ed io stiamo da soli e tra noi c’è molta confidenza. Da quando sono diventato maggiorenne lei mi racconta tutto di se ed io le racconto tutto di me. Sa anche che mi piace da impazzire e mi ammazzo di seghe pensando a lei. La cosa la diverte e spesso mi prende in giro per quella che lei chiama una insana passione. Col tempo ti passerà, mi dice, ma io intanto cerco ogni pretesto per toccarla e sbirciare nella sua scollatura o sotto le sue gonne. A volte finge di non accorgersi delle mie manovre e mi lascia prendere qualche piccola libertà, soprattutto quando facciamo la lotta per gioco sul divano. In quelle occasioni riesco quasi sempre, nello scompiglio del nostro affettuoso lottare, ad infilarle una mano nella scollatura o sotto la gonna e a palparla un pochino. L’ultima volta, però, si è incazzata perché ero arrapato come una bestia e le ho infilato la mano tra le cosce e gliele ho carezzate fino a quando non sono venuto nei calzoni, sporcando, oltre ai miei e ai suoi abiti, anche il divano di velluto rosso. Non era certo la prima volta che le infilavo la mano tra le cosce e già altre volte mi ero goduto addosso palpandola, ma non avevo mai combinato un casino del genere. Qualche sera dopo comunque siamo andati al festival della birra. Ci andiamo tutti gli anni, a lei piace un sacco sentire la musica, bere, ballare e cantare in compagnia di estranei, fare casino, insomma, e siamo tornati a casa gonfi di birra come due otri. Io mi ero già messo in pigiama e mi stavo lavando i denti, quando lei, senza neppure bussare, ha fatto irruzione nel bagno. – Me la sto facendo addosso – mi ha annunciato – con tutta quella birra in corpo, se non piscio subito scoppio. Stavo per replicare di attendere qualche secondo che avevo quasi terminato di lavarmi i denti e le avrei lasciato libero il bagno, quando lei, senza per nulla curarsi della mia presenza, si è sollevata la gonna sui fianchi, si è abbassata i collant e le mutandine fino alle caviglie, si è seduta sulla tazza del cesso e ha iniziato a farsi una pisciata colossale. – Non ne potevo più – mi ha detto, per nulla imbarazzata dalla mia presenza. Il lavandino era proprio a fianco del cesso ed io, col mio spazzolino da denti in mano, mi sono ritrovato a guardare mia madre che, con evidente soddisfazione si stava facendo una lunghissima e copiosissima pisciata. Mi bastò fare un passo per pormi proprio di fronte a lei e ammirare, finalmente, il suo figone nero, da cui fuoriusciva il rivolo spesso del piscio. Notò che stavo guardando tra le sue gambe e pensai che mi avrebbe cacciato dal bagno urlandomi che ero un porco. Invece non mi disse nulla e lasciò che la guardassi fino alla fine di quella lunghissima pisciata. Quando ebbe terminato tirò un lungo sospiro di sollievo e poi, improvvisamente, scoppiò a ridere. Non capendo il motivo della sua ilarità la guardai interrogativo. – Guardati il pigiama – mi disse – sei proprio buffo. Lo spettacolo mi aveva effettivamente eccitato tantissimo ma non mi ero accorto che il mio uccello duro, puntando contro la sottile stoffa del pigiama, aveva creato un rigonfiamento enorme. – Sei proprio un bel porco – mi apostrofò lei, fingendosi arrabbiata – guardi tua madre pisciare e ti diventa duro. Non solo non era arrabbiata, ma non si era neppure ricomposta e continuava a stare seduta sulla tazza del cesso, a gambe larghe e col figone nero bene in vista. Non so cosa mi prese ma le annunciai che era venuta voglia anche a me di pisciare. E senza attendere risposta o darle il tempo di rialzarsi e lasciarmi libera la tazza del cesso, mi abbassai i calzoni del pigiama liberando la mazza durissima che puntò la testa ancora incappucciata verso l’alto. Colta di sorpresa dal mio gesto le vidi spalancare la bocca proprio mentre, col cazzo tesissimo, cominciavo a scaricarle addosso un fiume di piscio. Quella sera avevo bevuto litri di birra e il fiume dorato che mi sgorgò dai reni sembrava interminabile. – Cosa stai facendo? – mi urlò mentre la innaffiavo dalla testa ai piedi – sei impazzito? Pensai che si sarebbe alzata e sarebbe corsa fuori dal bagno, invece all’improvviso scoppiò a ridere divertita e si lasciò pisciare addosso, incitandomi ad innaffiarla tutta con la mia doccia dorata. – Sei proprio un bel maiale – mi diceva mentre dirigevo il getto contro il suo viso – pisciare così, addosso alla propria madre. La sentivo ridere sguaiatamente e pensai che tutta quella birra doveva averla un poco ubriacata. Ero eccitato allo spasimo e finito che ebbi di pisciare mi feci più sotto, avvicinando la testa del cazzo, ancora mezza incappucciata, al suo viso grondante piscio. – Cosa vorresti fare?- mi domandò. – Nulla, mamma – le risposi intimorito. – E allora che ci fa quel cero ritto proprio davanti al mio viso? Stavo per risponderle qualcosa ma d’un tratto sentii che stavo per godere. Vidi il mio cazzo ondeggiare paurosamente e sentii il flusso dello sperma risalirmi dai lombi. Lei se ne accorse e fece per dirmi qualcosa ma era troppo tardi. Le venni addosso scaricandole lunghi getti di sborra che la colpirono sul viso mescolandosi al piscio. Lei lasciò che mi svuotassi completamente, poi si ripulì alla meglio gli occhi col dorso della mano. Non sembrava arrabbiata, solo stupita. In realtà era infoiata. La vista del mio cazzo duro, la lunga pisciata che le avevo scaricato addosso e quella sborrata ricevuta in piena viso doveva averla eccitata parecchio, perché mi annunciò che si sarebbe seduta stante tirata un ditale. – Al punto in cui siamo arrivati puoi guardarmi mentre me la sbatto – mi disse mentre, con una mano tra le cosce, prese a sditalinarsi furiosamente. Io non mi feci certo scappare l’occasione e, col cazzo ancora gocciolante e sempre durissimo, mi predisposi a spararmi una sega piazzandomi a gambe divaricate davanti a lei. Venimmo praticamente insieme, e mentre lei veniva squassata da un potente orgasmo che la fece uggiolare come una cagna in calore e tremare tutta, le scaricai addosso la mia seconda sborrata. – Ci stai prendendo gusto a sborrare addosso a tua madre, brutto maiale – mi apostrofò – ma non credere di poter prendere l’abitudine. Stasera è andata così, ma da domani si torna alle vecchie abitudini. In realtà, però, non fu affatto così, perché io, reso più audace dall’esperienza di quella sera, mi presi con lei sempre maggiori libertà che a volte lei tollerava, a volte no, e a volte addirittura sollecitava, stuzzicandomi in ogni maniera. Quando ero infoiato solo io facevo fatica a palpeggiarla come piaceva a me e per riuscire a farmi una bella sborrata, anche solo nei calzoni, dovevo sudare sette camice. Ma quando era infoiata anche lei si lasciva mettere le mani dappertutto e molte volte mi permetteva di estrarre la minchia dai calzoni e mi guardava mentre me la segavo davanti al suo viso per poi sporcarglielo tutto coi miei schizzi. Se ero fortunato mi faceva anche assistere ai suoi ditali e allora riuscivo a sborrare anche due o tre volte di seguito. Insomma le cose non andavano male, però di scopare o farmi fare un bocchino o anche solo di farmi segare da lei non se ne parlava proprio. – Accontentati di potermi guardare e toccare e di sborrarmi addosso – mi diceva – non ti sembra abbastanza? Quale altro ragazzo che tu conosci fa queste cose con la propria madre? Io naturalmente non sapevo cosa risponderle e dovevo pertanto accontentarmi di prendere quello che potevo. Un sera stavamo guardando la tivù seduti sul divano e le stavo carezzando le gambe. Le sollevai la gonna e provai ad abbassarle le mutandine. Di solito non me lo permetteva consentendomi di toccarla solo attraverso la stoffa degli slip o, al massimo, mi consentiva d’infilare due dita sotto l’elastico per carezzarle il pelo. Quella volta, invece, non protestò e se le lasciò sfilare del tutto. – L’hai già sentito il sapore della figa? – mi domandò a bruciapelo e, senza lasciarmi il tempo di risponderle, alzò le gambe verso l’alto e mi invitò a leccargliela. – Ho proprio voglia di farmela leccare – mi disse mentre io m’inginocchiavo a terra e tuffavo il viso tra le sue cosce. M’insegnò dettagliatamente come dovevo leccargliela, come dovevo tenere la lingua, come dovevo usare le labbra, come dovevo leccare e succhiare, quali parti della sua figa sollecitare, con quale ritmo e quale pressione. La feci godere tre volte di seguito riuscendo, non so come, a trattenermi dal godere anch’io. – Sei stato bravo, molto bravo – mi disse infine – ti meriti un bel premio. Completamente impegnato ad eseguire le minuziose istruzioni di mia madre su come leccarle al meglio la topa, on ero riuscito neppure a sfilarmi i calzoni, sicchè il mio cazzo, duro come l’acciaio, mi premeva dolorosamente contro la stoffa e i miei coglioni, gonfi come due bisacce, stavano per scoppiare se non immediatamente svuotati. Cosicchè quando lei mi spogliò lasciandomi completamente nudo, io non protestai di certo. – Proprio come quando eri piccolo – mi diceva sfilandomi, uno dopo l’altro, tutti gli indumenti – anche allora ti veniva duro quando ti spogliavo. Però non era così grosso. Me lo carezzò, me lo lisciò e se lo imboccò. Mi ciucciò la cappella lasciandomi senza fiato e quando si accorse che stavo per venire prese a pompare con vigore fino a quando non le riempii la bocca coi miei fiotti caldi fin quasi a soffocarla. Sborrai come un cavallo, ma non mi sentivo ancora sazio e glielo dissi. Mi feci tirare un bel raspone e la schizzai tutta ma solo dopo un secondo bocchino potevo dirmi finalmente appagato. Da allora mamma ed io ci scambiamo favori, ma non si lascia scopare ne la figa ne il culo. per adesso ci tocchiamo e ci lecchiamo a vicenda e ci facciamo delle bellissime godute. Col tempo si vedrà: io sono fiducioso.
Aggiungi ai Preferiti