Di recente sono stato implicato in una storia di sesso dai contenuti… diciamo così… piuttosto scabrosi, il cui inizio è forse più che licenzioso, visto che riguarda il rapporto incestuoso di una madre e un figlio. Vorrei proporla a coloro che prediligono questo tipo di storie. Naturalmente lo faccio col consenso dei protagonisti, poiché non mi permetterei di raccontarla senza la loro approvazione.Patrizia V. era una vedova quarantenne, ormai convinta che il futuro non avesse più cose belle in serbo per lei. Si era arresa alla prospettiva di vivere la seconda metà della sua vita senza un compagno, afflitta da problemi economici e angosciata dalla sorte del figlio Marco, il quale da qualche tempo aveva cominciato a frequentare amicizie che a lei non piacevano e andava assumendo comportamenti che lei giudicava preoccupanti.Marco era un ragazzo che, agli occhi della madre, manifestava certi sbandamenti tipici di alcuni giovani nel momento del passaggio dalla pubertà alla prima giovinezza dell’età adulta. In sostanza, sua madre temeva le cattive compagnie, la droga e gli ambienti poco raccomandabili che il ragazzo aveva preso a frequentare. Dobbiamo dire, per la verità, che i timori della signora V. non erano del tutto infondati.Patrizia era disperata. Le preoccupazioni causate dal figlio si aggiungevano alla condizione di vedova, che fra l’altro comportava l’assillo di problemi economici cui doveva far fronte quotidianamente. Una difficile situazione.Lavorava saltuariamente accettando qualsiasi mansione che le permettesse di sbarcare il lunario, da cameriera a impiegata a commessa. Era ancora una bella donna e non di rado riceveva avances da parte di colleghi e datori di lavoro, ma lei le respingeva tutte, nel fermo proposito di accettare soltanto proposte “serie”.Insomma, per dirla in breve, non la interessavano le avventure, pur essendo cosciente d’averne bisogno, non si accontentava di una semplice scopata, anche se spesso sentiva lo struggente, irresistibile desiderio d’avere nel letto un qualsiasi stallone che la montasse. Cercava piuttosto una nuova sistemazione. Si aspettava di trovare un nuovo compagno, un uomo che sostituisse il capofamiglia defunto e facesse da tutore a suo figlio.Era questa la situazione di Patrizia V. quando, una sera, suo figlio Marco si apprestava ad uscire a ora tarda, per recarsi a un misterioso appuntamento di cui non aveva voluto dire nulla alla madre e di cui lei sospettava tutto il male possibile.Marco aveva appena fatto la doccia, indossava l’accappatoio di spugna e Patrizia lo implorava di non uscire, di restare in casa con lei. Lo supplicava, ma lui non intendeva ragioni.La fermezza del ragazzo allarmò ulteriormente Patrizia. La donna si convinse in maniera definitiva che suo figlio fosse attratto da qualcosa di losco che lo rendeva sordo alle sue suppliche. Gli promise un regalo, gli mostrò tutta l’angoscia della ferita che egli le stava provocando, ma senza ottenere successo.”Ti prego” gli disse a un certo punto, “resta con me… guarderemo un film a letto… ricordi come ti piaceva quando eri piccolo? Potrai dormire con me. Ricordi come ti piaceva dormire nel lettone?”Quelle parole parvero ottenere l’effetto che tutte le altre lusinghe avevano fallito.Patrizia insistette su quel tasto. “Ci metteremo a letto e guarderemo un film. Che ne pensi?”Marco esitò. Lei prelevò subito un film in VHS dalla videoteca, nell’intento di mantenere l’iniziativa per non lasciar svanire il momento favorevole.Nei minuti seguenti Patrizia fu assalita dalla consapevolezza che l’esitazione del figlio era motivata da qualcosa di torbido… qualcosa che lei aveva da tempo sospettato, intuito, ma alla quale aveva sempre cercato di non pensare, isolandola in un angolino della mente da dove sperava non sarebbe mai emersa.Invece adesso emergeva, ne era consapevole. Lei stessa agiva in modo ambiguo, alimentando il sentimento morboso che suo figlio covava segretamente. Però non tanto segretamente da impedire che lei, negli ultimi tempi, se ne accorgesse.Ma adesso niente era più importante della necessità di salvare il ragazzo dai pericoli che lei intravedeva e che l’angosciavano. Sperava di riuscirci ed era afflitta dal timore di non riuscirci. Nello stesso tempo sperava che quella cosa inconfessabile che Marco provava nei suoi confronti non emergesse del tutto.La conosceva quella cosa inconfessabile, l’aveva intuita da tempo. Era un sentimento proibito, immorale. Ma ora c’era qualcosa più importante che aveva la precedenza.Marco si sdraiò sul letto accanto a lei, senza indossare il pigiama, anzi tenendo ancora indosso l’accappatoio, come se ancora non avesse deciso se uscire o restare in casa. E in effetti non aveva deciso.Quella sera avrebbe dovuto incontrare un’amica, una ragazza che gli piaceva, e insieme avrebbero dovuto prelevare un pacco da consegnare a un indirizzo che lei conosceva. La ragazza non gli aveva detto cosa contenesse il pacco, ma non era difficile immaginarlo. Si trattava di un guadagno facile per un lavoro altrettanto facile. In più, Marco sperava che dopo la consegna la ragazza sarebbe rimasta con lui. Lei glielo aveva lasciato intendere.Dunque la prospettiva di Marco era quella di rinunciare a un facile guadagno e a una bella avventura in cambio di una notte nel lettone con la mamma.Per la maggior parte dei ragazzi, per tutti i ragazzi della sua età, specie se dotati di un carattere vivace, una tale contropartita a una notte d’avventura sarebbe stata improponibile. Non per Marco. Lui aveva quella cosa inconfessabile che si portava dentro da anni. Per lui la contropartita aveva un valore molto invitante.Infatti era indeciso. L’ipotesi di stare a letto con la mamma gli scioglieva le membra in un eccitato torpore.Patrizia premette il tasto play sul telecomando del riproduttore VHS. Partirono le scene iniziali del film Matrix. Lei si adagiò nel letto, con due cuscini sotto la nuca, cercando di nascondere il proprio nervosismo. Era molto tesa, ma col passare dei minuti la tensione diminuiva e lei si sentiva scivolare in una piacevole sensazione di rilassatezza.Le immagini del film scorrevano sullo schermo del televisore e la donna cominciava a pensare d’aver conseguito un successo più facile del previsto, ma proprio a quel punto un elemento inatteso e irritante venne a interrompere l’atmosfera di serena tranquillità che andava diffondendosi nella stanza. Il cellulare di Marcò squillò. Lui rispose. Era la ragazza che avrebbe dovuto incontrare.”Allora, che fai?” disse la ragazza al telefono, “vieni o no?”Lui tergiversò.Patrizia intuì. Con intuito di madre e di donna comprese che quello era il momento decisivo. Niente era più importante di proteggere il figlio dai pericoli che lei intravedeva con la sua immaginazione di madre apprensiva.”Digli che non puoi uscire… che sei malato” suggerì gesticolando.Marco seguì il consiglio. Disse che non stava bene, che aveva un po’ d’influenza.La ragazza sbuffò in una risata, come se avesse di colpo scoperto che lui era un bamboccio ingenuo. E in effetti in quell’istante lui si sentì davvero così, un bamboccio smanioso di ricevere le coccole della mamma.”Ma dai” fece la ragazza, “non dirmi che rinunci a tutto per un po’ di raffreddore.” Rise di nuovo.”È che proprio non me la sento” borbottò Marco. “Ho la febbre.””Ehi” ribattè la ragazza, “potevamo divertirci, lo sai? Dopo il lavoro saremmo stati un po’ insieme, se ti andava. Non lo avevi capito?”A Marco parve di trovarsi sul fulcro di una bilancia, con due allettanti miraggi sui piatti contrapposti, indeciso da quale parte pendere, da quale miraggio farsi attrarre.Patrizia intuì quale fosse la posta in gioco per il ragazzo. Da una parte il richiamo di una coetanea carina e disponibile, dall’altra parte lei, la madre, che quella sera si proponeva in ben altra veste che non quella di madre.Patrizia era perfettamente cosciente di quanto fosse immorale il suo ambiguo comportamento, ma non esitò. Niente era più importante della salvezza di suo figlio.”Ah capisco” disse a bassa voce per non farsi udire dalla ragazza, assumendo un tono che diede alla sua voce una nota sensuale, “capisco… volevi uscire con un’amica eh? Ma insomma, puoi stare bene anche qui, non credi?”Niente era più importante.Alzò il busto appoggiandosi al corpo del ragazzo, come per sostenersi a lui nel tirarsi su, posandogli la mano sull’inguine con un gesto che parve casuale, involontario, ma che in realtà non fu per nulla casuale.”Possiamo giocare anche qui… tu ed io… non credi?”Esercitò pressione sulla stoffa che copriva il pene del ragazzo. Non era un gesto casuale.Patrizia cercò di assumere un tono scherzoso. “Che cosa ti aspettavi da quella ragazzina?” chiese ridendo.In realtà il suo tentativo di sdrammatizzare risultò forzato, patetico”Ti avrebbe carezzato il pisello?”Si sentì penosa e sporca, ma non desistette.”E se te lo carezzassi io?”Disse quella frase che non avrebbe dovuto dire, con la convinzione di doverla dire. Niente era più importante.Ci fu una sospensione nel respiro di Marco. All’altro capo del telefono la ragazza gl’illustrava le meraviglie della notte che li aspettava, ma lui non l’ascoltava più.Patrizia scostò i lembi dell’accappatoio e scoprì il pene del figlio. Subito lo ricoprì, ma non con la stoffa, bensì col palmo della propria mano, sentendolo reagire… reagire come attraversato da una scossa… e la scossa si trasmise alla mano di lei, e poi attraverso il braccio al suo intero corpo, al seno, alle labbra, alla mente.”Se resti qui con me… te lo bacio… come quando eri…”Stava per dire “come quando eri piccolo” … ma no… che assurdità… non sarebbe potuto essere come quando baciava il pisellino di suo figlio bimbetto. Il membro su cui premeva il palmo della mano non era più un pisellino… era il fallo di un giovane maschio ormai maturo… era un cazzo.Patrizia non poté evitare di pensare che era un bel cazzo. Si sentì invadere da quella strana, innominabile scossa. Voleva odiare quella scossa, voleva respingerla, ma non vi riuscì.”Te lo prendo in bocca…” mormorò in un sussurro che le morì sulle labbra.Marco sussultò. I suoi occhi sgranati incrociarono lo sguardo di blasfema supplica della donna. Lei avvolse le dita intorno all’uccello che stava diventando duro. Se lo sentì crescere in mano, diventare grosso.”Te lo prendo in bocca…” ripetè sommessamente.Il ragazzo emise un lungo respiro, poi parlò con decisione nel telefono.”Mi dispiace” disse alla ragazza, “sarà per un’altra volta. Stasera resto in casa. Ciao.”Staccò la comunicazione e mise via il cellulare.Nel momento in cui il cellulare toccò il piano del comodino, Patrizia si piegò sull’addome del figlio e avvolse il suo cazzo con le labbra.L’apprensione materna può spingere molte madri a comportamenti irrazionali, e la signora V. raggiunse limiti davvero estremi, ingiustificabili dal punto di vista razionale e ancor più inqualificabili dal punto di vista dei codici morali.Occorre tuttavia osservare che il comportamento di Patrizia, per quanto biasimevole secondo il giudizio della maggioranza, troverebbe certamente alcune persone disposte a comprenderlo se non addirittura ad approvarlo. Nelle questioni morali l’unanimità non esiste, pertanto il rapporto incestuoso della coppia sarebbe additato dalla gran parte della gente come evento altamente immorale e infame, ma d’altro canto ci sarebbe sempre qualcuno disposto a giudicarlo… per così dire… interessante.Vedremo in seguito come Patrizia V. e suo figlio incontreranno alcune di queste persone “indulgenti”. E vedremo come ciò avrà influenze spregiudicate ma tutto sommato positive nella loro vita.Bisogna dire, inoltre, che la donna ottenne l’effetto desiderato, in quanto il ragazzo ruppe con le cattive compagnie che aveva preso a frequentare e da quella sera non passò più nemmeno una notte fuori casa, attratto com’era dagli eccitanti giochi nel letto della mamma.Passarono alcune settimane, nel corso delle quali Patrizia consolidò l’abitudine di trattenere in casa il figlio con la delizia delle sue dolci e sempre più sfrontate attenzioni.Durante il giorno lo teneva a distanza, temendo che una volta sfogati i suoi bisogni, il ragazzo sarebbe poi uscito in cerca degli amici a cui lei voleva strapparlo. Rimandava tutto alla sera. A quel punto era come se azionasse un’elettrocalamita il cui magnetismo imprigionava Marco e lo rendeva incapace di pensare a qualsiasi altra cosa che non fossero le deliziose premure della mamma.Va detto subito che in quella prima fase della loro morbosa relazione non ebbero mai un rapporto sessuale completo. Patrizia dava piacere al figlio unicamente con la bocca. Lo spogliava come per prepararlo a coricarsi, solo che poi non gli metteva il pigiama, ma lo copriva di carezze e di baci su ogni centimetro di pelle, dirigendosi a spirale verso il centro dell’eccitazione virile. E la trovava bella, quella sua virilità, trovava bello il suo cazzo dritto e duro… una vera mazza con in più qualcosa che le ispirava tenerezza. Infine terminava il tutto con una prestazione da femmina priva d’inibizioni. Gli faceva un pompino integrale, accogliendo con sommessi mugolii l’eiaculazione nella bocca.Riteneva di non essere stata, in passato, particolarmente abile nell’arte fellatoria, ma con Marco scoprì d’avere un insospettato talento di succhiatrice. Raramente aveva permesso agli uomini di venirle in bocca, compreso il suo defunto marito, invece a Marco non solo lo consentiva, ma scoprì ben presto di trovarlo eccitante lei stessa.Considerava il pene di Marco come il più bel cazzo che avesse mai visto, toccato o baciato, benché un po’ acerbo sotto certi aspetti, per esempio nella scarsezza della peluria. Certe volte le esplodeva in faccia ai primi sfregamenti della lingua, o nella cavità orale in seguito alle prime suzioni, ma il ragazzo era dotato di una notevole esuberanza, per cui si riprendeva solitamente presto e Patrizia lo ritrovava nuovamente eretto prima ancora che le si fosse del tutto asciugata in faccia la precedente eiaculazione. Infatti non sempre si ripuliva, dopo che Marco le aveva bagnato il viso, e spesso rimaneva per lunghi minuti così, col volto rigato di sperma e il cazzo del figlio in bocca.In quanto all’ingoio… be’ non lo aveva mai fatto a nessuno, ma una sera Marco le domandò se le avrebbe fatto schifo bere il suo seme… lei rispose di no e glielo dimostrò. Da allora Patrizia non rinunciò più a ingerire la liquida manifestazione dell’orgasmo filiale.Nondimeno, Patrizia era agitata da residui scrupoli morali che non le consentivano di lasciarsi andare completamente. Fin dall’inizio si arrese all’evidenza che i rapporti incestuosi le davano piacere, questo non poteva negarlo né a Marco né a se stessa, però resisteva tenacemente alle richieste più estreme del figlio e alla propria tentazione di esaudirle.Se per esempio il ragazzo l’abbracciava da dietro, a lei piaceva sentire il suo cazzo duro sul culo, le piaceva sentirsi premere la sferica punta sull’anello elastico dell’ano, ma se lui provava a spingere più del dovuto, se cercava di penetrarla, allora lei si ribellava e lo respingeva. Ed era ancor più inflessibile riguardo alla penetrazione vaginale. La vulva di Patrizia rimase per lungo tempo off limits per l’organo sessuale del figlio. Comunque non rimase off limits altrettanto a lungo per le sue dita e la sua lingua.Nei primi giorni Patrizia rifiutava perfino di farsi vedere completamente nuda da Marco. Negava l’accesso della sua mano in mezzo alle proprie gambe, consentendogli solo di baciarle e toccarle il seno, questo perché anche a lei piaceva enormemente farsi palpare le tette mentre gli succhiava il cazzo.Poi, una sera, Patrizia non resistette al calore che richiamava la mano di lui in mezzo alle gambe. Lo guidò lei stessa. Gli insegnò come muovere le dita dentro di lei, come lambire i punti più sensibili.La sera successiva fecero il bagno insieme. Soltanto nei primi minuti lei provò un po’ di vergogna a farsi vedere interamente nuda dal figlio, poi la vergogna fu superata e lei arrivò a soddisfare la richiesta del ragazzo che la supplicava di aprire le gambe e fargliela guardare da vicino. Dopo il bagno, decise di depilarsi, e lo fece con l’aiuto di Marco. Poi, mentre lui asciugava le sue parti intime, di scatto le incollò la bocca alla fica e lei lo lasciò fare. Gli insegnò a farlo bene. Lo istruì circa le delicate attenzioni che un maschio deve dedicare al clitoride, qualora voglia far godere una donna con la lingua.Per la prima volta Patrizia ebbe un orgasmo procurato dal ragazzo. Fino ad allora aveva sempre provveduto da sola, correndo in bagno dopo un pompino, o svegliandosi maledettamente eccitata in piena notte, oppure, in seguito, masturbandosi apertamente mentre sbocchinava Marco. Quella volta, invece, fu lui a procurarle l’orgasmo, con la lingua, dandosi da fare mentre lei accettava passivamente la prestazione. Patrizia ne trasse un piacere che la sconvolse. Dopodiché si mise in ginocchio e ricambiò il favore.Anche riguardo al linguaggio vi fu una graduale maturazione dall’iniziale riservatezza alla successiva massima libertà. Nei primi tempi Patrizia esitava a pronunciare certe parole, a usare certe espressioni, e anche Marco, viste le remore della madre, si riguardava, benché a lui le scurrilità piacessero molto, specialmente in certi momenti d’esaltazione erotica. Ben presto, tuttavia, espressioni sul tipo “leccami la fica”, o “sborrami in gola”, diventarono di uso comune per Patrizia.Marco approfittava di quella evoluzione verbale per rivolgerle perverse richieste nella maniera più esplicita, come quando le chiedeva di spalmarsi sulla faccia il liquido prodotto dai suoi orgasmi. Oppure, addirittura, quando le chiedeva di farci un po’ di gargarismi.L’ultima intimità che Patrizia concesse al ragazzo fu… il bacio in bocca. Sembrerà paradossale, ma è così. Già da alcuni giorni lei succhiava il suo cazzo, beveva il suo sperma, infine gli faceva leccare la fica senza alcun ritegno… ma non aveva mai baciato suo figlio come si bacia un amante.Quando ciò successe erano entrambi nel soggiorno della loro casa. L’impianto stereo diffondeva le note di alcuni brani in stile new age. Marco abbracciò la madre e accennò un passo di danza. Restarono abbracciati in mezzo al soggiorno, cullandosi l’un l’altra al ritmo soffice della musica. Si stringevano. Marco le baciò la fronte, gli occhi… lei gli baciò gli zigomi, la punta del naso. Si baciarono sulle labbra, ma era ancora un bacio quasi casto, come avrebbero potuto darsi prima, quando erano soltanto madre e figlio, non amanti.Poi Patrizia dischiuse le labbra e lasciò che la lingua di suo figlio le scivolasse in bocca. La succhiò. Ricambiò infilando la lingua nella bocca di lui, perlustrando l’interno della sua cavità orale… e il bacio si trasformò in un atto passionale, impudico. Si trasformò in qualcosa di perverso, considerato che era il bacio fra una madre e un figlio. Ma era anche il bacio di due amanti che si desideravano.Ogni tanto allentavano l’abbraccio e si toglievano a vicenda un capo di vestiario, poi tornavano a stringersi e baciarsi.Allorché furono interamente nudi, Patrizia sentì premersi sull’addome il fallo caldo e turgido del figlio. Pensò che non aveva mai provato tanto desiderio per nessuno degli uomini che aveva avuto.”Mamma” sussurrò Marco, “ti voglio… lo sai come ti voglio…””No amore… no…” rispose lei.Eppure lei stessa ne aveva una grandissima voglia. Era sconvolta dal desiderio di scoparlo, dall’irresistibile brama di sentirselo dentro.”Ti prego… ti prego…” insistette lui.Lei gli prese la faccia tra le mani e lo fissò negli occhi.”Tesoro… non puoi chiavare tua madre… lo capisci?”Marco protestò debolmente.”Ma che senso ha dire di no… dopo quello che abbiamo fatto finora?”Aveva ragione. Negargli l’ultima intimità era solo il tentativo ipocrita di salvare la decenza là dove non esisteva più alcuna decenza.Ha ragione, pensò lei, non ha senso, visto quello che abbiamo fatto finora. Ragionava fra sé e sé mentre baciava Marco e premeva la pancia sul suo uccello eretto. Potrei dargli il culo, pensava. In fondo, se gli faccio i pompini, potrei anche dargli il culo, che differenza farebbe? “Ti prego…” mormorava Marco.Lei supplicava il cielo che smettesse, che non insistesse, perché altrimenti avrebbe finito col farsi inculare da suo figlio.Lo guidò verso il divano e lo spinse a stendersi. Gli andò sopra e giacque su di lui in posizione invertita, aprendogli le gambe in faccia e portando la testa sull’uccello che puntava dritto al soffitto, come un missile in rampa di lancio.Fu il loro primo sessantanove e fruttò a entrambi un grandissimo godimento. Patrizia raggiunse l’orgasmo nel momento in cui Marco le inondava la bocca. Pensò che non aveva mai provato niente di così esaltante con nessun altro maschio. Niente di così tenero e nello stesso tempo perverso.Chiedo scusa, ma ritengo opportuno interrompere qui la narrazione, poiché penso a quei lettori che non trovano agevole leggere testi eccessivamente lunghi al computer.Come in seguito vedremo, a questo punto entrarono nella storia ulteriori personaggi, compresi il sottoscritto e mia moglie, quindi approfitto del cambio di scena per staccare e fare una pausa, rimandando alla prossima occasione tutti coloro che fossero interessati a seguire gli sviluppi della storia di Patrizia V. e di suo figlio Marco.

