13/1/2000Era nuova del posto, Valentina. Appena arrivata insieme al suo cane Joey nei vicoli di un villaggio "modello residence" affacciato sul mare della Toscana. La vidi subito, quando scese in spiaggia il primo giorno: camminava con l’asciugamano sulle spalle, col passo sicuro di chi è abituata a sentirsi gli sguardi della gente (di sesso maschile) addosso. Eh già, era una bella ragazza, Vale: 24 anni, alta ma non troppo, capelli e occhi castani, un bel culo pieno e due tette che sembravano a disagio, costrette dal costume giallo. Ma era la sua aria svagata, un po’ assente, conturbante, contraddittoria, ad attrarre maggiormente la mia attenzione. Indecifrabile, anche quando parlava: usando un tono di voce basso ma fermo, tipo bomba ad orologeria. Lenta, ma pronta ad esplodere.Fare amicizia con lei? Niente di più semplice, visto che era sola e che, in spiaggia, noi, il gruppo storico del villaggio, l’avevamo coinvolta fin dal primo giorno con giochi in acqua, scherzi e con tutte le cazzate che si fanno in genere in riva al mare. E tra noi cominciò subito un gioco di sguardi assassini e fuggenti, battute surrurate, silenzi e sorrisi interlocutori. Fino al giorno in cui, deciso a conoscerla meglio, presi coraggio e la invitai a cena. Lontano da tutti, dalle nostre case, dal solito ambiente e dagli amici. Accettò subito, con un sorriso. E così, era un venerdì sera, su una terrazza affacciata sul mare di un ristorante di Ansedonia, approfittando anche dell’effetto del vino bianco che libera da tensioni e imbarazzi, parlammo per ore. Mangiando, per la verità, molto poco. Era figlia unica, Vale. E aveva iniziato a lavorare in uno studio di commercialista a Roma, dopo aver tentato di sfondare nel mondo delle moda legato alla biancheria intima. "Sai- mi disse – i miei mi hanno dato un educazione molto severa, fin da piccola. E per questo, nel momento in cui sono cresciuta, ho sempre cercato di sbloccarmi, di liberarmi. Dagli insegnamenti assurdi e dalle convenzioni che ti imprigionano anche nei rapporti con gli uomini. Ma finora i risultati non si sono visti granchè".Anche per colpa delle storie precedenti, quasi tutte brevi e deludenti. Tranne una: "Già, quella con Alessandro, che mi ha provocato dei danni incredibili. Per due anni, in pratica, ci siamo conosciuti pochissimo e anche il sesso, per la verità, non è che fosse il massimo. Ma ancora oggi, dopo nove mesi in cui sono stata single, posso dire di non essere riuscita ad andare a letto con un uomo a modo mio ". E quel "a modo mio", sottolineato da lei a parole, fu per me un piccolo mistero. Che avrei svelato presto, però. Così, dopo la cena, ci avviammo verso il mare, passeggiammo a lungo a piedi nudi sulla spiaggia, continuando a parlare fitti fitti fino alle tre di notte. Poi, fisiologico, il primo bacio. Splendido, trascinante, lungo, liberatorio. Per me che cominciavo a capirla meglio, e per lei, che iniziava a sciogliersi. Un bacio seguito, subito, da un altro, un altro ancora e dalla assoluta necessità di approfondire il contatto. Unica possibilità realizzabile al momento, la mia macchina. Dove cominciammo quasi subito a fare sul serio. Nel senso che, mentre la baciavo, provai ad infilarle la mano destra sotto le mutandine. Che bel contatto, per un uomo, quello delle proprie dita con una fichetta morbida e bagnata. Ci infilai il dito medio temendo una reazione… che fu l’esatto opposto di ciò che mi aspettavo. Perché lei si sciolse, me la afferrò con tutte e due le mani e cominciò a spingersela dentro sussurrando: "Siii… dai… muovila, muovila, così…. su e giù". Fui un po’ sorpreso, certo. Ma non me lo feci ripetere, e cominciai a pomparla lentamente con due dita. Intanto, con l’altra mano le sganciai il reggiseno liberando le tette: due montagne che bastava guardare, per avere d’istinto l’idea di cosa farne. Ma era ancora presto. E allora senza fermarmi, la baciai in bocca e nello stesso tempo iniziai a slacciarmi la cinta dei pantaloni tirando fuori il cazzo. Che era libero, svettante e pronto. Tento di avvicinarlo alla sua mano destra ma sbaglio clamorosamente i tempi. Perché lei stringe le cosce, mi imprigiona la mano nella fica e urla: "Oddio, si, continua che vengo… continua.. più forte…. così… ecco…. schizzooooo". Era la prima volta che sentivo parlare così una ragazza. Liberamente, senza tabù, cavalcando l’onda delle proprie sensazioni. E, sinceramente, ho sempre adorato ricevere sulle mani il succo dell’orgasmo della mia donna. Che mai come questa volta è denso, copioso, assolutamente proporzionato alla sua espressione del viso, che spiega perfettamente cosa si prova quando il piacere è tanto da sfiorare la sofferenza. Ma è soltanto l’inizio. E allora, eccitatissimo, mi sposto sul mio sedile e, adeguandomi al suo "linguaggio", le dico: "Vieni qui bella, prendimelo in bocca". Lei si avvicina, mi guarda, si passa la lingua sulle labbra carnose ormai senza più tracce di rossetto, me lo prende con tutte e due le mani e lo stringe. La mia cappella, adesso, è rossa, gigantesca, sembra sul punto di esplodere. Lei la prende in bocca, la succhia, la morde, la lecca. Poi lascia la presa sul cazzo, passa la lingua su tutta l’asta e, finalmente, la ingoia fino alle palle, cominciando ad andare su e giù. Dura per me resistere, in queste condizioni. E allora le prendo dolcemente la testa, tiro fuori il cazzo dalla sua bocca bollente e la tiro su fino a me. La bacio e le mordo le labbra mentre le stringo le tette. Lei mi mette un dito in bocca, mi sale sopra, agguanta il cazzo e se lo infila piano piano nella fica. Che ormai è un lago vero e proprio. Poi mi sussurra all’orecchio: "Ahhh, che bello… dai.. dai.. scopami, fottimi la fica … così, così". E mentre mi parla si muove come un ossessa sul mio cazzo che ormai è al limite. Allora la afferro per le chiappe e la pompo da sotto con colpi secchi, violenti. Lei fa lo stesso da sopra, sento le sue chiappe che sbattono forte contro le mie cosce, con il risultato che dopo pochi minuti la bomba ad orologeria di Valentina esplode nell’orgasmo più devastante che abbia mai sentito: "Oddio….. spingi… ecco la broda…. ecco…..eccoo…sborrooooo". Non credo alle mie orecchie e non capisco chi mi ha dato la forza di resistere dallo schizzargli tutto dentro. Ma non faccio in tempo a pensarci, visto che lei si calma, mi guarda con i suoi occhi persi chissà dove e si assesta altri due morbidi colpi di cazzo in fica, come per spegnere definitivamente l’incendio. Poi se lo tira fuori, si sposta sul sedile accanto, si siede a gambe larghe e mi dice: "Voglio che tu venga come non hai mai fatto". Occasione irripetibile, penso tra me e me. E allora, di getto, le dico: "Vorrei mettertelo fra le tette….". Lei mi sorride come per dire "Lo sapevo". Si sdraia a pancia in su sul sedile e si passa un po’ di saliva nel canale che separa le sue tettone. Io, salito a cavalcioni del suo petto, gli infilo prima dolcemente il cazzo in bocca, poi gli struscio la cappella sulle labbra e appoggio il cazzo fra le sue bocce. Poi le afferro le mani e insieme avviciniamo le tette l’una all’altra in modo da avvolgere completamente il mio uccello. Poi comincio a scoparle. Prima lentamente, poi con più forza visto che il mio cazzo scorre a meraviglia fra le sue mammelle umide. Ormai ci sono, e la bella se ne accorge: "Dai, vieni.. vienimi addosso… schizzami sulle tette…". Io continuo a pompargli le bocce, sempre più veloce, sempre più eccitato. E non resisto più quando lei, con voce roca e senza respiro, mi dice: "Eccola, dai, fammi il bagno…. schizzami tutto addosso..". E allora, in estasi totale, gli sferro gli ultimi colpi fra le tette e mi abbandono all’orgasmo più bello della mia vita: "Ecco Vale, ecco… è tutta tua…. ecco la sborra.. eccolaaaa…". Il primo schizzo, violento, le arriva su una guancia, il secondo sui capelli, il terzo la colpisce in pieno viso, il quarto si appoggia sulla sua lingua. E tutti gli altri fanno la stessa fine, visto che Valentina prende in bocca il cazzo e lo ingoia, insieme al succo che non smette di uscire. Poi, con le dita, si toglie lo sperma dalla faccia, mi guarda negli occhi e se lo spalma su quelle tette che poco fa mi hanno regalato una delle godute più "hard" della mia vita. A questo punto, Vale mi prende una mano, me la bacia e mi dice: "Ancora non credo a quello che è successo. Sono ancora in trans per come sono riuscita ad essere me stessa con te, che sei quasi uno sconosciuto. Incredibile, veramente, incredibile… Certo, la macchina è un po’ scomoda, potremmo fare molto meglio domani a casa mia. Che ne pensi?". Domanda retorica, bellezza. Appuntamento a domani sera.
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